L’ORRIBILE GUERRA  IN  UCRAINA RIPORTA ALLA REALTA’ CAPITALISTICA

LE MASSE E I GIOVANI

 

PENSAVANO CHE LA GUERRA FOSSE COSA DEL PASSATO O RIGUARDANTE SOLO I PAESI ARRETRATI. NON E’ COSI’. IL CAPITALISMO NON E’ E NON SARA’ MAI COSI’. LE MASSE E I GIOVANI DEVONO RILEGGERSI MARX.

 

 

Quando la mattina del 24 febbraio tutte le agenzie di stampa riportano che i russi avevano invaso l’Ucraina ed era iniziata la guerra nessuno poteva crederci, lo stupore è stato enorme. Nessuno poteva credere veramente che Putin potesse aver fatto una cosa del genere. Uno shock sconvolgente. “Ma non è possibile! Non posso crederci!” erano le frasi di angoscia più ricorrenti. Oggi, dopo due guerre mondiali, la convinzione generale è tale, che un sanguinoso conflitto militare nel centro della “democratica” Europa, in quest’ epoca di diplomazie, di alti valori culturali e morali, di rispetto delle persone, ecc. non possa più esistere, sia fuori discussione.  … Ma la realtà evidentemente parla diversamente.    

E la mattina del 24 febbraio quando la notizia dell’intervento militare russo si diffonde in tutto il globo, “Der Spiegel” sotto shock esce addirittura con il titolo: “Oggi ci siamo svegliati in un altro mondo”.  Si può immaginare lo sconvolgimento di svegliarsi la mattina nel bel mezzo di una guerra mai immaginata.  

Shock  per i democratici e i giovani, certo, ma non i marxisti come noi, che conoscono molto bene il funzionamento del sistema capitalistico.  

Perché le guerre sono Componenti fisse del sistema borghese come nelle Nostre posizioni politiche nel sitoDer kommunistische Kampf chiaramente scriviamo e sottolineiamo,  mentre alle masse e ai giovani viene ripetuto tutto il contrario. Perché le contraddizioni del sistema capitalistico non sono solo le disuguaglianze sociali e il cambiamento climatico, come ai giovani si vuol far credere, ma  ANCHE  LE  DEVASTANTI GUERRE  ne sono parti integrante, con tutte le loro tragiche conseguenze. Questa è la VERA ESSENZA del capitalismo che dovrebbe essere insegnata ai giovani. Il mondo reale si muove proprio tutto il contrario di quello che i democratici propagandano e le scuole insegnano.      

Quindi è contro questa essenza capitalista che bisogna combattere e impegnarsi. 

La lotta contro l’ipocrisia, contro le falsificazioni dei media nel sistema borghese è perciò fondamentale per riportare i giovani e le masse nella realtà. Ipocrisia che cerca di persuadere che il capitalismo sia benessere, pace e prosperità. E quando i politici borghesi affermano che le problematiche all’interno del sistema si possono risolvere con l’impegno e la buona volontà, anche questo non è che l’altro ennesimo inganno, perché i capitalisti non possono vivere senza queste ingiustizie se vogliono guadagnare, ed è per questo che non spariscono mai.     

Inganni: esattamente come ciò che sta succedendo adesso con la propaganda sulla guerra in Ucraina, dove la stampa manipolatrice non riporta che già negli anni ’90 in Jugoslavia, sempre nel cuore d’Europa, un’altra sanguinosa e violenta guerra vi è già stata, dura e orribile come l’attuale, che ha devastato il paese e ucciso centinaia di migliaia di persone, soprattutto civili. Ma di questo nessuno ne parla perchè la guerra in Jugoslavia del 1991-2001 non è stata condotta dai cattivi russi con i relativi eccidi, ma dalle attuali potenze democratiche USA ed europee, Germania compresa. Bombardando e distruggendo le città a tappeto con ogni sorta di atrocità, esattamente come sta succedendo adesso in Ucraina con i russi. Su questo massacro la stampa tace perché vuole nascondere il carattere guerrafondaio e sanguinario anche delle borghesie europee. Si vuol far credere sia solo Putin il mostro. Ma non è così.

Perché TUTTI I CAPITALISTI E TUTTI I GOVERNI, DEMOCRATICI O NO, SONO UGUALI,  GUERRAFONDAI  E  BRIGANTI. 

Anche  sulle altre guerre che infestano l’Africa e il Medio Oriente si cerca di accreditare la falsa idea  che siano eccezioni provocate da “fanatici”. Anche qui l’ennesimo raggiro. Perché anche questi conflitti sono causati dagli interessi dagli affaristi e dai governi delle potenze industrializzate “civilizzate”, che incoraggiando e usando lo scontro tra etnie e religioni in queste regioni, cercano di rubarsi l’un l’altro le zone, così da poter espandere ancor più i loro affari e guadagni.

Perché, ripetiamo, per i capitalisti le guerre sono solo uno dei mezzi per ottenere i loro scopi affaristici, come lo sono le lotte economiche, finanziarie, politiche. E ciò, anche qui, spiega come mai le guerre sul pianeta non spariscono mai e ne insorgono sempre di nuove.

E’ chiaro: oggi rispetto ALLA e ALLA GUERRA MONDIALE  NON E’ CAMBIATO NULLA, perché NON PUO’ CAMBIARE NULLA, visto che il perverso meccanismo capitalistico che agiva allora è lo stesso che agisce oggi.

Non c’è quindi da stupirsi se oggi le sanguinose guerre ritornano a colpire il cuore dell’Europa. Come un domani andranno a coinvolgere anche le nazioni dell’Unione Europea stessa. 

L’odiosa stampa menzognera borghese con i suoi politici può ingannare le masse e i giovani inesperti, ma non certo i marxisti, che ribadiamo, conoscono bene la realtà capitalista e non si lasciano fuorviare dalle manipolazioni borghesi.

La via d’uscita dal repellente capitalismo la conosciamo bene, ed è unica: 

CONTRO LA GUERRA RIVOLUZIONE!

 

LE MANIPOLAZIONI DEI MEDIA NELLA GUERRA CAPITALISTA

UCRAINA-RUSSIA

Fondamentali per convincere il proprio popolo a combattere il nemico

 

I CAPITALISTI UCRAINI E RUSSI PER I LORO SPORCHI INTRESSI CONTRASTANTI HANNO CAUSATO LA GUERRA. CERTO NON I LAVORATORI. PER LORO SOLO DISASTRI E DISPERAZIONE.

 

Nello scritto del 1917 “Guerra e Rivoluzione” Lenin riguardante la guerra afferma: "Se si dimentica la storia del capitale finanziario, la storia del mondo in cui è maturata la guerra  a causa di una divisione, si arriva a far credere che due popoli che vivevano in pace, improvvisamente uno attacca l'altro e quest'ultimo si difende. In questo modo si dimentica tutta la scienza, le banche, si chiamano alle armi i popoli...... Bisogna difendersi, ecco tutto! ... Le guerre ... non sono il risultato della malizia dei capitalisti e delle politiche sbagliate dei monarchi. Sarebbe sbagliato vedere le cose in questo modo. No, la guerra è inevitabilmente provocata dallo sviluppo del capitalismo. ... Ed è per questo che è assurdo accusare i capitalisti di questo o quel paese. La loro unica colpa è quella di aver instaurato un sistema come quello attuale .... Se si costruiscono banche che hanno a disposizione centinaia di migliaia di rubli, se queste banche gettano sul mondo intero la rete del saccheggio bancario e poi si affrontano in un duello per la vita e la morte, di chi è la colpa? Vallo a cercare il colpevole!".     

Un’analisi che descrive perfettamente la causa anche dell’attuale conflitto in Ucraina. Poiché è nel contrasto di interessi delle varie componenti capitalistiche tra Ucraina e Russia in primo luogo, e poi europee, USA, ecc. che è da ricercarsi il motivo anche di questo ennesimo macello. E giustamente come sottolinea Lenin, va’ a capire nello scontro di interessi contrastanti tra i grandi affaristi ucraini e russi, chi ha provocato l’altro, chi ha tirato troppo la corda, chi in realtà ha cercato la guerra. L’unica cosa visibile nella tragedia Ucraina è che nel paese una parte sempre più considerevole di banche, industrie, ecc. spingono per collegarsi con l’occidente, in sostanza con il grande capitale europeo, per incrementare i loro affari. Questa crescente componente imprenditoriale ha ora in mano il governo e spinge per l’ingresso dell’Ucraina nella UE e nella NATO. Dall’altra, una parte minoritaria di impresari filorussi, che continua a far affari con Mosca e che nel parlamento ucraino è rappresentata dai partiti di opposizione, per lo più stalinisti, che ovviamente è fermamente contraria alla UE e alla NATO. Con l’imperialismo russo che la sostiene attivamente e vuole impedire a tutti i costi che l’Ucraina, sua ex zona nell’impero sovietico, passi definitivamente sotto controllo dei concorrenti occidentali. E’ certamente da questo contrasto radicale che è esplosa la guerra.  

E qui entrano in campo i media, potenti strumenti dei capitalisti, che nella contesa tra le due parti belligeranti devono convincere le masse a farsi massacrare.

In Ucraina si incita alla resistenza armata contro l’invasore, come se un cambio di governo da filoccidentale come l’attuale, a filorusso com’era prima, o entrare nella NATO o nella UE, per le masse sfruttate cambiasse qualcosa. E dall’altra in Russia, si incita a “liberare” la regione del Donbass dall’oppressione dura del governo ucraino, come se per i lavoratori della regione essere sfruttati da un governo ucraino o russo cambiasse qualcosa.

E’ chiaro, la cosa, cioè la guerra, è qualcosa che riguarda solo le alte sfere capitalistiche, i loro grandi affari. Sono certo LORO che hanno provocato il conflitto e hanno interesse a provocarlo, per i soldi. I lavoratori con questo disastro non hanno certo nulla a che fare.

I socialmedia occidentali scandalizzati accusano la stampa russa di nascondere alle masse russe i reportage dei bombardamenti russi sulle città ucraine e le scene di disperazione. Corretto, più che giusto.

Ma, obbiettiamo noi, questo non è esattamente ciò che hanno fatto i media europei durante la guerra in Siria e Iraq? Dove le potenze occidentali, e per la precisione gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, il Canada e la Germania, per non perdere i propri interessi capitalistici nella zona, cercando di cacciare l’ISIS, hanno bombardato e distrutto a tappeto intere città, uccidendo centinaia di migliaia di civili? Ma queste terribili e ripugnanti immagini i media europei, che adesso si indignano per la censura russa, in occidente non le hanno trasmesse.

Come le terribili scene dell’attuale guerra in Mali, dove sono impegnati soldati francesi e tedeschi, che per accaparrarsi la zona africana, non esitano a bombardare i villaggi ostili. Anche di queste atroci immagini non vi è traccia sui media (tutti d’accordo) tedeschi e francesi. Infatti quasi nessuno in Germania sa dell’esistenza di questa orribile conflitto, a parte i pochi interessati. Ripugnante guerra di cui noi nell’articolo La guerra nascosta in Mali condotta dai francesi e dai tedeschi  del 2 giugno 2021 su  Der kommunistische Kampf  abbiamo ampiamente documentato.

In sostanza, tra media russi che omettono la realtà, o ipocriti media europei che fanno altrettanto, non cambia assolutamente nulla.

Oggi o ai tempi di Lenin il compito dell’informazione borghese di deformare la realtà è sempre uguale, è evidente. Il loro ruolo, fondamentale per i capitalisti, è presentare un nemico (che poco prima era un amico) crudele e sanguinario, al fine da convincere le masse ad accettare la guerra e sacrificarsi … per gli sporchi affari della borghesia .  


 

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Analisi della situazione imperialista.

LA GUERRA IN UCRAINA STA RAFFORZANDO NOTEVOLMENTE LA BORGHESIA AMERICANA SULLA SCENA INTERNAZIONALE

 

Vogliamo qui fare un riassunto di come le potenze capitaliste sul pianeta scontrandosi con tutti i mezzi, guerre comprese, cinicamente cercano di raggiungere gli obiettivi che si prefiggono.

 

 

Mai come adesso dal dopoguerra in poi l’imperialismo di Washington ha avuto alleati così stretti e compatti, e una NATO così ambita dalle borghesie dei paesi europei, anche da quelli che prima erano scettici come Svezia e Finlandia. Se prima la NATO era un po’ snobbata in Europa, adesso il conflitto militare russo in Ucraina ha messo così tanta paura alle borghesie europee che terrorizzate, non solo chiedono, ma ora pretendono a gran voce la protezione della NATO e il suo veloce rafforzamento e allargamento.   

E’ proprio l’invasione russa dell’Ucraina che rinsalda questo enorme polo militare-politico imperialistico, esattamente l’opposto di ciò che si prefiggeva il governo di Mosca, che con il blitz militare di invadere l’Ucraina, pensava di rafforzare la sua posizione geopolitica nella scena internazionale, dividere con il ricatto del gas e i suoi prodotti agricolo-minerari  i paesi europei - all’interno di essi e dagli Stati Uniti - e di rafforzare la sua alleanza con l’imperialismo di Pechino. 

Già prima  (causa l’emergere dell’imperialismo cinese) il presidente Trump nel suo mandato quadriennale con il suo “Make America Great” aveva fatto tutti gli sforzi possibili per raggiungere l’obbiettivo di compattare l’unione USA-Europa (detta “transatlantica”) attraverso la nota politica di innalzamento dei dazi doganali contro Cina e Russia, le dure sanzioni contro Russia, Cina, Iran, Venezuela, ecc. e di rafforzare la NATO cercando di costringere i paesi europei a portare le proprie spese militari al 2%. Ottenendo però solo in parte i risultati. Ora tutto questo, e ancor di più, nel giro di un mese causa la guerra russa in Ucraina, all’amministrazione Biden si è realizzato, con la prospettiva di rafforzarsi ancor più con il proseguire della guerra.

 

INTERESSE USA AL PROSEGUIMENTO DELLA GUERRA. Molti commentatori internazionali scandalizzati accusano Biden di non voler metter fine al conflitto ucraino, di non cercare il compromesso con Putin. Ma insultandolo di continuo, isolandolo politicamente, rifiutando i russi negli incontri internazionali, mandando sempre più armi alle forze ucraine, ecc. di fomentare e cercare con determinazione il proseguo del conflitto. 

Questo, nel brutale scontro tra borghesie senza esclusione di colpi, potrebbe effettivamente corrispondere alla realtà.    

Perché se Putin per i suoi interessi geopolitici ha cercato e causato la guerra, Biden adesso per i suoi altrettanto obiettivi geopolitici potrebbe avere interesse che la guerra continui. Per i motivi imperialisti sopra accennati: più la guerra continua e più l’alleanza transatlantica USA-Europa si rinsalda; più la guerra continua e sempre più paesi europei vogliono velocemente entrare nella NATO (perfino la neutralista Svizzera ci sta pensando) e i vari governi europei senza più esitazione vogliono innalzare le proprie spese militari NATO; un lungo proseguo della guerra può indebolire di molto il concorrente russo. Non ultimo: causa la guerra, un notevole rafforzamento del polo politico-militare StatiUniti-Europa isola sulla scena internazionale anche l’imperialismo di Pechino (e l’India). Non poco per la borghesia americana che con tutti i mezzi cerca di contrastare l’ascesa delle borghesie concorrenti.

 

E TUTTI QUESTI VANTAGGI USA, CAUSA LA GUERRA IN UCRAINA VOLUTA DALL’ AVVERSARIO   PUTIN.  

Fin dall’inizio era chiaro che nello spietato scontro tra capitalisti, Putin, fallendo l’obbiettivo di impadronirsi velocemente dell’Ucraina e impantanandosi in una lunga guerra di posizione, Biden ne avrebbe approfittato. Quanto ne avrebbe approfittato, subito non era chiaro. Adesso si. Washington sembra miri non solo al rafforzamento dell’asse USA-Europa, ma con il proseguo della guerra, come detto, voglia assolutamente arrivare al collasso della  non industrializzata economia russa, alla deposizione di Putin, con un indebolimento dell’imperialismo russo sulla scena internazionale tale da diventare non più pericolosa per gli interessi USA, così da neutralizzarla per un paio di decenni, come successo precedentemente con l’Unione Sovietica.

E il forte rafforzamento strategico USA-Europa e le notevoli difficoltà di Mosca è un segnale potente anche per l’imperialismo di Pechino: la Cina adesso ha meno alleati sulla scena internazionale, e deve porre attenzione alle sue prossime mosse imperialiste (Taiwan compreso). Perché USA e Europa assieme pesano sul PIL mondiale circa il 40%, mentre la Cina è ancora al 16% (mentre la Russia è poco sopra all’1%). E perché la potenza USA con la guerra in Ucraina sta dimostrando essere una potenza militare di altissimo livello, livello a cui l’imperialismo cinese ancora ne è ben lontano, e che in caso di in un eventuale disastroso scontro non avrebbe alcuna chance.

 

Un’ultima osservazione: LA DEBOLEZZA MILITARE RUSSA.

L’imperialismo russo si è sempre pavoneggiato sui media internazionali (supportato con entusiasmo dagli stalinisti  - e lo sta facendo paradossalmente ancora adesso) come una grande potenza militare: la guerra in Ucraina sta dimostrando tutto il contrario. L’esercito ucraino, uno dei più poveri in Europa ma in questa occasione abbondantemente armato da USA (e inglesi) lo ha facilmente sconfitto nell’ovest del paese e adesso lo scontro militare si è spostato a est nella regione del Donbass. Nel conflitto ucraino l’esercito russo ha palesato tutte le sue debolezze: una parte del suo arsenale ancora a bassa tecnologia (una quota di carri armati provengono dell’ex Unione Sovietica), una notevole scarsità di armi e uomini, una accentuata disorganizzazione logistica (di organizzazione) e un debole supporto satellitare. In pratica un nano militare rispetto alla potenza di fuoco USA enormemente tecnologizzata ed estremamente efficiente. Il motivo di questa debolezza militare russa? Il basso grado di industrializzazione del paese, che non riesce a garantire uno standard di livello militare alto e moderno e dove i militari ricevono uno stipendio pari a 400-500 dollari al mese. Nello spietato confronto interimperialistico sarà quindi facile alla potente borghesia di Washington cogliere l’occasione Ucraina per mettere a tacere ancora una volta il nano russo.

Il cinico confronto tra borghesie fa ribrezzo ai proletari. Masse proletarie che purtroppo ne devono subire le tragiche conseguenze. Tutto questo può finire solo con l’abbattimento del sistema del profitto. Non c’è altra via.

 

“Brothers in Arms”

 

 

“Brothers in Arms” (fratelli in armi) una canzone di Mark Knopfler che mentre la si ascolta fa venire i brividi. Parla della guerra, delle distruzioni e della sofferenza. Il mondo che è uno solo ma che siamo diversi. E’ schiocco fare la guerra e ucciderci.

 

MA I SOLDATI IN GUERRA COMBATTONO E SI UCCIDONO NON PER UN MONDO MIGLIORE,

MA PER I CAPITALISTI.

 

 

Si, il problema di questo mondo è che è un mondo capitalistico. E se è vero che siamo tutti fratelli, i capitalisti che imperano e dirigono le nazioni ci inducono con la propaganda e i pretesti a odiarci e farci la guerra l’un l’altro affinchè difendiamo i loro interessi, le loro ricchezze. 

In realtà istintivamente i popoli tenderebbero a fraternizzare l’un l’altro, se nella società non venissero lanciati messaggi che portano a disprezzare le altre popolazioni, popolazioni che se si va a indagare appartengono a paesi concorrenti alle borghesie del paese dove viviamo. 

E alla fine poi succede esattamente quello che si sta oggi ripetendo in Ucraina:  fratelli proletari in armi che si uccidono contro altri fratelli proletari in armi. 

 

Perché alcuni fratelli proletari

sono stati fatti convinti di sparare e uccidere assurdamente altri fratelli perché definiti “nazisti”. I fratelli attaccati, per niente “nazisti”, a loro volta sono stati fatti convinti di imbracciare le armi per difendere la patria e uccidere i cattivi fratelli invasori. 

Ma i fratelli proletari attaccanti non si sono resi conto che andando ad invadere un paese esterno, ad uccidere e farsi uccidere, è solo per i ricchi capitalisti del proprio paese. E i fratelli difensori a loro volta non si rendono conto che uccidono e si fanno uccidere non per difendere una società superiore, ma per difendere gli interessi degli sfruttatori ricchi capitalisti del proprio paese, che poi, insaziabili, continueranno a sfruttarli come prima.

E’ l’ennesima e inutile tragedia che si ripete. Fratelli proletari che si uccidono a vicenda, mentre sui due fronti i ricchi capitalisti seduti su comode poltrone festeggiano il successo dei loro affari, pronti a riabbracciarsi a guerra finita.

Serve portare la coscienza e la coesione all’interno dei fratelli proletari. Affinchè i “Fratelli in Armi” anziché massacrarsi inutilmente fra di loro rivolgano tutti assieme le armi contro i propri crudeli aguzzini sfruttatori e edifichino una nuova società. Una nuova società dove il brano “Brothers in Arms” possa diventare la canzone di un lontano triste passato.

 


 

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Gli imperialismi francese e tedesco in azione:

LA GUERRA NASCOSTA IN MALI CONDOTTA DAI FRANCESI

E DAI TEDESCHI

 

 

“Rapporto ONU: L’aviazione militare francese

 ha ucciso 19 civili in un attacco in Mali“

“Nel conflitto fino adesso sono stati uccisi migliaia di soldati e civili e centinaia di migliaia di persone sono dovute scappare … ”  Sembra il notiziario di una delle tante guerre attualmente in corso in Libia, Yemen o Siria, ecc. Invece no, questo succede oggi in Mali, e a condurre la guerra non sono i soliti guerrafondai americani, ma i “pacifisti” francesi con il sostegno degli altri altrettanto “pacifisti”: i tedeschi, nel più totale silenzio internazionale. A riportarlo è “Der Spiegel“ del 30 marzo nell’articolo “Rapporto ONU: L’aviazione militare francese ha ucciso 19 civili in un attacco in Mali“.  

 

Come mai la Francia conduce una guerra in Mali uccidendo migliaia di militari e civili e nessuno ne parla? La Francia non è un paese democratico che si prodiga per la pace, la libertà dei popoli, la cultura e l’emancipazione?

 

La realtà, come si vede, è spesso molto diversa da quello che i grandi media presentano. Noi marxisti lo ribadiamo da sempre: i media ci presentano sempre l’apparenza, quello che fa comodo a loro. La vera realtà è sempre diversa. E prima o poi emerge: SEMPRE.   E anche per la Francia - o forse è meglio dire: per l’IMPERIALISMO francese - in Mali ora questo viene a galla. 

L’Africa storicamente è sempre stata considerata dalle potenze europee come “proprio territorio di conquista”. Prima con il colonialismo e adesso con le “Sfere di Influenza”. Quindi le potenze europee vi operano costantemente. Ufficialmente: commercialmente, politicamente; segretamente:  anche militarmente. 

l’Africa è un continente strapieno di materie prime: petrolio, oro, legname, diamanti, e le potenze avanzate naturalmente vanno a gara per l’accaparramento. E se le “loro zone” vengono messe in pericolo dai concorrenti, ecco allora che i vecchi sistemi di duri e feroci interventi militari diventano improvvisamente “attualità normale”, dimenticando tutte le sceneggiate sulla “democrazia”, “la pace”, “i diritti”, ecc.

Il Mali, e tutta la zona nord-ovest dell’Africa - chiamata dagli esperti adesso “Sahelzone” - è la regione dell’Africa settentrionale particolarmente ambita dall’imperialismo francese e tedesco, dove nel passato per il suo possesso entrambi si sono massacrati a vicenda. Ma ora sono in sintonia e operano insieme per “difendere” e “controllare” la regione. Perché ovviamente ci sono “forze e potenze concorrenti” che hanno interesse a sottrarre loro l’area (in quelle che sono le tremende leggi del profitto capitalista).     

Per capire bene come gli imperialismi “democratici” francese e tedesco “agiscono” nella zona, sorprendentemente Der Spiegel riporta anche un altro articolo, il 26 febbraio, dal titolo “Interventi militari nella Sahelzone: Un disastro in Libia, nessun successo in Mali” che ci illumina sulla situazione: 

Interventi militari nella zona Sahel.

“Un «disastro» in Libia, «senza successo» in Mali.

 

«Già da dieci anni la Libia, il Mali, la Nigeria e il Burkina Faso apparentemente ma inesorabilmente scivolano sempre più profondamente nel caos. Sahelistan viene chiamata la parte sud della regione, un focolaio del terrore, un paradiso per contrabbandieri, un campo di battaglia tra milizie rivali e gruppi vari. Il Mediterraneo separa quindi l’Unione Europea dall’anarchia e dalla violenza. La Francia e la Germania nella regione sono attivi diplomaticamente, i loro soldati sono nell’Africa dell’ovest. Tuttavia uno studio del Think Tank  di Berlino “Stiftung Wissenschaft und Politik” [Fondazione per la Scienza e la Politica] da a questo intervento un brutto risultato: è un “disastro” in Libia e “senza successo” in Mali. … [questo intervento - ndr] fino ad adesso non è servito a niente: nella Sahelzone diverse migliaia di civili ogni anno vengono massacrati e là muoiono più soldati internazionali rispetto all’Afghanistan. Questo contraddice la versione che la Francia diffonde, che vengano colpiti solo militanti islamici».   

Quindi Der Spiegel ci chiarisce come la Sahelzone in nord Africa sia un focolaio di guerre e scontri, dove tribù rivali si combattono ferocemente. Ma è anche la zona dove Francia e 

Germania agiscono “diplomaticamente”. Però con una strana attività diplomatica: condotta con “i soldati”, e precisamente con azioni militari. E’ un modo borghese “mascherato”, “sofisticato” per dire che Francia e Germania nell’area stanno conducendo una guerra. E ciò è confermato dopo quando l’articolo di Der Spiegel precisa: «nella Sahelzone diverse migliaia di civili ogni anno vengono massacrati e là muoiono più soldati internazionali rispetto all’Afghanistan». Quindi una guerra in piena regola con massacri di civili e militari. Vera guerra che da politici e media  assolutamente non viene pubblicizzata (infatti alle masse questa guerra è del tutto sconosciuta). L’ovvio motivo del nascondere è, per i ricchi finanzieri e industriali di Francia e Germania che in queste guerre ne hanno interesse, non rovinarsi l’immagine che creano all’interno dei propri paesi di essere nazioni europee di “grandi democrazie”, delle “civiltà più elevate” essere a “salvaguardia dei diritti, dell’uguaglianza” ecc.    

L’articolo di Der Spiegel evidenzia poi che per i due imperialismi nei due conflitti Mali e Libia le “cose” non vanno tanto bene. Continua la rivista: «… scrive Lacher [direttore dello Stiftung Wissenschaft und Politik - ndr]: ”Il motivo del fallimento o addirittura della controproducente strategia di Germania e Francia nella crisi dei due stati è che l’obbiettivo di stabilizzazione viene messo in secondo ordine” […] Parigi in Africa, per pubblicità (questo ne risulterebbe) preferisce condurre la lotta contro il terrore [anziché agire politicamente - ndr] per questo motivo le truppe hanno stretto alleanze con alcune milizie locali. Per sostenerle, gli attacchi aerei [dei francesi – ndr] hanno causato molte vittime civili. Le milizie avrebbero poi approfittato dell’appoggio per regolare vecchi conti con altri gruppi rivali».      

Precisiamo anche quest’altro punto importante dell’articolo.

Nelle due guerre in Mali e Libia gli imperialismi francese e tedesco starebbero conducendo una guerra contro “il terrore”, cioè contro “i terroristi jiadisti”, che sarebbero gli attuali “cattivi”. Sarebbe questo il motivo ufficiale degli interventi militari di Parigi e Berlino nelle due guerre citate. L’inevitabile domanda che segue però sarebbe: come mai Francia e Germania conducono una guerra contro i “terroristi islamici” proprio nella Sahelzone, quando è noto che questi cosiddetti “jiadisti fanatici” sono presenti un po’ dappertutto in Africa e in molte zone dell’Asia? Perché questa guerra contro il fanatismo proprio “là”? E poi, perché combattere e uccidere fanatici religiosi? Che senso ha nel concetto occidentale di rispetto e tolleranza delle persone, delle loro idee politiche e religiose?

La risposta è più ovvia: il “fanatismo” in queste guerre non ha assolutamente niente a che fare. E’ solo un pretesto per giustificare alle masse la deplorevole azione militare per il “controllo” della “zona di influenza” Sahelistan.  Perché, come detto, è proprio in questa zona dell’Africa nord-occidentale che la finanza e l’industria franco-tedesca vedono l’opportunità di grandi interessi e guadagni, e quindi mandare i loro soldati per “controllare” l’area contro le interferenze della “concorrenza”.

Adesso nel mondo nelle attuali guerre per le “sfere di influenza” condotte nello scontro tra i predoni imperialisti USA, Gran Bretagna, Russia, Francia, Germania, Italia, Cina, ecc. è di moda chiamare tutti coloro che si oppongono militarmente ai loro interessi “jihadisti islamisti fanatici fondamentalisti”. Ieri invece chi nel mondo si rivoltava contro di loro erano definiti “fanatici comunisti”, o “terroristi di sinistra”, o “estremisti marxisti”. Oggi sono tutti “islamisti fanatici”. Ovviamente questa etichetta di “jihadisti terroristi” fa molto comodo anche agli imperialismi francese e tedesco per giustificare così la guerra, i massacri e le distruzioni in Mali e Libia.

Ma il controsenso, l’imbroglio è: come mai stampa europea definisce terroristi di Al Qaeda o Talebani solo le tribù che combattono contro francesi e tedeschi, mentre invece ridicolmente le milizie locali che i militari francesi e tedeschi assoldano, pagano e usano per combattere per i loro interessi, quelle invece assolutamente no? (… la stampa borghese è sempre così falsa, manipolatrice e patetica)       

Perciò anche in questa guerra in Mali e Libia si conferma la prassi di qualsiasi nazione capitalista: anche per le borghesie “democratiche” e “pacifiste” dell’Europa la guerra è sempre normalità nel perseguire i propri interessi. Proprio come successo nel passato, con le due grandi guerre mondiali e le infinite guerre locali. E si conferma anche la tipica viscida ipocrita manipolazione capitalista: mentre all’interno della nazione si parla di pace, democrazia, civiltà, diritti, ecologia, ecc. e si incoraggiano addirittura movimenti per la difesa di questi “valori”, all’estero gli stessi governi militarmente conducono massacri e distruzioni per far guadagnare ancor più i propri miliardari.

Tipicità del repellente e nauseante capitalismo.

 

Ma l’umanità per il benessere sociale non ha bisogno di questo tipo di società, tantomeno delle ripugnanti guerre.


 

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ASTENSIONISMO REKORD

ALLE ELEZIONI IN NRW

(Nordrhein Westfalen)

 

LE MASSE SFRUTTATE PERCEPISCONO SEMPRE PIU’ COME LE ELEZIONI NON RAPPRESENTINO I LORO INTERESSI

 

L’ASTENSIONISMO ALLE ELEZIONI E’ UNA

 TENDENZA CHE RIGUARDA TUTTI I PAESI EUROPEI

Il mondo politico tedesco è spaventato: anche in Germania la partecipazione al voto tende drasticamente a diminuire.

Gli esperti allarmati cercano di darne una spiegazione: «Non ci si può sorprendere visto la totale assenza di temi riguardanti i cittadini» è l’analisi die “WELT del 16 maggio nell’articolo “Record di non votanti nelle elezioni in NRW: giusta punizione per l’ignoranza politica”. Segue il commento del “FrankfurterRundschau” sempre lo stesso giorno nell’articolo ““Record di non votanti nelle elezioni in NRW: le ragioni dell’astensionismo”: «Ci sono diverse ragioni per cui le persone autorizzate a votare non votano. Da un lato, ci sono ragioni tecniche, afferma la politologa Julia Schwanholz dell'Università di Duisburg-Essen. Ad esempio, se le schede per le assenze arrivano al vecchio luogo di residenza poco dopo un trasferimento. Poi c'è chi non gradisce l'attuale offerta dei partiti. "Infine, ci sono coloro che rifiutano il sistema politico dominante", dice».

Ma il FrankfurterRundschau  nell’articolo riporta anche il commento, fuori dal coro dei “tecnici”, di una giovane intervistata di nome Maria, che da invece un’altra versione del fatto: Tutti i partiti sono uguali” è la sua affermazione, e riguardante le loro proposte politiche specifica: “Il contenuto era simile, solo la formulazione era diversa”.

Certo, proprio così. E la versione che da Maria, in fondo non è molto dissimile dalla nostra interpretazione della funzione delle elezioni: i partiti parlamentari, che sono partiti della borghesia, non svolgono il ruolo di risolvere i problemi profondi delle masse lavoratrici – lavoro, lavoro precario, stipendi, tasse, pensioni, supersfruttamento degli immigrati, condizioni di lavoro stressanti, controversie sociali, ecc. – ma si presentano su problemi estremamente secondari cercando con giri di parole di attirare l’attenzione delle persone per carpirne il voto.

E questo è il vero motivo, e non problemi tecnici o per l’ignoranza dei politici nel sapersi presentare, per cui in tutte le nazioni dei paesi avanzati la partecipazione al voto è in crisi, diminuisce costantemente.

Infatti l’allontanamento delle masse lavorative a quella che i marxisti definiscono “la farsa del voto” è un fatto che riguarda anche la Francia (come la tabella accanto riporta), l’Italia, e tutti i paesi europei, senza eccezione.

Nel nostro Sitoweb in internet “Der kommunistische Kampf” postato nel 2016, nelle “Nostre Posizioni Politiche” scriviamo: “Il parlamento serve al padronato per dare l’impressione al proletariato attraverso il voto, di poter decidere sulla conduzione della vita politica ed economica del paese, di aver un ruolo. Il trucco, il gioco di prestigio dei ricchi nell’uso di questo strumento, consiste nel fatto di far votare [il cittadino e ] il lavoratore facendolo scegliere su una vasta gamma di partiti dei quali il lavoratore conosce poco o crede di conoscere. Partiti che invece, chi direttamente chi indirettamente, nascostamente, lavorano per il padronato e fan finta di polemizzare tra di loro. Dopo il voto, per il fatto che i parlamentari rimangono in carica 4 o 5 anni e in questo periodo non possono più essere ritrattati, il lavoratore che li ha votati non è più in grado di controllarli e quindi i partiti, slegati da chi li ha votati, possono prendere qualsiasi decisione, seguendo le indicazioni e gli interessi dei ricchi imprenditori da cui direttamente o indirettamente dipendono. Il  lavoratore che con il voto è convinto di essere stato determinante, in realtà non svolge nessun ruolo. Gli è stato buttato solo fumo sugli occhi per attirarlo in una scelta che con i suoi interessi nulla ha a che fare. Si sta notando però che sempre più lavoratori istintivamente percepiscono questa discrepanza, questa inganno e come nei decenni il numero dei votanti stia sempre più calando”.

Ecco spiegato da dove arriva l’intuizione della giovane Maria e le ragioni profonde dell’astensionismo di massa.

 

LA CINA E’ DIVENTATA CAPITALISTA NEGLI ULTIMI TEMPI O E’ SEMPRA STATA CAPITALISTA?

 

QUASI TUTTI I GRUPPI TROTZKISTI OGGI AFFERMANO CHE LA CINA DA PAESE “SOCIALISTA” DIRETTO DA “UNA BUOROCRAZIA DEGENERATA” SI E’ TRASFORMATA IN UN PAESE A “CAPITALISMO DI STATO”. PER I LENINISTI COME NOI, LA CINA NON E’ MAI STATA “SOCIALISTA-DEGENERATA”, MA FIN DAL SUO INIZIO UN PAESE CAPITALISTA, A “CAPITALISMO DI STATO”.  

 

 

La Cina sta vivendo uno sviluppo eccezionale. In 40 anni da quando la sua economia era essenzialmente agricola, si ritrova ora ad essere un paese altamente industrializzato, con la prospettiva di diventare a breve la prima economia del mondo, sorpassando gli Stati Uniti. 

Mentre molti dei suoi settori industrializzati altamente tecnologizzati si stanno espandendo velocemente in tutto il mondo, in contemporanea si alzano sempre più voci di paura che gridano al “pericolo Cina”, denunciando come il concorrente sia “aggressivo” e senza “tanti scrupoli”. 

Il Dragone si definisce “comunista” e così viene definito in tutto il mondo. Ma molti cominciano a dubitare di questo suo presunto “comunismo”. Sono soprattutto le organizzazioni radicali trotzkiste che adesso non riescono più a vedere nel paese Cina un paese “socialista”, ma “capitalista”, visto che nel suo impetuoso crescere economico stanno emergendo prepotentemente colossi multinazionali ultramiliardari, che, invece di seguire le regole “socialiste” come nella visuale trotzkista, nei loro affari procedono in modo identico agli odiati gruppi capitalistici occidentali.    

Negli ultimi tempi quindi, si trovano nelle dichiarazioni ufficiali di questi gruppi trotzkisti affermazioni dove la Cina adesso è una nazione a “capitalismo di stato”, e non più “socialista con una direzione burocratica corrotta e degenerata”, come da loro il Dragone sempre definito (così come Trotzkij – (erroneamente) definiva la Russia sotto Stalin ancora: “socialista”, fuorviata però da una “burocrazia corrotta”).

Per i trotzkisti la “svolta” da “socialismo degenerato” a “capitalismo di stato” è da ricondursi  agli anni ’80, quando alla direzione del paese giunge “Deng Xiaoping” che ha virato su una “radicale trasformazione sociale”.  

Ma è così, e cioè che solo recentemente la Cina è diventata capitalista, o lo è sempre stata, cioè è sempre stata un paese a capitalismo di stato?

 

I  LENINISTI 

Noi leninisti (così come la Sinistra Comunista) affermiamo da sempre, invece, (nei nostri scritti e dichiarazioni) che lo stato cinese è SEMPRE STATO CAPITALISTA, FIN DAL SUO INIZIO. Cioè fin dalla sua costituzione e nascita avvenuta nel 1943 a direzione Mao Zedong. CAPITALISTA nella forma appunto del “CAPITALISMO DI STATO STALINISTA”. 

Perché già dalla sua fondazione chiaramente e senza dubbi si potevano trovare nella sua economia principalmente contadina le leggi mercantili della domanda e dell’offerta tipiche del capitalismo, con il commercio, la concorrenza, gli affari (diretti dallo stato), i profitti, i salari, lo sfruttamento, le banche, il settore creditizio, ecc. E questo chiaramente ne conferma la sua natura sociale capitalista. Le “degenerazioni” che i Trotzkisti nel presunto “socialismo cinese” ne vedevano, non erano altro che le normali contraddizioni capitalistiche caotiche che caratterizzano il capitalismo, anche nel settore contadino, contraddizioni che qualsiasi paese subisce. Quindi nessuna “degenerazione”, ma caotica e corrotta situazione capitalistica.

La famosa “svolta di Deng Xiaoping” degli anni ’80 è stata solo di dare alla nazione capitalista cinese, in una economia essenzialmente agricola, una forte accelerazione di sviluppo verso l’industria. Una accelerazione nell’industrializzazione che tutte le economie del mondo nella loro crescita ad un certo punto hanno sempre operato e operano.  Niente di nuovo.

Perciò, lo ribadiamo, la gestione Deng Xiaoping non è stata il “cambio radicale” da “socialismo degenerato” a “capitalismo di stato” della società cinese, ma naturale continuazione di una economia capitalistica che da “contadina” si è evoluta ad “industrializzata” (processo tra l’altro ben spiegato dallo stesso Marx nella sua opera “Il Capitale”) prassi comune di tutte le economie mondiali.  

 

CORRETTA  ANALISI  

La corretta analisi della Sinistra Comunista (assunta poi anche dai leninisti) che alla fine degli anni ’40 definiva la Cina come “Capitalismo di Stato”, con i decenni sviluppandosi l’economia questo capitalismo è diventato ovviamente sempre più che mai evidente e visibile, fino al punto che ora anche molte altre organizzazioni di sinistra (e non solo) definiscono la Cina borghese e capitalista.     


 

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I RIVOLUZIONARI

NON SONO VIOLENTI.

SONO I CAPITALISTI CHE REPRIMONO CON LA

VIOLENZA L’ASCESA DEL PROLETARIATO AL POTERE  (VEDI R. LUXEMBURG)

 

SI, LA BORGHESIA CERCA DI CREARE L’IMMAGINE DI RIVOLUZIONARI VIOLENTI. IN REALTA’ E’ TUTTO IL CONTRARIO, E’ LA BORGHESIA CHE REPRIME IN MILLE MODI LE ISTANZE PROLETARIE DI CAMBIAMENTI SOCIALI.

 

 

 

E’ del tutto logico, come afferma Marx, che una classe sociale costituente la stragrande maggioranza delle popolazione aspiri al diritto di andare al potere e prendere le redini della società.

La storia lo ha evidenziato nel passato molto chiaramente con la lotta per l’ascesa al potere della borghesia. Nel Medio Evo erano le città, che formate da artigiani e commercianti avevano assunto via via un ruolo sempre più determinante nella vita sociale fino a diventarne il perno centrale dell’intera economia medievale.  

Di conseguenza era storicamente dato che le masse della borghesia in ascesa, avendo interessi economici-sociali molto diversi dai nobili e dai feudatari, piccola minoranza sociale, pretendessero, si siano attivate per prendere la direzione, la gestione della società stessa.

Ma                  alle richieste pacifiche della borghesia ora diventata maggioritaria i dominanti nobili si sono opposti con strenua violenza, usando i sistemi più repressivi possibili, con le note brutalità,.

Paragonabile situazione la troviamo oggi, dove ora è la borghesia in posizione di piccola minoranza, ma dominante, che si oppone alle masse proletarie che aspirano alla direzione della società. E esattamente come prima i nobili-feudatari, adesso è la minoranza borghese che non vuole cedere pacificamente il potere.  

La dispotica opposizione borghese diventa chiara in determinati momenti, definiti dagli storici e dai marxisti “momenti rivoluzionari”. Momenti dove il sistema capitalista collassa, entrando in incalcolabili profonde crisi con disastri economici, sociali e guerre, creando così i presupposti per i cambiamenti-rivoluzioni sociali. Perché è proprio in queste situazioni catastrofiche che le masse proletarie si scuotono, diventa loro chiaro il reale funzionamento negativo capitalista. Ed è esattamente in questi momenti storici di profonde crisi in cui le borghesie sono in stato di forte debolezza, che esse gettano la maschera mostrando il loro vero volto, reprimendo violentemente ogni tentativo dei proletari di dirigere la società.

Naturalmente i fatti che comprovano non mancano.

L’esperienza della rivoluzione della Comune di Parigi del 1871 è stata significativa: il governo borghese dopo aver represso nel sangue il nuovo stato sociale proletario della Comune, a tutti coloro che nelle mani presentavano calli, indistintamente venivano fucilati per le strade.

E l’esperienza di Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht e degli spartachisti è altrettanto illuminante: tutti uccisi perché aspiravano ad una società migliore, diversa. O la controrivoluzione russa portata avanti  dalle armate bianche sostenute e finanziate dai capitalisti occidentali che ha causato mezzo milione di morti.

Ma non bisogna andare solo lontano nel tempo per trovare repressioni violente delle borghesie contro i proletari. La soppressione con i carri armati della rivolta di Berlino del 1953 o quella di Budapest del ’56 ne sono esempi recenti.

In realtà ogni giorno, quotidianamente, i lavoratori constatano e subiscono la dominanza borghese. A fronte di capitalisti possidenti patrimoni enormi, i lavoratori dipendenti per mantenere un livello di vita decente, normale, sono costretti costantemente a scioperare. Senza questo sistema di “lotta di classe” i ricchi padroni non cederebbero assolutamente niente ai dipendenti che sfrutterebbero senza limiti.

Ma sono le guerre con centinaia di migliaia di vittime e immani distruzioni l’evidenza più eclatante dell’estrema violenza quotidiana dei borghesi: vengono provocate e condotte dai capitalisti in giro per il mondo solo per raggiungere i loro interessi e profitti.

In sostanza: la causa della violenza sociale risiede non nei rivoluzionari che aspirano ai giusti e necessari cambiamenti storici-sociali, ma nella repressione della piccola minoranza borghese, che si presenta con il volto democratico, ma in realtà impedisce in tutti i modi che le masse proletarie sfruttate prendano pacificamente la direzione della società.  E se le masse lavoratrici in dati momenti catastrofici si ribellano e diventano violente, è solo per reazione, risposta, per difesa all’inaudita violenza che la piccola frazione sociale dei capitalisti al potere contro di esse riversa: per impedirne l’ascesa al potere, per impedire il salto storico necessario.  

 

IL FALSO PROBLEMA DELL’ANTIFASCISMO

 

 

 

Per i marxisti non esiste il problema ANTIFASCISMO.    

Abbiamo più volte ribadito che la storia in varie occasioni ha dimostrato come i capitalisti, per i loro interessi, quando è loro conveniente, possono portare al potere i fascisti (es. Hitler, Mussolini, Pinochet, ecc. e adesso i militari in Myanmar) utilizzando tutti i mezzi a loro disposizione (media, politici, intellettuali, università-scuole, clero, ecc.) per poterlo fare e convincere le masse che è la cosa giusta, E abbiamo sempre ribadito che se oggi vigono le democrazie è solo perché i capitalisti ne vedono l’interesse per meglio controllare e dirigere le masse proletarie sfruttate.

Noi siamo d’accordo con Marx quando afferma che, non è cercando miglioramenti nella corrotta e insanabile società capitalista la giusta politica da perseguire, perché la sostanza caotica e problematica del capitalismo rimane sempre intatta, ma è cambiando completamente il sistema stesso, la politica corretta da seguire.

Essendo che tutti i governi sono al servizio dei capitalisti, siano essi indifferentemente governi democratici o fascisti, tutti hanno sempre represso con ferocia inaudita gli operai in rivolta nei momenti rivoluzionari, cioè nei momenti catastrofici causati dalle crisi capitalistiche. Quindi il sostenere una società capitalistica “migliore” contrastando l’ascesa dei fascisti al potere, è per i marxisti  un falso problema, un problema che non esiste.   

Sono gli stalinisti, partiti nazionalisti che aspirano ad un capitalismo statalizzato, che incoraggiano, spingono con forza alla lotta antifascista e mettono in primo piano nella loro politica il combattere le organizzazioni fasciste per erigere una società capitalista a capitalismo di stato. Ma per i marxisti questa politica nazional-statalizzante ha solo un senso borghese. Perché anche nella statalizzazione dell’economia vige sempre il capitalismo con tutte le sue leggi contraddittorie commerciali, con il profitto, lo sfruttamento, i ricchi, i poveri, ecc.

Se come marxisti dobbiamo parlare di una lotta comunista contro organizzazioni politiche antimarxiste, questa va indirizzata senz’altro contro la più pericolosa di queste, e cioè contro gli stalinisti stessi. Vale a dire contro i “falsi comunisti” nazionalisti che si presentano come marxisti, ma che di una società senza capitali e senza leggi commerciali non ne vogliono assolutamente sapere.

Che per i marxisti internazionalisti come noi, cioè coloro che lottano per la rivoluzione internazionale (unico modo per giungere ad eliminare le leggi commerciali e quindi eliminare il sistema capitalistico stesso) gli stalinisti siano il pericolo più grave, l’ostacolo principale per arrivare ad una società superiore, la storia lo ha dimostrato ampiamente.

 

E’ stato Stalin e la sua cricca, che eliminando fisicamente parecchie centinaia di migliaia di marxisti internazionalisti, è responsabile della controrivoluzione in Russia. Così come gli stalinisti Mao, Tito, Togliatti, Ceausescu e così via. Nell’insieme tutti questi stalinisti sono responsabili dell’assassinio di molti più marxisti rispetto ai fascisti. Questa dice la storia. 

Perché il problema è, che per il marxista nei fascisti può vedere immediatamente e chiaramente il suo nemico e così si può difendere. Mentre è molto più difficile individuare il nemico quando questo si definisce “marxista”, “comunista”, “rivoluzionario”, che inneggia a Marx e al “socialismo”, inneggia alla “lotta di classe contro il capitalismo”, ecc, mentre in realtà è uno Stalinista controrivoluzionario feroce nazionalista difensore del capitalismo di stato. Quindi il problema è che di fronte a questo atteggiamento falsamente comunista i marxisti internazionalisti vengono ingannati, abbassano le difese e cadono nella trappola di venir, nei momenti storici cruciali, sopraffatti e anche eliminati fisicamente dagli stalinisti nazionalisti. Com’è appunto successo.

La lotta antifascista, o L’ANTIFASCISMO quindi NON HA NESSUN SENSO RIVOLUZIONARIO.

E’ invece, sottolineiamo, molto importante per gli stalinisti: E’ LA LORO TATTICA per non farsi riconoscere come NAZIONALISTI.  Serve per SVIARE L’ATTENZIONE dall’essere al servizio del capitalismo-statalizzato. L’ANTIFASCISMO è il loro metodo per CONCENTRARE L’ATTENZIONE su un altro nemico: IL FASCISTA. Un nemico che è nazionalista COME LORO, ma al servizio del capitalismo privato, come appunto lo sono i fascisti.

Praticamente L’ANTIFASCISMO è una lotta tra partiti rivali sostenitori del capitalismo nelle sue varie forme.

 

NON E’ LA NOSTRA LOTTA COMUNISTA INTERNAZIONALISTA 


 

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PERCHE’ LE GUERRE NON FINISCONO MAI?

 

Guerre: frutto del capitalismo. 

 

Gli affari sono sempre in movimento, sono sempre alla ricerca del massimo guadagno in un ciclo continuo che non si ferma mai.

Ma il mondo della concorrenza è fatta in un modo che, ad un certo punto, il mercato diventi così saturo di offerta di merci da vendere che le vendite diminuiscono sensibilmente, i guadagni crollano e le perdite finanziarie per i  capitalisti diventano notevoli.

E’ in queste circostanze che si creano le basi oggettive dove gli affaristi, i ricchi, cominciano seriamente, veramente a pensare che è ora di abbattere i concorrenti, anche fisicamente. E si mettono in moto e organizzano militarmente i loro stati per farlo. 

Ed ecco che nel ciclo perverso capitalistico, periodi pacifici dove la vendita delle merci poteva trovare il suo profitto senza tanti problemi si trasformano in un periodo di guerra dove i ricchi per poter continuare a guadagnare ritengono dover  distruggere i concorrenti con la loro parte di mercato.

Nel perverso sistema capitalistico, periodi di pace si alternano a periodo di guerra e viceversa con estrema naturalezza,  finchè una società superiore non lo sostituirà.

Ma il mondo degli affari non crea solo catastrofi immani dovute a crisi di sovrapproduzione generali, come già due guerre mondiali stanno a testimoniare. In periodi cosiddetti di “pace”, le lotte per “le sfere di influenza”, cioè la lotta tra i predoni imperialisti nel pianeta per crearsi ogn’uno la propria “area” di stati dove condurre i propri affari, è causa continua di guerre locali. 

In queste situazioni  le più grandi e potenti borghesie imperialiste del pianeta cercano di rubarsi l’un l’altra, anche militarmente, le nazioni periferiche, sfruttando, senza il minimo scrupolo, i contrasti religiosi, etnici, politici. Naturalmente le guerre piccole e medie che ne scaturiscono e che vengono  in continuazione rinfocolate sono causa di centinaia di migliaia di vittime, distruzioni, fame, povertà e enormi migrazioni.

 

 (da “le nostre Posizioni Politiche”)

 

 

 

 

PERCHE’ DITE CHE STALIN NON E’ IL CONTINUATORE

DI LENIN ?

 

Lenin rivoluzionario – Stalin controrivoluzionario.

 

Volutamente, dai mass media, dagli intellettuali borghesi, dagli esperti politici, dai professori nelle università e nelle scuole, ecc. Stalin viene presentato come naturale prosecuzione di Lenin.

Assolutamente non vero!

Totale è la differenza tra la politica internazionalista rivoluzionaria di Lenin e quella nazionalista borghese controrivoluzionaria di Stalin.

Per Lenin e i bolscevichi la rivoluzione russa dell’ottobre doveva essere l’inizio di una rivoluzione mondiale per poi giungere al comunismo. Per Stalin con la sua teoria del “socialismo in un paese solo” la rivoluzione d’ottobre era già il comunismo. Un grande imbroglio e una grande menzogna da parte di Stalin , come ripetutamente scriviamo sul nostro giornale, perché se in Russia dopo la rivoluzione ci fosse stato il socialismo, i prodotti sarebbero stati  suddivisi tra la popolazione anziché venir venduti come avveniva. Come giustamente e ripetutamente Lenin affermava, in  Russia dopo la rivoluzione il proletariato al potere si trovava in una fase di transizione, che aspettando le altre rivoluzioni.  gestiva un momentaneo capitalismo di stato.

Il padronato, i ricchi, con i loro servitori, non hanno interesse a chiarire questi semplici, chiari, realistici concetti basilari.

Il padronato ha tutto l’interesse invece a creare confusione, in modo che il lavoratore non capisca come  funzioni la società capitalistica e arrivi alla sua emancipazione e poter così  lottare per spezzare le sue catene per giungere  alla sua liberazione.

E per ottenere questa confusione politica i ricchi si fanno aiutare da politici, giornalisti, economisti, intellettuali, professori, preti, ecc.

Molto strano che queste persone, che si definiscono di grande e alta cultura e onestà, si definiscono al di sopra delle parti, non riescano  nei loro studi, nelle loro ricerche a vedere e trovare cose sul funzionamento della società capitalistica che invece migliaia e migliaia di attivisti normali operai marxisti, lavoratori dipendenti, con impegno, con ricerca e approfondimento riescono a trovare. Si, molto strano!

 

 (da “le nostre Posizioni Politiche”)

 


 

 

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1953, RIVOLTA BERLINO EST 

IL FALSO SOCIALISMO  

  (CAPITALISMO DI STATO)

EX DDR ATTACCA GLI OPERAI

 

 

 

 

Dopo la guerra, ai lavoratori dell’ex DDr, così come agli altri lavoratori dell’ex Urss e dei suoi Paesi satelliti (Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia ecc)  era stato fatto intendere  di essere nel “socialismo” e che le loro condizioni di vita sarebbero state salvaguardate,  che sarebbero migliorate sempre più.

Tutto ciò non era vero.

E l’illusione durò pochi anni. I lavoratori  tedeschi ex DDR  e quelli polacchi, ungheresi, cechi ecc , mentre notavano che nei paesi occidentali “non socialisti” il tenore di vita lentamente ma veramente migliorava,. vedevano invece che lo sfruttamento, nei loro Paesi cosiddetti “socialisti” o “comunisti”, rimaneva durissimo,   gli stipendi rimanevano sempre bassi e che la corruzione dilagava.

E la reazione non si fece attendere.

Nel giugno 1953, in seguito alla decisione del governo DDR di intensificare ulteriormente i ritmi di lavoro, i lavoratori di Berlino est insorgevano.

La repressione del falso socialismo, cioè del capitalismo di stato,  fu estremamente dura. Furono fatti intervenire i carri armati, l’esercito, la polizia e chissà quant’altro e la rivolta fu presto soffocata.

 

La disillusione però si propagò, Nel ’56 insorgevano gli operai polacchi di Poznan e sempre nel ’56 quelli ungheresi di Budapest. Tutti furono repressi con estrema violenza.

Tutta la stampa di quel tempo definì i rivoltosi “provocatori”. Anche la stampa cosiddetta “socialista” o” comunista” che in realtà, guidata dallo stalinismo era

al servizio del Capitale di Stato, bollò gli operai come “provocatori”.

In tutto il mondo solo la voce dei nostri primi compagni comunisti scientifici era a fianco degli operai insorti. Compagni che, forti della sola scienza marxista si battevano  per l’internazionalismo proletario e chiarivano come stavano effettivamente le cose: “ … Quindi anche al proletariato polacco toccò la sorte degli altri paesi: lavorare duramente per la ricostruzione nazionale, pagare con uno sfruttamento imposto le conseguenze della guerra, restaurare il proprio capitalismo, pagare i sovrapprofitti al proprio imperialismo. E ciò, come in ogni paese, significa fame, miseria, mancanza di libertà (…). Noi che  lavoriamo per questo [l’internazionalismo], siamo idealmente al fianco dei nostri fratelli rivoluzionari polacchi ed ungheresi e difendiamo la bandiera che fu già di Rosa Luxemburg e della Repubblica dei Consigli ungherese del 1919, come oggi è dei giovani insorti, dagli insulti che i controrivoluzionari d’ogni tinta le rivolgono.” (L’impulso 10 nov. 1956)

La dura repressione poliziesca seguente costringerà nell’ex DDR tra il ’52 e il 61, anno della costruzione del Muro ( il Muro della vergogna), più di 2 milioni di tedeschi a scappare nella ricca Germania di Bonn. Queste persone scappavano portandosi  con se la convinzione di sfuggire al “terribile comunismo”.

Ma non poteva essere così. Non è possibile parlare di comunismo o socialismo dove il governo reprime gli operai. Perché stato socialista o comunista significa proprio governo degli operai, dei lavoratori, i quali vengono eletti nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro e nei quartieri. E gli operai non possono reprimere se stessi.

Solo un partito al governo di affaristi capitalistico-statali che si camuffano da “comunisti” o “socialisti” e sono alla ricerca del massimo guadagno può far questo.

Per noi, comunisti internazionalisti, che analizziamo la realtà con la lente del marxismo scientifico, le rivolte operaie di Berlino est nel ‘53 e quelle polacche e ungheresi del ’56 sono state invece la chiara e pratica conferma che in quei paesi dominava il capitalismo.

 

                                     da "Der kommunistische Kampf" - novembre 2014


 

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MARXISMO-COMUNISMO:

DURANTE LE LEZIONI NON VIENE DETTO TUTTA LA VERITA’! NON VIENE SPIEGATO CHE:

NON C’E’ NESSUNA CONTINUAZIONE TRA LA POLITICA DI STALIN

E QUELLA DI MARX, LENIN E DEI BOLSCEVICHI

 

 UNA COSA IMPORTANTISSIMA, FONDAMENTALE DA CHIARIRE

 

 

 

Nella loro visuale scientifica Marx ed Engels  vedono la società capitalistica svilupparsi a cicli. Lunghi cicli di espansione economica e brevi cicli di crisi improvvise che possono essere lievi, forti o fortissime e catastrofiche con guerre, fame, povertà, morti ecc.

Questo andamento ciclico del capitalismo non è determinato dalla volontà delle persone, ma fa parte del sistema ed è determinato dall’inesorabile andamento degli affari.

Nelle situazioni di crisi disastrose, che creano guerre, morti, fame, estrema povertà ecc. potrebbe accadere che le masse proletarie inferocite da questa realtà si rivoltino contro il capitalismo. Queste situazioni sono nella visuale di Marx ed Engels  assolutamente inevitabili ne mitigabili per i capitalisti. Nel momento in cui le masse (e non il singolo) si ribellano, il partito rivoluzionario può portare il proletariato verso la società superiore.

Sulla base di questa visuale di Marx ed Engels, Lenin e i bolscevichi si sono organizzati.

VIENE SPIEGATO TUTTO QUESTO NELLE UNIVERSITA’ E NELLE SCUOLE?  Non ci risulta! 

Avendo chiaro che il capitalismo è ciclico, come Marx nel libro “Il Capitale” molto accuratamente spiega e sapendo che gli affari prima o poi inesorabilmente e implacabilmente avrebbero causato enormi crisi, il giovane Lenin all’inizio del novecento (1901-02) in tempo di pace, comincia ad organizzare i bolscevichi per la futura rivoluzione. Sarà quasi una quindicina d’anni dopo che l’enorme crisi affaristica arriverà investendo tutto il mondo causando la prima guerra mondiale con milioni di morti, enormi distruzioni, disperazioni e danni incalcolabili. E arrivano anche le prime rivolte proletarie! 

Lenin e bolscevichi sono pronti a guidare il proletariato russo alla conquista del potere.

VIENE CHIARITO TUTTO QUESTO?

 

Nella visuale concreta, realistica di Marx ed Engels, la conquista del potere proletario in una sola nazione non può portare alla società superiore, comunista. Perché, concretamente parlando, una nazione è solo una parte del mercato globale e non si può assolutamente staccare da esso e istituire una propria economia autonoma visto le ineliminabili interconnessioni economiche che uniscono tutte le economie dei vari paesi nel mondo. Solo con la conquista da parte del proletariato di tutto o di gran parte del mercato globale è possibile cambiare l’economia capitalistica per organizzarne una diversa, superiore, avendo a disposizione tutti i prodotti o gran parte di essi per poter farla  funzionare.

Quando un proletariato rivoluzionario va al potere in una sola nazione, si trova per forza, inesorabilmente a gestire l’economia capitalista di quella nazione. La produzione verrà statalizzata, certamente, ma sarà sempre una economia capitalistica a capitalismo di stato. Il proletariato rivoluzionario al potere in questa nazione che vuole giungere alla società superiore comunista, dovrà per forza aspettare che anche gli altri proletariati delle altre nazioni conquistino il potere per poi unire la propria economia alle altre. In attesa che ciò si verifichi la politica estera sarà di aiutare, incentivare, organizzare, favorire in tutti i modi gli altri proletariati perché anche loro giungano al più presto al potere.

VIENE PRECISATO TUTTO QUESTO NELLE LEZIONI ?  Non ci risulta.

 

A Lenin e ai dirigenti bolscevichi Zino’vev, Kamenev, Trockij, Bukarin ecc. tutto questo era ben chiaro.

Qualsiasi di noi può trovare e leggere nelle dichiarazioni dei dirigenti bolscevichi che la rivoluzione russa doveva servire solo come primo passo verso la rivoluzione internazionale, che questo era il solo ed unico scopo di essa, altrimenti non sarebbe servita a niente. Nessuno dei dirigenti bolscevichi si è mai sognato di pensare e di dichiarare che la rivoluzione russa doveva servire a portare il proletariato russo al potere e stop!

 

 

Tutte le dichiarazioni di allora sono protese a precisare come la rivoluzione russa  fosse la scintilla, atta a far scoppiare altre rivoluzioni negli altri paesi per poi giungere al comunismo.

Tutto il lavoro bolscevico successivo, molto correttamente e estremamente conseguente, sarà, come un’ossessione, concentrato con l’istituzione della grande 3° Internazionale all’organizzazione, alla formazione, alla stimolazione di partiti rivoluzionari in tutto il mondo, dall’America fino alla Cina.

Nel frattempo in Russia ai bolscevichi , come previsto, si poneva il problema della gestione dell’ economia capitalistica statalizzata.

 

QUESTA E’ LA SITUAZIONE REALE IN CUI SI SONO TROVATI LENIN E I BOLSCEVICHI E QUESTO E’ COME HANNO AGITO !  (Tutti lo possono verificare!)

VIENE SPIEGATO TUTTO QUESTO NELLE LEZIONI? Non l’abbiamo sentito.

 

Alla morte di Lenin, fondatore e timoniere del partito bolscevico e diventato capo del governo della Russia rivoluzionaria, nella valutazione per la sua successione, i dirigenti bolscevichi sottovalutarono Stalin e questo attraverso tutta una serie di stratagemmi  riuscì a diventare dirigente e presidente della nazione (fine 1924). 

E il subdolo Stalin di fronte alle fortissime difficoltà, però normali per la situazione (sotto Lenin erano ancora peggio) in cui versava l’economia russa, ha poi cominciato a sostenere che il partito bolscevico si doveva concentrare di più sui problemi economici interni che occuparsi a favorire  partiti  rivoluzionari negli altri paesi e questo lentamente ha fatto presa sui quadri intermedi del partito nonostante la ferma opposizione dei massimi dirigenti come Trockij, Zino’vev, Bukarin, Kamenev.

Quando Stalin poi, con il sostegno di questi quadri intermedi si è sentito sufficientemente forte, ha cominciato ad elaborare  la famosa tesi de “Il Socialismo in un paese solo” andando contro l’ oggettiva realtà e cioè che il socialismo  in un paese solo non è possibile, andando perciò anche contro Marx, Engels e Lenin e mettendo così di fatto la parola fine alla rivoluzione russa stessa.  In pratica con la politica de “il Socialismo in un paese solo” Stalin e il suo gruppo eliminavano lo scopo di arrivare alla rivoluzione internazionale per arrivare alla società superiore e si imponevano come i nuovi proprietari  capitalistici  russi nella gestione del capitalismo di stato e Stalin ne diventava il nuovo spietato Zar capitalistico. 

Tutti noi possiamo ben osservare che LA POLITICA DI STALIN NON HA NIENTE A CHE FARE CON IL COMUNISMO, CON MARX, LENIN E I BOLSCEVICHI.  MA CHE SI TRATTA SOLO DI CHIARA CONTRORIVOLUZIONE BORGHESE.

Infatti il seguente comportamento stalinista sarà conseguente a questa politica borghese e sarà spietato: uccisione di tutti i dirigenti bolscevichi a lui ostili: Kamenev, Trockij, Bukarin, Zino’vev, Bakaev, Berman-Jurin, Tomskij e molti altri, scioglimento della 3° Internazionale, politica affaristica di espansione imperialista estremamente spregiudicata: alleanza con il nazista Hitler prima, alleanza con gli odiati Paesi Imperialisti (Usa, Gran Bretagna e Francia) poi.

 

 

POSSIAMO DIRE CHE STALIN E’ IL DIRETTO DISCENDENDENTE DI LENIN E DEI BOLSCEVICHI COME VIENE AFFERMATO NELLE UNIVERSITA’?

 

NO! ASSOLUTAMENTE NO.

 

IL CONTRORIVOLUZIONARIO E SANGUINARIO STALIN FA PARTE DELLA GRANDE SCHIERA DI POLITICI BORGHESI, DITTATORI O DEMOCRATICI, CHE SI ADOPERANO CON ESTREMO IMPEGNO PER IL MANTENIMENTO DI QUESTA SOCIETA’ CAPITALISTICA ESTREMAMENTE INGIUSTA.

 

QUESTO E’ CIO’ CHE SI DOVREBBE INSEGNARE.

 



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