LA STRAGE DI BERLINO

E’ LA CONSEGUENZA DEI CONTINUI BOMBARDAMENTI DEI PAESI OCCIDENTALI

SUI PAESI ARABI.

ANCHE IL PROLETARIATO TEDESCO INNOCENTE NE PAGA LE CONSEGUENZE.

 

Berlino: il luogo della strage  (foto Tobias Schwarz -Afp - Getty Images)
Berlino: il luogo della strage (foto Tobias Schwarz -Afp - Getty Images)

 

Come sempre, anche l’attentato a Berlino è arrivato improvviso, inatteso. Un camion guidato da un terrorista lanciato sulla folla in un mercatino di Natale ha fatto una strage: 13 morti e innumerevoli feriti! Tutte vittime innocenti.

La stampa, i media, parlano di un attentatore arabo fanatico che impazzito e senza nessun motivo ha commesso la strage. Sui motivi le cose però non stanno esattamente così.

I paesi occidentali da anni conducono una vera e propria guerra in alcuni paesi del Medio Oriente, con bombardamenti quotidiani sulle città, sulle famiglie arabe.  Bombardamenti questi che con tutte le loro atrocità, crudeltà, distruzioni e morti  vengono seminascoste alle popolazioni occidentali. Ma che purtroppo sono reali!

Ovviamente tutte queste atrocità causano nelle popolazioni e nelle persone colpite un fortissimo risentimento di vendetta, la voglia di far pagare anche “al nemico” le cose che loro subiscono. Quindi la minaccia che possano colpire nei paesi occidentali considerati nemici non è fantasia, ma reale, concreta.

Naturalmente i governi che hanno deciso di bombardare sono consapevoli di questo risentimento, voglia di vendetta che loro causano. Eppure senza nessun problema, senza il minimo scrupolo, procedono ogni giorno nella guerra. Fanno finta che il problema non esista, come se i loro bombardamenti fossero innocui.

Poi se purtroppo qualche fanatico colpisce a caso le persone comuni innocenti occidentali allora si grida alla sorpresa, come se i politici e i governi non ne fossero responsabili, come se cascassero dalle nuvole. 

E soprattutto si tace sui reali motivi per cui queste guerre, questi bombardamenti, queste atrocità, vengono condotte e commesse.

Si vuol far credere che se i paesi europei e americano sono dovuti intervenire in quelle nazioni arabe è stato per contrastare i fanatici religiosi impazziti. All’approfondimento, la realtà ci dice che i fanatici religiosi sono stati invece finanziati e armati, sfruttando il malcontento popolare, dalle potenze industrializzate, perché rovesciassero i regimi arabi che in quei paesi erano al potere.

Viene detto e mostrato video che i bombardamenti sono “mirati” solo sui nemici “cattivi”, poi arrivano i dati sugli “effetti collaterali”, cioè di morti civili innocenti che sono a centinaia di migliaia.

Nei paesi occidentali viene ripetuto che la guerra è causata da Putin e dal suo alleato Assad, e sul fronte avverso invece si afferma che la causa sono Obama e gli occidentali, mentre si tace sulla reale continua e feroce lotta esistente tra le varie borghesie per conquistare o sottrarsi l’un l’altra le “sfere di influenza”, cioè nuovi mercati, vale a dire nazioni, dove poter allargare i propri giri di affari e aumentare i profitti.

Mentre all’interno delle società capitalistiche avanzate i governi parlano di “alti valori”, di “democrazia”, “alta cultura” ecc, all’esterno gli stessi governi promuovono invasioni di stati, guerre civili, massacri.

Una dura realtà in cui viviamo.

E naturalmente in questo perverso meccanismo pieno di guerre condotto dai ricchi strapieni di soldi e mai sazi di guadagnarne di più, chi ne paga le conseguenze sono sempre le persone comuni, le persone innocenti, come i morti di Berlino al mercatino di Natale, o i morti di Parigi l’anno scorso, o quelli di Nizza. Senza sottovalutare e portando il massimo rispetto alle centinaia di migliaia di morti arabi innocenti conseguenti agli “effetti collaterali”. 

Finchè i bombardamenti e le guerre continueranno, è evidente, saremo sempre esposti alle ritorsioni di chi vuol vendicarsi. E’ ipocrisia far finta di esserne fuori  e poi di rimanerne sorpresi.

E’ il sistema basato sul profitto in cui viviamo che produce costantemente non solo soldi, ma anche morte, distruzione, disperazione.

Tutto questo può terminare, come tutti vorrebbero, quando riusciremo a stravolgere il sistema.

-ANDAMENTO DOPO ELEZIONI USA- 

DIFFERENZE  TRA OBAMA E TRUMP

TRA PROMESSE ELETTORALI E REALTA’ POLITICA

 

(foto Afp)
(foto Afp)

 

 

«Tutti noi siamo al corrente dell'enorme differenza che c'è fra la retorica elettorale e la politica reale, e questo avviene praticamente in ogni Paese» (Putin - vertice Apec - 20 nov. 2016-  commento alla elezione di Trump). Putin ci ricorda ancora una volta che nell’ambito politico è risaputo che una cosa è quello che viene promesso in campagna elettorale  e tutt’altro quello che  poi viene realmente fatto dopo l’elezione. Obama è pienamente d’accordo con questo concetto e lo sottolinea nella conferenza stampa di fine anno alla Casa Bianca del 16 dic: «Diamogli tempo, [a Trump – n.d.r.] è ancora a metà tra la campagna elettorale e le sue nuove responsabilità. Aspettiamo le sue prime decisioni di governo. Chi entra nello Studio Ovale cambia”.

Il fatto di promettere in campagna elettorale e poi fare tutt’altro può sorprendere chi pensa che un presidente governativo rappresentanti la popolazione e i lavoratori. Ma se si guarda la questione da un altro punto di vista, e cioè che ogni capo del governo è il rappresentante della piccola minoranza borghese sfruttatrice (come il marxismo afferma) ecco che allora i conti tornano, tutto diventa chiaro. Quella che per il lavoratore può sembrare una contraddizione (promettere una cosa e poi fare il contrario) è per la borghesia regnante una necessità, logico:  deve dare l’impressione ai proletari che loro attraverso il voto devono sentirsi dominanti, determinanti. Così da poterli tener tranquilli.

Trump rappresenta e adotta (come tutti i presidenti) perfettamente questo schema.

In campagna elettorale ha fatto molte di promesse: diminuire le tasse ai lavoratori, creare milioni di posti di lavoro, salvaguardare gli stipendi, lotta al terrorismo interno proveniente dai paesi arabi, costruzione di un muro che separi gli Stati Uniti dal Messico per combattere l’immigrazione clandestina, smantellare il sistema sanitario creato da Obama, ampliare su scala nazionale l’estrazione del gas e del petrolio, ecc.

Tutte promesse da campagna elettorale. Ora che è stato eletto arriva però la realtà.

E come sostengono Putin e Obama tutto si modifica, tutto si stravolge. A riguardo la promessa della diminuzione generalizzata della tassazione Trump non dice più nulla, mentre all’incontro con i manager dell’industria della Silicon Valley si è espresso per la diminuzione delle tasse dal 35% al 15% sugli utili (i profitti) di tutte le imprese della nazione. I milioni di nuovi posti di lavoro promessi dovrebbero venire dal prossimo aumento dei dazi doganali al 45% delle merci provenienti dalla Cina, in modo da disincentivare le imprese americane a investire in quel paese e che investano invece sul suolo Usa. Ovviamente il tycoon newyorkese tace sul fatto che le imprese americane, costantemente alla ricerca del massimo guadagno, potrebbero investire anziché in Cina in paesi arretrati come l’India, L’Africa, il Sud America o in Messico, ecc.

Sulla costruzione del muro con il Messico, Trump ha già affermato, com’è noto, che non si farà, sostenendo che come alternativa intensificherà la lotta all’immigrazione clandestina. Anche sullo smantellamento dell’”Obamacare”, ossia il nuovo sistema sanitario introdotto da Obama, Trump ha cambiato idea, adesso dice che una parte di esso potrebbe essere utile. Sull’estendere l’estrazione dei prodotti energetici come petrolio e gas, Trump per il momento non dice nulla, staremo a vedere.

E’ più che evidente che quello che viene promesso in campagna elettorale non ha proprio nessun valore. E’ tutta una presa in giro, fa parte del gioco, come affermano Putin e Obama. Il promettere gli è solo servito, come a tutti gli altri politici, per arrivare al governo.

Nonostante queste evidenze molti lavoratori credono ancora o sperano che attraverso il voto, attraverso i parlamenti si possa ottenere qualche miglioramento.

Il ripetersi di esempi che dimostrano invece, al contrario, come i parlamenti siano invece strumenti che emanano leggi che peggiorano le condizioni di vita dei lavoratori sono sotto gli occhi di tutti. “La realtà ha la testa dura” direbbe Lenin.

 

Questo è il compito della politica borghese. Non altro.


 

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LA STRATEGIA DI TRUMP: 

CERCARE DI DIVIDERE

LA STRETTA COLLABORAZIONE

TRA RUSSIA E CINA.

TRUMP INTENDE MODIFICARE LA POLITICA ESTERA AMERICANA

Xi Jinping e Putin   (Reuters)
Xi Jinping e Putin (Reuters)

 

Le borghesie russa e cinese da decenni operano in politica internazionale estera in sintonia. Sono i leader del gruppo di nazioni emergenti BRICS  (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa, che assieme hanno fondato addirittura una banca internazionale – la New Development Bank), schieramento che si oppone alle borghesie occidentali. Nel 1995 Russia e Cina hanno votato contro l’intervento militare in Jugoslavia, poi assieme nel 2001 hanno votato contro l’invasione dell’Afghanistan e nel 2003 contro l’intervento in Iraq. Avevano la stessa posizione (in contrasto con quella degli occidentali) nella crisi d’Ucraina e adesso esprimono lo stesso parere sulle guerre in Yemen, Libia, Siria e Aleppo. In sostanza le due borghesie operano in perfetto accordo.

Com’è noto Trump afferma nelle sue dichiarazioni pubbliche che la sua politica estera sarà, rispetto alla Russia, non più di scontro, ma di approccio amichevole, di collaborazione. Mentre al contrario dimostra (anche se non lo dice apertamente) un atteggiamento molto freddo, se non ostile verso la Cina. Con il capo politico della borghesia russa Putin, Trump ha già avuto parecchi contatti e le dichiarazioni di entrambi sono di un futuro di reciproca collaborazione e di amicizia e non più di ostilità come avvenuto nella precedente amministrazione Obama. Nel rapporto con la borghesia cinese invece è significativo il fatto che Trump abbia avuto contatti telefonici già con quasi tutti i presidenti del mondo, ma non con quello, importantissimo,  cinese. Altro segno indicativo dell’atteggiamento negativo verso i cinesi è il fatto che nelle sue intenzioni Trump dice di voler alzare i dazi doganali al 45% sulle importazioni provenienti dalla Cina.

Una politica estera quindi diametralmente opposta da quella perseguita dai precedenti presidenti Usa, sia democratici che repubblicani.

Com’è noto, Trump non ha fatto esperienza personale politica nei decenni trascorsi e quindi si può ragionevolmente supporre che non abbia un’idea precisa, concreta, di come funzioni la politica tra i banditi, pescecani  politici rappresentanti delle varie borghesie nel mondo. Crede di poterlo immaginare, ma esattamente, verosimilmente non lo sa. Dalla grande borghesia americana, Trump, come suo presidente, viene visto certamente come un non competente, un ingenuo, anche se è riuscito a vincere le elezioni sfruttando il malcontento proletario. 

E anche se gli esperti della politica imperialista Usa cercano di spiegargli come le cose nella politica estera reale funzionino diversamente da quello che lui pensa, al primo impatto Trump sembra essere molto convinto nel perseguire il suo istinto politico, cosa che fa tremare la grande imprenditoria americana.

Come detto, da sempre i vari presidenti democratici e repubblicani Usa  vedono nella Russia un pericoloso concorrente, punto di vista che viene costantemente approvata dai grandi gruppi industrial-finanziari (i famosi poteri forti) attraverso i loro giornali e tv. E da sempre l’atteggiamento americano verso la futura superpotente borghesia cinese è stata quella di mantenere un equilibrio politico pur vedendo in essa il temibile superconcorrente del futuro.

Trump improvvisamente, oggi, stravolge tutto, cambia tutto!

Trump afferma che smonterà l’accordo TTp e quello TTip (poi vedremo nella realtà cosa farà) voluti da Obama per isolare lentamente Russia e Cina e afferma che aumenterà enormemente la spesa nucleare e militare e per arrivare a questo inserisce nel suo governo un numero così alto di militari come mai non si era visto.

Come riportato nel titolo, questa diversa politica di Trump viene vista da diversi giornali ed esperti (ed è anche il nostro parere) come il tentativo de nuovo presidente di cercare di dividere Mosca da Pechino (super favorendo la prima e ostacolando la seconda). Se così è, la manovra si presenterà parecchio azzardata e molto ardua, visto che avrà a che fare con due superastuti  e superesperti di politica estera come Putin e Xi Jinping.

Potrebbe essere che alla fine Trump, dalla sua proposta ingenua e azzardata, ne esca con le ossa rotte e tutto giri a favore delle borghesie concorrenti che lui vorrebbe danneggiare.

Siamo ancora ai primi passi del suo mandato e della su idea politica. Vedremo nel procedere come si evolverà la situazione e come i grandi gruppi imperialistici industriali e finanziari americani reagiranno alla sua  politica.

Per il momento tutte le fonti borghesi ripetono la necessità di aspettare. Nel frattempo i grandi giornali e tv americane (la voce della grande borghesia) montano campagne mediatiche contro di lui, dando risalto alle mosse di Obama (dichiarazione di interferenza dei russi nella campagna elettorale Usa; divieto emanato da Obama di trivellazioni petrolifere nel nord Usa) che vanno in direzione opposta alla politica Trump. Nel linguaggio politico il significato  di queste campagne è quello di dare un segnale a Trump, per indurlo a modificare le sue idee, di condizionarlo, di indirizzarlo verso quella politica che i precedenti presidenti hanno perseguito. 

Se Trump dovesse insistere nei suoi intenti procedendo in contrasto e contro a quanto invece ritengono i grandi gruppi industrial-bancari, allora c’è verosimilmente da aspettarsi che lo scontro tra la grande borghesia con suoi media e le sue correnti politiche e il presidente americano si inasprirà considerevolmente. Giornali, tv e correnti politiche che naturalmente hanno la possibilità di coinvolgere e mobilitare parte della popolazione in dimostrazioni e proteste di piazza contro di lui, con esiti che potrebbero essere anche del tutto inattesi e stravolgenti.

VITTORIA TRUMP – BREXIT – VITTORIA del “NO” al REFERENDUM in ITALIA 

“POPULISMO”

OSSIA L’AVANZATA DELL’INSOFFERENZA

CONTRO LE ISTITUZIONI

 

 

A riguardo la sorprendente vittoria di Trump alcuni giornali riportavano i risultati di un sondaggio eseguito nei giorni precedenti le elezioni  Usa che spiegherebbero il motivo profondo della vittoria del tycoon newyorchese: “il 38% degli americani chiede al nuovo presidente un cambiamento, e soltanto un 22% giudica come requisito la giusta esperienza” (il Sole 24 Ore – 9 nov.). In altre parole il sondaggio rilevava come la stragrande maggioranza degli intervistati americani (il 38%) non fosse soddisfatta della politica condotta dai politici e chiedeva che il nuovo presidente (linea espressa da Trump) portasse delle modifiche sociali a favore della popolazione, contro una minoranza (il 22%, quasi la metà) che riteneva invece che il nuovo presidente (espresso nella linea Clinton) doveva essere competente, esperto, ecc.

Questa interpretazione è, anche secondo noi, il vero motivo della vincita di Trump alle elezioni.

Analizzando quindi la vittoria da questo punto di vista, quali potrebbero essere le insofferenze sociali che hanno portato a vincere Trump e spinto le persone a votarlo nonostante fosse stata condotta contro di lui dai media un’insistente campagna diffamatoria che lo dipingeva come evasore fiscale, amico dei russi, maschilista e mezzo maniaco sessuale? I bassi salari, la crisi (quella del 2008), le continue guerre condotte dai vari governi americani che sfaldano la fiducia della gente nella Leadership, la corruzione dilagante, gli sprechi, ecc. sono i motivi, secondo noi,  del perché in America negli anni si è formata una base molto estesa di popolazione fortemente delusa della politica governativa. Questa delusione, disincanto, è il prezzo che la dominante imprenditoria paga nel gestire il proletariato, facendogli credere che la democrazia sia la soluzione a tutti i problemi e in grado di garantire sempre il benessere, la pace, che non esiste nessun sfruttamento, non esistono contraddizioni e che tutto funzioni bene.  

Percepita la situazione di insoddisfazione l’opportunista miliardario Trump ne ha subito approfittato cogliendo l’occasione per ergersene a portavoce.

Sembra  che questa delusione, malcontento si stia espandendo senza freni e che non riguardi solo la società americana, ma sia un fattore in forte diffusione anche in Europa. E’ un dissenso che si manifesta non con proteste di piazza, ma in altre diverse forme: aumento dell’astensionismo elettorale, formazione ed espansione di partiti contro gli establishment governativi,  sentimento contro l’Unione Europea, contro i partiti tradizionali, ecc.

E’ quello che in politica viene definito “populismo”, ossia la protesta contro le istituzioni.

E’ un aspetto politico-sociale che essendo in forte ascesa probabilmente caratterizzerà il futuro nelle nostre società.

Per la grande borghesia, che dirige la società sui suoi interessi standosene dietro le quinte, il fenomeno “partiti populisti” non è un grosso problema da gestire. Di questa protesta politica che nella società regolarmente si presenta i ricchi imprenditori ne hanno molta esperienza. La sanno ben gestire. La loro strategia consiste nel fare in modo che, i partiti populisti una volta giunti al potere, abbandonino le promesse fatte in campagna elettorale e si dedichino agli “interessi veri della nazione” ossia agli interessi del grande capitale. E’ un po’ quello che è successo con il populista Walesa in Polonia qualche anno fa, e adesso con Syriza in Grecia, Lula in Brasile, Chàves in Venezuela.

Per noi marxisti è chiaro che la protesta populista non ha niente a che fare con la rivoluzione e la lotta per arrivare ad una società superiore. Le masse proletarie populiste protestano non perché hanno preso piena coscienza di essere sfruttate, o che abbiano la consapevolezza che lo stato con i suoi governi e partiti sia diretto di nascosto dai ricchi borghesi, o ancora che le guerre siano provocate non da cattive persone, ma dai capitalisti per la conquista delle “sfere di influenza” dove allargare i propri affari, ecc. Le masse proletarie populiste protestano perché percepiscono che qualcosa nel sistema non va, che quel benessere, quella pace che continuamente viene loro promessa, in realtà non esiste. Promesse di benessere e pace che entrano in netto contrasto con l’aumento dello sfruttamento che quotidianamente nei luoghi di lavoro si perpetua e con le grosse crisi economiche che la società produce mandando in miseria milioni di famiglie. Ed è direttamente in contrasto con le guerre che in continuazione vengono condotte, mostrando immagini di immani distruzioni, morti senza fine, disperazioni che distruggono il cuore di chi le vede.

Un populismo che, come detto, è lontano dalla piena consapevolezza perché, com’è normale che sia, assume le più svariate connotazioni: dal razzismo, sostenendo partiti e movimenti di destra; dall’essere contro l’establishment corrotto e sprecone, sostenendo partiti populisti di centro o sinistra; fino all’astensionismo dove il lavoratore deluso per protesta non va più a votare perché disgustato da come il sistema funziona.

 

Noi marxisti, anche nelle circostanze del “populismo” continueremo il nostro lavoro di far giungere consapevolezza tra il proletariato. Aggregheremo (come sempre) persone che vogliono capire e vogliono lottare oltre la superficialità della semplice protesta. Sicuri che tutto questo, quando le contraddizioni sociali veramente esploderanno, porterà il proletariato alla sua liberazione e al raggiungimento di una società migliore.


 

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ITALIA : il “NO” STRAVINCE al REFERENDUM:

IL POPULISMO, VALE A DIRE LA PROTESTA, SPAZZA VIA RENZI!

 

 

PERCHE’ LA RIFORMA COSTITUZIONALE IN ITALIA?

Lo stato viene visto come un organismo che comanda e che non dipende da nessuno. Per noi marxisti invece le cose non stanno così. Nella nostra analisi lo stato non è un’istituzione autonoma, indipendente, ma è il tipo di organizzazione (la “sovrastruttura” direbbe Marx) che ogni borghesia (ossia il padronato) si da per gestire e dominare i lavoratori sfruttandoli e contemporaneamente serve alla borghesia per trovare un accordo tra le varie componenti padronali per far emanare leggi che agevolino alla meglio lo svolgimento dei loro affari.

Tutti gli stati di questo mondo funzionano e sono diretti per raggiungere questi scopi.

In Italia lo stato borghese è un po’ diverso rispetto a quelli delle altre nazioni avanzate: in Italia esistono due tribune parlamentari: una è il “Parlamento” e l’altra il “Senato”. Questo significa che le leggi prima di essere approvate devono passare attraverso la discussione e la decisione di entrambi i due “parlamenti”. Un iter di solito lunghissimo, nel quale molto spesso le proposte di legge portate dal governo partono con dei punti ben definiti per poi finire molto modificate a favore della piccola borghesia e delle clientele statali dei partiti.

Altra caratteristica statale italiana è che i primi ministri dei governi italiani non hanno quei veloci e forti poteri decisionali che i capi governativi di altre nazioni come Germania, Francia, Stati Uniti, Russia, ecc. invece hanno.

Queste “differenze” vengono viste dalla grande imprenditoria  e dalle banche italiane che dominano la società come “svantaggi” per il perseguimento dei loro interessi. Per i lavoratori sfruttati invece che subiscono l’oppressione borghese, la questione del funzionamento e dell’organizzazione di uno stato non svolge nessunissima importanza.

La riforma costituzionale proposta dal governo Renzi aveva appunto lo scopo di modificare queste “differenze”, rendendo minima la funzione legislativa del Senato, in modo da rendere la legiferazione più efficiente e dare più poteri decisionali al presidente del governo.

IL REFERENDUM  ERA STATO INDETTO DAL GOVERNO RENZI  per dare legittimità pubblica e istituzionale a quanto deciso. E la cosa, al momento dell’indizione del referendum, si presentava per il governo essere semplice, facile e praticamente già conclusa.

MA RENZI NON AVEVA FATTO I CONTI CON IL POPULISMO, LA PROTESTA, la rabbia dei lavoratori, che negli anni è costantemente salita per effetto delle misure gravemente peggiorative portate sui salari, pensioni, aumento vertiginoso del lavoro precario e della disoccupazione, aumento delle tasse.

TUTTO QUESTO MALCONTENTO SI E’ RIVERSATO CONTRO DI LUI NEL REFERENDUM TRAVOLGENDOLO.

E’ lo stesso malcontento popolare generale che ha fatto vincere il Brexit in Gran Bretagna e Trump in America. 

E’ un malcontento che non si esprime con manifestazioni di piazza, ma con forte astensionismo, nascita ed espansione di partiti populisti contrari ai governi e ai tradizionali partiti dell’establishment politico. In Italia parliamo di partiti populisti come ii movimento 5 Stelle e Lega Nord. E come successo in Gran Bretagna e Stati Uniti, anche in Italia in occasione del referendum, alle urne, oltre ai tradizionali votanti è andata a votare anche una parte di astensione che per insoddisfazione e protesta prima non votava. Ma questa parte insoddisfatta di persone non è andata a votare per esprimere un giudizio sui contenuti della riforma costituzionale, ma per portare, gridare il proprio dissenso contro il governo, contribuendo alla super vincita del “No” e al travolgimento di Renzi.

In altre parole il governo Renzi avrebbe vinto, paradossalmente, se fosse andata a votare molta meno gente, se il malcontento avesse continuato ad astenersi e fossero andati a votare solo i tradizionali votanti schierati con i partiti. Infatti è accaduto, come da noi supposto, che più persone andavano alle urne e i più sarebbe aumentata la quota del “No”.

Anche il grande quotidiano “Corriere della Sera” sembra essere del nostro parere. Infatti scrive Nando Pagnoncelli il giorno dopo l’esito referendario: “Alla luce di questo scenario il Sì per affermarsi avrebbe dovuto contare su un’affluenza nettamente inferiore, vicina al 50%”  (anziché del 67% n.d.r.).

COSA SUCCEDERA’ ADESSO NELLO SCENARIO ITALIANO?

Dopo il referendum e la caduta del governo Renzi, dalla lontana Germania Schäuble dichiarava risolutamente che i prossimi governi italiani dovranno proseguire sulla politica di riforme iniziata dal Governo Renzi. Nella sua affermazione Schäuble sembra ignorare completamente il “No” stravincente emerso dal referendum contro la riforma costituzionale e quello che  partiti populisti come i 5 Stelle e Lega Nord affermano e cioè che in caso di loro prossima vittoria elettorale non rispetteranno le direttive di austerità dettate dalle Ue.

PERCHE’ SCHÄUBLE IGNORA TUTTO QUESTO?

A nostro avviso in una futura situazione di vincita di questi partiti protestatari (5 Stelle o Lega Nord) si ripeterà quello che è avvenuto in Grecia con il governo Syriza. Vale a dire, visto l’alto debito pubblico esistente anche in Italia, anche i futuri governi italiani dovranno inevitabilmente chiedere alla Ue (ossia alla grande borghesia europea) i prestiti per poterlo pagare. Ed è appunto in questa situazione che la grande imprenditoria europea avrà la possibilità (come successo in Grecia) di imporre le sue volontà indipendentemente dai partiti al governo e da quello che questi in campagna elettorale prometteranno. Schäuble è perfettamente consapevole di questo per cui può, senza tanti problemi, affermare che i futuri governi a prescindere da tutto dovranno obbedire e procedere sui cambiamenti intrapresi dal precedente e odiato governo Renzi.

Non vi è scampo per il proletariato europeo. Solo fortissime proteste con scioperi dei proletariati europei uniti con a capo i sindacati tedeschi potranno frenare le misure antioperaie intraprese dall’Unione Europea.

I parlamenti, essendo strumenti della borghesia, non svolgono assolutamente nessun ruolo nella difesa degli interessi dei lavoratori, sono solo false piste, diversivi.

LA DIFFICOLTA’ A RIMANERE IN SALUTE

QUANDO IL SISTEMA E’ MALATO

 

 

Anche per il prossimo anno le persone hanno un desiderio: Un nuovo anno di salute!

Tutti sanno che la salute è il presupposto per tutte le altre faccende della vita. Questo non dovrebbe essere un problema per noi che viviamo nei paesi sviluppati dove l’aspettativa di vita sale in continuazione. Dove, se una malattia ci dovesse colpire, “ci sarebbe sicuramente  una cura ratiopharm” o dove la ricerca delle case farmaceutiche e uno dei sistemi sanitari più costosi del mondo troverebbero un rimedio. 

Ma se guardiamo dietro a questa colorata facciata pubblicitaria, quello che ci aspetta è una sonora delusione. Già lo sguardo sul costante aumento dell’aspettativa di vita ci è chiarificatore: il ricco in Germania vive in media 5 anni più rispetto a un lavoratore con guadagno minimo. E le statistiche forniscono subito anche la spiegazione. La causa sta nella conduzione di vita poco sana dei poveri. Chiaro, invece di attivarsi per la loro  fitness e un'alimentazione sana i lavoratori si consumano facendo due o addirittura tre lavoretti e investendo il loro sussidio in alcolici. Da sempre l’alta società è convinta che i poveri sono colpevoli della loro stessa situazione.

Ma cosa succederebbe se noi veramente una volta dovessimo davvero dipendere dal sistema sanitario?

Per prima cosa dobbiamo considerare che (secondo le dichiarazioni ufficiali) circa 80.000 persone non sono tesserati per l’assistenza sanitaria. In questa cifra non sono compresi i 350.000 senzatetto che si stima esistano. Beninteso, si valuta, poiché in Germania ci sono statistiche sui cani e i gatti sul territorio nazionale, ma niente di ufficiale sui senzatetto.

Se seguiamo cosa scrivono i collaboratori o i pazienti della cassa malati degli ospedali locali la facciata pubblicitaria mostra ulteriori crepe. Sulla porta del sistema sanitario nazionale dovrebbe esserci la scritta che Dante pone sulla porta dell’inferno: “Lasciate ogni speranza o voi che entrate!” Un certo scalpore è stato causato nel 2016 da lettere aperte scritte da genitori che hanno i propri figli malati di cancro alla Charitè.  Denunciavano come delle terapie urgenti non siano state eseguite, o non in tempo utile, a causa della mancanza di personale. La sorpresa da parte dei responsabili è stata ben simulata. Da anni i dipendenti segnalavano il problema – mancanza di personale, materiale e soldi. Quando nel turno notturno una unità è responsabile dai 12 ai 15 pazienti significa che quando sono presenti 2 urgenze in contemporanea si deve decidere chi dei due deve sopravvivere.

Perciò la lotta dei dipendenti della Charitè per uno staff minimo -  un/a infermiere ogni 2 pazienti nel reparto intensivo e un/a su 5 negli altri reparti – merita qualsiasi sostegno, visto che tutti noi potremmo finire lì dentro.

Ma perché i responsabili si oppongono così accanitamente a coprire i costi necessari? Se c'è la volontà politica, allora persino miliardi per un aeroporto mai operativo o per stazioni sotterranee di cui nessuno ha bisogno non sono certo un problema? La risposta la troviamo già da Tucholosky: “I politici sono sì al governo, ma al potere ci sono degli altri”.

Da una parte ci sono le multinazionali della sanità come Askeplios o Fresenius, per cui  la salute è sopratutto una merce. Allora la cura deve essere “economicamente sopportabile”. Però anche le presunte cliniche pubbliche vengono messe sotto pressione mettendo in primo piano i costi. In fine abbiamo bisogno del denaro [risparmiato n.d.r.] per poter regalare meno tasse all’industria e per poter pagare alle multinazionali farmaceutiche i prezzi fantasmagorici dei medicinali (in nessun' altra parte del mondo le pastiglie sono così care come in Germania). 

E’ ovvio che è più che giusto difendersi da questo, come fanno i colleghi della Charitè e della Vivantes a Berlino (https://www.facebook.com/groups/guteKrankenhausversorgungBerlin), e nell'ospedale a Vienna (https://www.facebook.com/carevolutionoesterreich) e dappertutto in Europa.

E’ quindi molto appropriata la continuazione della citazione dell'inferno di Dante, così come la riporta Marx nel Capitale: ”Vieni dietro a me e lascia dir le genti”.

In sostanza sono del parere che per liberare la sanità dalla logica del profitto sia necessario un cambiamento radicale del sistema.

 

K.K. Valentin


 

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Lenin e Rosa Luxembug  

DUE GRANDI RIVOLUZIONARI

DUE GRANDI COMBATTENTI PER IL COMUNISMO!

 

 

 

I giornalisti, i democratici cercano, in forma quasi ossessiva, di mettere in risalto le differenze tra Rosa Luxemburg e Lenin per inventarsi e amplificare una contrapposizione tra i due che in realtà non esisteva.

Che tra i due grandi rivoluzionari ci siano state delle diversità di vedute e di interpretazioni su questioni organizzative e di secondaria importanza non è un segreto ed è una cosa del tutto normale che avvenga, come succede in tutti i settori tra grandi scienziati che trattano la stessa materia.  Non poteva essere che così anche tra Lenin, Rosa Luxemburg e gli altri grandi comunisti.  

Per noi marxisti è invece di estrema rilevanza sottolineare e ribadire l’importanza  dello scopo unico che univa i due grandi rivoluzionari: ABBATTERE IL SISTEMA CAPITALISTICO IN TUTTE LE SUE FORME: sia democratico che  fascista-autoritario. E GIUNGERE AL COMUNISMO.  

Questo era il reale e alto fine dei due grandi rivoluzionari.

E’ più che noto che Lenin e Rosa Luxemburg  concordavano pienamente  sull’analisi politica marxista, e cioè che il sistema capitalistico sia basato sullo sfruttamento dei lavoratori, dove la borghesia domina indisturbata. Erano in perfetta sintonia nell’individuare nella causa della 1° guerra mondiale lo scontro militare tra capitalisti  per la conquista di nuovi mercati ed erano in totale intesa sulla necessità delle rivoluzioni per fermare il massacro (e non per via parlamentare come invece sostenevano i menscevichi russi e i socialdemocratici tedeschi diventati opportunisti).

E’ più che noto che in questa uniformità di veduta politica e di scopo, Lenin e Rosa  Luxenburg assieme, prima della 1° guerra mondiale, erano in prima fila ad attaccare quotidianamente le teorie riformiste opportuniste imperanti nella 2° Internazionale che sostenevano che i parlamenti e la democrazia erano la via maestra per l’emancipazione del proletariato e per il superamento pacifico del sistema capitalistico. Democrazie e parlamenti che secondo questi partiti opportunisti-riformisti, potevano addirittura, attraverso accordi tra capitalisti, essere strumenti per evitare guerre e disastri. Tutte concezioni bollate unitariamente da Lenin e dalla Luxemburg come folle fantasia e che la realtà ha poi tragicamente confermato.

Dissociandosi e in aperto contrasto con queste tesi utopiste e contro questi partiti Lenin e Rosa Luxemburg si collocheranno coerentemente nell’area del “Socialismo rivoluzionario” all’interno della 2° Internazionale.

Ma i professionisti denigratori del comunismo, gli speculatori lacchè al servizio della borghesia e dei soldi, TACCIONO DI PROPOSITO QUESTA INEQUIVOCABILE E FONDAMENTALE NOTA REALTA’, cercando di nasconderla, insistendo invece nel mettere in risalto solo le piccole diversità nell’intento di creare nell’opinione pubblica l’idea di un grande contrasto (che assolutamente non c’era) tra i due.

Nella menzogna quotidiana cercano di far apparire Rosa Luxemburg come simpatizzante della democrazia. Democrazia che la rivoluzionaria  ha sempre combattuto (come travestimento del dominio borghese) con estrema determinazione con il suo Spartakusbund (il suo partito). Quella democrazia che, assolutamente da non dimenticare, l’ha poi assassinata.

Cercano di dipingerla (speculando sempre sulle piccole differenze) come essere stata contraria ai bolscevichi rivoluzionari, mentre era perfettamente d’accordo con la loro politica rivoluzionaria, tanto che in seguito ha costituito il suo partito, lo “ Spartakusbund” proprio sul modello bolscevico-leninista.

Cercano spudoratamente di dipingerla antirivoluzionaria, mentre è stata assassinata proprio mentre dirigeva la rivoluzione.

Basta cominciare a leggere uno qualsiasi dei suoi libri (“L’accumulazione del capitale”, “La rivoluzione russa”, “Lettere contro la guerra”, “Riforma sociale o rivoluzione?”, “Lettere a Kautsky”, ecc.  o il suo articolo: “Che cosa vuole la Lega di Spartaco?”) per capire subito lo spessore rivoluzionario che la caratterizzava, la grandezza d’analisi che possedeva, l’unità d’intenti con il movimento rivoluzionario bolscevico e internazionale che perseguiva.

E per dimostrare che tra i due assolutamente non c’era nessuna contrapposizione di sostanza basti andare a vedere  la forte polemica che Rosa Luxemburg e Lenin assieme hanno condotto contro i revisionisti Bernstein e Kautsky per capire la straordinaria unità di linea politica che li caratterizzava contro la democrazia, il parlamentarismo, il riformismo, il gradualismo.

Insomma, bisogna stare molto attenti a ciò che la stampa borghese menzognera e tutti i suoi lacchè pennaioli diffondono. Non si pongono proprio nessun problema a stravolgere l’evidenza, la realtà (ammesso che della realtà gliene importi qualcosa) per raggiungere i loro scopi.

ROSA LUXEMBURG APPARTIENE AL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO, AL COMUNISMO! 

(Per questo è stata assassinata dai sicari dei socialdemocratici tedeschi).   

 

N. Bucharin:  “La teoria del materialismo storico”- 1921

Le rivoluzioni nelle società sono l’equivalente

dei salti di sviluppo nella natura.

 

 

“Vediamo in tal modo che è del tutto ridicolo negare i salti e parlare solo di saggia gradualità. In effetti anche nella natura i salti si riscontrano assai spesso e la frase sulla natura che “non fa salti” è solo l’espressione della paura dei “salti” nella società, cioè l’espressione della paura delle rivoluzioni.

La negazione del carattere contraddittorio dello sviluppo si basa nelle dottrine borghesi sulla paura della lotta di classe e sulla dissimulazione delle contraddizioni sociali. Esattamente come la paura dei salti si basa sulla paura delle rivoluzioni. Tutta la sapienza si riduce a tale ragionamento: nella natura non ci sono salti, e da nessuna parte si possono essere salti. Quindi proletari: non osate fare rivoluzioni!

Tuttavia qui è solo evidente con straordinaria chiarezza, come la scienza borghese entri in contraddizione con le più fondamentali esigenze scientifiche. Infatti nella società sanno tutti che c’è stata la rivoluzione inglese? E se appunto nella società questi salti ci sono stati e avvengono, affare della scienza non è negarli, (cioè sfuggire alla realtà al riparo delle correnti), ma di capire questi salti, di spiegarli.

Le rivoluzioni nella società sono lo stesso che i salti nella natura. Esse non avvengono a “casaccio”: esse sono preparate da tutto il corso dello sviluppo precedente esattamente come l’ebollizione dell’acqua è preparata dal previo riscaldamento di essa, o come l’esplosione della caldaia è preparata dalla pressione crescente del vapore sulle sue pareti. La rivoluzione nella società è la sua riorganizzazione, la “trasformazione strutturale del sistema”. Essa risulta inevitabilmente come risoluzione della contraddizione della società e delle esigenze del suo sviluppo.

Come questo avviene [lo affronteremo – n.d.r.] più avanti.

Ora ci è necessario sapere solo una cosa: nella società come nella natura questi salti sono preparati dal corso precedente delle cose; o in altre parole, nella società come nella natura, l’evoluzione (lo sviluppo graduale) porta alla rivoluzione (al salto); ‘I salti presuppongono la trasformazione continua, e le trasformazioni continue portano a salti. Questi sono due momenti necessari di un unico e identico processo’ (Plechanov:  “Kritica nasich kritikov “ - 1906).

E’ necessario considerare ciascuna forma della società nella sua genesi e nella sua necessaria scomparsa, cioè nella sua connessione con le altre forme. Ogni forma sociale non casca dal cielo. Essa è la conseguenza sociale dello stato precedente della società; spesso è difficile dimostrare esattamente i limiti dove finisce l’una, dove comincia l’altra forma della società; un periodo avvolge l’altro. In generale i gradi storici non sono grandezze fisse, immobili, del genere delle cose, sono processi, fluide forme vitali che si trasformano di continuo. Per capire bene qualunque di tali forme è necessario spiare le sue radici nel passato, cercare le cause della sua origine, tutte le condizioni della sua formazione, le forze motrici del suo sviluppo.

Ed esattamente lo stesso, è necessario esaminare le cause della inevitabile rovina di questa forma [sociale - n.d.r.],

la direzione di movimento, o come si dice, le ‘tendenze (tendenza-inclinazione)di sviluppo ’, che portano all’inevitabile scomparsa di questa forma e preparano il suo cambiamento con un nuovo regime sociale”.


 

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Punti fermi della scienza marxista

 

Riproponiamo qui al lettore un articolo tratto dalle dispense “Teoria e pratica del marxismo” edito da “Lotta Comunista” nel 1996.

 

LA POLITICA DELLA VOLONTA’ CONDIZIONATA

 

 

I rapporti materiali, economici, determinano quindi tutti gli aspetti sovrastrutturali, ideologici e politici.

Che ne è della volontà individuale?

Essa esiste certamente, ma non potrà essere il libero arbitrio affermato dalle ideologie democratiche: sarà anch’essa una volontà condizionata.

La concezione materialista non nega l’esistenza della volontà, così come non nega l’esistenza e l’importanza di tutte le sovrastrutture (politica, idee, ecc.); essa la spiega, ne definisce la determinazione e fonda così un metodo scientifico per analizzarla. Ecco come è impostata la questione dell’azione degli uomini nella storia da Engels nel “Ludovico Feurbach”: “… nella storia della società gli elementi attivi sono esclusivamente gli uomini, dotati di coscienza, di capacità di riflessione e di passioni, e che perseguono scopi determinati. Nulla accade, in questo campo, senza intenzione cosciente, senza uno scopo voluto. Ma, … anche qui, malgrado gli scopi coscientemente voluti dai singoli, regna alla superficie, in apparenza e all’ingrosso, il caso. Solo di rado ciò che si vuole riesce. Nella maggior parte dei casi i molti fini voluti si incrociano e si contraddicono, oppure sono essi stessi anticipatamente irrealizzabili, oppure i mezzi per la loro realizzazione sono insufficienti. Gli scontri tra le innumerevoli volontà e attività singole creano sul terreno storico una situazione che è assolutamente analoga a quella che regna nella natura incosciente. Gli scopi delle azioni sono voluti, ma i risultati che succedono effettivamente alle azioni non sono voluti oppure, se anche sembrano a prima vista corrispondere allo scopo voluto, in conclusione hanno delle conseguenze del tutto diverse da quelle volute.”

Un esempio può essere la definizione di un prezzo di mercato di una merce: i singoli esprimono le loro volontà individuali, determinate dalla loro collocazione economica: il venditore vuole un prezzo alto, il compratore vuole un prezzo basso; alla fine prevale la risultante che in molti casi non sarà ne la volontà del compratore, ne del venditore, ma una media.

Una situazione analoga vale nella storia degli uomini: “In qualsiasi modo si svolga la storia degli uomini, sono gli uomini che la fanno, perseguendo ogn’uno i suoi propri fini consapevolmente voluti, e sono precisamente i risultati di queste numerose volontà operanti in diverse direzioni, i risultati delle loro svariate ripercussioni sul mondo esteriore che costituiscono la storia” (ibidem).

Gli uomini agiscono secondo il proprio volere, ma esso è determinato, e dallo scontro tra le diverse volontà nasce il reale corso della storia, il risultato delle lotte politiche.

Tutto ciò non significa infine, che la volontà o le idee non abbiano alcun peso nelle lotte politiche e nell’evoluzione storica: esse hanno un ruolo che va ben definito per evitare di cadere nei due opposti errori del meccanicismo, che fissa una identità tra struttura e sovrastruttura, e dell’eclettismo, per cui tutti i fattori sono egualmente importanti e le idee contano quanto l’economia (se non di più).

E’ anche questo un aspetto affrontato da Engels nelle lettera a Joseph Bloch del 1890: “… Secondo la concezione materialista della storia il fattore che in ultima istanza è determinante nella storia è la produzione e la riproduzione della vita reale. Di più non fu mai affermato ne da Marx ne da me. Se ora qualcuno travisa le cose, affermando che il fattore economico sarebbe l’unico fattore determinante, egli trasforma quella proposizione in una fase vuota, astratta, assurda. La situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura, le forme politiche della lotta di classe e i suoi risultati, le costituzioni promulgate dalla classe vittoriosa dopo aver vinto la battaglia, ecc. le forme giuridiche, e persino i riflessi di tutte queste lotte reali nel cervello  di coloro che vi partecipano, le teorie politiche, giuridiche, filosofiche, le concezioni religiose e la loro evoluzione ulteriore  sino a costituire un sistema di dogmi, esercitano pure la loro influenza sul corso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano la forma in modo preponderante. Vi è azione e reazione reciproca di tutti questi fattori, ed è attraverso di esse che il movimento economico finisce per affermarsi come elemento necessario  in mezzo alla massa infinita di cose accidentali (cioè di cose e avvenimenti il cui legame intimo reciproco è così lontano o così difficile a dimostrarsi, che possano considerarlo come non esistente, che possano trascurarlo). Se non fosse così, l’applicazione della teoria a un periodo qualsiasi della storia sarebbe più facile che la soluzione di una semplice equazione di primo grado.

Noi facciamo noi stessi la nostra storia, ma innanzitutto dietro premesse e in condizioni ben determinate. Tra di esse decidono, in ultima analisi, quelle economiche. Ma anche le condizioni politiche, ecc. anzi, persino la tradizione che ossessiona i cervelli degli uomini, esercitano una funzione, anche se non decisiva”.

Quindi: “questa determinazione non avviene perché il fattore economico è l’unico determinante. In questo caso non vi sarebbe determinazione, ma identità organica, dato che tutto sarebbe base, tutto economia, tutto struttura. La determinazione avviene invece perché la sovrastruttura reagisce sino a dare la forma, ma non il contenuto alle lotte storiche di lungo periodo” (Lotta Comunista – febbraio 1978)

Ogni aspetto della realtà sociale ha quindi una sua collocazione e un suo ruolo. La concezione materialistica dialettica diviene quindi la via per affrontare scientificamente lo studio delle forme politiche.

Punti fermi della scienza marxista

 Proseguiamo qui nell’approfondimento del falso socialismo,

cioè del capitalismo di stato camuffato da “socialismo”

 

NELL’EX DDR NESSUN SOCIALISMO, MA CAPITALISMO DI STATO.

L’INTERESSE DEL PADRONATO A TENERLO NASCOSTO.

 

 

E’ scontato che i ricercatori cerchino di capire la realtà delle cose. Cercano di astenersi dalla situazione politica e religiosa in cui si trovano e cercano di analizzare i fatti, le cose, in maniera del tutto autonoma, concreta, scientifica.

Questo avviene per esempio nell’ analisi dell’evoluzione delle specie, smentendo le religioni imperanti che portano una visione del mondo del tutto fantasiosa, fanciullesca. O avviene nel campo della medicina, contraddicendo maghi, guaritori o esorcisti di tutte le risme. L’analisi scientifica si estende poi naturalmente a tutti i settori.

Ci si potrebbe aspettare quindi con logica, che questi studi autonomi riguardino anche il campo della politica, dell’analisi del funzionamento della socialità.

INVECE NO. Stranamente in questo settore questa indagine non avviene, avviene un’eccezione.  

Nelle riviste specializzate, negli articoli dei giornali o nei dibattiti televisivi si possono trovare reportage di tutti i tipi: da studi sui pianeti molto interessanti a servizi molto dettagliati sul comportamento delle formiche, da analisi molto accurate riguardanti gli ingredienti nutritivi o nocivi del pomodoro -tutto questo ovviamente più che giusto, utile e interessante- fino a servizi piccanti su spie, intrighi, tradimenti, omicidi e chi sa cos’altro;  ma reportage sul marxismo e i marxisti, il loro modo di vedere la società, il loro punto di vista di cosa crea le contraddizioni e le disuguaglianze che la tormentano, le guerre da cosa sono causate, cos’è il socialismo, la rivoluzione, ecc. ebbene, di tutto questo sui media non se ne trova assolutamente traccia.     Zero assoluto.

(conferenza marxista)
(conferenza marxista)

E si noti, nella società le organizzazioni marxiste che trattano questi argomenti sono numerose e diffuse, con giornali, libri, conferenze. E le tematiche che loro affrontano trovano interesse tra le persone, vengono dibattute negli ambiti scolastici, lavorativi e famigliari.

Ma nei media sull’argomento marxismo sembra esserci un accordo di silenzio, se non fare qualche reportage, ma in senso negativo contro il marxismo, condotto da persone che chiaramente di marxismo ne sanno ben poco.                                                                 

Ma noi invece ribadiamo che, durante la nostra attività quotidiana, entrando nelle famiglie, nelle università, nei luoghi di lavoro, l’interesse che troviamo sulle nostre tematiche non è poco. Viene considerato utile discuterne con noi, approfondire, e c’è anche chi condivide e si unisce a noi.    

Durante la nostra attività una delle tematiche di discussione più sentite è senz’altro l’argomento riguardante l’ex DDr.

Su questa controversa questione l’interesse e la curiosità possiamo dire siano molto sentite.

Dibattendo, i lavoratori ci dicono che nessuno di loro ha mai sentito dai media la nostra tesi marxista in cui la DDr viene definita non socialista, ma a capitalismo di stato. E che a nessuno è stato mai spiegato che nella società capitalista esiste anche il capitalismo di stato e che cosa sia.

Come detto, i media si sbizzarriscono a riportare dettagli su tutto, ma guarda caso su questi temi di fondamentale importanza e interesse, niente. E’ noto che la versione più propagandata su che tipo di società vi fosse in DDr, Urss e paesi satelliti, è che in quei paesi esisteva il “socialismo” e come con il crollo nel 1991 di quelle nazioni sia crollato con loro anche questo presunto “socialismo”.

Per noi marxisti questa non è la realtà, e spieghiamo il perché.

L’ex DDr  e i cosiddetti “paesi socialisti” erano in realtà paesi capitalisti, con sfruttamento dei lavoratori, vendita dei prodotti, banche, profitti, interessi, concorrenza, ecc. La piccola differenza rispetto agli altri stati capitalisti stava nel fatto che le industrie, le aziende, le banche anziché essere dirette, per trarne un guadagno, da imprenditori privati, erano dirette da uomini di un partito di governo (esattamente come attualmente succede con le Sparkassen, le Landesbanken), il quale partito falsamente (per ingannare i lavoratori sfruttati) si faceva chiamare “comunista”. Ma tutto funzionava capitalisticamente, come chi vi è vissuto ha potuto constatare. Tutto era quindi, fuorché socialismo.

Perciò questi paesi falsamente definiti “socialisti”, erano invece, come tutti gli altri paesi capitalisti di questo mondo, sottoposti alle leggi durissime della concorrenza. Il crollo è avvenuto perché l’establishment partitico parassitario che era al governo non aveva rinnovato, ammodernato, le fabbriche di allora. Le fabbriche erano rimaste vecchie, sorpassate, obsolete, non più competitive, accumulando debiti su debiti. Quindi l’inevitabile crollo prima o poi per forza doveva avvenire, come sarebbe accaduto in qualsiasi altro paese capitalistico non più competitivo.

Questa è l’analisi che come esperti marxisti riportiamo della situazione.

VI E’ UN INTERESSE DA PARTE DEI MEDIA (vale a dire da parte della borghesia a cui i media appartengono) A NON DIVULGARE QUESTA VERSIONE, CHE PER NOI E’ REALISTICA E MERITA LA MASSIMA ATTENZIONE?

CERTO CHE VI E’ UN INTERESSE. Nulla avviene per caso.

Per il padronato, per i ricchi imperanti e dominanti è fondamentale nascondere opinioni che potrebbero, anche se realiste, essere scomode e far aprire gli occhi ai lavoratori sfruttati.

 

Hanno tutto l’interesse invece a diffondere idee (come “crollo del socialismo reale”) che facciano sentire i lavoratori sconfitti, demoralizzati, che li allontani non solo dalla realtà, ma anche da una politica che può permettere loro la liberazione dall’oppressione. 



 

 

 

 

ALLEGATO

 

 

Riteniamo molto importante chiarire costantemente le importanti differenze politiche tra il rivoluzionario LENIN  e il controrivoluzionario STALIN, differenze che non vengono chiarite nelle lezioni . Per questo riproponiamo un articolo del nostro giornale uscito nel mese di settembre 2015.

 

 

 

MARXISMO-COMUNISMO:

DURANTE LE LEZIONI NON VIENE DETTO TUTTA LA VERITA’! NON VIENE SPIEGATO CHE:

NON C’E’ NESSUNA CONTINUAZIONE TRA LA POLITICA DI STALIN

E QUELLA DI MARX, LENIN E DEI BOLSCEVICHI!

 

QUESTA E’ UNA COSA IMPORTANTISSIMA, FONDAMENTALE DA CHIARIRE!

 

 

 

Nella loro visuale scientifica Marx ed Engels  vedono la società capitalistica svilupparsi a cicli. Lunghi cicli di espansione economica e brevi cicli di crisi improvvise che possono essere lievi, forti o fortissime e catastrofiche con guerre, fame, povertà, morti ecc.

Questo andamento ciclico del capitalismo non è determinato dalla volontà delle persone, ma fa parte del sistema ed è determinato dall’inesorabile andamento degli affari.

Nelle situazioni di crisi disastrose, che creano guerre, morti, fame, estrema povertà ecc. potrebbe accadere che le masse proletarie inferocite da questa realtà si rivoltino contro il capitalismo. Queste situazioni sono nella visuale di Marx ed Engels  assolutamente inevitabili ne mitigabili per i capitalisti. Nel momento in cui le masse (e non il singolo) si ribellano, il partito rivoluzionario può portare il proletariato verso la società superiore.

Sulla base di questa visuale di Marx ed Engels, Lenin e i bolscevichi si sono organizzati.

VIENE SPIEGATO TUTTO QUESTO NELLE UNIVERSITA’ E NELLE SCUOLE?  Non ci risulta! 

 

Avendo chiaro che il capitalismo è ciclico, come Marx nel libro “Il Capitale” molto accuratamente spiega e sapendo che gli affari prima o poi inesorabilmente e implacabilmente avrebbero causato enormi crisi, il giovane Lenin all’inizio del novecento (1901-02) in tempo di pace, comincia ad organizzare i bolscevichi per la futura rivoluzione. Sarà quasi una quindicina d’anni dopo che l’enorme crisi affaristica arriverà investendo tutto il mondo causando la prima guerra mondiale con milioni di morti, enormi distruzioni, disperazioni e danni incalcolabili. E arrivano anche le prime rivolte proletarie! 

Lenin e bolscevichi sono pronti a guidare il proletariato russo alla conquista del potere.

VIENE CHIARITO TUTTO QUESTO?

 

Nella visuale concreta, realistica di Marx ed Engels, la conquista del potere proletario in una sola nazione non può portare alla società superiore, comunista. Perché, concretamente parlando, una nazione è solo una parte del mercato globale e non si può assolutamente staccare da esso e istituire una propria economia autonoma visto le ineliminabili interconnessioni economiche che uniscono tutte le economie dei vari paesi nel mondo. Solo con la conquista da parte del proletariato di tutto o di gran parte del mercato globale è possibile cambiare l’economia capitalistica per organizzarne una diversa, superiore, avendo a disposizione tutti i prodotti o gran parte di essi per poter farla  funzionare.

Quando un proletariato rivoluzionario va al potere in una sola nazione, si trova per forza, inesorabilmente a gestire l’economia capitalista di quella nazione. La produzione verrà statalizzata, certamente, ma sarà sempre una economia capitalistica a capitalismo di stato. Il proletariato rivoluzionario al potere in questa nazione che vuole giungere alla società superiore comunista, dovrà per forza aspettare che anche gli altri proletariati delle altre nazioni conquistino il potere per poi unire la propria economia alle altre. In attesa che ciò si verifichi la politica estera sarà di aiutare, incentivare, organizzare, favorire in tutti i modi gli altri proletariati perché anche loro giungano al più presto al potere.

VIENE PRECISATO TUTTO QUESTO NELLE LEZIONI ?  Non ci risulta.

 

A Lenin e ai dirigenti bolscevichi Zino’vev, Kamenev, Trockij, Bukarin ecc. tutto questo era ben chiaro.

Qualsiasi di noi può trovare e leggere nelle dichiarazioni dei dirigenti bolscevichi che la rivoluzione russa doveva servire solo come primo passo verso la rivoluzione internazionale, che questo era il solo ed unico scopo di essa, altrimenti non sarebbe servita a niente. Nessuno dei dirigenti bolscevichi si è mai sognato di pensare e di dichiarare che la rivoluzione fosse la scintilla, atta a far scoppiare altre rivoluzioni negli altri paesi per poi giungere al comunismo.

Tutto il lavoro bolscevico successivo, molto correttamente e estremamente conseguente, sarà, come un’ossessione, concentrato con l’istituzione della grande 3° Internazionale all’organizzazione, alla formazione, alla stimolazione di partiti rivoluzionari in tutto il mondo, dall’America fino alla Cina.

Nel frattempo in Russia ai bolscevichi , come previsto, si poneva il problema della gestione dell’ economia capitalistica statalizzata.

QUESTA E’ LA SITUAZIONE REALE IN CUI SI SONO TROVATI LENIN E I BOLSCEVICHI E QUESTO E’ COME HANNO AGITO !  (Tutti lo possono verificare!)

 

VIENE SPIEGATO TUTTO QUESTO NELLE LEZIONI? Non l’abbiamo sentito.

 

Alla morte di Lenin, fondatore e timoniere del partito bolscevico e diventato capo del governo della Russia rivoluzionaria, nella valutazione per la sua successione, i dirigenti bolscevichi sottovalutarono Stalin e questo attraverso tutta una serie di stratagemmi  riuscì a diventare dirigente e presidente della nazione (fine 1924). 

E il subdolo Stalin di fronte alle fortissime difficoltà, però normali per la situazione (sotto Lenin erano ancora peggio) in cui versava l’economia russa, ha poi cominciato a sostenere che il partito bolscevico si doveva concentrare di più sui problemi economici interni che occuparsi a favorire  partiti  rivoluzionari negli altri paesi e questo lentamente ha fatto presa sui quadri intermedi del partito nonostante la ferma opposizione dei massimi dirigenti come Trockij, Zino’vev, Bukarin, Kamenev.

Quando Stalin poi, con il sostegno di questi quadri intermedi si è sentito sufficientemente forte, ha cominciato ad elaborare  la famosa tesi de “Il Socialismo in un paese solo” andando contro l’ oggettiva realtà e cioè che il socialismo  in un paese solo non è possibile, andando perciò anche contro Marx, Engels e Lenin e mettendo così di fatto la parola fine alla rivoluzione russa stessa.  In pratica con la politica de “il Socialismo in un paese solo” Stalin e il suo gruppo eliminavano lo scopo di arrivare alla rivoluzione internazionale per arrivare alla società superiore e si imponevano come i nuovi proprietari  capitalistici  russi nella gestione del capitalismo di stato e Stalin ne diventava il nuovo spietato Zar capitalistico. 

Tutti noi possiamo ben osservare che LA POLITICA DI STALIN NON HA NIENTE A CHE FARE CON IL COMUNISMO, CON MARX, LENIN E I BOLSCEVICHI !  MA CHE SI TRATTA SOLO DI CHIARA CONTRORIVOLUZIONE BORGHESE!

 

Infatti il seguente comportamento stalinista sarà conseguente a questa politica borghese e sarà spietato: uccisione di tutti i dirigenti bolscevichi a lui ostili: Kamenev, Trockij, Bukarin, Zino’vev, Bakaev, Berman-Jurin, Tomskij e molti altri, scioglimento della 3° Internazionale, politica affaristica di espansione imperialista estremamente spregiudicata: alleanza con il nazista Hitler prima, alleanza con gli odiati Paesi Imperialisti (Usa, Gran Bretagna e Francia) poi.

 

 

POSSIAMO DIRE CHE STALIN E’ IL DIRETTO DISCENDENDENTE DI LENIN E DEI BOLSCEVICHI COME VIENE AFFERMATO NELLE UNIVERSITA’?

 

NO! ASSOLUTAMENTE NO!

 

IL CONTRORIVOLUZIONARIO E SANGUINARIO STALIN FA PARTE DELLA GRANDE SCHIERA DI POLITICI BORGHESI, DITTATORI O DEMOCRATICI, CHE SI ADOPERANO CON ESTREMO IMPEGNO PER IL MANTENIMENTO DI QUESTA SOCIETA’ CAPITALISTICA ESTREMAMENTE INGIUSTA !

 

QUESTO E’ CIO’ CHE SI DOVREBBE INSEGNARE !


 

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ALLEGATO

Visto le elezioni Usa, riproponiamo all’attenzione del lettore le concezioni marxiste in merito al ruolo che svolge il parlamento.

 

 

MARXISMO PRATICO – ATTUALITA’

 

LO STATO, ESPRESSIONE DELLA CLASSE DOMINANTE

 

 

 

 

Spesso ci facciamo la domanda: come mai i politici dicono una cosa e poi ne fanno un’altra? Perché le leggi colpiscono sempre i lavoratori e mai i ricchi?

Cerchiamo ad approfondire la questione.

Scrive Engels nell’Antidühring: “Lo stato moderno, qualunque ne sia la forma, è essenzialmente una macchina capitalistica, uno Stato dei capitalisti, il capitalista collettivo ideale”.

Per capire cosa ha che fare il comportamento dei politici e quanto dice Engels intervistiamo Mario B. attivista politico internazionalista in Italia che ci illustra la questione.

 

Dom :- trovi un collegamento con ciò che dice Engels e la società dei giorni nostri?

 

Risp: - “un po’ tutti si lamentano che i politici di  dx, sx ecc. non sono coerenti. Penso che quando i lavoratori vanno a votare non abbiano ben chiaro come funziona il meccanismo. Se i politici, tutti, e sottolineo “tutti”, non sono coerenti  il motivo c’è, non è un caso.”

 

Dom : -spiegati meglio.

 

Risp : -“I politici dicono sempre che loro lavorano per il bene della Nazione, del Paese, del popolo ecc.  Ma dobbiamo approfondire: chi sono  la Nazione, il popolo? Certo, la Nazione, il popolo sono i lavoratori, il proletariato. Ma non solo: ci sono anche i ricchi, gli industriali, i magnati della finanza ecc.

Questi hanno un sacco di soldi e nella loro testa ne vogliono fare sempre di più. Se andiamo ad approfondire scopriamo che loro posseggono i giornali, le tv, le squadre di calcio e quant’altro.

I lavoratori invece non posseggono niente, non possono, col loro stipendio riescono, chi più e chi meno, a mantenere la loro famiglia, se è possibile si comperano l’appartamento ecc.

Con i giornali e le tv i ricchi influenzano e dirigono l’opinione pubblica. E poi fanno grosse donazioni di denaro ai partiti. Ovviamente le donazioni non le fanno per niente,  senza uno scopo.”

 

 

Dom:  - E questo secondo te condiziona la politica?

 

Risp:  -“I partiti, tutti, presentano i loro candidati da votare. In campagna elettorale promettono tante belle cose. Ma cosa sappiamo noi veramente di loro, delle loro vere intenzioni?

Ultimo esempio la campagna elettorale appena svolta in novembre: SPD e CDU-CSU si sono affrontati accanitamente uno contro l’altro. Dopo le elezioni si sono però messi assieme nella Grande Coalizione. Sapeva chi andava a votare, di dx o sx, che sarebbe poi finita così? Nessuno! Probabilmente i partiti si erano già messi d’accordo prima

 

Dom: - I politici tengono quindi nascoste le loro vere intenzioni?

 

Risp: -“Certo! Lo si vede bene  quando arriva una crisi economica. Chissà perché, i politici di tutti gli schieramenti, in tutti i Paesi, chiedono sempre sacrifici solo ed esclusivamente ai lavoratori.

Non ai ricchi. Perché?

In Germania gli industriali, gli economisti, le tv, i giornali, i politici ecc, dicono che il Paese deve essere più concorrenziale. E come si traduce questo in pratica? Che i ricchi devono rinunciare alle mega ville o agli Yacht?  No! I lavoratori dipendenti devono avere meno aumenti salariali, i giovani in futuro si dovranno accontentare di trovare posti di lavoro sempre meno fissi e più a tempo determinato  e ai padroni viene data la possibilità di assumere persone per 3 mesi a stipendio bassissimo. E questo avviene non solo in Germania, ma ancor di più in Grecia, Spagna, Italia dove sono io, Portogallo ecc, in ogni Nazione, senza eccezione. I politici di tutte i Paesi si comportano tutti allo stesso modo!

 A questo punto dobbiamo porci la domanda: ma da che parte stanno realmente? Ed ecco che l’affermazione di Engels: “Lo stato moderno,qualunque ne sia la forma,è una macchina essenzialmente capitalistica” ci da la risposta. Allo Stato appartengono senz’altro anche i partiti. Direi che l’affermazione di Engels del 1878 è più che mai attuale. Siamo nel capitalismo e politici lavorano senza dubbio per i ricchi. Naturalmente lo devono assolutamente negare!



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