LA CINA SVALUTA LO YUAN PER AGGIRARE I DAZI AMERICANI

 

-CONTRASTI TRA BORGHESIE-

 

Non è per caso che Trump abbia improvvisamente attaccato la Cina con una pesante guerra commerciale. Trump non è la persona impazzita che improvvisamente (come il cattivo dei film) decide di attaccare il mondo e sconvolgerlo.

 

 

 

 

Da molto tempo in America gli economisti e dirigenti delle grandi multinazionali e della finanza si lamentano sui media dello strapotere che la Cina sta assumendo nel mondo e Trump, presidente degli Stati Uniti assieme alla sua Amministrazione come rappresentanti degli interessi della potente borghesia americana (coma sovrastruttura degli interessi americani, direbbe Marx nella sua analisi) perseguendo l’obbiettivo di difendere “gli interessi del proprio paese” attacca quindi il forte concorrente asiatico.

E non è un caso che l’attacco condotto dall’Amministrazione Usa contro la Cina sia anche contro altre borghesie emergenti come Russia, Iran, Venezuela, e lo scontro sia iniziato violentemente all’inizio del 2018. Tutto questo non è casuale proprio perché verso la fine del 2017 i governi di Pechino, Mosca, Teheran e Caracas, (vedere ‘Der kommunistische Kampf’ articolo “Petro-Yuan contro Petro-dollaro, una bomba nello scenario internazionale!” – Aprile 2018) hanno annunciato ufficialmente al mondo che non avrebbero più usato il dollaro nei loro interscambi commerciali. Una mossa che a detta degli specialisti, creerà notevoli problemi in futuro alla finanza e all’economia americana. Queste  borghesie che sfidano i potenti Stati Uniti con una mossa così eclatante, sapevano perfettamente che così facendo avrebbero causato la reazione americana. E la reazione violenta Usa contro Russia, Cina, Iran e Venezuela, con l’elevazione dei dazi e le numerose sanzioni punitive, com’è ufficiale, non si è fatta aspettare. Ma Trump nell’attacco non si ferma solo contro queste nazioni, agisce anche contro altri paesi come Turchia, Germania e l’Europa, paesi membri Nato e alleati Usa, se non aderiscono e ubbidiscono alle ritorsioni americane contro i nuovi concorrenti “dissidenti”.

PERCHE’ TRUMP CONTRO LA CINA USA COME RITORSIONE L’INNALZAMENTO DEI DAZI ALLE MERCI CINESI E NON ALTRE MISURE, COME PER ESEMPIO LE SANZIONI?

Molto dell’attuale sviluppo dell’economia cinese è dovuto dalla vendita dei prodotti cinesi nei paesi occidentali e soprattutto in USA. La borghesia affarista industriale cinese che dirige l’economia del dragone risedendo e dirigendo il tutto dai vertici dello stato (definendosi falsamente “comunista” per ingannare i lavoratori)  esporta e vende nei paesi avanzati manufatti di prima necessità  (cioè prodotti fatti con una bassa tecnologia industriale, come vestiario, scarpe, prodotti elettronici, giocattoli, suppellettili, elettrodomestici, pezzi di ricambio, e così via) per parecchie centinaia di miliardi di dollari. Queste vendite servono a Pechino per raccoglie moneta pregiata come dollari, euro, yen. Monete pregiate che permette poi al governo cinese di comperare, sempre dai paesi altamente industrializzati e tecnologizzati, ulteriori impianti industriali ed alta tecnologia per aumentare ancor più la propria area industriale in Cina. Ovviamente tutto questo avviene, com’è di pubblico dominio, tenendo al minimo possibile gli stipendi dei lavoratori cinesi e alzandone al massimo lo sfruttamento con orari di lavoro lunghissimi e intensissimi. Sfruttamento che permette non solo una forte accumulazione di capitale, ma anche immensi guadagni e ricchezze ai dirigenti borghesi del cosiddetto ma falso “Partito Comunista Cinese”.

Questo sistema di sviluppo, di interscambio commerciale, questa accumulazione iniziale, è una fase che tutti i paesi capitalistici in via di industrializzazione hanno già attraversato, e che adesso anche le borghesie degli attuali paesi emergenti seguono.

Le nuove borghesie entrando nella scena mondiale, nel passato come oggi, si trovano a subire  però la concorrenza e il contrasto delle forti borghesie dominanti già esistenti. L’Amministrazione Trump sta cercando appunto di ostacolare, di frenare l’espansione dei nuovi arrivati. I quali, dalla visuale americana, vogliono arricchirsi ed espandersi a spese e a danno gli interessi degli affaristi americani nel mondo. Agli occhi dei proletari questo può sembrare un’assurdità, ossia che una nazione cerchi di fermare lo sviluppo di un’altra nazione, ma il capitalismo funziona e ha sempre funzionato così. Un paese emergente diventa importante per le borghesie già esistenti quando permette loro di investire in quel paese e vendere i propri prodotti e produrre quindi profitto. Ma rappresenta un pericolo appena il paese emergente diventa troppo potente. Sono i paradossi, le contraddizioni del sistema capitalistico, ben descritte da Marx nelle sue opere, ed è per questo quindi che esiste la necessità di passare ad un’altra società, una società superiore.      

Tornando all’Amministrazione Trump, l’attuale mossa dell’innalzamento dei dazi Usa alle merci cinesi ha perciò lo scopo di chiudere i mercati occidentali alla Cina (dichiarata assieme alla Russia da Trump ufficialmente e senza sosta “Il pericolo maggiore per l’America”) per arrivare a isolarla così da imporre all’establishment cinese le condizioni americane.

All’innalzamento dei dazi in Usa il vertice borghese cinese a Pechino risponde con una forte svalutazione della propria moneta (lo yuan o renminbi). E’ una contromossa classica in queste situazioni nel mondo capitalista (così ha fatto anche il governo turco in agosto, quando ha svalutato improvvisamente la lira turca, allorchè Trump aveva preso la decisione, come ritorsione, di alzare i tassi doganali in Usa anche contro le merci turche).

La Cina e la Turchia lo possono fare, cioè possono svalutare improvvisamente le loro monete, perché entrambe non sono ancora potenze finanziarie (Stati Uniti e Europa per es. non lo potrebbero fare, essendo nazioni monetarie che prestano soldi in tutto il mondo). Se la Cina e la Turchia fossero grandi potenze finanziarie prestatrici di soldi e improvvisamente svalutassero le loro monete del 20-30% come successo adesso, chi nel mondo detenesse yuan cinesi o lira turca si troverebbe improvvisamente con un valore in meno del 20-30%, quindi perderebbe molto denaro, perciò scapperebbe subito da queste valute e nessun capitalista al mondo vorrebbe più avere a che fare con lo yuan cinese o lira turca. Non essendo che Cina e Turchia sono forze finanziarie, la loro contromossa svalutativa può quindi funzionare, creando solo problemi secondari al loro mercato interno

Il mercato capitalistico è caotico, si sa. E’ anche incontrollabile e spesso difficile da comprendere. E’ un mondo di continuo scontro e contrasto tra borghesie per arrivare ad ottenere il massimo profitto. Uno scontro dove le masse lavorative purtroppo ne vengono sempre coinvolte e trascinate.


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