LO STRETTO LEGAME

TRA DIMINUZIONE DELLE NASCITE E IMMIGRAZIONE

 

 

“Der Spigel” nell’articolo “Germania: così tante nascite come non mai” del 21 agosto, riporta (come molti altri giornali) dati molto interessanti che ci aiutano a capire meglio il fenomeno immigrazione in Germania. Il giornale spiega che da molti anni vi è un saldo negativo di popolazione: “Come negli anni dal 1972, muoiono più persone rispetto ai bimbi che nascono”. Ne consegue che la popolazione diminuisce e se come dicono le fonti statistiche ufficiali questo fenomeno accade in Germania da così lungo tempo, significa che la diminuzione di popolazione è diventata consistente. E questo è diventato un enorme problema.

Problema per gli industriali che non trovano sufficiente manodopera locale per far funzionare l’industria. Perciò cercano manodopera altrove. E quindi hanno bisogno estremo di immigrati.

Questo fenomeno della diminuzione della popolazione non riguarda solo la Germania, ma tutta l’Europa nel suo insieme. E il problema non è solo il fatto che ci sono meno nascite rispetto alle morti, ma anche che i giovani europei studiano sempre di più, frequentano l’università e poi non vogliono lavorare in fabbrica come operai. 

Il risultato di questa carenza di manodopera è, che una marea di immigrati invade tutta l’Europa in cerca di lavoro e di condizioni di vita migliori.

Come detto anche gli industriali tedeschi hanno questo problema e quindi cercano di pescare a piene mani in questa marea immigratoria. Come ci spiega “Handelsblatt”, il governo tedesco quest’anno ha intenzione di approfittarne al massimo e sta organizzando l’accoglienza per il 2015 di parecchie centinaia di migliaia di  immigrati: “Quest’anno saranno accolte fino a 750.000 domande di asilo” (“Handelsblatt” 17.08.2015) mentre negli anni precedenti  l’accoglienza media di immigrati si aggirava sui 200.000- 300.000 annui.

Come abbiamo già riportato in precedenti articoli, in Germania esiste proprio una programmazione governativa per favorire l’arrivo di manodopera dall’estero per far si che questi poi lavorino nelle fabbriche dove la carenza operaia tedesca è molto forte. Al proposito riportiamo ancora “Der Spigel”, dove nel giugno 2014  cita il contenuto di un documento che esperti governativi hanno consegnato al ministro dell'interno Thomas de Maizière perché venga accolto: "… occorre mantenere il flusso annuale di migranti, specie qualificati ad un livello di almeno 400.000 all'anno. Al momento ne arrivano soprattutto dall'Europa meridionale in crisi (giovani laureati, disoccupati, simili) o dal centro est, dai buoni sistemi di istruzione e dall'economie (Polonia, Repubblica Cèca, Slovacchia) altamente integrate con quella tedesca. Ma le risorse umane e demografiche del resto dell’ Unione europea non sono infinite e tra vent'anni al massimo, se non prima, non basteranno più. Occorre dunque una politica attiva e ben mirata di incentivo all'immigrazione qualificata dall'Africa, dall'America Latina, dall'India e da altri paesi asiatici".   

 

Come si vede, l’aspetto dell’immigrazione che da diversi mesi è al centro dell’attenzione anche per i suoi tragici eventi, è un fenomeno che fa parte appieno del sistema capitalistico, è un aspetto rilevante che permette il funzionamento del capitalismo stesso: da una parte popolazioni povere in cerca di una vita migliore, dall’altra industrie che per funzionare hanno bisogno di operai.

Per noi comunisti, l’aumento degli operai significa l’aumento della nostra classe. Una classe che un domani sovvertirà questo sistema capitalistico. Sistema capitalistico-affaristico che crea enormi disfunzioni, crisi e guerre.

E la classe degli operai non ha frontiere ne barriere doganali.

Perciò gli immigrati per noi sono sempre ben accetti, con i loro pregi e i loro difetti.

 

Sarà anche grazie a loro che arriveremo alla società superiore!

-L’INELIMINABILE FENOMENO DELL’EMIGRAZIONE-

 

“IL LAVORO NON HA PATRIA” 

Karl Marx

 

-PER I LAVORATORI NON ESISTONO CONFINI NAZIONALI-

 

"Il lavoro non ha patria. L’operaio deve dappertutto lottare contro lo stesso male … Troppo a lungo i capitalisti hanno tratto vantaggio dalla divisione nazionale dei figli del lavoro. La concorrenza straniera serve sempre da comodo pretesto per abbassare il salario. Ai continui clamori dei capitalisti inglesi secondo cui la più lunga giornata lavorativa e i più bassi salari dei operai del continente rendono inevitabile l’abbassamento dei salari, si può contrapporre con successo solo la volontà di portare allo stesso livello la giornata lavorativa e i salari in tutta Europa. Questo è uno dei compiti dell’Associazione Internazionale degli Operai. Di fatto questo è l’unico mezzo per assicurare le conquiste di quella parte del proletariato internazionale che si trova in una situazione più favorevole. Queste conquiste saranno sempre messe in pericolo finchè ne godrà solo una minoranza … Ciò vale per le masse all’interno di un paese, come per tutto il mercato mondiale."

Karl Marx – 1868 

 

Molti sono convinti che l’immigrato rubi i posti di lavoro.

Il fenomeno immigrazione è un fattore ineliminabile e irrefrenabile nella società capitalistica. Perché le popolazioni dei paesi arretrati sono inesorabilmente attratte da un livello di vita migliore da quello in cui vivono e si spostano con tutti i mezzi possibili verso le nazioni più ricche per assicurarsi questo miglioramento. Dall’altro lato, l’industria dei paesi avanzati ha sempre bisogno di manodopera a basso prezzo. E’ un ciclo inarrestabile!

Se si conviene con questo si arriva a desumere che il movimento di lavoratori attraverso le nazioni è un fenomeno che fa parte del sistema stesso.

Molti partiti razzisti nel corso degli ultimi due secoli si sono scagliati contro gli immigrati, ma inutilmente. Il tutto è proseguito inesorabilmente.

Noi comunisti vediamo il fattore immigrazione come una cosa naturale, positiva: è una parte della nostra classe sfruttata che si sposta da una nazione all’altra.

Come comunisti, che guardiamo un attimo più in la delle banali conversazioni, che guardiamo al futuro, siamo consapevoli che più aumentano in una nazione i lavoratori dipendenti, più aumentano coloro che un domani avranno l’esigenza di fare la rivoluzione per arrivare alla società superiore.

Però sorge la domanda: come ci dobbiamo porre di fronte a lavoratori immigrati che si offrono per un salario inferiore?

La problematica non è nuova. La questione era già presente all’inizio dell’800 e affrontata dallo stesso Marx, come sopra riportato e già i lavoratori di quell’epoca hanno dovuto  trovane la soluzione. Quale poteva essere questa soluzione?

Il problema può essere colto solo se i lavoratori delle nazioni avanzate, organizzati nei sindacati, si battono perché anche i lavoratori immigrati percepiscano lo stesso salario e le stesse condizioni di lavoro che loro percepiscono.

In questi modo possono evitare che il padronato, con la scusa degli immigrati, abbassi anche a loro gli stipendi e peggiori anche a loro le condizioni di lavoro.

Non c’è altra alternativa! O così o il padrone ne approfitterà!

All’inizio dell’800 e nel recente  passato, alla fine, tutti i lavoratori hanno dovuto agire così.

 

Sarà una tematica su cui muoversi e battersi anche ai giorni nostri!


 

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UNA VERSIONE REALISTICA DELLA “PRIMAVERE ARABE”

 

Nel 2011 allorchè scoppiarono le ”Primavere Arabe” il fatto  suscitò un enorme clamore. Per la prima volta nella loro storia le popolazioni della Tunisia prima e dell’Egitto dopo e a seguire le popolazioni di altri paesi arabi insorgevano con imponenti manifestazioni contro i rispettivi regimi dittatoriali.

Le enormi e pacifiche manifestazioni e il risultato ottenuto di cambiare i governi dispotici  (in Tunisia il presidente Ben Ali era al potere da 25 anni  e in Egitto, Mubarak  da 30) e ottenere libere elezioni, diedero il pretesto alla stampa di tutto il mondo di gridare alla vittoria e alla superiorità della democrazia.

Ovviamente la stampa borghese cerca ogni pretesto per esaltare gli aspetti positivi del controverso sistema capitalistico, nascondendo, sottacendo invece tutti gli altri enormi aspetti negativi (crisi, guerre, fame, sfruttamento ecc.) causati da questo sistema.

Le rivolte pacifiche e le imponenti manifestazioni, come tutti ricordano, arrivarono del tutto inaspettate, come un fulmine a ciel sereno. Nessuno nel mondo occidentale ne aveva avuto prima la percezione. Questo significa che tutti i partiti e le organizzazioni politiche arabe del luogo (anche se questo può sembrar strano) non ebbero nessun ruolo importante trainante, decisivo nel grande cambiamento. Infatti prima che il cambiamento avvenisse non si aveva notizia di forte attività di partiti di opposizione. Il tutto è accaduto spontaneamente improvvisamente sospinto dalle masse e solo in un secondo momento i partiti politici sono scesi in campo. Questo perchè la situazione era da molto tempo ultra matura per lo sconvolgimento ed è arrivata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, come sempre succede in questi casi (in Tunisia il suicidio in piazza, dandosi fuoco, di un oppositore che era stato arrestato e maltrattato dalla polizia) che ha fatto esplodere la situazione. 

A situazione conclusa la stampa internazionale ha colto l’occasione per gridare alla grande vittoria pacifica della “democrazia”! Noi invece cerchiamo di capire cosa sia successo effettivamente.

   

SVILUPPO DELLA ZONA PIU’ CHE VENTENNALE – FORMAZIONE DI UN CONSISTENTE PROLETARIATO.

Si, anche la zona araba del nord Africa da più di un ventennio vede uno sviluppo commerciale, turistico, industriale consistente. Come conseguenza di questo sviluppo (è normale che sia così) si è formata un’ampia area di lavoratori dipendenti (proletariato) e di piccola e media borghesia commerciale e industriale. Perchè è successo questo? Perché moltissimi contadini poveri, pastori,  pescatori  che prima formavano la maggioranza sociale di questi  paesi, visto che in città il tenore di vita è decisamente migliore andando a lavorare come lavoratori dipendenti, hanno lasciato per sempre le campagne, i greggi e le barche per una vita migliore (situazioni già accadute ai tempi di Marx ed Engels nella metà dell’800 e da loro così descritte). Di conseguenza si è creato un esteso proletariato e naturalmente innalzato il tenore di vita. Migliorando il tenore di vita le famiglie si sono potute permettere di mandare  i figli a scuola, ed ecco che di riflesso anche il livello culturale è migliorato.

Possiamo affermare che dopo solo vent’anni di sviluppo industriale e commerciale le nazioni del nord Africa si ritrovano ad essere completamente stravolte, diverse da quelle le hanno caratterizzate nei secoli precedenti! Adesso la società-nazione non è più come prima basata sulla pastorizia e sulle campagne e quindi anche i bisogni, quelli politici e sociali sono cambiati. In questa nuova società industrializzata i numerosi lavoratori dipendenti  hanno  bisogno di essere liberi (con i sindacati) di contrattare al meglio la vendita della loro forza lavoro sia col padrone, che con il governo. Anche i molti  commercianti e imprenditori per la buona riuscita dei loro affari non vogliono più avere i vincoli del passato che li ostacolino e esigono uno stato capitalistico più adatto. Perciò lo stato dittatoriale che ha regnato per lungo tempo in questi paesi non rispecchia più le esigenze della nuova società affaristica e doveva essere per forza cambiato.

Anche qui abbiamo l’esempio che l’economia ha cambiato la società e la politica dando l’ennesima conferma che anche oggigiorno valgono le stesse leggi capitalistiche individuate da Marx ed Engels quando essi affermano che sono sempre gli aspetti economici che direttamente o indirettamente determinano la politica e i politici (al di la di quanti affermano il contrario)!

Si può affermare che questi enormi cambiamenti pacifici avvenuti nella cosiddette “Primavere arabe” siano una vittoria della “democrazia” come decantato dai giornali e dalle tv? Allora questi giornali e tv dovrebbero anche spiegare il perché in altri paesi come  Libia, Siria, Iraq, Ucraina ecc la (superiore) “democrazia” non funziona  e questi cambiamenti epocali avvengono invece nel sangue (e parecchio anche). Allora li, in queste situazioni,  queste tv e giornali dovrebbero dichiarare che la “democrazia” è un grande fallimento! E dovrebbero essere anche sinceri e dire che, veramente, nella recente storia capitalistica i grandi cambiamenti “pacifici e democratici” sono stati assai rari se non inesistenti.

Queste tv e questi giornali che sono di proprietà di grandi banche e grandi catene di industriali e che spingono a più non posso ad influenzare i proletariati, a creare opinione pubblica, come sempre non hanno interesse a dire la verità, dire come stanno realisticamente le cose, ma a divulgare una realtà che sia funzionale, che vada bene solo alla classe dominante dei ricchi. Vera o falsa che sia!

Ritornando alle “Primavere Arabe” della Tunisia e dell’ Egitto, analizzandole realisticamente, si può ben vedere e capire che gli ingredienti, le condizioni economiche e sociali per un salto di società in quei paesi c’erano tutti. Qui la “democrazia” ha ben poco da spartire. La situazione ha voluto che in questi casi (come detto, molto rari) le parti si siano accordate senza spargimento di sangue e siano giunte ad un compromesso di costituzione di una società “democratica” con libere elezioni ecc. senza scontri.

Osannare che la democrazia ”pacificamente vince” è veramente imbrogliare!

Per i capitalisti, per gli industriali, le banche, ecc. per raggiungere i loro scopi affaristici e’ indifferente usare una guerra o un metodo pacifico, per loro la cosa importante è la riuscita dell’affare.

Che le borghesie, i padronati, per gestire meglio le masse dei lavoratori che sfruttano abbiano bisogno di stati capitalistici “democratici” questa è una realtà, un fatto,  già visto e chiarito da Lenin all’inizio del ‘900. Ma che si voglia far credere che la democrazia sia sinonimo di pace o quant’altro, ci sono due guerre mondiali e una quantità infinita di guerre locali che dicono il contrario!

Per adesso viviamo in una Germania pacifica e democratica, domani chissà …

-SCONTRO TRA BORGHESIE-

 

COME LE BORGHESIE EUROPEE VEDONO LA FORMAZIONE DELL’ESERCITO EUROPEO

 

 

Nonostante che si parli in continuazione di  Europa unita, non esiste ancora un esercito europeo unito propriamente detto.

Ogni nazione, vale adire ogni borghesia  (visto l’approfondimento marxista) ha un proprio esercito  (non è come negli Stati Uniti dove esiste un unico esercito nazionale).  In Europa, come esercito sovranazionale esiste la NATO. Il fatto è che questo esercito NATO, non è stato voluto dalle borghesie europee, ma imposto a loro dall’imperialismo americano come vincitore della 2° guerra mondiale. Quindi i padronati europei sono stati costretti a subirlo.

Partendo da questo concetto è quindi normale pensare che anche gli europei aspirino e mirino a formare ad un esercito unico, sganciato dagli Usa, in modo da sostenere più efficacemente i loro affari in giro per il mondo.

Ma raggiungere questo obiettivo per la borghesia europea e tedesca non è così semplice come potrebbe sembrare.

Nel 2002 il padronato europeo è riuscito ad introdurre la moneta unica dell’euro e molti pensavano che successivamente sarebbe riuscito a costituire anche un suo esercito unico europeo. Ma questo non è avvenuto e dopo 15 anni la cosa non è neanche all’ordine del giorno. 

Viene quindi normale porsi  la domanda: (nonostante che, di quando in quando illustri dirigenti europei ne rivendichino la formazione) come mai dopo tutto questo tempo dall’introduzione dell’euro l’imperialismo europeo non ha ancora un suo esercito? .

Molti possono pensare che la costituzione di un’Europa unita, l’introduzione dell’euro, la formazione dell’esercito europeo, ecc, ecc, siano cose volute  dalla popolazione, dai lavoratori, dal proletariato europeo: niente di più sbagliato. I lavoratori in queste cose non hanno nessun interesse, non svolgono nessun ruolo e non hanno nessun peso anche se può sembrare il contrario. Sono  i padronati, le borghesie, che nella loro lotta per la spartizione del mercato mondiale per arrivare ad ottenere il massimo guadagno nella vendita dei prodotti hanno bisogno di rafforzarsi, di unirsi, di battersi contro gli altri concorrenti capitalisti. E per ottenere questo, attraverso i loro mezzi di persuasione (tv, giornali, politici, parlamento, ecc) coinvolgono i lavoratori delle proprie nazioni, li influenzano, li orientano, li dirigono, riescono a far sembrare che queste esigenze nascano dai bisogni della popolazione. Come detto, non è così. Alla fine la popolazione, i lavoratori devono subire quello che i ricchi hanno già da tempo deciso. 

Ritorniamo all’esercito europeo. 

Per capire come mai la borghesia europea ha il problema di non riuscire a costituirlo bisogna ritornare indietro, alla 2° guerra mondiale, dove il padronato tedesco ha perso la guerra. Questo è un fatto di estrema importanza, da non  sottovalutare. Perdere una guerra mondiale che ha causato decine di milioni di morti, significa che il vincitore, in questo caso gli Usa, impone inesorabilmente le sue regole. Aver imposto la Nato come forza militare in Europa guidata direttamente dagli Usa, significa che la borghesia americana può tenere il controllo militare diretto anche sugli europei, controllo diretto al quale il padronato Usa sembra non voler rinunciare ne tantomeno  ridimensionare visto  che al momento più di 300 basi militari americane (fonte “Base Structure Report 2002”) stazionano sul suolo tedesco.

Cerchiamo di capire bene come funziona il contendere in questo scontro tra borghesie: quando alle continue richieste europee di formazione di un esercito europeo gli americani rispondono che la Nato è più che sufficiente per difendere militarmente tutta l’Europa e che un esercito europeo unito sarebbe una cosa in più, è un modo politico per dire che loro, gli americani, non vogliono assolutamente l’esercito europeo. E’ come dire che, anche se in Europa è stata introdotta la moneta unica, le borghesie europee devono rimanere, militarmente, sottomesse all’imperialismo americano. E loro, i padronati europei, non hanno scampo, devono subire e accettare la situazione. (Lo scontro tra borghesie è implacabile!)

L’ennesima conferma dell’ imposizione americana la si è vista nella vicenda Juncker, presidente della Commissione Europea, lo scorso 8 marzo. In quell’occasione, di furibondi scontri militari in Ucraina,  tutti i giornali e tutte le televisioni riportavano la sua dichiarazione in cui affermava con molta enfasi che l’Europa aveva bisogno di un esercito europeo unito per contrapporsi ai russi. Tutti si sarebbero aspettato, che  i politici, i governi, i parlamenti dei vari paesi, ecc. si sarebbero schierati a suo sostegno.  Invece no. Il giorno dopo in Germania solo la De Leine, ministro della difesa, riprendeva il concetto di Juncker,  tra il silenzio generale di tutti gli altri politici. Silenzio importante e significativo soprattutto della Merkel (CDU-CSU) capo del governo e di Gabriel (SPD) vicecapo. Come a dire: si certo, anche noi siamo per l’esercito europeo, ma vista la situazione (cioè l’opposizione americana) in questo momento non serve a nulla spendersi per questo!

Per noi marxisti è chiaro:  ai lavoratori  un esercito non serve proprio a niente! E’ una spesa che ha il ripugnante compito di massacrare altri lavoratori, perchè si sa, i dirigenti e i ricchi non vanno in guerra!

Ai lavoratori, ai produttori, interessa vivere una vita dignitosa in una società dove si produce e dove i prodotti vengono suddivisi.

La società borghese non può dare questo!

 

Una società superiore, comunista, questo lo può fare!


 

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 MARXISMO-COMUNISMO:

DURANTE LE LEZIONI NON VIENE DETTO TUTTA LA VERITA’!

NON VIENE SPIEGATO CHE:

NON C’E’ NESSUNA CONTINUAZIONE TRA LA POLITICA DI STALIN

E QUELLA DI MARX, LENIN E DEI BOLSCEVICHI!

QUESTA E’ UNA COSA IMPORTANTISSIMA, FONDAMENTALE DA CHIARIRE!

 

Nella loro visuale scientifica Marx ed Engels  vedono la società capitalistica svilupparsi a cicli. Lunghi cicli di espansione economica e brevi cicli di crisi improvvise che possono essere lievi, forti o fortissime e catastrofiche con guerre, fame, povertà, morti ecc.

Questo andamento ciclico del capitalismo non è determinato dalla volontà delle persone, ma fa parte del sistema ed è determinato dall’inesorabile andamento degli affari.

Nelle situazioni di crisi disastrose, che creano guerre, morti, fame, estrema povertà ecc. potrebbe accadere che le masse proletarie inferocite da questa realtà si rivoltino contro il capitalismo. Queste situazioni sono nella visuale di Marx ed Engels  assolutamente inevitabili ne mitigabili per i capitalisti. Nel momento in cui le masse (e non il singolo) si ribellano, il partito rivoluzionario può portare il proletariato verso la società superiore.

Sulla base di questa visuale di Marx ed Engels, Lenin e i bolscevichi si sono organizzati.

VIENE SPIEGATO TUTTO QUESTO NELLE UNIVERSITA’ E NELLE SCUOLE?  Non ci risulta! 

 

Avendo chiaro che il capitalismo è ciclico, come Marx nel libro “Il Capitale” molto accuratamente spiega e sapendo che gli affari prima o poi inesorabilmente e implacabilmente avrebbero causato enormi crisi, il giovane Lenin all’inizio del novecento (1901-02) in tempo di pace, comincia ad organizzare i bolscevichi per la futura rivoluzione. Sarà quasi una quindicina d’anni dopo che l’enorme crisi affaristica arriverà investendo tutto il mondo causando la prima guerra mondiale con milioni di morti, enormi distruzioni, disperazioni e danni incalcolabili. E arrivano anche le prime rivolte proletarie! 

Lenin e bolscevichi sono pronti a guidare il proletariato russo alla conquista del potere.

VIENE CHIARITO TUTTO QUESTO?

 

Nella visuale concreta, realistica di Marx ed Engels, la conquista del potere proletario in una sola nazione non può portare alla società superiore, comunista. Perché, concretamente parlando, una nazione è solo una parte del mercato globale e non si può assolutamente staccare da esso e istituire una propria economia autonoma visto le ineliminabili interconnessioni economiche che uniscono tutte le economie dei vari paesi nel mondo. Solo con la conquista da parte del proletariato di tutto o di gran parte del mercato globale è possibile cambiare l’economia capitalistica per organizzarne una diversa, superiore, avendo a disposizione tutti i prodotti o gran parte di essi per poter farla  funzionare.

Quando un proletariato rivoluzionario va al potere in una sola nazione, si trova per forza, inesorabilmente a gestire l’economia capitalista di quella nazione. La produzione verrà statalizzata, certamente, ma sarà sempre una economia capitalistica a capitalismo di stato. Il proletariato rivoluzionario al potere in questa nazione che vuole giungere alla società superiore comunista, dovrà per forza aspettare che anche gli altri proletariati delle altre nazioni conquistino il potere per poi unire la propria economia alle altre. In attesa che ciò si verifichi la politica estera sarà di aiutare, incentivare, organizzare, favorire in tutti i modi gli altri proletariati perché anche loro giungano al più presto al potere.

VIENE PRECISATO TUTTO QUESTO NELLE LEZIONI ?  Non ci risulta.

 

A Lenin e ai dirigenti bolscevichi Zino’vev, Kamenev, Trockij, Bukarin ecc. tutto questo era ben chiaro.

Qualsiasi di noi può trovare e leggere nelle dichiarazioni dei dirigenti bolscevichi che la rivoluzione russa doveva servire solo come primo passo verso la rivoluzione internazionale, che questo era il solo ed unico scopo di essa, altrimenti non sarebbe servita a niente. Nessuno dei dirigenti bolscevichi si è mai sognato di pensare e di dichiarare che la rivoluzione russa doveva servire a portare il proletariato russo al potere e stop!

 

Tutte le dichiarazioni di allora sono protese a precisare come la rivoluzione russa 

(riunione del governo bolscevico)
(riunione del governo bolscevico)

 

fosse la scintilla, atta a far scoppiare altre rivoluzioni negli altri paesi per poi giungere al comunismo.

Tutto il lavoro bolscevico successivo, molto correttamente e estremamente conseguente, sarà, come un’ossessione, concentrato con l’istituzione della grande 3° Internazionale all’organizzazione, alla formazione, alla stimolazione di partiti rivoluzionari in tutto il mondo, dall’America fino alla Cina.

Nel frattempo in Russia ai bolscevichi , come previsto, si poneva il problema della gestione dell’ economia capitalistica statalizzata.

 

QUESTA E’ LA SITUAZIONE REALE IN CUI SI SONO TROVATI LENIN E I BOLSCEVICHI E QUESTO E’ COME HANNO AGITO !  (Tutti lo possono verificare!)

VIENE SPIEGATO TUTTO QUESTO NELLE LEZIONI? Non l’abbiamo sentito.

 

Alla morte di Lenin, fondatore e timoniere del partito bolscevico e diventato capo del governo della Russia rivoluzionaria, nella valutazione per la sua successione, i dirigenti bolscevichi sottovalutarono Stalin e questo attraverso tutta una serie di stratagemmi  riuscì a diventare dirigente e presidente della nazione (fine 1924). 

E il subdolo Stalin di fronte alle fortissime difficoltà, però normali per la situazione (sotto Lenin erano ancora peggio) in cui versava l’economia russa, ha poi cominciato a sostenere che il partito bolscevico si doveva concentrare di più sui problemi economici interni che occuparsi a favorire  partiti  rivoluzionari negli altri paesi e questo lentamente ha fatto presa sui quadri intermedi del partito nonostante la ferma opposizione dei massimi dirigenti come Trockij, Zino’vev, Bukarin, Kamenev.

Quando Stalin poi, con il sostegno di questi quadri intermedi si è sentito sufficientemente forte, ha cominciato ad elaborare  la famosa tesi de “Il Socialismo in un paese solo” andando contro l’ oggettiva realtà e cioè che il socialismo  in un paese solo non è possibile, andando perciò anche contro Marx, Engels e Lenin e mettendo così di fatto la parola fine alla rivoluzione russa stessa.  In pratica con la politica de “il Socialismo in un paese solo” Stalin e il suo gruppo eliminavano lo scopo di arrivare alla rivoluzione internazionale per arrivare alla società superiore e si imponevano come i nuovi proprietari  capitalistici  russi nella gestione del capitalismo di stato e Stalin ne diventava il nuovo spietato Zar capitalistico. 

Tutti noi possiamo ben osservare che LA POLITICA DI STALIN NON HA NIENTE A CHE FARE CON IL COMUNISMO, CON MARX, LENIN E I BOLSCEVICHI !  MA CHE SI TRATTA SOLO DI CHIARA CONTRORIVOLUZIONE BORGHESE!

 

Infatti il seguente comportamento stalinista sarà conseguente a questa politica borghese e sarà spietato: uccisione di tutti i dirigenti bolscevichi a lui ostili: Kamenev, Trockij, Bukarin, Zino’vev, Bakaev, Berman-Jurin, Tomskij e molti altri, scioglimento della 3° Internazionale, politica affaristica di espansione imperialista estremamente spregiudicata: alleanza con il nazista Hitler prima, alleanza con gli odiati Paesi Imperialisti (Usa, Gran Bretagna e Francia) poi.

 

(Trotzkij, Lenin, Kamenev)
(Trotzkij, Lenin, Kamenev)

 

POSSIAMO DIRE CHE STALIN E’ IL DIRETTO DISCENDENDENTE DI LENIN E DEI BOLSCEVICHI COME VIENE AFFERMATO NELLE UNIVERSITA’?

NO! ASSOLUTAMENTE NO!

IL CONTRORIVOLUZIONARIO E SANGUINARIO STALIN FA PARTE DELLA GRANDE SCHIERA DI POLITICI BORGHESI, DITTATORI O DEMOCRATICI, CHE SI ADOPERANO CON ESTREMO IMPEGNO PER IL MANTENIMENTO DI QUESTA SOCIETA’ CAPITALISTICA ESTREMAMENTE INGIUSTA !

 

QUESTO E’ CIO’ CHE SI DOVREBBE INSEGNARE !


 

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Punti fermi della scienza marxista

 

 

MARX E LENIN SULL’IMMIGRAZIONE

 

«E il più importante di tutto: Ogni centro industriale e commerciale in Inghilterra possiede ora una classe operaia divisa in due campi ostili, i proletari inglesi e i proletari irlandesi. L'operaio inglese medio odia l'operaio irlandese come un concorrente che abbassa il suo livello di vita. Rispetto al lavoratore irlandese egli si sente un membro della nazione dominante, e così si costituisce in uno strumento degli aristocratici e dei capitalisti del suo paese contro l'Irlanda, rafforzando in questo modo il loro dominio su lui stesso. Si nutre di pregiudizi religiosi, sociale e nazionali contro il lavoratore irlandese. La sua attitudine verso di lui è molto simile a quella dei poveri bianchi" verso i "neri" degli antichi Stati schiavisti degli Stati Uniti d'America. L'Irlandese gli rende la pariglia, e con gli interessi. Egli vede nell'operaio inglese nello stesso tempo il complice e lo strumento stupido del dominio inglese sull'Irlanda.

«Questo antagonismo è artificialmente mantenuto e intensificato dalla stampa, dagli oratori, dalle caricature, in breve da tutti i mezzi di cui dispongono le classi dominanti. Questo antagonismo è il segreto dell'impotenza della classe operaia inglese, a dispetto della sua organizzazione. E' il segreto grazie al quale la classe capitalista mantiene il suo potere. E questa classe ne è perfettamente cosciente»

(Lettera di K. Marx a S. Meyer e A. Vogt, 9/4/1870)

 

 

 

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«Il capitalismo ha creato un tipo particolare di migrazione di popoli. I paesi che si sviluppano industrialmente in fretta, introducendo più macchine e soppiantando i paesi arretrati nel mercato mondiale, elevano il salario al di sopra della media e attirano gli operai salariati di quei paesi.

«Centinaia di migliaia di operai si spostano in questo modo per centinaia e migliaia di verste. Il capitalismo avanzato li assorbe violentemente nel suo vortice, li strappa dalle località sperdute, li fa partecipare al movimento storico mondiale, li mette faccia a faccia con la possente, unita classe internazionale degli industriali.

«Non c'è dubbio che solo l'estrema povertà costringe gli uomini ad abbandonare la patria e che i capitalisti sfruttano nella maniera più disonesta gli operai immigrati. Ma solo i reazionari possono chiudere gli occhi sul significato progressivo di questa migrazione moderna dei popoli. La liberazione dall'oppressione del capitale non  avviene e non può avvenire senza un ulteriore sviluppo del capitalismo, senza la lotta di classe sul terreno del capitalismo stesso. E proprio a questa lotta il capitalismo trascina le masse lavoratrici di tutto il mondo, spezzando il ristagno e l'arretratezza della vita locale, distruggendo le barriere e i pregiudizi nazionali, unendo gli operai di tutti i paesi nelle più grandi fabbriche e miniere dell'America, della Germania, ecc. 

La borghesia aizza gli operai di una nazione contro gli operai di un'altra, cercando di dividerli. Gli operai coscienti, comprendendo l'inevitabilità e il carattere progressivo della distruzione di tutte le barriere nazionali operata dal capitalismo, cercano di aiutare a illuminare e a organizzare i loro compagni dei paesi arretrati» .

 

(Lenin, Il capitalismo e l'immigrazione operaia, 1913).

Punti fermi della scienza marxista

( Proseguiamo qui nell’approfondimento del falso socialismo,

cioè del capitalismo di stato camuffato da “socialismo”)

 

 CAPITALISMO DI STATO:

FALSO COMUNISMO

 

 

Il capitalismo di stato è un sistema economico che prevede la statalizzazione dei mezzi di produzione. In un sistema come il capitalismo di stato i principi tipici dello sfruttamento(crisi, lavoro salariato,disoccupazione, povertà  e classi sociali) non vengono a mancare poichè lo stato si sostituisce ai padroni privati gestendone gli affari. I prodotti continueranno ad essere venduti creando disuguaglianze sociali esattamente come nel capitalismo privato dove chi detiene la proprietà dei mezzi di produzione si arricchisce alle spalle degli operai, solo che in questo caso  sarà lo stato cioè il partito al comando a goderne i profitti ed i ricavi. Per gli operai, cioè la classe salariata, non cambia assolutamente nulla visto che viene sfruttata in ogni caso. Il grande problema sorge quando il capitalismo di stato viene spacciato per comunismo dai media della borghesia e dai falsi comunisti e socialisti, approfittando del fatto che nelle nazioni dove vige questo sistema il partito che detiene il potere si definisce "comunista". Visto che la borghesia cioè i ricchi non hanno nessun interesse a chiarire la questione cerchiamo di approfondirla insieme. Per passare da una società capitalista ad una comunista dove i prodotti non vengono venduti per avere un ricavo ma distribuiti in base ai propri bisogni, abbiamo bisogno di un partito di specialisti che sappia guidare le popolazioni esasperate nel momento della rivolta. Solitamente il proletariato(cioè i lavoratori salariati) si esaspera e si rivolta nei momenti in cui la borghesia per inseguire i propri affari crea disastri sociali come le guerre. Dobbiamo far presente che la popolazione si arrabbia solo perchè è esasperata dalla forte crisi o dalla guerra non perchè ha preso coscienza di quello che deve fare. E' in questi precisi momenti che il partito rivoluzionario, che invece sa benissimo come si deve comportare, può prendere il potere cioè toglie i mezzi di produzione alla borghesia con l'aiuto della popolazione inferocita. Fatto ciò il sistema economico passa ad essere a capitalismo di stato gestito dal partito rivoluzionario come momento transitorio per poi arrivare alla società superiore cioè il comunismo. Questo avviene perchè non possiamo subito passare ad una economia comunista visto che per poter distribuire i prodotti senza venderli o commerciarli abbiamo bisogno di una vasta area geografica. Spieghiamo meglio:se per produrre un determinato oggetto abbiamo bisogno di un materiale  che non si trova nello stato dove il proletariato è arrivato al potere dobbiamo per forza di cose comprarlo da un'altra nazione. L'unico modo per arrivare alla società superiore, al comunismo, è che il partito rivoluzionario tenga il potere per il tempo necessario fino a che scoppino le altre rivoluzioni, cioè fino a che altri proletari arrivino al potere nei paesi limitrofi per far si che possano anche loro unire le loro economie a capitalismo di stato fino a raggiungere una vasta area territoriale che consenta la distribuzione dei prodotti. Questo è successo nel caso della rivoluzione bolscevica di Lenin che come già spiegato vedeva nel capitalismo di stato solo un passaggio per poter arrivare al comunismo (internazionalismo), a differenza di Stalin che con la politica del comunismo in un unico paese ha tradito la rivoluzione spacciando il capitalismo di stato come  società superiore, mettendosi lui stesso a gestire gli affari. Altri esempi di nazionalismo, cioè nessun socialismo o comunismo, ma semplice capitalismo di stato sono la Cina di Mao e Cuba con Castro i quali non avevano la benchè minima idea di arrivare ad una società superiore, ma di diventare affaristi di stato. Possiamo considerare anche lo Stato del Vaticano come esempio di capitalismo di stato visto che gli affari vengono gestiti dal clero e non da privati. Anche negli ex paesi dell'Est Europa(Unione Sovietica,Germania Est, Cecoslovacchia, Romania, Polonia, Ungheria ecc) non c'era nessun socialismo o comunismo, ma semplice capitalismo di stato voluto dal padronato americano vincitore della seconda guerra mondiale. Stati Uniti ed Urss si spartirono l'Europa per indebolire l'allora (come adesso del resto) fortissimo imperialismo tedesco. Il risultato fu di ottenere un continente per metà filoamericano e bollato realisticamente come capitalista, mentre per l'altra metà filosovietico bollato come comunista, ma in realtà a capitalismo di stato, viste le leggi commerciali tipiche capitaliste che vi regnavano, ma ben camuffate dall'imbroglio di matrice staliniana.

                                                                                                      Marco Piccoli                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    



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