MARX IL RIVOLUZIONARIO

AL SERVIZIO DELL’EMANCIPAZIONE

 

Ha dedicato tutta la sua vita alla lotta per una società superiore. UN ESEMPIO DA SEGUIRE

 

 

L’impostazione del lavoro rivoluzionario di Marx la si può riassumere in questa citazione di Pavel Annenkov: “Il 30 marzo 1846 a Bruxelles si tiene una riunione alla quale sono presenti Marx, Engels, Weitling, il belga Philippe Gigot, i tedeschi Edgar von Westphalen, il cognato di Marx Joseph Weydemeyer, Sebastian Seiler, e il russo Pavel Vasil’evic Annenkov che scrive una relazione della seduta: «Weitling parlò per primo, ripetendo tutti i luoghi comuni della retorica liberale e avrebbe senza dubbio parlato più a lungo se Marx non l’avesse interrotto, la fronte aggrottata per la collera. Nella parte essenziale della sua risposta sarcastica, Marx dichiarò che sollevando il popolo senza fondarne in pari tempo l’attività su basi solide, lo si ingannava. Far nascere speranze fantastiche non portava alla salvezza, ma piuttosto alla perdita di coloro che soffrivano; rivolgersi agli operai e soprattutto agli operai tedeschi, senza avere idee strettamente scientifiche e una dottrina concreta, significa trasformare la propaganda in un gioco privo di senso, peggio, senza scrupoli. Weitling replicò che con la critica astratta non si sarebbe potuto ottenere nulla di buono e accusò Marx di non essere altro che un intellettuale borghese lontano dalle miserie del mondo. A queste ultime parole Marx, assolutamente furioso, diede un pugno sul tavolo così forte che il lume ne tremò, e, alzandosi di scatto gridò: «Fino ad ora l’ignoranza non ha mai servito nessuno!» (Pavel Annenkov, cit. in U. Cerroni, cit., 27). Per Marx, combattere seriamente il capitalismo significava perciò operare su basi “scientifiche”, concrete, solide, non superficiali, su “speranze fantastiche”. E questo sarà la bussola che orienterà il grande rivoluzionario per tutta la sua vita politica. L’agire deve essere guidato dallo studio e lo studio deve servire per l’agire: questo il credo ferreo adottato dal rivoluzionario Marx, che fin da giovane partecipa a tutti i moti rivoluzionari, partendo dal grande sconvolgimento del 1848 che determinerà in tutta Europa l’ascesa della borghesia. 

Ed è proprio dalla sua analisi scientifica che Marx già da giovane, assieme ad Engels, può vedere da subito che il nascente proletariato, allora piccolissima minoranza nella società capitalista, nel futuro sarebbe così enormemente diffuso fino a diventare predominante nella società, per diventare poi il motore che sopprimerà e supererà il controverso sistema capitalistico. Da questa visuale Marx si attiva quindi per organizzare, sia teoricamente che organizzativamente, il proletariato, futuro elemento degli stravolgimenti sociali.  

Comincia questa sua intensiva attività politica con il fondare nel 1847, non ancora trentenne, assieme ad Engels, la “Lega dei Comunisti”. Così cita l’articolo 1 dello stesso Statuto di fondazione: «Scopo della Lega è il rovesciamento della borghesia, la soppressione dell'antica società borghese fondata sugli antagonismi di classe e l'instaurazione di una nuova società senza classi e senza proprietà privata». E già da subito è evidente che i due dirigenti comunisti hanno già chiaro che per raggiungere l’obbiettivo dell’abbattimento del perverso sistema mercantile la loro appena costituita organizzazione ha bisogno di basi teoriche molto solide affinchè la lotta possa essere efficace. Per cui Marx ed Engels scrivono il “Manifesto del Partito Comunista” come base programmatica. Con questo fondamentale scritto analitico il nascente movimento ha perciò adesso la possibilità di intraprendere con consapevolezza i suoi primi passi di lotta, su basi reali, scientifiche, non con idee di fantasia o dettate dalla passione come avveniva prima con i “socialisti utopisti”. Sarà il primo elemento di coscienza concreta nella lotta contro la borghesia, che in seguito tutti i comunisti del mondo adotteranno. 

Essendo che tutto il lavoro per Marx - in collaborazione con Engels - è in funzione della rivoluzione, scrive molteplici trattati scientifici, in modo che la lotta proletaria, possa raggiungere con consapevolezza l’obbiettivo dell’abbattimento capitalistico.

In questa prospettiva il rivoluzionario nel 1844 scrive “i Manoscritti economico-filosofici”,  nel 1845 La sacra famiglia”, le Tesi su Feuerbach (1845), L'ideologia tedesca (1845), Miseria della filosofia (1847), nel 1849 Lavoro salariato e capitale” , “Il 18 brumaio di Luigi Napoleone” (1852), “Grundrisse” (1857-1858), “Per la critica dell'economia politica” (1859), l'incompiuta opera de Il Capitale” (1867), “La guerra civile in Francia (1871) e “la Critica del Programma di Gotha” (1875). A questo va aggiunto tutto il lavoro sul “Materialismo storico”.

Tutte analisi politiche, sociali, economiche e filosofiche, scritte , va ripetuto, spesso in modo semplice, non per compiacere se stesso, ma con lo scopo preciso di sostenere e organizzare la lotta politica rivoluzionaria.  

In contemporanea ovviamente intensissima è la sua attività pratica.

Dopo la "Lega dei Comunisti" del 1847, Marx fu tra i fondatori della “Prima Internazionale” nel 1864, per la quale scrive il discorso di apertura dello statuto dell'associazione. All'interno dell'Internazionale è responsabile della Germania e successivamente anche dei Paesi Bassi e della Russia. In questo periodo è molto attivo nel lavoro di chiarificazione politica e di orientamento dell'organizzazione, conducendo al contempo una lotta decisa contro i socialisti utopisti, la corrente borghese radicale e gli anarchici.

Nel 1875, con il suo trattato "Critica del programma di Gotha", delineò le linee programmatiche fondamentali su cui si sarebbe fondato il Partito Socialdemocratico di Germania, che Marx ed Engels avrebbero guidato fino alla loro morte.

È difficile trovare nella storia una dinamica rivoluzionaria teorica e pratica così intensa allo stesso tempo.  Molto lontano dalla rappresentazione borghese di un Marx descritto "solo" come filosofo. Si tratta di una attività rivoluzionarie di altissimo livello che ha fatto la storia. UN ESEMPIO DA SEGUIRE.

Un riferimento particolare al famosissimo "Il Capitale": un'analisi così reale e dettagliata della società capitalista che anche molti avversari politici ne riconoscono la validità scientifica. L'analisi scientifica completa di Marx e il suo lavoro pratico con la "Lega dei Comunisti", l'"Internazionale" e il "Partito Socialdemocratico di Germania" sono oggi i criteri pratici granitici su cui si basano tutte le organizzazioni che lottano contro il perverso capitalismo.  E così sarà fino al suo rovesciamento finale. Un grande ringraziamento al grande Marx.

 

Guerra capitalistica in Ucraina

DALLA PARTE DEI LAVORATORI UCRAINI E RUSSI,

CONTRO TUTTI I CAPITALISTI

CHE CAUSANO LE GUERRE

 

 

 

 

 

Con le guerre i lavoratori non hanno mai niente a che fare, questo è chiaro a tutti. Non è che un popolo improvvisamente impazzisce e decide di muovere guerra contro un altro popolo con il quale prima era amico. Questo assolutamente no, come correttamente afferma Lenin. La causa di una guerra va sempre ricercata nella competizione, nello scontro di interessi tra le fazioni capitaliste in concorrenza tra di loro per rubarsi a vicenda i mercati, vale a dire le nazioni. Fazioni di borghesia, cioè grandi complessi multinazionali, che controllando l’informazione e dirigendo i governi li portano nei disastri militari, trascinandovi le popolazioni coinvolte.

 

LE GUERRE. Di tutte le perversioni e ingiustizie che imperversano nella società capitalistica, le guerre sono senz’altro le peggiori. Dove i capitalisti qui mostrano tutta la loro brutalità, crudeltà, e l’assoluta mancanza di considerazione per l’essere umano. Dove senza nessun scrupolo, nel tra di loro scontro, non esitano a sacrificare migliaia, centinaia di migliaia o perfino milioni di persone pur di raggiungere i loro scopi di massimizzazione del profitto.

 

I MARXISTI. Nella barbaria delle guerre ci poniamo sempre a fianco dei lavoratori, ossia di TUTTI I LAVORATORI, coinvolti loro malgrado nella carneficina. Vale a dire che nell’attuale guerra in Ucraina siamo a fianco dei lavoratori ucraini che russi, come nella guerra in Libia siamo a fianco di tutti lavoratori libici, contro le fazioni libiche borghesi in guerra tra di loro che si contendono la nazione. E certamente siamo con i lavoratori cinesi, europei, americani, eritrei e tutti.

E’ l’unità di lotta dei proletari assieme, senza barriere e senza patria che può mettere fine alle barbarie delle guerre. Proletari russi, ucraini, europei, cinesi, arabi, africani, contro i propri capitalisti guerrafondai.

 

“IL  NEMICO  E’  IN   CASA  NOSTRA”   afferma  giustamente  il 

rivoluzionario Karl Liebknecht nel 1915 . I CAPITALISTI DI CASA NOSTRA SONO IL NEMICO, è loro che dobbiamo combattere, non gli innocenti proletari di altre nazioni anch’essi sfruttati nella produzione.

Si, perché “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”. Vale a dire che i briganti capitalisti nella loro costante lotta per la spartizione del mondo non sono tra di loro solo in costante competizione economica e finanziaria, ma quando questo non basta per trovare un accordo, anche l’uso delle armi è un mezzo per raggiungere gli scopi, anche se questo significa disastri inimmaginabili per le masse.

Leggi repressive in Ucraina e Russia. E’ in queste situazioni disastrose che spariscono le differenze tra nazioni “democratiche” o nazioni “autoritarie”. Perché contrariamente a quanto dichiarato dai sostenitori delle democrazie, è proprio nelle guerre che le borghesie mostrano la loro vera faccia dispotica imponendo brutalmente la propria dittatura, togliendo tutte le libertà democratiche, cosicchè i loro obiettivi con le armi vengano raggiunti. Infatti non solo in Russia vengono represse le proteste contro la guerra come ampiamente riportato dall’informazione di casa nostra, ma anche nella “democratica” Ucraina sta succedendo la stessa cosa, altrettanto repressiva: tutte le organizzazioni di sinistra contro la guerra sono state bandite e vengono brutalmente perseguitate. Questo però con la complicità del totale silenzio dei media.

Non c’è scelta: contro la dittatura della borghesia: RIVOLUZIONE !

 

Karl Liebchnek e Rosa Luxemburg


 

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L’ORRORE  DELLE  GUERRE :

PRESENZA COSTANTE NELLA SOCIETA’ CAPITALISTA

DEL PROFITTO

 

“Der kommunistische Kampf”   n.19 maggio 2017 

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CONFERMA DELL’ANALISI MARXISTA

Nel 2017 quando nel Medio Oriente imperversava la guerra contro lo Stato Islamico e le guerre ancora attualmente in corso in Jemen, Libia, Siria, abbiamo scritto questo articolo contro coloro che affermano essere il capitalismo la società migliore esistente, ed essere la guerra un’eccezione nel sistema. Da allora altre guerre si sono aggiunte, non ultima quella in Ucraina, a conferma di come l’analisi marxista sia realistica e corretta.

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L’obbiettivo di un maggior profitto porta certo a dei momenti, anche lunghi, di benessere per alcuni strati sociali, ma come altra faccia della medaglia è anche causa di terribili sconvolgimenti, crisi e guerre. Anche le guerre hanno l’obbiettivo finale del maggior profitto, nel senso di abbattere militarmente le borghesie concorrenti  per poter poi estendere gli affari.

Certamente le guerre non rientrano nelle aspettative delle persone comuni, le quali ne entrano in contatto vedendone  gli orrori nei documentari e nelle foto provenienti dai paesi dove esplodono.

Molti vorrebbero non esistessero e vedendo queste immagini  ne rimangono molto scossi e il cuore comincia a soffrire e a battere forte e ci si domanda se un domani potremmo essere anche noi coinvolti in queste tragedie.  E’ naturale sperare  di no.

Ma le guerre esistono e non finiscono mai. Finita una se ne apre subito un’altra, se non due.

E poi arriva la domanda: è questa la società più giusta o quella a cui noi aspiriamo? E poi: è possibile fare qualcosa per cambiare tutto questo?

I sostenitori del capitalismo frustrati ci spiegano che queste situazioni sono eccezioni, non sono la regola. La regola è “la pace e il benessere” nella nostra società. E se queste guerre sopravvengono è solo per necessità, per riportare la democrazia nei paesi, i grandi valori, la pace, la civiltà.

Noi marxisti naturalmente siamo di tutt’altro parere (e pensiamo sia realistico).

La  società capitalista, la dittatura capitalistica, non è modificabile. Tanto meno migliorabile. Segue un suo percorso inevitabile.

La ricerca di un profitto, di un guadagno, muove inevitabilmente tutto il meccanismo societario con i suoi industriali, banche, i suoi partiti e governi. Pace e guerra, ricchezza e povertà, abbondanza e fame, appartengono allo stesso sistema, rappresentano più facce della stessa medaglia che nessuno può fermare, ne controllare.

O si cambia tutto il meccanismo o il meccanismo ti dirige, ti travolge.

Guerre in Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Mali, con tutti i loro morti, distruzioni, disperazioni, continueranno e si ripeteranno continuamente in questa società “di pace e benessere”.

Già il passato è stato devastato da guerre mondiali che hanno causato decine e decine di milioni di morti.

E’  questa la società che vogliamo?

La storia ci dimostra che una via d’uscita c’è. La rivoluzione bolscevica russa del ’17 è l’unico esempio che abbiamo in cui una guerra è stata fermata. Gli storici della borghesia non citano mai questo fatto di incredibile rilevanza, preferiscono nasconderlo.  A  noi però è ben chiaro.

Certamente i politici e gli esperti borghesi cercano di rassicurarci dicendo che oggi esiste la grande “Europa buona”, che tiene la situazione sotto controllo. “Europa buona” che sta partecipando a tutte le guerre in corso ed è stata voluta da industriali e banchieri assetati di profitto e “ottimi” guadagni.

E gli orrori dei bambini che muoiono sono sempre là, con i loro grandi occhi che ci guardano, a poche centinaia di chilometri  da “l’Europa buona”.  Molto difficile credere a questi politici.

Tutto e il contrario di tutto, potrebbe accadere da un momento all’altro nella società dove il profitto detta la sua dittatura.

I marxisti pensano che una società diversa, senza profitto sia possibile,  addirittura necessaria.  Bisogna però impegnarsi per imporla. 

 

Fridays for Future:

NESSUNA CHANCE DI OTTENERE QUALCOSA NEL SISTEMA CAPITALISTICO

ESATTAMENTE COME SUCCESSO NEL PASSATO AI PRECEDENTI MOVIMENTI ECOLOGISTI

 

 

 

 

 

I giovani attivisti ecologisti si muovono ora con azioni clamorose, eclatanti, per riportare alla ribalta, al centro dell’attenzione dei media il problema del cambiamento climatico. Con imbrattamento di quadri di famosi pittori nei musei, blocchi stradali in tutta Europa e proteste che si sviluppano diventando sempre più radicali.

I socialmedia borghesi e i governi dei capitalisti hanno abbandonato il Fridays for Future. Ieri quando il prezzo del petrolio e del gas russo era molto basso e per gli imprenditori era conveniente ridurre e chiudere le più costose centrali a carbone e atomiche per produrre energia, i media hanno creato e poi i governi hanno sostenuto e incoraggiato con forza il Fridays for Future. Ma oggi con l’aumento vertiginoso del greggio e con la guerra in Ucraina che limita o toglie il gas russo, le centrali sia a carbone che nucleari sono tornate di nuovo alla ribalta, diventando convenienti soprattutto per i capitalisti dell’industria, che nei loro affari cercano sempre la massimizzazione del profitto. Ma si parla non solo riaperture, in Europa si programmano addirittura la creazione di nuove centrali atomiche.  

Per i capitalisti quindi il movimento Fridays for Future sta diventando scomodo, controproducente, un ostacolo per i profitti: le tv quindi lo ignorano, così come i governi e i partiti.

Ed ecco le azioni plateali, non più pacifiche, dei giovani attivisti ecologisti.

Ma probabilmente ai giovani del F.f.F. non è ancora chiaro che i governi che loro vorrebbero influenzare, condizionare, non sono al servizio delle masse come si vorrebbe far credere, ma al servizio delle multinazionali, e che questi governi eseguono solo quello che i capitalisti esigono. E che anche le loro azioni plateali di conseguenza adesso non avranno più nessun ascolto, diverso da come accadeva nel passato.

Essendo che il movimento ora non interessa, è diventato un problema per i profitti, i media iniziano, come spesso nel controverso sistema borghese accade, anche ad attaccare il movimento stesso, cominciando a screditare la fondatrice Greta Thunberg. La quale vistosi nel mirino, ha deciso di non apparire più nelle manifestazioni pubbliche e nelle proteste. Infatti Greta è scomparsa dalla prime pagine delle tv e dei giornali e i media che prima la osannavano cominciano ora a parlare di lei in maniera critica negativa.   

Noi marxisti, che conosciamo bene le perversioni del sistema capitalistico, avvisiamo sempre, costantemente i giovani del Fridays for Future che nel sistema borghese la controversia dell’inquinamento Climatico, così come tutte le altre grandi contraddizioni del sistema, come le guerre, la corruzione, le ingiustizie sociali, ecc. non può trovare soluzione. E che è solo con l’abbattimento del perfido sistema e l’instaurazione di una nuova società che anche questa ingiustizia potrà finalmente trovare soluzione.  

E ripetutamente ricordiamo ai giovani ambientalisti che già nel passato, negli anni ’70 – ’80 sono esistiti enormi movimenti ecologisti, che hanno a lungo lottato, si sono a lungo battuti, ma che non hanno ottenuto assolutamente niente, ma proprio nulla. Proprio per questo motivo.

Il nostro invito a loro è unirsi a noi, in una realistica lotta per una società superiore.


 

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FINANZIAMENTO DELLE ELEZIONI – CAPIRE IL MECCANISMO

LE ELEZIONI: AL SERVIZIO DELLA GRANDE INDUSTRA

E FINANZA

E’ soprattutto in campagna elettorale che le grandi multinazionali finanziano  massicciamente i partiti,  ovviamente  perché  essi  poi perseguano i loro interessi.

 

 

 

 

Trovare sulla stampa tedesca dati e fonti che dimostrino come opera il finanziamento ai partiti e nel sistema elettorale è difficile, molto difficile. Così come è altrettanto raro trovare nei media reportage e articoli sul diretto interevento militare in Mali dell’esercito tedesco assieme ai francesi. O sul fatto che la Germania sia uno dei più grandi esportatori di armi (cioè di morte) nel mondo e che la corruzione dilaghi veloce in Germania. Anche molto difficile è individuare articoli di come il governo tedesco si sia decisamente opposto alla liberalizzazione dei brevetti dei vaccini anti-Covid, causando nei paesi poveri e arretrati una moltitudine di morti innocenti. O vedere studi sull’espandersi nel territorio tedesco del lavoro precario e delle ditte subappaltatrici, nelle quali giovani e lavoratori immigrati sotto continuo ricatto di licenziamento devono lavorare sottopagati e a ritmi super intensivi. Raro è anche trovare servizi su l’Unione Europea che emana continue direttive e “consigli” ai vari governi europei perché peggiorino le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori salariati. Sconcertanti fatti che rivelano la sostanza del capitalismo “democratico” tedesco e svelano la VERA faccia perversa del parlamentarismo germanico. Sono i mezzi di comunicazione che si incaricano che questi riprovevoli aspetti sociali non giungano alle masse, mezzi di comunicazione che pretendono definirsi “indipendenti”, “liberi” e “democratici”. Anche dai partiti in parlamento, Linke compresa, tutto ciò viene taciuto, per non shoccare l’opinione pubblica e metterla di fronte alla verità. Evidentemente esiste un accordo tacito non scritto tra di loro, di nascondere le mostruosità del sistema.         

Ma cercando accuratamente nelle pieghe della stampa nazionale e nelle fonti internazionali, ovviamente il reale svolgimento del perverso sistema capitalistico emerge inevitabilmente, pieno di crudeli ingiustizie e disumanità taciute.  

Riguardante il controverso aspetto del finanziamento ai partiti, soprattutto per ciò che riguarda le sovvenzioni in campagna elettorale, è Annette Sawatzki nel Sitoweb dell’associazione  LobbyControl che ci illumina come funziona il meccanismo di sponsorizzazione ai partiti. La massa di milioni riportata nei dati, che viene riversata dalle grandi imprese finanziarie e industriali sui politici durante le elezioni, in questi cruciali e decisivi momenti per la direzione del paese, può sorprendere il lettore, ma non i marxisti come noi, che da sempre segnalano i mille aspetti di partiti parlamentari e governi al servizio dei miliardari, i quali nell’ombra “tirano le fila”.   Nell’articolo del 17 gennaio 2019 dal titolo “Così è stata finanziata la campagna elettorale della repubblica federale” la Sawatzki, che riporta come sua fonte di ricerca e studio i dati del governo diffusi dalla “Deutscher Bundestag”, espone così la situazione: “Nel 2017 i partiti del Bundestag hanno ricevuto quasi 90,6 milioni di euro di donazioni, di cui quasi 26 milioni di euro provenivano da aziende e associazioni imprenditoriali (...) Questo secondo i rapporti di responsabilità dei partiti pubblicati ieri.  Tuttavia, l'importo totale delle donazioni da parte delle imprese è probabilmente molto più alto, dato che i partiti non devono segnalare specificamente le loro entrate, a volte considerevoli, derivanti dalla sponsorizzazione”. Spieghiamo: i partiti parlamentari si finanziano attraverso più canali: i contributi degli iscritti e militanti è uno, i contributi dello stato è un altro, e infine le donazioni da “esterni”. Queste “donazioni” o “offerte” esterne provengono da privati, che sono le associazioni di imprenditori e finanziarie. Ebbene, spiega Annette Sawatzki, dai dati dell’anno 2017 dove in Germania si sono svolte le elezioni federali-nazionali, i partiti su un totale di 90,6 milioni di euro ricevuti di sovvenzioni, 26 milioni di queste provenivano da imprese e banche. Ma, attenzione aggiunge la Sawatzki,  l'importo  totale  delle  donazioni  da  parte  delle 

imprese è probabilmente molto più alto [ibidem] visto che le varie associazioni di imprenditori usano anche altri sistemi, “non visibili”, per far giungere soldi ai partiti.

La tabella sotto riporta l’andamento delle donazioni “private” nelle ultime tre  tornate elettorali. 

Chi sono i maggiori finanziatori privati dei partiti durante le elezioni? Come negli anni precedenti, la classifica dei primi donatori è guidata dalle associazioni dei datori di lavoro dell'industria metallurgica ed elettrica. Tra questi c'è il donatore della più grande offerta singola di 675.000 euro, che sono stati trasferiti alla CSU dall'Associazione bavarese dell'industria metallurgica ed elettrica” riporta l’articolo. Poi continua: “Degna di nota è anche la Deutsche Vermögensberatung (DVAG) - La più grande società di vendite finanziarie della Germania (fatturato annuo: 1,3 miliardi di euro) - già tradizionalmente numero due della lista dei donatori, che con 433.500 euro è il più grande singolo donatore alla CDU”.

La tabella Le top donazioni ai partiti nel 2017” che riportiamo sotto il titolo ci mostra quanto a seguito è il versamento degli altri grandi “donatori” imprenditori: al 3°posto Ralph Donnermuth con 594.000 euro, al 4°posto l’Associazione dell’Industria Chimica con 534.000 euro, e così via. 

LobbyControl ci fa quindi chiaramente capire come le varie tornate elettorali dipendono dalle sovvenzioni delle grandi multinazionali: “Per i miliardari, le corporazioni e le loro associazioni, poche centinaia di migliaia di euro sono, ovviamente, noccioline – cosa che per  la maggior parte delle persone così tanti soldi non mettono insieme in un'intera vita lavorativa” prosegue l’articolo.  Miliardari che poi ovviamente chiederanno ai politici di essere serviti, visto che i partiti accettano con piacere le loro donazioni.

Ma l’associazione “LobbyControl” è contraria a questo sistema di finanziamento nella BundesRepublik: “Ma la democrazia si basa su un principio semplice e chiaro: ogni voto deve contare allo stesso modo. Una persona, un voto. Le grandi donazioni minano questo principio democratico e distorcono la competizione politica. Questo è il motivo per cui molti paesi hanno dei limiti alle donazioni dei partiti. Anche la Germania dovrebbe finalmente introdurre un tale limite di donazione, ad un massimo di 50.000 euro. Per confronto: in Italia il tetto è di 100.000 euro, in Spagna di 50.000 euro, in Finlandia di 30.000 euro e in Grecia di 20.000 euro. La Francia (7.500 euro), l'Irlanda (2.500 euro) o il Belgio (2.000 euro) sono ancora più severi. In altri paesi, come Polonia, Portogallo o Lettonia, i limiti massimi di donazione sono legati al livello dei salari minimi” afferma la Sawatzki. Per poi concludere: “LobbyControl richiede che i finanziamenti privati ai partiti in Germania sia regolato più strettamente e reso più trasparente”.

 

COME I CAPITALISTI AGGIRANO LA LEGGE. 

Certamente diverse nazioni hanno introdotto limitazioni anche forti alle donazioni di “privati”, nel tentativo di limitare l’influenza del mondo imprenditoriale sulle elezioni. Ma questo, come la corruzione politica dilagante anche in quei paesi dimostra, ovviamente è del tutto inutile. Perché siamo nel sistema capitalistico. Poiché le grandi aggregazioni economiche hanno tanti altri modi per far arrivare i propri soldi ai partiti e così dirigerli: possono far giungere denaro con il pretesto di finanziare le fondazioni benefiche (spesso finte) dei partiti, gonfiare le spese per sostenere i loro giornali, finanziare le false attività culturali politiche, pagarne la costosa pubblicità, far giungere denaro per finti congressi, gonfiare i finanziamenti per le manifestazioni pubbliche, e così via. Tutti sistemi occulti usati abbondantemente in tutto il mondo, così che gli imprenditori possano controllare senza problemi direttamente sia politici che governi. Quindi per le grandi multinazionali aggirare le leggi per far arrivare soldi di nascosto ai partiti non è proprio un problema, esattamente come quando Annette Sawatzki nell’articolo precisa: Tuttavia, l'importo totale delle donazioni da parte delle imprese è probabilmente molto più alto, dato che i partiti non devono segnalare specificamente le loro entrate, a volte considerevoli, derivanti dalla sponsorizzazione” [ibidem]

Per il marxismo lo stato “democratico” è solo una “facciata” del dominio dei miliardari, e anche il finanziamento ai partiti e delle elezioni confermano appieno la realtà dall’analisi marxista: la società tutta è organizzata in modo che i capitalisti possano perseguire il loro dominio.  

Ciò chiarisce il perché nel silenzio totale di governo e partiti (tutti) e dei mezzi di informazione il governo tedesco nell’interesse della grandi imprese tedesche intervenga militarmente attivamente nella guerra in Mali, sia esso uno dei più grandi esportatori di armi al mondo, blocchi la liberalizzazione dei brevetti dei vaccini anti-Covid, allarghi sempre più il lavoro precario e le ditte subappaltatrici, limiti stipendi e pensioni, diriga l’Unione Europea contro i lavoratori salariati e spinga sul riarmo europeo e perchè i ricchi diventano sempre più ricchi.

La “vera democrazia”, auspicata anche da “LobbyControl”, può esistere solo in un’altra società, una società superiore, dove non esistano più i capitalisti con i loro perversi affari, profitti e corruzione. Una società diversa dove tutti possano godere del benessere sociale prodotto.


 

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LA CAPITALISTICA EUROPA ALL’ATTACCO

CONTRO  I LAVORATORI

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LA COMMISSIONE EUROPEA IMPONE ALL’ITALIA DI LIBERALIZZARE I LICENZIAMENTI

 

ECCO DA CHE PARTE STA L’UNIONE EUROPEA!

 

L’ENTUSIASMO DEL PADRONATO ITALIANO

(come riportato dai maggiori quotidiani nazionali)

 

 

 

La situazione catastrofica dovuta al Coronavirus in cui versa l’Italia ha costretto il governo a inizio pandemia a bloccare i licenziamenti per non creare una situazione di reazione esplosiva da parte dei lavoratori dipendenti, che già prima dell’espandersi dell’infezione Covid versavano in condizioni di lavoro molto precarie. Ma adesso la pandemia sta passando e naturalmente tutto il mondo avverso ai lavoratori - imprenditori, politici e naturalmente l’Unione Europea - si rimette in moto per attaccarne le condizioni. E chiedono a gran voce di poter tornare a licenziare liberamente.

Sbloccando i licenziamenti, dicono i dati ufficiali dei sindacati, centinaia di migliaia di lavoratori verrebbero a perdere il posto di lavoro. Sciagura nella sciagura: prima colpiti dalla pandemia e poi dai licenziamenti.

Ma naturalmente questo non importa assolutamente ai ricchi padroni e chi li aiuta, per i quali il lavoratore è solo uno strumento qualsiasi per arrivare al guadagno, da gettare quando non serve più, indipendentemente se dietro alla persona c’è una famiglia, figli, ecc. 

E’ proprio l’’Unione Europea particolarmente accanita contro i salariati. Da sempre. Non perde occasione per emanare continue direttive ai governi perchè aumentino il lavoro precario per i giovani e diminuiscano quello stabile, che i salari vengano diminuiti, che aumentino le tasse sugli stipendi, che diminuiscano le pensioni, e così via. E naturalmente perchè vengano anche liberalizzati al massimo i licenziamenti.

E grottescamente, ridicolmente, cerca di convincere i lavoratori che tutti questi peggioramenti sono a “loro vantaggio” mentre un “danno” per i superricchi padroni milionari. E inverosimili e patetiche sono perciò anche le motivazioni portate dalla Commissione Europea per convincere del “vantaggio” della liberalizzazione dei licenziamenti, sostenendo la tesi che andrebbero “a favore dei lavoratori precari”. Incredibile! (Forse i politici europei pensano che siamo tutti scemi!)

Chissà perché però a fronte di queste affermazioni UE sono i padroni a festeggiare e non i lavoratori, come riportato dai giornali.

Perfino alcuni grandi quotidiani borghesi italiani non se la sentono di farsi prendere in giro e contraddicono l’Unione Europea, ammettendo i grandi vantaggi che con i licenziamenti gli imprenditori ne riceverebbero. Così “il Fatto Quotidiano” nell’articolo “Lavoro, la Commissione UE invita l’Italia a superare il blocco dei licenziamenti” del 5 giugno: ”Campane a festa nei giornali degli imprenditori (…) Al di là delle reali necessità produttive però la crisi è sempre, anche, un buon pretesto per licenziare e riassumere poi a condizioni più vantaggiose [per i padroni -ndr]. Sta di fatto che anche Banca d’Italia si attende che la rimozione dei vincoli si tradurrà nella perdita di alcune centinaia di migliaia di posti di lavoro”.

Forte è quindi l’opposizione sindacale.

Non c’è dubbio perciò che la terribile Unione Europea sia contro i lavoratori, lo scriviamo da sempre.

Perché l’Unione Europea è l’Unione del padronato europeo, come affermiamo senza esitazione nelle “Nostre Posizioni” nel capitolo “Europa: unione delle borghesie europee” (sito internet “Der Kommunistische Kampf”). E’ stata voluta fortemente da loro e loro l’hanno poi costituita facendola passare poi come “volontà popolare”.

La classe lavoratrice europea per difendersi dovrebbe fare altrettanto, cioè federarsi a livello europeo per combattere efficacemente i padroni europei uniti (ossia l’Unione Europea).

 

GUERRE TRA CAPITALISMI DI STATO

1979 - GUERRA TRA

CINA E VIETNAM

UN’ALTRA GUERRA TRA STALINISTI CAPITALISTI RIVALI DOPO QUELLA TRA UNIONE SOVIETICA E CINA DEL 1969

 

 

 

Chi non ricorda le immense manifestazioni di fine anni ’60 a sostegno del Vietnam contro gli USA? Manifestazioni con centinaia di migliaia di dimostranti che gridavano e si scontravano contro la polizia a favore del Vietnam considerato “comunista”.

Ben poche, anzi pochissime, erano le organizzazioni marxiste che del tutto contro corrente, allora sostenevano che il Vietnam non era ne comunista ne socialista. Erano le organizzazioni marxiste della “Sinistra Comunista” facenti capo a Amadeo Bordiga, Onorato Damen, Paul Mattick, Anton Pannekoek, e quella leninista di “Lotta Comunista” di Arrigo Cervetto.

Le tesi sostenute dai marxisti era che nel paese Vietnam operavano tutte le leggi capitaliste del commercio e del profitto, e non quelle del comunismo con la suddivisione dei beni. Una realtà ultra evidente. 

Pertanto non si poteva parlare di “paese comunista”. Di conseguenza la guerra di liberazione del Vietnam contro gli Stati Uniti andava interpretata come una guerra tra capitalisti: capitalisti del Vietnam contro l’oppressione dei potenti capitalisti americani.

Posizioni perciò supercorrette nell’analisi marxista.

La guerra tra Vietnam e USA finirà nel ’75. Ed ecco, pochi anni dopo arrivare la conferma ufficiale del carattere borghese-capitalista del paese Vietnam: nel ’79 scoppia la guerra tra la Cina maoista-stalinista contro il Vietnam altrettanto stalinista.

Motivo: i soliti interessi capitalistici.

Nel ’78, un anno prima, l’esercito vietnamita aveva invaso la Cambogia (adesso, dopo la liberazione nazionale, sono i vietnamiti che invadono un altro paese) approfittando della debolezza causata dalla guerra civile che imperversava in quel paese, per occuparne alcune regioni. Per fermare l’invasione, la Cina maoista entra in guerra da nord contro i vietnamiti. Questi, sotto attacco cinese, sono costretti a fermare l’invasione e poi in seguito a ritirarsi della Cambogia.

Come detto: una delle tante tragiche guerre capitaliste che infestano il pianeta. Niente di nuovo nel quadro delle diaspore tra borghesie assetate di espansione.

La novità consisteva nel fatto che, come nel ’69 nello scontro militare tra Unione Sovietica e Cina, anche qui nella guerra tra Cina e Vietnam, si ripeteva e confermava lo scontro tra stalinisti capitalisti. Un evento di notevole rilevanza politica.

Ma qui non si sono ripetute le manifestazioni oceaniche per denunciare il carattere capitalista sia della Cina che del Vietnam. Le organizzazioni staliniste e maoiste che pochi anni prima avevano promosso le enormi proteste a favore del Vietnam contro gli USA, preferiscono adesso defilarsi e nel silenzio constatare il fallimento delle loro politiche (e anche delle loro proteste).

Ma i marxisti, quelli veri, invece no, questi non si sono fermati. Al contrario.

Per i marxisti della “Sinistra Comunista” e i “Leninisti” è l’occasione per riaffermare ancora una volta il carattere borghese dei due paesi stalinisti e la validità dell’analisi marxista. Quella vera, non quella distorta stalinista.

Nella lotta politica quotidiana è importante citare e sottolineare costantemente le guerre tra stalinisti. E’ importante per smascherare la vera essenza antiproletaria di queste organizzazioni che si sforzano di apparire “leninisti”. E che senza pudore continuano ad usare la terminologia “marxista” per giustificare le loro sporche azioni borghesi nazionali e internazionali, come l’odierna guerra tra Russia-Ucraina dove ancora una volta gli stalinisti, tutti schierati a sostegno dell’imperialismo russo, si definiscono “comunisti”. 


 

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A CHE COSA SERVE UNA RIVOLUZIONE?

 

 

 

Nella politica comunista per l’edificazione di una società superiore la rivoluzione è concepita come rivoluzione mondiale. Non può essere altrimenti.

 

 

La rivoluzione in un singolo paese ha quindi un preciso scopo: organizzare le altre e successive rivoluzioni. Questo è punto fisso.

Ne consegue che l’arrivo al potere del proletariato in una nazione attraverso la rivoluzione ha si lo scopo, in quella determinata nazione, di mantenere il proletariato al potere, ma il compito assolutamente principale, attraverso la vittoria in quella determinata nazione, è organizzare i partiti e le organizzazioni rivoluzionarie negli altri paesi, per  poi, quando i momenti propizi rivoluzionari si presenteranno di nuovo, condurre le altre rivoluzioni.

Quindi se la rivoluzione in questo determinato paese soccombe, per svariati motivi: dall’esterno per l’attacco militare congiunto delle borghesie mondiali che hanno interesse a sopprimere la rivoluzione; o dall’interno, per motivi economici, in quanto il paese rivoluzionario dove il proletariato è giunto al potere viene isolato economicamente e versa in indescrivibili problemi economici e sociali che determinano come riflesso, l’emergere all’interno della nazione di movimenti politici e sociali borghesi che agendo riescono, in vari modi, a far crollare la rivoluzione – questo, cioè il crollo della rivoluzione in quel determinato paese, nella strategia della rivoluzione internazionale, non ha alcuna importanza, in quanto, grazie al fatto che sono stati formati partiti/movimenti rivoluzionari in tutto il mondo, nei successivi momenti rivoluzionari catastrofici le rivoluzioni riesploderanno dappertutto, giungendo allo scopo di rivoluzioni a catena. QUESTO E’ IL VERO OBBIETTIVO iniziando una rivoluzione in una nazione, per l’edificazione di una società superiore. 

Certamente la conquista rivoluzionaria proletaria in un determinato paese richiede che il proletariato arrivato al potere faccia tutti gli sforzi possibili per rimanerci, ma questo, VA ANCORA UNA VOLTA RIBADITO non è l’obbiettivo principale della rivoluzione, deve essere chiaro.

Perché è nel promuovere e organizzare con tutti gli sforzi e i mezzi possibili le rivoluzioni in tutto il mondo, cioè in ultima istanza, con la rivoluzione internazionale, che si può abbandonare il vecchio caotico sistema capitalistico commerciale strapieno di contraddizioni e problematiche e passare ad un sistema economico sociale organizzato, in cui la produzione possa essere condivisa equamente tra la popolazione, senza più la caotica e disastrosa vendita delle merci.

Pertanto la rivoluzione del proletariato in un paese può essere vista e concepita solo in questa prospettiva.

 

IL RUOLO FONDAMETALE DELL’INTERNAZIONALE.

In questa prospettiva di organizzazione di rivoluzioni in tutti i paesi, fondamentale è il ruolo della costituzione dell’Internazionale. Un’organizzazione sovranazionale di  partiti e movimenti rivoluzionari,

dove essi, in comune accordo, possano trovare il giusto orientamento di corrette posizioni politiche, di sistemi organizzativi efficaci di unione e aiuto reciproco. L’Internazionale assolverà il suo compito storico solo quando il capitalismo a livello globale non sarà completamente sconfitto e sarà scomparso.

Tutto ciò, è evidente, è in completa contraddizione con la truffaldina e ingannatrice politica borghese stalinista nazionalista del “socialismo in un solo paese”. Una politica che mira solo a portare i nazionalisti stalinisti al potere, dove essi attraverso lo stato, gestiscono “il capitalismo statalizzato” in concorrenza contro altri capitalismi, che a loro volta potrebbero essere anch’essi statalizzati, come avvenuto nel passato anche con guerre, come la guerra tra la stalinista Unione Sovietica e la maoista Cina nel 1969 o il conflitto tra la maoista Cina e il “socialista” Vietnam nel 1979. Stalinisti che, in una società borghese in cui  tutte le leggi caotiche e disastrose del capitale continuano ad operare, dirigono capitalistiche banche statalizzate, capitalistiche industrie statalizzate, capitalistiche aziende commerciali statalizzate, luoghi di lavoro, e così via, sostituendosi ai capitalisti privati nelle loro attività. Gli esempi pratici di questa pratica borghese non mancano: oggi sono la Cina, Cuba, Corea del Nord, e nel passato l’Unione Sovietica e tutti i suoi sottomessi paesi satelliti.

Bisogna aver chiaro lo scopo di una rivoluzione proletaria per, alla fine, essere vittoriosi contro la borghesia e che gli sforzi fatti non siano stati vani.

IL GIORNALE, STRUMENTO DI LOTTA POLITICA

A CHE COSA SERVE UN GIORNALE COME IL NOSTRO, RIVOLUZIONARIO?

QUAL’E’ LO SCOPO DI UN GIORNALE? 

 

 

Il giornale, come lo sono i libri, le riunioni, l’analisi, le manifestazioni, i volantini, ecc. è uno dei tanti mezzi di lotta politica. Nella nostra quotidiana lotta comunista abbiamo bisogno di molti strumenti per, alla fine, poter battere la borghesia.

Ma, nell’impostare un giornale, la domanda chiave è: qual è lo scopo preciso che si vuol raggiungere con questo strumento di battaglia: Informazione? Agitazione? Chiarimento di idee? Contatto? Autofinanziamento? Collegamenti?

In sostanza, ogni tipo di giornale viene studiato e organizzato per raggiungere un preciso o più precisi obiettivi.

Anche il nostro giornale “Der kommunistische Kampf” persegue quindi dei determinati fini. Il primo e fondamentale: è indirizzato a favorire il primo contatto con i giovani interessati al marxismo e alla lotta contro il capitalismo. Quindi è stato costituito sulla psicologia politica dei giovani. Su questa base nella pratica bisogna rispondere a precise esigenze: a quali argomenti politici, temi, lotte, un giovane interessato al marxismo può essere attratto? Qui perciò bisogna capire bene, sperimentare e muoversi di conseguenza. E, in che forma deve essere scritto un articolo e quanto deve essere lungo per, alla meglio, essere compreso da un giovane attratto al marxismo? Infine: a chi deve essere diffuso il giornale e come deve essere diffuso?  Questi i criteri fondamentali di impostazione.

Poi “Der kommunistische Kampf” ha un secondo importante fine: elevare la professionalità politica degli attivisti. Cosa si intende con questo? La diffusione del giornale è un elemento fortissimo per spingere l’attivista diffusore a dare alle numerose domande poste durante la diffusione, risposte politiche corrette e coerenti. In questo sforzo si professionalizza moltissimo.

Altro fattore di formazione altrettanto efficace che il giornale svolge: far si che tutti gli attivisti (ma proprio tutti) vi scrivano gli articoli. Fattore fondamentale per favorire di continuo la formazione politica.

Su questi criteri per gli scopi prefissati dobbiamo dire che il nostro “Der kommunistische Kampf” sta funzionando, e bene. Gli interessati lo leggono volentieri e quando i ragazzi tedeschi vengono ai colloqui o alle riunioni (ancora molto piccole) soddisfatti, pongono sempre un sacco di domande politiche.

Ma per essere efficaci come organizzazione rivoluzionaria un giornale non basta, abbiamo bisogno di più giornali. Un secondo giornale di studio, di analisi molto approfondita è perciò assolutamente necessario. Un giornale che dia un’analisi molto più specifica rispetto a “Der kommunistische Kampf”.

Questo secondo giornale, in programma, sarà rivolto solo al giro ristretto interno degli attivisti, e non usato per il primo contatto.  In questo tipo di giornale di studio, gli articoli lunghi e complessi in esso contenuti, possono essere compresi bene dagli componenti dell’organizzazione, accelerando così la professionalità politica di cui hanno bisogno. Anche questo giornale sarà scritto da tutti i militanti, non escludendo nessuno, perché questo, nella formazione politica è assolutamente necessario.

Nella nostra organizzazione leninista non esiste e non esisterà mai una elite politica che si occuperà esclusivamente di scrivere gli articoli mentre tutti gli altri ne rimangono esclusi e il loro compito è di diffonderli. Non ha senso politico. Chi scrive diffonde e chi diffonde scrive. Perché è solo così, dove tutti sanno studiare e scrivere articoli e poi diffonderseli e organizzare, che si può arrivare a dare agli attivisti una professionalità di prim’ordine e completa, che in caso di attacco della borghesia ogni militante è in grado di riprodurre l’organizzazione.

Questi due giornali sono quindi gli impegni prioritari della nostra organizzazione.

Poi avremo bisogno di un giornale per la diffusione nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle piazze e così via. Questo altro giornale di primo contatto sarà “Der kommunistische Kampf” con l’aggiunta di articoli per i lavoratori, le masse, ecc.

Naturalmente i vari giornali svolgeranno anche il ruolo di garantire l’autofinanziamento.

Questo insieme di giornali è stato usato con esito positivo, molto positivo dai bolscevichi, e che noi oggi riteniamo indispensabile per lo sviluppo e il corretto funzionamento dell’organizzazione rivoluzionaria leninista. Su questa base il successo è senz’altro garantito.


 

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“PERCHE’ DITE CHE STALIN

 E’ STATO UN CONTRORIVOLUZIONARIO?”

 

 

  Lenin rivoluzionario, Stalin controrivoluzionario.

 

Volutamente, dai mass media, dagli intellettuali borghesi, dagli esperti politici, dai professori nelle università e nelle scuole, ecc. Stalin viene presentato come naturale prosecuzione di Lenin.

Assolutamente non vero!

Totale è la differenza tra la politica internazionalista rivoluzionaria di Lenin e quella nazionalista borghese controrivoluzionaria di Stalin.

Per Lenin e i bolscevichi la rivoluzione russa dell’ottobre doveva essere l’inizio di una rivoluzione mondiale per poi giungere al comunismo. Per Stalin con la sua teoria del “socialismo in un paese solo” la rivoluzione d’ottobre era già il comunismo. Un grande imbroglio e una grande menzogna da parte di Stalin , come ripetutamente scriviamo sul nostro giornale, perché se in Russia dopo la rivoluzione ci fosse stato il socialismo, i prodotti sarebbero stati  suddivisi tra la popolazione anziché venir venduti come avveniva. Come giustamente e ripetutamente Lenin affermava, in  Russia dopo la rivoluzione il proletariato al potere si trovava in una fase di transizione, che aspettando le altre rivoluzioni.  gestiva un momentaneo capitalismo di stato.

Il padronato, i ricchi, con i loro servitori, non hanno interesse a chiarire questi semplici, chiari, realistici concetti basilari.

Il padronato ha tutto l’interesse invece a creare confusione, in modo che il lavoratore non capisca come  funzioni la società capitalistica e arrivi alla sua emancipazione e poter così  lottare per spezzare le sue catene per giungere  alla sua liberazione.

E per ottenere questa confusione politica i ricchi si fanno aiutare da politici, giornalisti, economisti, intellettuali, professori, preti, ecc.

Molto strano che queste persone, che si definiscono di grande e alta cultura e onestà, si definiscono al di sopra delle parti, non riescano  nei loro studi, nelle loro ricerche a vedere e trovare cose sul funzionamento della società capitalistica che invece migliaia e migliaia di attivisti normali operai marxisti, lavoratori dipendenti, con impegno, con ricerca e approfondimento riescono a trovare. Si, molto strano!

 

 (da “le nostre Posizioni Politiche”)

 

 

MA IN REALTA’,

CHE COS’E’ IL COMUNISMO?

 

 

 

Definizione di comunismo: Il comunismo non è la statalizzazione dei beni di produzione come gli stalinisti, i maoisti e alcune correnti trotzkiste affermano. E’ certamente la statalizzazione dei beni di produzione, ma in un mercato dove i prodotti non vengono più venduti, ma suddivisi tra la popolazione per il benessere comune.

 

Quando si afferma che il comunismo è da ogn’uno secondo le sue capacità, ad ogn’uno secondo i suoi bisogni” ovviamente si intende, ed è universalmente riconosciuto, che questo avviene in un mercato dove le merci non vengono più vendute, commercializzate per trarne un guadagno, dove esistono ancora i lavoratori dipendenti  sfruttati dallo stato nazionalista, il quale per trarre un guadagno vende i prodotti in un mondo pieno di concorrenza, con crisi e guerre, sfruttamento, fame e povertà, ma in mercato dove i prodotti sono suddivisi tra la popolazione per il bene comune.

 

ED E’ POSSIBILE ARRIVARE A QUESTO!

 

 

 (da “le nostre Posizioni Politiche”)

 

 


 

 

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ALLEGATO

NEI DIBATTITI EMERGE SEMPRE CON FORZA LA DOMANDA SE STALIN SIA STATO LA “CONTINUAZIONE” DI LENIN, E CHE RUOLO ABBIA SVOLTO NELLA POLITICA RUSSA.

PER APPROFONDIRE  LA QUESTIONE PORTIAMO ALLA  RIFLESSIONE DEL LETTORE

QUESTO ARTICOLO DEL GIUGNO 2016.

 

 

 

 

PERCHE’ SIAMO LENINISTI E NON STALINISTI

 

NELLE LEZIONI DELLE UNIVERSITA’ NON VIENE SPIEGATA

LA FONDAMENTALE DIFFERENZA POLITICA TRA IL RIVOLUZIONARIO

LENIN E IL CONTRORIVOLUZIONARIO STALIN

 

 

Un attivista marxista è, per definizione, un rivoluzionario, perché essere un marxista significa conoscere bene il funzionamento  della società capitalistica e impegnarsi per arrivare ad una società superiore.

Lenin aveva intrapreso correttamente questa strada: aveva costituito, nel periodo tranquillo di sviluppo capitalistico  precedente alle crisi, un partito rivoluzionario; nel momento rivoluzionario, creato dalla immane crisi della 1° guerra mondiale provocata dagli affari, aveva fatto la rivoluzione; nella rivoluzione aveva portato il proletariato al potere; subito dopo la rivoluzione aveva costituito la 3° Internazionale in modo che la rivoluzione proletaria si potesse estendere su tutto il pianeta.

Più di così non poteva fare.

Dopo di che, aveva aspettato correttamente che i proletari delle altre nazioni con i loro partiti rivoluzionari aggregati nella 3° Internazionale, facessero a loro volta le rivoluzioni. 

Certo,  per il proletariato rivoluzionario russo e il suo partito, tenere il potere in Russia, non era un’impresa facile. Fortissime erano le pressioni che i ricchi esercitavano nel mondo con i loro governi ed eserciti perché la rivoluzione crollasse.

La Russia rivoluzionaria difatti si trovò fortemente isolata economicamente per la chiusura dell’interscambio commerciale che i padronati di tutto il mondo nei suoi confronti avevano intrapreso, con conseguenti  inimmaginabili problemi. Ma non solo. Le democratiche borghesie occidentali  si erano anche impegnate per  organizzare e sostenere contro il governo operaio russo una sanguinosissima guerra civile che costerà 500.000 morti ed immani distruzioni.

Di fronte a questi enormi problemi Lenin e i bolscevichi di certo non si sono spaventati ne scoraggiati e proseguendo nella tenuta al potere il governo operaio hanno continuato ad organizzare e sostenere ultraattivamente quello che era lo scopo principale, fondamentale della rivoluzione russa: l’ Internazionale comunista, per arrivare successivamente alla rivoluzione mondiale. Questo l’operato di Lenin.

Stalin e lo stalinismo. 

Stalin succede a Lenin. Comincia ad affermare che le difficoltà nella Russia 

rivoluzionaria sono enormi e che la ricostruzione dell’economia russa deve avere la precedenza su tutto.  Questo per lui aveva il significato che il governo  operaio e il partito rivoluzionario si dovevano concentrare più sui problemi interni che quelli esterni riguardanti la 3° Internazionale (proprio il contrario di quanto affermava invece Lenin). Stalin comincia poi a sostenere che è possibile addirittura costituire “il Socialismo in un paese solo” (cosa assolutamente irrealistica) e che quindi questo in Russia doveva  diventare la priorità assoluta. Come conseguenza ciò  portava l’abbandono dell’obbiettivo primario, fondamentale, lo scopo per cui la rivoluzione proletaria russa era stata fatta: ARRIVARE ALLA RIVOLUZIONE MONDIALE! 

Stalin comincia ad affermare anche, che in Russia non solo esiste il “socialismo”, ma è la “patria del socialismo” e che quindi lo scopo prioritario di tutti i partiti comunisti nel mondo non deve essere più quello di fare la rivoluzione proletaria nel proprio paese, ma di difendere la Russia “socialista”.

E qui, se ancora ci fosse qualche dubbio, diventa più che chiaro che Stalin stravolge completamente il concetto comunista marxista e cioè che LA RIVOLUZIONE RUSSA (che ancora economicamente non è socialista-comunista) DEVE ESSERE IL PRIMO PASSO VERSO LA RIVOLUZIONE MONDIALE! LA RIVOLUZIONE RUSSA COME LA PRIMA DI TUTTA UNA SERIE DI RIVOLUZIONI PER POI GIUNGERE AL COMUNISMO! 

Su questa sua logica controrivoluzionaria, poco dopo Stalin scioglierà la 3° Internazionale che per i suoi scopi capitalistici imperialistici non servirà più.

Molti partiti si lasceranno trascinare in questo orribile concetto nazionalista stalinista del “Socialismo in un paese solo”: Mao, Castro, Ho Ci Minh.

Come ben si vede, senza ombra di dubbio, una differenza di politica tra IL RIVOLUZIONARIO LENIN E IL CONTRORIVOLUZIONARIO STALIN sostanziale! Impossibile da non vedere per chi è un po’ esperto di politica! 

QUESTA SOSTANZIALE DIFFERENZA POLITICA NELLE LEZIONI DELLE UNIVERSITA’ NON VIENE ASSOLUTAMENTE SPIEGATA, MA NEMMENO ACCENNATA!

Ci sono invece migliaia e migliaia di operai e studenti in tutto il mondo che si interessano di politica, che vogliono capire e non sbagliare, e trovano questa differenza fin troppo evidente, ritengono necessario  scriverla e divulgarla. 

 

 

                                                                  “Der kommunistische Kampf” –  giugno 2016 


 

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ALLEGATO

 

LA STAMPA UFFICIALE RIPORTA CHE IN EX DDR E UNIONE SOVIETICA ESISTEVA IL “SOCIALISMO” DI MARX.

PER I MARXISTI NON E’ COSI’, E’ UNA FANDONIA.  PER APPROFONDIRE LA TEMATICA PORTIAMO ALLA

RIFLESSIONE DEL LETTORE QUESTO ARTICOLO DEL NOSTRO GIORNALE DELL’ APRILE 2015.

 

 

 

 

Punti fermi della scienza marxista

Proseguiamo qui nell’approfondimento del falso socialismo,

cioè del capitalismo di stato camuffato da “socialismo”

 

EX DDR – EX URSS – EX PAESI DELL’EST:

NESSUN SOCIALISMO

 

1953-1989: LA LOTTA DELLA CLASSE OPERAIA

CONTRO IL CAPITALISMO DI STATO

 

Il padronato e i falsi socialisti e comunisti ci hanno dato da intendere (e tutt’ora insistono nel farci credere) che  nei ex Paesi dell’Est ( Urss,  DDr ,  Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, ecc.)  ci sia stato il socialismo o il comunismo.

Tutto falso!  Il marxismo scientifico già dagli anni ’50 ha chiarito che in quei paesi non esisteva nessun socialismo, che era tutta una truffa per confondere i lavoratori e che la dominava il capitalismo ( di stato).

Se ci fosse stato il “socialismo “ o il “comunismo” come  loro affermavano, non avremmo dovuto trovare in quei paesi tutte le leggi economiche  affaristiche e di sfruttamento tipiche del capitalismo, ma avremmo dovuto trovare i lavoratori al potere che gestivano la società.

Andando a scorrere i giornali dell’epoca ci viene riportato ed evidenziato qual era invece la realtà in questi paesi falsamente definiti “socialisti”:  disoccupazione e sfruttamento, inflazione e concorrenza, banche e guadagni, produttività e sacrifici, scioperi e lotta di classe. 

Non c’è  ombra di dubbio: capitalismo!

In questo articolo ci soffermiamo sulla lotta che i lavoratori (super sfruttati) di quei paesi in quegli anni conducevano. Lotte particolarmente dure ed esplosive che venivano  represse altrettanto duramente e brutalmente.

Riportiamo qui dati significativi:

E’ evidente, non esisteva nessun “socialismo “o “comunismo”!  I lavoratori per difendere le loro condizioni di vita erano costretti, come i lavoratori dei paesi occidentali “non socialisti” a lotte e scioperi continui, vale a dire a  proteste contro il carovita, scioperi contro l’aumento dei ritmi di lavoro, lotte contro la riduzione dei salari, occupazione delle fabbriche per la libertà di organizzazione, proteste per  i morti causati dalle repressioni … ecc, ecc.

Come detto il padronato non ha interesse a pubblicizzare e a chiarire la sostanza dei fatti sociali  e i falsi comunisti o ingenui falsi rivoluzionari non le sanno capire.

Spetta a noi comunisti, che usiamo l’analisi del marxismo scientifico,  il compito di mettere in chiaro come veramente funziona la società.

 

“Der kommunistische Kampf” – aprile 2015

 

 

  



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