PERCHE‘ IL MARXISMO E‘ SEMPRE VIVO E ATTUALE

LOTTARE PER UNA SOCIETA‘ SUPERIORE, SENZA CONTRASTI

Scontro tra imperialismi: Usa contro Cina e Russia.

E’ evidente, la democrazia capitalista non può garantire la stabilità.

 

 

 

 

Sulla scena mondiale le grandi potenze cominciano a mettere di nuovo in preventivo la possibilità che guerre tra di loro possano scoppiare. Non accadeva da moltissimo tempo. Sembrava che la democrazia avesse preso il soppravvento sulle barbarie della guerre. Un’illusione. Il vecchio capitalismo camuffato da civiltà è invece sempre presente, vivo e vegeto.

La causa di questa possibilità di guerra oggi è l’imperialismo Cina, la nuova superpotenza emergente che assieme alla Russia si sta imponendo nelle relazioni internazionali. Un ingombro che la grande imprenditoria americana vincitrice della prima e della seconda guerra mondiale, non può tollerare. Un imperialismo cinese diretto da una potente ed efficiente borghesia industrial-statale, che ora si sente pronta e in forza di poter sfidare apertamente l’altra grande potenza imperialista, appunto gli Stati Uniti.  

In questa lotta tra giganti briganti poco importa, come già visto nel passato, con quale forma statale si presentano per lo scontro: democrazia per gli Usa, monopartitismo e falso comunismo per la Cina, di nuovo democrazia per la Russia. Ciò che ha valore nel loro conflitto sono gli interessi economici che i governi rappresentano e la fame di guadagni che perseguono.

Centinaia di milioni di persone hanno riposto la loro fiducia sulla democrazia come garanzia di pace e stabilità. Ma le recenti aumentate tensioni tra Usa, Russia e Cina e adesso l’attacco missilistico sulla Siria sembra aver disorientato non poco queste convinzioni. Le persone non si sentono più certe, cominciano a subodorare che qualcosa non va e cominciano a temere.

E a buon ragione, l’instabilità aumenta giorno dopo giorno: da una parte l’attacco al posto di lavoro fisso in tutta Europa da parte tutti i governi (ultimo tra tutti Macron contro i ferrovieri in Francia), dall’altra un’America che dichiara primo pericolo Russia e Cina e le provoca senza esitazione anche con i più futili motivi. Si sta cercando lo scontro, è evidente. Qualcosa non funziona più nel sistema pace-democrazia, qualcosa comincia a non essere più chiaro.

E’ LA NATURA DEL CAPITALISMO, affermano i marxisti come noi. Questo è il capitalismo, sia democratico che no.

La democrazia deve essere al servizio degli affari capitalistici anche nelle situazioni di conflitto. Perciò per i briganti capitalisti, quando è tempo di scagliarsi contro i “nemici”, anche la democrazia deve esser pronta a fare la propria parte. Deve assolutamente trovare i pretesti credibili che possano convincere le masse che l’intervento contro “l’avversario” sia più che giusto (e naturalmente, democratico).

La società superiore socialista o comunista non è così. Non ha il problema di vendere i prodotti per ottenere il guadagno e di sconfiggere i “nemici” per toglierli di mezzo o per togliere loro pezzi di mercato  per poter incrementare i profitti dei vincitori.

La società socialista unisce il mercato e la produzione, non la divide in tante nazioni capitaliste contrapposte. E i beni vengono suddivisi equamente tra la popolazione produttiva.

E’ un altro tipo società. Superiore per l’appunto.

E’ su questo obbiettivo che chiamiamo i giovani e i lavoratori ad attivarsi e unirsi a noi. Per impegnarsi in una causa, in una lotta, che è a vantaggio di tutta l’umanità.

 

TANTE PICCOLE BOMBE ATOMICHE PER IL GRANDE RIARMO AMERICANO

 

 Sembra essere la nuova filosofia militare armare i missili delle navi, dei sottomarini e degli aerei con piccole testate nucleari. Piccole bombe nucleari che non avrebbero la potenza di distruggere e disintegrare una città intera, come successo a Hiroshima e Nagasaki, ma una parte di una città, con relative radiazioni infestanti, ecc. A detta dell’establishment americano i russi ne sarebbero già in possesso e i cinesi ci sono vicini.   

Per l’aumento e il rinnovamento del proprio arsenale militare l’Amministrazione Trump ufficialmente sta prendendo a pretesto l’alta tecnologia di guerra di cui l’imperialismo russo ne sarebbe in possesso: “Questa è la risposta all’espansione russa della loro capacità (nucleare -ndr.) e della loro natura delle loro strategia e dottrina’- ha affermato ancora Mattis (ministro della difesa Usa –ndr)” riporta il TG LA7 del 3 febbraio.

In realtà il vero obbiettivo militare (e pericolo) per gli Usa è contrastare l’emergente grande potenza cinese. Così si esprime ‘Handelsblatt’ il 23 marzo: “Soprattutto Pechino viene visto come concorrente. Precisamente la Cina, per quello che riguarda i costi della difesa, si avvicina sempre più agli Usa –nel 2016 gli Stati Uniti hanno speso per le forze armate quasi quattro volte la Cina, la quale di certo però sta recuperando velocemente. Proprio poche settimane fa il Congresso del Popolo ha deciso di alzare dell’8% le spese per la difesa. Naturalmente questo è stato registrato anche a Washington. Trump pochi giorni fa ha detto chiaramente che non sarà accettato nell’ambito delle forze militari un avvicinamento da parte di un’altra potenza. - ‘Spendiamo 700 miliardi per le forze militari. E questo perché vogliamo rimanere molto più forti di qualsiasi altra nazione al mondo’- così il presidente. -‘Non permetteremo assolutamente a nessuno di avvicinarsi a noi”-.   

Il vero obbiettivo del riarmo Usa quindi non è il pericolo Russia (o la Corea del Nord o l’Iran) come afferma il ministro Mattis, ma chiaramente la Cina. Una nazione che in futuro può avere la potenza economica di sfidare anche sul piano militare l’imperialismo americano. A conferma e per precisare il ruolo secondario militare della Russia, prosegue Handelsblatt riguardo il recente aumento di spesa militare Usa: “I repubblicani e i democratici si sono accordati per una spesa di più di 60 miliardi. Da solo, questo aumento, corrisponde quasi all’intera spesa militare russa” (ibidem). Anche per Obama l’imperialismo russo non è il vero problema, il quale nel marzo 2014 aveva decretato: “La Russia non è altro che una potenza a livello regionale”.

Quindi la nuova Amministrazione Trump sostenuta dall’intero Congresso Usa sta dando una svolta alla politica militare americana non indifferente. Una svolta che sicuramente segnerà il futuro dell’imperialismo di Washington.

Può essere Trump un pazzo, o una persona con mania di grandezza che vuol conquistare il mondo? Oppure un affarista che fa solo gli interessi dell’industria militare? “I militari e l’industria militare hanno in Trump un potente sostenitore. - ‘Amo il militare. Lo ricostruirò. Sarà forte e grande come non mai’- ha promesso in campagna elettorale”. (Der Spiegel -15 febbr).

Può sembrare così, ma Trump non sta facendo gli interessi suoi personali. Trump si adopera per  gli interessi delle grandi multinazionali e banche americane che hanno affari e guadagni in tutto il mondo e non vogliono perderli a fronte dell’emergere di altre grandi borghesie, come quella cinese, che aspirando a diventare la prima potenza al mondo tenta di rubare spazi alle altre borghesie, altrettanto briganti come lei stessa. Il fatto che al Congresso (come riportano Handelsblatt e altri giornali) i deputati repubblicani e democratici americani (che in campagna elettorale hanno fortemente osteggiato Trump), abbiano votato e sostenuto il forte aumento di spesa militare proposta da Trump stesso, significa che l’aumento di aggressività non è un’azione personale del pazzo o estroverso presidente o amico delle industrie militari, ma una decisione di tutto l’establishment americano, con senatori e deputati (il cui compito come da sempre ripetiamo, è favorire banche e industrie Usa nel mondo) i quali alla fine stanno collaborando pienamente alla “Make America great again” del Tycoon.

Una politica militare americana che dall’Amministrazione di Washington viene ritenuta “urgente e necessaria per la difesa nazionale Usa … Il bilancio prevede un’ordinazione di 14 nuove navi e 114 nuovi aerei. Quasi 10 miliardi di $ devono andare nei missili dell’esercito” (Handelsblatt -ibidem).

Naturalmente, com’è uso nella politica borghese, non viene mai detta la piena verità sul vero uso delle armi. Il motivo ipocrita del gigantesco aumento bellico americano viene definito adesso “ di dissuasione, per evitare le guerre”, avverte Trump.  

In sostanza la tensione tra le vecchie borghesie e le nuove potenze sta di nuovo surriscaldando il pianeta, rievocando “ricordi angoscianti” come citano alcuni giornali.

Se Marx fosse qui con noi direbbe certamente, citando il suo famoso ‘Das Kapital’: ‘E’ la natura del capitalismo da cui non si sfugge’. Infatti pace e guerra, oggi come ieri, sono la cruda realtà nel mondo del profitto.


 

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2017: RIARMO MONDIALE RECORD NELLO SCONTRO

TRA BORGHESIE

IN UN MONDO CAPITALISTA DOVE LA CONCORRENZA ‘PACIFICA’ SCATENA SEMPRE PIU’ CRISI E GUERRE, AUMENTANO SEMPRE PIU’ LE SPESE MILITARI,

CAMUFFATE COME ‘DETERRENZA’.

 

 

Aumento consistente di 80 miliardi della spesa militare Usa per un totale annuo di 700 miliardi. Di contro aumento dell’8% di quella cinese pari ad un totale di 224 miliardi l’anno. Un’Arabia Saudita che diventa la 3° forza militare mondiale con una spesa di 69,4 miliardi, sorpassando addirittura la Russia (66,3) (fonte Sipri-Stoccolma). E’ la reazione all’emergere del gigante imperialista Cina che alza la temperatura dello scontro tra le borghesie mondiali.   

Un evento -l’emergere del gigante asiatico- per noi oggi normalità, ma che molti nel dopoguerra proprio non pronosticavano. Anzi al contrario, alcune correnti di sinistra sostenevano che i paesi industrializzati a causa della recente guerra mondiale si sarebbero deindustrializzati con il ritorno dei proletari alla campagna. E altre ancora che invece preannunciavano una prossima vicina altra guerra mondiale che avrebbe abbattuto i paesi industrializzati. Per il marxista Arrigo Cervetto, cofondatore dell’attuale grande organizzazione ‘Lotta Comunista’, l’emergere dei giganti asiatici era invece a quel tempo già chiara. Così scrive nel suo saggio “Le Tesi del ‘57”: “Inevitabilmente tutti i paesi ieri e oggi ancora in condizioni coloniale e semi coloniale acquisteranno, nel corso di lotte più o meno cruente, la loro indipendenza politica. … Più l’indipendenza politica si attua, più crescono le esigenze di carattere economico … da quei paesi che, per la loro capacità produttiva, soli sono in grado di intervenire con aiuti, prestiti, esportazione di capitali, scambi commerciali, nel promuovere lo sviluppo industriale ed agricolo delle zone arretrate. … L’esempio della Cina e dell’India può bastare ad indicare la validità di questa affermazione”. In altre parole, spiegava Cervetto, i paesi arretrati come Cina e India (qui siamo negli anni ’50) grazie agli investimenti che i paesi occidentali industrializzati avrebbero fatto sui loro territori, avrebbero superato la loro fase semicoloniale e sarebbero diventati anch’essi potenze capitaliste. Esattamente quello che sono adesso.

Impressionante è come attraverso l’analisi marxista si possa comprendere bene il meccanismo di funzionamento capitalistico e addirittura in alcuni casi fare anche delle corrette previsioni.

Il gigante imperialista asiatico quindi ieri previsto, oggi è diventato realtà.

Grazie alla sua stazza economica la Cina nei mesi scorsi assieme alla Russia ha introdotto il (poco reclamizzato) Petro-yuan come sistema di pagamento del petrolio anziché l’uso del dollaro (in uso da più di 50 anni), sfidando apertamente la borghesia Usa. Nello stesso tempo il presidente cinese Xi Jinping ripete senza riserve di volere assolutamente (assieme ai paesi BRICS) “più spazio nel mondo”per espandere i propri affari. E questo nel mondo capitalistico significa … scontri e … guerre.

Si potrebbe obiettare: perché “scontri” e “guerre”? Il mondo può funzionare bene lo stesso anche senza guerre, c’è spazio per tutti! Non è questa un’esagerazione?

No, non è un’esagerazione. Nel mondo capitalistico della concorrenza, come successo nel passato e come esattamente analizzato da Marx, l’emergere di una nuova potente borghesia significa sconquasso, significa invadere gli affari delle borghesie concorrenti. Non solo, le borghesie già esistenti vedono nell’enorme espansione di un nuovo grande concorrente un futuro pericolo che un domani le potrebbe spazzare via. Si può ben intuire quindi le loro preoccupazioni e la portata dello scontro. 

Questo spiega quindi la reazione americana e l’aumento vertiginoso della spesa militare registrata dal centro ricerche Sipri. Ma non solo. Il governo Trump sta imprimendo fretta agli alleati NATO perché a loro volta aumentino e aggiornino i loro armamenti in funzione apertamente anticinese e russa.

Come detto, i dati Sipri riportano anche il fatto inedito di un’Arabia Saudita che l’anno scorso ha avuto un incremento impressionante di spesa militare, sorpassando la Russia e diventando il 3° detentore militare mondiale dopo Usa e Cina.

Anche questo fatto non è casuale, ma ha un suo preciso significato. E’ stato l’imperialismo americano a fornire il consistente aumento militare al radicale paese arabo. La borghesia Usa sta cercando di costituire un proprio forte alleato, un bastione militare amico nel Medio Oriente in funzione antirusso-cinese. L’enorme aumento di armamento all’Arabia Saudita da parte Usa è la risposta all’intensificazione nella zona dell’attivismo di Iran, Siria, Turchia, etnie in Yemen, Afghanistan, Libano, ecc. tutte forze sostenute direttamente o indirettamente da Russia e Cina.  Quindi tutto è concatenato.

Ovviamente l’imperialismo cinese non rimane passivo in questa corsa al riarmo. Nell’obbiettivo di ottenere “più spazio nel mondo” si sta militarizzando fino ai denti. Il Sipri riporta come in Cina le spese militari stiano schizzando alle stelle. Nonostante questo, il gigante asiatico è però ancora lontano dal raggiungere le spese militari americane, avendo Pechino una spesa  (grafico Sipri) di un terzo rispetto a quella Usa. Ma la distanza si sta rapidamente accorciando.      

L’imperialismo russo registra invece un arresto del forte aumento di spesa militare avuto negli anni precedenti. Non è aspirazione al pacifismo. Proprio no. Ma una costrizione, dovuta alla forte diminuzione finanziaria causata dal forte calo del prezzo del petrolio (da cui dipende) degli anni scorsi. Sta però approfittando della ‘pausa’ –riporta sempre il Sipri- per affinare le proprie tecnologie belliche.

Nessuna illusione di un mondo pacifista, quindi. E’ lampante.

Il “moderno” mondo d’oggi rimane sempre il “vecchio” capitalismo studiato da Marx: concorrenza, profitti, interessi di borghesie, pace, crisi, e … guerre.

-SCONTRO TRA BORGHESIE-

 

 

PAURA DELLA CINA

L’INARRESTABILE SVILUPPO DEL COLOSSO ASIATICO METTE PAURA IN OCCIDENTE

 

Obama aveva cercato di isolare economicamente e politicamente la Cina attraverso accordi internazionali come il NAFTA, TPP, TTIP. Trump invece l’attacca direttamente. Dichiara la Cina apertamente primo pericolo per gli USA (assieme alla Russia), alza i dazi contro le merci cinesi, aumenta enormemente la spesa militare USA e spinge anche gli alleati NATO ad armarsi. 

 

 

Senza dubbio l’imperialismo cinese è destinato a diventare la prima potenza al mondo. Con un incremento medio del PIL annuo del 6-7% come l’attuale, in 10 anni la Cina raddoppierà la sua potenza economica. In pratica avrà un’economia pari a quella Usa e metà di quella europea messe assieme. Sarà la super potenza economica mondiale.   

E’ ovvio che la prospettiva mette in fibrillazione tutte le borghesie occidentali.

Se fino ad un anno fa la Cina veniva vista dalle imprenditorie industrializzate come una nazione normale e il mercato cinese era un’opportunità di investimento per lucrosi guadagni, da quando all’inizio dell’anno il presidente Xi Jinping ha dichiarato ufficialmente che la Cina aspira a diventare la potenza trainante del pianeta, non solo economicamente, ma anche militarmente, da allora gli allarmismi sono schizzati alle stelle.  Il dragone cinese adesso mette paura.

E così da grande opportunità di guadagno per finanza e industrie si è passati oggi alle dure critiche e ai forti attacchi mediatici.

Il governo cinese, pur definendosi “comunista“, è chiaro che non ha niente a che fare con il socialismo. “E’ un governo borghese capitalistico, nella forma del ‘capitalismo di Stato” - affermano già dagli anni ‘50 i marxisti. E naturalmente la Cina da capitalista qual è si comporta come tutti gli imperialisti: cerca l’espansione nel mondo alla ricerca di profitti.  

Per far fruttare i suoi capitali esteri il governo borghese di Pechino ha elaborato la politica chiamata “La nuova via della Seta”. Naturalmente l’evento ha messo in allarme i capitalisti di tutto il mondo. La nuova politica estera oltre che prevedere consistenti investimenti di capitali in Asia, Medio Oriente e Est Europa, si allarga fino all’Africa. Qui l’imperialismo cinese sembra essere particolarmente attivo. Ma questa è la zona che gli europei considerano come un proprio “giardino di casa”. Qui perciò i cinesi sono particolarmente malvisti. E di conseguenza diventa un fattore di ulteriore allarme. 

Al riguardo, il giornale “Il Fatto Quotidiano” nell’articolo del 29 maggio: “Africa, ‘prestiti e sovvenzioni dalla Cina’: possibile inclusione dello yuan nelle riserve valutarie di 14 Paesi” descrive con preoccupazione l’evolversi della questione. Dover aver rilevato con stupore che la Cina dal 2009 ha sorpassato gli Stati Uniti come primo partner commerciale nella zona, riporta: “Negli ultimi anniPechino ha partecipato finanziariamente – in maniera parziale o totale – a tre dei progetti infrastrutturali più importanti dell’Africa orientale: la diga dellaGrande Rinascita in Etiopia (4,1 miliardi); la ferrovia Mombasa-Nairobi(3,8 miliardi); e l’impianto idroelettrico di Karuma in Uganda (2,2 miliardi)”.Prosegue poi: “La maggior parte dei paesi della regione Memfi ha ricevuto prestiti o sovvenzioni dalla Cina e pertanto sarebbe solo economicamente più conveniente ripagare in renminbi … abbracciare lo yuan cinese, diventato ormai quello che potremmo definire una ‘moneta comune’ nel commercio con l’Africa”. In pratica spiega il giornale, molti paesi africani che hanno un alto tasso di commercio con la Cina vedono più conveniente ora trattare il traffico commerciale con Pechino non più in dollari o euro, ma in renminbi, cioè in yuan cinese. Un passaggio ed evento di non poco conto quindi. Ma ciò che maggiormente preoccupa “il Fatto Quotidiano” è che l’assertività economica del gigante asiatico si è tradotta in un presenzialismo politico e militare”. In pratica i cinesi sono partiti nella zona con investimenti economici e finanziari, per poi insediarsi politicamente e militarmente (come del resto fan tutte le borghesie, anche questo il giornale lo dovrebbe rivelare). 

Il quotidiano “Die Zeit” invece, nel suo articolo del 22 maggio “Cina: l’obiettivo è il mondo”  affronta il lato ipocrita dell’espansionismo cinese. E’ il presidente cinese Xi Jinping che viene insinuato come falso e infido e perciò per questo molto pericoloso. Argomenta l’articolo che, mentre Xi richiede agli occidentali -“un nuovo ‘modello dei rapporti tra le grandi potenze’ e pretenderispetto per gli interessi fondamentali della Cina”-  dall’altra tiene sottomesso il Tibet, pretende la sovranità su Taiwan e sulle isole del mare del sud cinese. Continua Die Zeit”:  ”Armonia e Rispetto Xi lo intende come diritto, vale a dire: approvazione del suo concetto politico, dei suoi obiettivi, dei suoi metodi. Ma anche altre nazioni hanno i loro interessi fondamentali che sono da rispettare, ma lui questo non lo vuole ricordare. Allo stesso modo nasconde che anche altri esigono altrettanto rispetto al diritto alla loro sovranità”. L’imperialismo cinese si fa bello al mondo affermando il rispetto per i suoi diritti, per le sue esigenze, contemporaneamente però cinicamente calpesta i diritti di altre nazioni come Tibet, Taiwan e isole del mare del sud cinese.

Nel sistema capitalistico, affermiamo noi, nei rapporti controversi tra borghesie i “diritti” da rispettare non esistono. Esistono solo i crudi “rapporti di forza”. Chi è più forte può far valere ‘con la forza’ i propri ‘diritti’, chi è debole soccombe. L’imperialismo cinese formalmente “rivendica” i suoi ‘diritti’ nel mondo, in realtà li sta imponendo alle borghesie concorrenti con tutta la forza economica, politica, militare, che possiede


 

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SIRIA, LO STRANO ATTACCO MISSILISTICO DI TRUMP

L’ ATTACCO MISSILISTICO CONTRO LA SIRIA E’ STATO PIU’ UN AVVERTIMENTO CONTRO L’ESPANSIONISMO RUSSO-CINESE NEL MONDO, CHE PER DISTRUGGERE I SITI DI PRODUZIONE DI GAS

 

     Improvviso e con motivazione sospetta, in aprile è partito il lancio di missili Usa contro la Siria. E poche settimane prima Washington, senza preavviso aveva aumentato considerevolmente e con grande clamore i dazi doganali alle importazioni delle merci cinesi in America. Qualche settimana dopo  seguiva anche la disdetta Usa all’accordo sul nucleare con l’Iran. In pratica, nel giro di un mese e mezzo si è assistito ad uno sconvolgimento sulla scena internazionale. Tutti fatti a nostro avviso, collegati tra loro, non casuali. 

     Tale improvviso, aggressivo comportamento americano non si spiega - secondo il nostro giudizio - con un Trump, presidente stravagante ed esaltato che vuol mostrare i muscoli al mondo perché vuol far vedere che l”America is great again” e quindi attacca i nemici, i concorrenti, per sottometterli e intimidirli, come la stampa e i politici presentano. Lo interpretiamo invece come una risposta dell’imperialismo Usa alle sempre più numerose iniziative economiche-finanaziarie cino-russe nel mondo, che dalla borghesia di Washington vengono viste come un pericolo per i propri interessi. In questo caso il bombardamento in Siria, i dazi contro la Cina e la disdetta del nucleare con l’Iran, rappresentano una chiara reazione americana alla messa in opera da parte degli imperialismi di Pechino e Mosca  (in collaborazione con Iran e Venezuela) di togliere il dollaro come pagamento internazionale del petrolio grezzo e sostituirlo con lo yuan cinese. Un fatto di notevole rilevanza.       

     Infatti è da marzo (qualche sett. prima delle reazioni americane) e senza tanto clamore, che queste nazioni non pagano più nei loro interscambi la preziosa sostanza grezza in dollari, come fin’ora sempre fatto, ma in Yuan cinese, valuta definita ufficialmente come “petro-yuan”. Anche altri paesi si stanno aggiungendo a seguire il nuovo sistema di transazione, tra cui l’Arabia Saudita, importante attore nel settore petrolifero.

     Come detto, questo non è un fatto secondario, ma di rilevanza primaria a livello internazionale. Se si pensa che sconvolge il trattato di Bretton Woods del 1974, dove da allora l’imperialismo americano ha imposto a tutto il mondo il saldo in dollari del commercio internazionale del grezzo, con enormi vantaggi per la finanza e imprenditoria Usa. Adesso che il dollaro perderà peso e progressivamente verrà sostituito dallo yuan, tutto ciò si tradurrà a lungo termine – a detta degli esperti - in grossi, forse enormi problemi per gli americani. La reazione Usa al cambiamento era perciò più che scontata e attesa. Ma nessuno poteva sapere ne come e ne quando si sarebbe realizzata.   

      Già un anno fa, e precisamente il 7 aprile 2017, Trump aveva una prima volta fatto bombardare (con pochi missili) i ritenuti siti di produzione di gas nervino in Siria, accusando  il regime siriano di Assad di uso dei gas contro le popolazioni civili (accusa che il presidente Assad e i russi hanno sempre rimandato ai ribelli siriani, i quali avrebbero gettato volutamente i gas contro i propri villaggi per provocare la controreazione americana). E il bombardamento missilistico Usa di allora veniva da noi interpretato come esigenza di Trump, allora appena eletto, di dare ai propri elettori l’immagine di un presidente forte, sicuro, potente.  

      Ma i missili di quest’anno in aprile in Siria ne diamo un’ interpretazione diversa. Con questa mossa il presidente intende rimarcare ai concorrenti (il fatto del petro-yuan appunto) che gli imperialisti americani non accettano passivamente che qualcuno rovini i loro affari nel mondo, che i concorrenti mettano in forse “la supremazia Usa nel mondo”. Infatti anche dopo l’innalzamento dei dazi ai cinesi e la disdetta dell’accordo sull’atomico all’Iran il presidente ripete che  “altre azioni seguiranno”.

      Politica-economia-azioni militari: nel mondo capitalistico tutto è inevitabilmente intrecciato. Tutto è collegato come in una grande partita a scacchi. Fatti che succedono a Pechino possono essere in rapporto stretto con ciò che accade a Damasco, Washington, Teheran e chissà quant’altro.  

     Ritornando alla Siria, molti osservatori hanno rilevato che il bombardamento dei missili americani in aprile ha mostrato qualcosa di strano. Trump prima di autorizzare il lancio dei vettori si è preoccupato di informare Putin dove i missili avrebbero colpito, assicurando che non avrebbero distrutto siti militari russi nel paese.    

Come mai questo strano comportamento Usa di “avvisare” il “nemico” prima di attaccarlo?

      Il giornale Lotta Comunista nell’articolo di aprile “Coreografia missilistica-diplomatica in Siria” ne da una spiegazione plausibile: “Mosca ha indicato quali fossero le sue -‘linee rosse’- sia politiche che geografiche. Dato che -‘non sono state varcate’- [dai bombardamenti missilistici americani –ndr], le difese aeree [russe -ndr] in Siria non sono state attivate”. In altre parole i russi, venuti a sapere del prossimo imminente lancio di missili americani sulla Siria, avevano avvisato gli Usa attraverso ”contatti al massimo livello militare” (Lotta Comunista –ibidem) che se nel’incursione missilistica fossero stati colpiti i loro siti militari, avrebbero reagito militarmente. Con conseguente escalation della guerra. Evidentemente l’intenzione di Trump di bombardare in Siria non era quella di incrementare il caos militare nella zona. Colpire la Siria stretta alleata ai russi doveva essere per gli Usa un segnale indiretto forte, un pretesto per mostrare i muscoli, come avviene spesso nelle controversie tra borghesie, un avviso a Mosca per dissuaderla  dall’uso dello yuan nel pagamento del grezzo e ritornare al dollaro. Essendo che in politica spesso i messaggi non sono diretti, alla fine anche questo trova un suo senso. Quindi questo spiegherebbe lo strano comportamento del presidente di avvisare il “nemico” Putin dell’imminente intervento militare non sui siti militari russi, ma solo su quelli siriani e iraniani.  

     Ma a questo punto, vien logico pensare: gli americani hanno forse paura della reazione dei russi, che evitano sempre contro di essi ogni contatto di scontro militare diretto?    

Al momento potrebbe anche essere così. E’ noto che la tecnologia missilistica militare, di puntamento, aerea e navale russa, oggi sia la migliore al mondo. Quindi possono essere un nemico temibile per qualsiasi nazione. Nell “avviso” agli americani, i russi hanno inteso dire che nel caso fossero stati attaccati, non solo si sarebbero limitati a difendersi colpendo  i  missili in arrivo, ma avrebbero anche lanciato i propri missili, potenti e ad altissima tecnologia e forse inarrestabili, anche contro gli aerei, le navi e i sottomarini americani, francesi e inglesi, che avevano lanciato i missili contro i russi.

Tutto ciò se realmente fosse accaduto, si sarebbe trasformato in una catastrofe per Usa e alleati. E quindi anche in un’enorme sconfitta politica per Trump. Che sarebbe stato costretto a mostrare al mondo un’America debole e battuta.

Trump sta ripetendo che “altre azioni seguiranno”. Staremo a vedere.  

Sicuro è che viviamo in una società, dove lo scontro tra i briganti borghesi alla fine andrà a coinvolgere l’intero pianeta, disastrosamente.   

-I GIOVANI E IL MONDO DEL LAVORO-

 

LA BORGHESIA TEME

L’UNIONE DEI LAVORATORI

LA FORZA DEI LAVORATORI E’ NELL’UNITA’ 

LA FORZA DEI PADRONI E’ NELLA DIVISIONE DEI SALARIATI

 

 

 

LAVORATORI E PADRONI: DUE CLASSI CONTRAPPOSTE.

Marx ed Engels nel ‘Manifesto del partito comunista’ descrivono chiaramente il funzionamento della società capitalista, oggi più che mai attuale: “L’intera società si divide sempre più in due campi nemici, in due grandi classi che si fronteggiano direttamente: borghesia e proletariato. … I lavoratori non sono solo schiavi della classe borghese, dello Stato borghese, ogni giorno e ogni ora essi sono asserviti alla macchina, dal sorvegliante e soprattutto dallo stesso singolo fabbricante borghese. Tale dispotismo è tanto più gretto, odioso, amaro, quanto più apertamente erige il profitto a suo ultimo scopo”.

Più un padrone sfrutta un lavoratore e più guadagna. Guadagnare è lo scopo per cui un padrone tiene in piedi e conduce l’azienda. Il dipendente viene visto solo come fonte di guadagno e non come persona, e solo per questo motivo viene assunto e tenuto per lavorare. Un padrone, anche il più democratico, farà sempre di tutto, direttamente o indirettamente, per ottenere il massimo profitto dal dipendente. E’ quello che scientificamente viene definito ‘sfruttamento’: tenere il salario il più basso possibile; aumentare al massimo i ritmi di lavoro; tenere il dipendente in una posizione di lavoro precario (a tempo determinato, a chiamata, ecc.) cosicchè il salariato non avendo il posto fisso ed essendo licenziabile in qualsiasi momento e ricattabile per conservare il posto di lavoro renderà il massimo possibile; il dipendente deve essere il più giovane possibile ed avere la massima esperienza possibile; che sia sano; che sia maschio (così da non avere il problema della maternità e dover accudire i figli); ecc. ecc.  Lo sfruttamento, appunto.

Questi sono i principali criteri che, palesemente o di nascosto, i padroni democratici e non, i padroni privati o statali, guidano gli intenti degli impresari di tutto il mondo.

E’ il sistema produttivo capitalistico che segue la ferrea legge del profitto.

Dal lato contrapposto, dall’altra parte della barricata, esiste il mondo dei salariati.

Il lavoratore dipendente deve difendersi da tutte queste misure perpetrate dal suo padrone sfruttatore. Da solo, isolato, non può far nulla. La sua forza è associarsi, mettersi assieme ai compagni sfruttati come lui, ad altri lavoratori che vivendo la sua stessa condizione, assieme e uniti a lui hanno il bisogno di contrapporsi al padrone.

L’associazione dei lavoratori non è quindi una questione personale, ma chiaramente una necessità sociale. Proseguono Marx ed Engels: “All’inizio a lottare sono i singoli lavoratori, poi i lavoratori di una fabbrica, poi quelli di un ramo produttivo in un luogo specifico, …” (Ibidem). Una necessità di unione che ovviamente esiste anche i giorni nostri e che perdurerà finchè esisterà il capitalismo con lo sfruttamento.  

Infatti come nel passato, anche oggi nei paesi che si stanno sviluppando industrialmente, in contemporanea si formano e si espandono le associazioni dei lavoratori. E questo avviene anche in paesi come la Cina, dove falsamente viene detto esisti il ‘comunismo’. E in questi paesi gli scioperi duri e continui contro lo sfruttamento per migliori condizione di vita e di lavoro prendono spesso le prime pagine dei giornali. 

Anche nella ‘vecchia Europa’ lo sciopero non ha smesso di svolgere la sua funzione vitale e rimane lo strumento di battaglia fondamentale dei lavoratori per difendersi. L’attacco dei padronati europei, uniti sotto la sigla EU contro i salariati di tutte le nazioni dell’Unione sta procedendo incessante e senza freni. Senza scrupoli, attraverso i governi, viene attaccato il posto fisso dilatando il lavoro precario; viene diminuito il salario d’ingresso per i giovani; allontanata l’età pensionistica e diminuite le pensioni future; aumentata la tassazione sullo stipendio; aumentati i ritmi di lavoro con diminuzione contemporanea di personale; tagliati i dipendenti pubblici. E’ la vecchia eterna lotta tra ‘padroni e salariati’ (lotta, che qualcuno erroneamente – o ingenuamente- definisce ‘superata’) che incessantemente prosegue.

All’attacco UE, i lavoratori in Europa si difendono a livello nazionale e non unitariamente a livello sovranazionale europeo, e questa è una debolezza. Una debolezza che permette al padrone europeo di uscire vincitore da questo assalto con considerevole inasprimento dello sfruttamento.

MA LA BORGHESIA TEME, CHE I LAVORATORI SI POSSANO UNIRE  A LIVELLO EUROPEO. Teme che i sindacati europei si possano associare e assieme possano opporre una resistenza unita, tenace, efficace, intensiva. In questa nuova situazione le carte si rivolterebbero senz’altro a favore dei salariati.

Come nel passato, dove il lavoratore per opporsi al padrone sfruttatore in fabbrica ha dovuto abbandonare le sue questioni personali e unirsi ai suoi compagni per vincere, oggi anche i sindacati in Europa dovranno superare le diffidenze nazionali e unirsi per battere la borghesia europea.

L’UNIONE FA LA FORZA!  E’ una legge scientifica del meccanismo capitalista.

La disunione fa la debolezza.


 

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IN ITALIA E’ DIVENTATO CHIARISSIMO!

LE ELEZIONI NON

CONTANO NULLA,

IN EUROPA DOMINA LA FINANZA

IMPEDITO IN MAGGIO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

LA FORMAZIONE DEL PRIMO GOVERNO POPULISTA, PERCHE’                          “EUROSCETTICO”                                         

 

 

 

Non capita molte volte che la borghesia faccia vedere palesemente che il parlamento, le votazioni, i governi non svolgono alcun ruolo e che è la finanza che comanda.

Il caso clamoroso che il presidente della repubblica italiana abbia reso impossibile con suo ferreo impedimento che si formi il nuovo governo di partiti populisti ‘euroscettici’ usciti vincitori dalle elezioni del 4 marzo è eclatante e illuminante. Ci aiuta a capire. Il presidente ha bloccato la costituzione del nuovo governo perché “contro l’Europa”.

Mentre i partiti populisti rabbiosamente protestavano, il fatto che avessero vinto le elezioni a larga maggioranza raccogliendo i voti grazie alle loro posizioni molto critiche contro l’Europa, per il presidente italiano non aveva alcuna importanza. L’unica cosa che conta per il massimo esponete italiano è seguire e sottomettersi alla volontà UE e accettare le dure regole e duri sacrifici che essa impone.

Ovviamente anche la popolazione italiana è rimasta sbigottita della clamorosa e inaspettata decisione del presidente e si è chiesto cosa stesse succedendo. Al contrario invece, il ferreo stop al governo populista ha trovato l’acclamazione di tutto l’establishment europeo: politici, banchieri, industriali, giornali e giornalisti. Come dire: PRESIDENTE SIAMO TUTTI D’ACCORDO CON TE, LE ELEZIONI NON CONTANO NIENTE, VAI AVANTI COSI’!

In questa faccenda, da osservare, oltre alle dichiarazioni di forte sostegno e solidarietà al presidente della repubblica dei partiti italiani che hanno perso le elezioni e dei capi politici europei, molto interessante è stato anche come i giornali dell’establishment tedesco e francese insistentemente abbiano invitato il presidente a procedere senza indugi sulla sua imposizione e che non tenesse conto del voto delle masse (Handelsblatt, sopra).  Questo dimostra e conferma quanto mai, quello che noi marxisti da sempre affermiamo, ossia che i giornali e i giornalisti non sono politicamente indipendenti come vogliono far credere, ma come essi siano la voce dell’establishment capitalistico, banche, grandi multinazionali dell’industria e finanza, i quali ne sono i proprietari.   

Senza dubbio la controversia italiana ha esplicitamente dimostrato che  LA FINANZA COMANDA. PUNTO!  POI LE ELEZIONI E I GOVERNI VOTATI, QUALSIASI ESSI SIANO, DEVONO STARE A SERVIZIO E UBBIDIRE.

Da sempre il marxismo dichiara le votazioni non siano nell’interesse dei lavoratori. Con il fatto clamoroso italiano (ma anche con quello greco di due anni fa) la cosa adesso è diventata di dominio pubblico.

Da sempre come marxisti sosteniamo che per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori il parlamento non è lo strumento giusto, ma che sono necessarie intensive e dure lotte sindacali europee unite, contro la finanza europea unita.

E da sempre affermiamo con Marx che questa non è la società dei lavoratori, ma dei ricchi capitalisti,  anche in democrazia com’è chiaramente dimostratoche con mille trucchi dietro le quinte dirigono politici, governi, giornali, tv ecc.

Adesso in Italia è stato varato un nuovo governo populista, modificato e accettato dal presidente.

Come si comporterà il nuovo governo populista?

Come da sempre si comportano i governi populisti.

Ha due possibilità: la prima è proseguire sulla propria linea euroscettica contro l’EU come promesso in campagna elettorale, che ha permesso di raccogliere i voti e vincere le elezioni. Ma questo comporta trovarsi SOTTO ATTACCO di tutto l’establishment finanziario europeo ostile a questa linea, che opererà come affermato incautamente dal commissario Ue Oettinger - “I mercati e un outlook negativo insegneranno agli italiani a non votare per i partiti populisti”- ossia la finanza farà in modo di creare enormi turbolenze dei mercati finanziari e delle borse per mettere in forte difficoltà il governo populista e imbastirà poi, come sempre, assieme ai magistrati scandali a non finire contro i dirigenti dei partiti populisti. 

Oppure i dirigenti populisti potranno scegliere d stare tranquilli, sottomettersi (come fatto dal governo Syriza in Grecia) alla volontà della finanza europea, modificando il loro programma (magari mettendolo al voto in un referendum, come fatto in Grecia) e operare sugli elettori con piccole modifiche, insignificanti e di facciata sulle promesse elettorali, come pensioni e reddito di cittadinanza, spacciando le piccole modifiche come ‘grandi conquiste’, così da buttar fumo negli occhi degli elettori e placare l’ira del grande capitale europeo.          

I prossimi mesi ci diranno.

IN ITALIA SCONTRO FINANZA EUROPEA

CONTRO PARTITI POPULISTI

MARX DIREBBE:

STRUTTURA CONTRO

SOVRASTRUTTURA

STRUTTURA: BANCHE E IMPRENDITORIA EUROPEA

                SOVRASTRUTTURA: PARTITI POPULISTI                                                         

 

 

 

Cosa intende Marx quando suddivide la società in “struttura” e “sovrastruttura”? E ai giorni nostri esiste ancora questa suddivisione?

Il rivoluzionario Marx spiega che la “STRUTTURA” di una qualsiasi società è l’ECONOMIA con la CLASSE DOMINANTE ad essa collegata. Mentre le “SOVRASTRUTTURE” sono le FORME POLITICHE, le IDEE POLITICHE, le RELIGIONI, le MENTALITA’, lo SPORT,  ecc.

Per Marx le “strutture” sono DETERMINANTI, mentre le “sovrastrutture” sono il RIFLESSO delle strutture e si devono sempre adattare e modificare seguendo le modifiche economiche strutturali. In sintesi, tutto ruota intorno all’economia e alla classe dominante.

Quando in una determinata società l’economia attraversa un periodo di benessere, come riflesso si producono nella società un certo tipo di idee, di strutture politiche, di riflessi sociali, ecc. Quando invece il periodo economico si involve e cade, per determinati motivi, nelle crisi, si ha come conseguenza, come effetto, la modificazione delle idee stesse nella società. Essendo che l’economia è sempre in movimento, anche le idee che ne sono il riflesso saranno perciò sempre in movimento. Talvolta in modo lento, altre volte molto velocemente.

Ma la società funziona realmente come afferma Marx? E se si, è così anche ai giorni nostri?

Il fatto accaduto in maggio in Italia della formazione del nuovo governo populista, e la questione di due anni fa dell’arrivo al governo del partito Syriza in Grecia, sono illuminanti per, ancora una volta, andare a fondo a questo concetto.

Se in democrazia (come viene dichiarato) il peso del voto popolare può annullare, azzerare, o controbilanciare lo strapotere della finanza e delle multinazionali, vale a dire che i partiti e poi i governi vincenti le elezioni si possono imporre sui grandi gruppi capitalisti - in altre parole marxiste, succedesse che, la “sovrastruttura” si può imporre sulla “struttura”- allora Marx sarebbe senz’altro sconfessato, superato. Ma se il dominio della “struttura” sulla “sovrastruttura” viene confermato, allora Marx ha veramente senz’ombra di dubbio capito, individuato e descritto come funziona la società capitalista e non solo, ma certamente anche le società precedenti (primitive, schiavistica, medioevale).  

Nelle due situazioni citate, Grecia e Italia,  i partiti “ribelli” – Syriza in Grecia, Lega e Movimento 5 Stelle in Italia - vincendo le elezioni hanno tentato di contrapposti, di sfidare i “poteri forti” per dimostrare di esercitare il potere del voto nella direzione della società. Usando i concetti e le parole di Marx, le “SOVRASTRUTTURE” (i partiti) hanno provato a sfidare le “STRUTTURE” (banche e imprenditoria).

Ne è nato uno scontro dove, come è noto, due anni fa Syriza in Grecia, subito dopo aver vinto le elezioni ha perseguito posizioni molto critiche verso la UE e sui sacrifici che essa imponeva. E’ stato allora che pesantemente è entrata in campo la famosa (e famigerata) Troika (Commissione Europea - Banca centrale Europea – Fondo Monetario Internazionale) che imponendo ricatti al “al partito ribelle”  tipo - chiudere le banche e far mancare i soldi nei bancomat, non pagare le pensioni, far mancare i soldi allo Stato greco, turbolenze finanziarie inaudite, e così via - ha costretto il governo “ribelle” greco a soccombere, abbassare la testa e accettare senza discutere la politica dei sacrifici UE.

In Italia in maggio di quest’anno è successo una simile imposizione. Il presidente della repubblica ha impedito ai partiti populisti (i “ribelli”) la formazione del nuovo governo perché “troppo Euroscettici”. Solo quando i partiti populisti (appena usciti vincitori alle elezioni) hanno abbandonato i loro principali contrasti contro la UE (cioè le promesse fatte in campagna elettorale) e si sono “piegati” alla finanza, solo allora il presidente della repubblica ha dato il suo permesso alla formazione del governo. Ai “ribelli” è stato allora acconsentito di mantenere quelle promesse elettorali secondarie che non disturbano la Troika, come l’opposizione all’accoglimento dei migranti e tanti bla, bla.

In sostanza, come dichiara Marx, il fatto che la sovrastruttura (partiti “ribelli” - populisti)  vincendo le elezioni sia il rappresentante di milioni di voti, della maggioranza della popolazione, non ha alcun valore nella società capitalista, è solo una formalità “democratica” di voto da svolgersi. Il copione prevede che i “ribelli” poi devano sottostare e ubbidire a chi veramente comanda. Quindi Marx viene pienamente confermato.

I FATTI ACCADUTI IN GRECIA E IN ITALIA PERCIO’ CONFERMANO  CHIARAMENTE QUANTO DICHIARATO DAL RIVOLUZIONARIO MARX.

Si può tranquillamente asserire che in pratica ai partiti “ribelli” viene permesso di criticare anche aspramente il comportamento della classe dominante quando sono all’opposizione, e anche in campagna elettorale per vincere le elezioni, ma quando arrivano poi al governo si devono assolutamente sottostare alla volontà dei gruppi capitalisti dominanti.   

Da sottolineare che di solito lo scontro tra partiti vincenti le elezioni (“sovrastruttura”) e gruppi capitalisti (“struttura”) non emerge quasi mai, perché quasi sempre i partiti vincenti le elezioni appartengono all’establishment dirigenziale e sono già d’accordo dietro le quinte, più o meno apertamente, con i “poteri forti” e obbediscono in silenzio (giustificando poi agli elettori con varie scuse il proprio comportamento scorretto e le promesse non mantenute). Perciò in queste situazioni di vincita dei partiti filo establishment il voto degli elettori appare corretto, importante, come determinante nell’orientare la politica che i governi seguiranno. Tutt’altro però avviene, come constatato, quando il partito vincitore le elezioni è “ribelle” non appartiene all’establishment. E’ qui che nello scontro emerge veramente chi è determinante nella direzione della società e chi deve obbedire.

Nessuno scampo perciò per chi si mette contro la “STRUTTURA” dominante.

E’ solo in alcuni brevi momenti “rivoluzionari”, quando l’andamento capitalistico crea situazioni catastrofiche di crisi e guerre estremamente forti e il proletariato disperato si ribella in massa, che diventa possibile abbattere la “STRUTTURA CAPITALISTICA”  e arrivare alla società superiore tanto agognata dai lavoratori.

Al momento attuale i partiti parlamentari “ribelli”, com’è dimostrato, non hanno alcuna chance e le elezioni non possono portare alcun risultato positivo per i lavoratori che votano.


 

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LO STATO APPARENTEMENTE

SOPRA LE PARTI

IN REALTA’ STRUMENTO DI DOMINIO BORGHESE

 

 

CHI VIENE COSTANTEMENTE AVVANTAGGIATO DALLE LEGGI?    E CHI NE VIENE SFAVORITO?

 

 

 

 

Da come le cose appaiono non viene da pensare che lo stato sia diretto da qualcuno. Siamo in democrazia, il popolo vota e sceglie i suoi rappresentanti, si è liberi di parlare e scrivere, di protestare ecc, si è liberi perfino di organizzarsi per lottare contro il governo stesso, perché mai lo stato dovrebbe essere diretto da qualcuno? E poi: da chi?

Eppure il marxismo, i marxisti, insistono nell’affermare che lo stato è gestito dai capitalisti per i loro interessi, per i loro scopi. Perché?  Utopia dogmatica o realtà?

E’ il comportamento pratico dei vari governi che dimostra i parlamenti essere dalla parte dei capitalisti e non dei salariati. Sono le leggi che regolarmente vengono varate che rivelano come i capitalisti ne vengono sempre favoriti e i lavoratori penalizzati. Questi sono i segnali concreti, inequivocabili, i fatti tangibili che spiegano come funziona la società. E’ ovvio quindi che in democrazia i ricchi impresari-banchieri non dominano a cielo aperto, ma nell’ombra dietro le quinte. Ed è quindi molto importante capire come.

Nella percezione dei lavoratori le leggi varate si traducono nel fatto che, nonostante si sia in democrazia, nonostante le votazioni, i partiti popolari ecc, qualcosa nel sistema non va, i problemi non solo non spariscono, ma non si riesce ad andarne a capo. Le grandi problematiche, ad esempio le persone che vivono in condizione di povertà, anche nelle nazioni ricche, nonostante l’aumento costante della produzione nazionale (il  famoso Pil) e quindi del benessere, non scompaiono. Sebbene continui l’aumento di tale ricchezza nazionale i lavoratori sono costretti a scioperare, sempre, altrimenti perdono salario o vengono soffocati dai padroni, anche se nei governi risiedono i cosiddetti “partiti di sinistra”. Anche durante gli scioperi è chiaro da che parte stanno i governi: non criticano mai gli industriali di essere super ricchi e che non dovrebbero opporsi alle richieste dei lavoratori, ma accusano sempre i scioperanti di voler rovinare la nazione con le loro lotte, di creare il caos. Scoppiano guerre in continuazione e i governi “democratici” e “pacifisti” eletti dal popolo che fanno? Vendono armi ai paesi belligeranti e mandano soldati in guerra! I giovani devono lottare contro il lavoro precario che invece di diminuire aumenta. Gli affitti salgono rapidamente mettendo le famiglie in forte difficoltà, e così via. Mentre invece sull’altro fronte padronale escono notizie, sempre seminascoste, che i ricchi diventano sempre più ricchi e accumulano enormi patrimoni. 

Sono quindi le leggi varate i fatti concreti che ci rivelano da che parte sta un governo, per chi lavora, anche se la società è “democratica” e appare imparziale. E in tutto questo è anche una realtà concretamente visibile che i ricchi patrimoni, gli enormi guadagni dei ricchi borghesi non vengono mai toccati dai parlamenti, anzi, in molti casi (sembra un paradosso) assistiamo addirittura a sconti fiscali dai governi, indistintamente dai partiti che li dirigono.   

Ovviamente il teatrino sociale deve svolgersi in campagne elettorali dove di tutto e di più deve essere promesso. La sceneggiata delle elezioni è sempre eterna e infinita. Le tecniche per abbordare il lavoratore sono tra le più variegate e ingannevoli: promettere 1 per poi togliere 100; spostare l’attenzione sui difetti dell’avversario per nascondere il proprio programma a favore degli impresari; criticare una disfunzione del sistema (inutili spese sociali, clientelismo, ecc) per poi fare lo stesso; urlare contro la corruzione, quando poi sanno perfettamente che senza corruzione il sistema non può funzionare. E così via.

Dietro a tutto questa sceneggiata, il fatto fondamentale da garantire per i parlamenti è che gli interessi della cosiddetta “nazione” devano essere sempre preservati. Ma chi è la “nazione” a cui i governi e i politici sempre si riferiscono se alla fine i lavoratori ne vengono regolarmente svantaggiati? Chi è quindi quella parte di “nazione” che ricava interesse in tutto questo?  

Non è difficile intuirlo. Ma il padronato, è ovvio.

Ed è ovvio anche che, nonostante i partiti vengano eletti dai lavoratori...siano al servizio dei capitalisti.

 

 

Alle masse salariate che sempre più percepiscono questo problema come una contraddizione, non resta altro che allontanarsi, lentamente ma inesorabilmente, dal voto. Ma alla borghesia questo poco importa per preservare il suo dominio. I capitalisti possono condurre la società dietro le quinte guidando i partiti anche se votasse il 20-30% della popolazione, non si farebbero certo alcun problema anche con un così basso consenso. Fondamentale per loro è tenere saldamente in mano i governi e che le leggi varate siano costantemente in loro favore.   

Quello che invece temono con estrema preoccupazione è che le masse, spinte dalle disfunzioni e dal malcontento, possano reagire e rivoltarsi contro il sistema con lotte estese e intense. In questo nuovo contesto la situazione per i salariati svincolati dal voto, si girerebbe molto a loro favore.

 

 

NELLA SOCIETA' CAPITALISTA LE INGIUSTIZIE

SOCIALI (sempre presenti)  SONO INELIMINABILI 

 

E’ il sistema di funzionamento di questa società e non l’essere umano che crea le ingiustizie e le differenze di cui il sistema soffre.

 

 

Le ingiustizie sociali si attenuano e si dilatano a secondo dei momenti economici e storici. Per noi comunisti la soluzione dei problemi sociali – che non scompaiono mai - può trovarsi solo in un altro tipo di società, in un diverso sistema produttivo, con regole economiche e statali completamente differenti dalle attuali.

Le contraddizioni sociali –sempre presenti- sono un grande problema per le masse lavoratrici. Ma nella farsa di far finta di impegnarsi per risolverle, diventano invece grandi occasioni per i capitalisti e per i partiti borghesi per raggiungere i loro scopi. Essere a favore o contrario ad una problematica sociale serve infatti ai partiti parlamentari, da una parte per porsi al servizio della classe borghese dominante, dall’altra possono essere opportunità da sfruttare come calcolo politico-elettorale per aumentare i voti, che per essi poi si traducono in soldi.

Prendiamo l’esempio dell’immigrazione. In questo caso i partiti utilizzano la situazione per sondare gli stati d’animo delle masse della nazione di fronte a questo fenomeno. Cercano di capire come l’immigrazione sia percepita e vissuta dalla gente locale, per poi prendere una posizione che possa portare al massimo risultato di voti possibile. Ossia, succederà in queste situazioni che alcuni partiti vedranno l’interesse, come calcolo politico, di schierarvisi contro, altri esserne favorevole –sempre per voti-  altri ancora assumere posizioni intermedie. Poi si darà inizio ad una pomposa campagna politica con grande eco, per dar risalto alla propria posizione e raccogliere consensi. In realtà a questi partiti della soluzione del problema poco importa, non sono veramente interessati a quale sorte queste persone andranno poi incontro, l’importante è fare il pieno di voti, che poi si tradurrà in soldi.   

Per noi marxisti invece la nostra posizione sugli immigrati è sempre stata precisa e chiara: “i lavoratori non hanno patria”, per cui il salariato di qualsiasi nazionalità è libero di spostarsi per lavorare in qualsiasi nazione ritenga opportuno, e senza limiti di spazio.  Ci battiamo decisi inoltre, nei paesi in cui siamo presenti, perché questi lavoratori abbiano gli stessi diritti dei lavoratori locali. 

Altro esempio di speculazione politica la troviamo sulla disparità donna-uomo. Anche qui la borghesia e le correnti politiche ne hanno trovato motivo di strumentalizzazione. La recente campagna a favore dell’uguaglianza uomo-donna, partita in America contro le molestie contro le donne - con il vero motivo, a nostro avviso, di arrivare a colpire Trump, che di donne sembra averne molestate parecchie- è planata anche sui media europei e si è estesa velocemente sul continente. Naturalmente tutti i partiti dell’establishment europeo si sono dichiarati indignati e contrariati a fronte tanta indecenza. Ma nessuno che abbia intrapreso un’iniziativa di come nei luoghi di lavoro tutti i giorni i padroni sottostimino le donne e come esse siano sottoposte a disparità continue. Questo fatto di non poco conto, non ha trovato nemmeno un accenno sui media. Ora, visto che Trump non sono riusciti ad incriminarlo, la questione sta scemando ed è scomparsa dalle pagine dei giornali e notiziari. Ma nei luoghi di lavoro, dove le disparità continuano, la lotta da parte sindacale e delle lavoratrici-atori contro le disuguaglianze prosegue senza sosta.

Oppure si potrebbe parlare dell’inquinamento. Anche questa una tematica molto sentita. Anche qui ciò che emerge è che per il sistema l’obbiettivo è sempre quello: il profitto, e con truffa in aggiunta. Nonostante pubblicamente si gridi contro l’inquinamento, praticamente quasi tutte le case costruttrici di automobili europee hanno imbrogliato sulle emissioni. Trump sostiene che l’accordo sul ‘Clima’ (di Parigi) è tutta una farsa, che non serve a niente e che costa un sacco di soldi inutilmente. Trump viene considerato un estroverso e un imprevedibile, però tutte le truffe che le case automobiliste in questo settore hanno perpetrato fanno sospettare che forse il presidente-clown un pizzico di ragione in questo caso potrebbe averlo. Forse Trump conosce qualcosa sulle emissioni -per es. delle fabbriche- che pubblicamente non viene detto?   Non lo possiamo sapere. Fisso però è che qualsiasi capitalista per aumentare i propri guadagni (gli esempi non mancano) non si pone alcun problema nel truffare, nel non rispettare le regole, nell’ingannare. Se pensiamo a tutta l’evasione fiscale di cui i capitalisti sono responsabili, la questione diventa alquanto chiara. L’inganno sulle emissioni dei gas di scarico non può altro che confermare questo comportamento truffa-affaristico.   

E’ EVIDENTE CHE IL SISTEMA BORGHESE PRODUCE UN’INFINITA’ DI INGIUSTIZIE, PROBLEMATICHE. Queste contraddizioni, questi contrasti, si dilatano e si restringono in rapporto stretto con l’andamento economico. Se il momento economico è favorevole, alcune ingiustizie si riducono, si moderano. Tutt’altra situazione si sviluppa quando l’economia cade in una crisi. E’ qui che la società borghese mostra il suo vero volto. In queste catastrofiche situazioni nessuno si occupa più delle ingiustizie sociali, a nessuno importa più delle disuguaglianze tra le persone, dei diritti, dell’inquinamento, ecc. il sistema politico si concentra solo ed elusivamente sull’ottenimento del profitto.

I partiti della borghesia (e le religioni) sanno perfettamente che tutta la società è il riflesso dell’obbiettivo del profitto e sanno perfettamente che questo, come risultato, produce e produrrà problemi a non finire. Ma cogliere le occasioni sulle molteplici discrepanze del sistema, promettere, illudere, sfruttare il momento, fa parte del loro gioco, del loro essere.

Non c’è alternativa: PER ELIMINARE LE CONTRADDIZIONI, BISOGNA CAMBIARE SISTEMA. 


 

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PERCHE’ LE GUERRE NON

FINISCONO MAI?

 

 

Guerre: frutto del capitalismo. 

 

Gli affari sono sempre in movimento, sono sempre alla ricerca del massimo guadagno in un ciclo continuo che non si ferma mai.

Ma il mondo della concorrenza è fatta in un modo che, ad un certo punto, il mercato diventi così saturo di offerta di merci da vendere che le vendite diminuiscono sensibilmente, i guadagni crollano e le perdite finanziarie per i  capitalisti diventano notevoli.

E’ in queste circostanze che si creano le basi oggettive dove gli affaristi, i ricchi, cominciano seriamente, veramente a pensare che è ora di abbattere i concorrenti, anche fisicamente. E si mettono in moto e organizzano militarmente i loro stati per farlo. 

Ed ecco che nel ciclo perverso capitalistico, periodi pacifici dove la vendita delle merci poteva trovare il suo profitto senza tanti problemi si trasformano in un periodo di guerra dove i ricchi per poter continuare a guadagnare ritengono dover  distruggere i concorrenti con la loro parte di mercato.

Nel perverso sistema capitalistico, periodi di pace si alternano a periodo di guerra e viceversa con estrema naturalezza,  finchè una società superiore non lo sostituirà.

Ma il mondo degli affari non crea solo catastrofi immani dovute a crisi di sovrapproduzione generali, come già due guerre mondiali stanno a testimoniare. In periodi cosiddetti di “pace”, le lotte per “le sfere di influenza”, cioè la lotta tra i predoni imperialisti nel pianeta per crearsi ogn’uno la propria “area” di stati dove condurre i propri affari, è causa continua di guerre locali. 

In queste situazioni  le più grandi e potenti borghesie imperialiste del pianeta cercano di rubarsi l’un l’altra, anche militarmente, le nazioni periferiche, sfruttando, senza il minimo scrupolo, i contrasti religiosi, etnici, politici. Naturalmente le guerre piccole e medie che ne scaturiscono e che vengono  in continuazione rinfocolate sono causa di centinaia di migliaia di vittime, distruzioni, fame, povertà e enormi migrazioni.

 

 

COSA SONO LE SOVRASTRUTTURE STATALI

DI CUI PARLA MARX?

 

 

Le sovrastrutture statali del capitalismo: Fascismo, Democrazia, falso Socialismo.

  

 Le borghesie e i padronati per il controllo sul proletariato e per trovare il massimo accordo tra di loro nel perseguire  i propri interessi, usano diverse forme di sovrastrutture, cioè di forme di stato, che  interscambiano a seconda delle circostanze. Queste diverse forme statali sono etichettate come DITTATURE o FASCISMI, DEMOCRAZIE, CAPITALISMI DI STATO ( cioè i falsi “SOCIALISMI”).

Tutte queste forme statali hanno un comune denominatore: garantire ai capitalisti, ai ricchi, a seconda delle  problematiche, il proseguimento degli affari,  il guadagno.

Nella determinazione di queste forme statali le borghesie coinvolgono il proletariato, il quale, anche se apparentemente sembra il contrario, in questi situazioni non svolge nessun ruolo, non ha nessuna influenza.

Quali sono i contesti in cui il padronato usa queste diverse forme statali?

- L’estrema centralizzazione politica espressa nella DITTATURA o FASCISMO, è stata impiegata nel passato in alcuni momenti, in nazioni come la Germania con Hitler, il Giappone con “il militarismo giapponese”, l’Italia con Mussolini, in cui le borghesie di questi paesi, allora emergenti, che si trovavano in una situazione di forte produzione, ma con mercati esteri troppo ristretti dove vendere le proprie merci, avevano bisogno di costituire una fortissima unità nazionale interna da scagliare poi in guerra contro i concorrenti (i nemici) e conquistare così nuove zone di mercato estero. In queste occasioni, queste forti centralizzazioni statali fasciste hanno dimostrato per la borghesia tutta la loro validità, visto l’enorme consenso  che erano riuscite a costituire attorno a se stesse.

Forme di stato con dittature e fascismo vengono usate dai ricchi anche ai giorni nostri in situazioni dove, governi democratici che perseguono politiche troppo populiste, danneggiano gli interessi dei grandi industriali e banchieri. Per cui le forme democratiche vengono sostituite dalla grande borghesia con dittature militari. Stiamo parlando (senza andare troppo lontano) della Grecia nel 1967, dove la famosa “dittatura dei Colonnelli” sostituì il governo centrista di Papandreus. Poi del Cile nel 1973 con l’abbattimento del governo Allende e l’instaurazione del dittatore Pinochet. O attualmente in Thailandia dove nel 2014 una dittatura di militari ha sostituito il governo democratico di Yingluck Shinawatra. Anche in Grecia l’anno scorso se il governo populista Syriza avesse insistito troppo a lungo contro le direttive dei grandi industriali e banchieri europei non si sa come la situazione sarebbe andata a finire.

- Le forme statali DEMOCRATICHE  sono quelle attualmente più usate dalla borghesia e che più si stanno diffondendo sul pianeta. E qui troviamo l’ennesima conferma di Lenin quando all’inizio del ‘900 afferma che la forma democratica borghese “E’ IL MIGLIOR INVOLUCRO PER IL CAPITALISMO”. Concetto colto molto bene, se si pensa che all’inizio del ‘900 quando Lenin lo enuncia le forme statali democratiche erano molto rare. In questa sovrastruttura borghese il padronato riesce a far credere ai lavoratori, che attraverso le elezioni, loro possono eleggere l’esecutivo e che di conseguenza i governi lavorino per i proletari. 

- Un’altra delle forme statali borghesi sono i cosiddetti “ paesi SOCIALISTI”, cioè paesi a CAPITALISMO DI STATO di matrice staliniana (ex Urss e paesi satelliti, Cuba, Cina – dove anche una parte dell’economia è privata -, Corea del Nord). In questa forma statale borghese, un partito che si definisce falsamente “comunista”, giunge al potere dando l’impressione ai lavoratori di essere arrivati al potere “socialista”, e questo partito attraverso la statalizzazione dell’economia, si sostituisce ai capitalisti privati nella gestione degli affari capitalistici. 

Questa forma ha mostrato tutta  la sua fragilità nell’ex Urss e suoi stati satelliti, crollando nel 1991.

Ma in nazioni come la  Cina, questa forma di capitale di stato sta mostrando  tutta la sua rilevanza e forte tenuta.

La borghesia di stato cinese, incarnata nel partito (falso) “comunista” –PCC- , sta gestendo con abilità e destrezza gli affari capitalistici della nazione in forte ascesa. Naturalmente con un altissimo sfruttamento del proletariato e con l’arricchimento, in alcuni casi anche notevole, di vari componenti  del partito stesso, come gli attuali scandali cinesi mettono in evidenza.

Una forma che possiamo definire “pura” di CAPITALISMO di STATO (che però non si fa chiamare “socialista”) la possiamo trovare nello Stato del Vaticano, dove l’enorme patrimonio non appartiene a nessuna impresa privata, ma a banche e ditte dello stato, dello Stato Vaticano per l’appunto, il quale  è gestito da una burocrazia (partito) ecclesiastica, dove i singoli preti non possiedono alcunché.

 


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