ARTICOLI DI POLITICA, ATTUALITA'

DEL PROSSIMO GIORNALE

 

 

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        19 marzo  2024  

“Troppe crisi per il dio mercato.

Non è che alla fine aveva ragione Karl Marx?”

(“il Fatto Quotidiano” - 11 agosto 2023) 

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Presentiamo  qui  alcune  nostre  considerazioni  sull’articolo  apparso  su  “il Fatto Quotidiano”  del 11  agosto  2023 “Troppe crisi per il Dio mercato. Non è che alla fine aveva ragione Marx?” che possono essere utili per capire come ragionano i massimi dirigenti economici-finanziari del capitalismo.

 

 

Molto interessante è vedere questi “guru” della finanza e dell’economia considerati menti eccelse nel loro mondo affaristico quando tutto in economia va bene, entrare in confusione quando insorgono le inaspettate crisi. Crisi che loro ‘menti eccelse’, ‘santoni’ della finanza non hanno saputo ne prevedere ne evitare.

E’ in questi momenti, con fare non più arrogante, in fase depressiva e atteggiamento modesto che cominciano a ricercare, indagare, le ragioni della loro insipienza in questi imprevedibili profondi eventi. E incredibilmente appare loro Marx, riscoprono Marx che li può aiutare nel dilemma. Il tanto avversato e disprezzato Marx che però ha analizzato così bene e dettagliatamente il sistema capitalistico in tutti i suoi aspetti, anche le crisi.          

La loro speranza è: può questa analisi così precisa e ben dettagliata da Marx aiutarci ad evitare le crisi, così che l’accumulazione del capitale avvenga senza disastri? E cominciano a studiarsi e ad approfondire il “Capitale”: ‘salario’, ‘prezzo’, ‘profitto’, ‘sfruttamento’, ‘plusvalore’, ‘saggio di profitto’, ‘concorrenza’, ‘accumulazione originaria’, ‘profitto industriale’, ‘profitto finanziario’, e, ah, ecco: le ‘crisi’!  

E qui però ricevere una brutta, ma brutta notizia: le crisi nel sistema capitalistico sono ‘parte integrante del sistema stesso’, ‘imprevedibili’ e ‘inevitabili’. 

Il tanto da loro superdecantato e osannato sistema capitalistico-affaristico, che secondo le loro teorie può portare solo sviluppo e crescita, è anche causa di paurose crisi. Ma non solo; crisi che a cicli sono destinate inesorabilmente a estendersi su scala planetaria, fino al tracollo totale dei mercati, con seguenti vasti collassi e catastrofi economiche  sociali. E di seguito guerre per la conquista e spartizione dei mercati condotte da nazioni, nazioni e governi controllati dalle aziende. Il tutto, e qui arriva il botto finale, regolarmente confermato dalla realtà e sistematicamente comprovato dalla storia. Lo stato depressivo sale quindi alle stelle.  

A questo punto sull’argomento, è bene inoltrarci negli interessanti commenti che uno dei massimi quotidiani italiani, “il Fatto Quotidiano” del 11 agosto 2023 con il titolo “Troppe crisi per il Dio mercato. Non è che alla fine aveva ragione Marx?” riporta.    

E’ ‘Mauro Del Corno’ per il giornale che scrive: «”Ogni volta che il marxismo viene dichiarato morto e sepolto, ed è successo non so quante volte, si scatena l’ennesima ondata di crisi e le nuove generazioni riscoprono il valore di queste idee. In fondo non potrebbe essere diversamente, le contraddizioni del capitalismo generano crisi economiche, sociali, politiche e ambientali e ogni generazione che ne subisce le dure conseguenze cerca di comprenderle e ipotizzare una via alternativa”, spiega a  Fq Millenium  David Ruccio, professore emerito di economia all’università di Notre Dame ed autore del libro ‘Marxian Economics’».

Il marxismo viene dato per morto, ma le crisi che inesorabilmente colpiscono il sistema fanno riscoprire agli economisti l’analisi di Marx, essenziale per la comprensione del capitalismo. Nonostante si cerchi di screditare e accantonare Marx, alla fine è a lui che bisogna rivolgersi per capire il meccanismo in tutti i suoi aspetti e avversità.

Prosegue l’articolo: «L’economista Vladimiro Giacché è uno studioso delle teorie di Marx ma la sua carriera professionale si è svolta sinora nel mondo dell’alta finanza. Prima a Capitalia e Banca Profilo al fianco del banchiere  Matteo Arpe, e ora responsabile della ricerca per Banca del Fucino. “Quando nel 2009 ho pubblicato un’edizione degli scritti di Marx sulla crisi” racconta a Fq Millenium, “mi sorprese l’interesse mostrato da Arpe, con cui collaboravo, e da Alessandro Profumo [uno dei massimi banchieri italiani. ndr]. Ma in fondo si trattava di una sorpresa ingiustificata visto che le teorie di Marx rappresentano un’analisi dell’economia capitalistica e sono utili a chiunque desideri capire le linee di tendenza, i trend economici di fondo, a maggior ragione di fronte alla scarsa comprensione delle radici della crisi  da parte dell’economia mainsteram, sia neoclassica sia neokeynesiana. La cosa paradossale, semmai, è che questi strumenti di analisi [marxismo, ndr] siano stati completamente dimenticati dalla politica”. 

Vladimiro Giacchè, economista e membro dell’alta finanza, quando nel 2009 nel pieno dell’allora crisi finanziaria, pubblica gli scritti di Marx, è sorpreso dell’interesse che mostrano i massimi banchieri sull’argomento. Ma in fondo dice, è logico l’interesse per l’analisi marxista, visto che è l’unico strumento valido per la comprensione delle “linee di tendenza” del sistema e le altre teorie ‘neoclassiche’ e ‘keynesiane’ non danno spiegazioni esaurienti, falliscono, nell’interpretazione dell’economia capitalista.

L’articolo si fa poi sempre più interessante e continua: «Dopo la caduta del muro di Berlino i libri di Marx sono passati dai salotti alle soffitte. Dal 2008 in poi si è però assistito ad un ritorno di interesse per le tesi del filosofo tedesco che, con alti e bassi, non si è 

mai spento. “I politici che cercano di capire il caos che segue il panico  finanziario, le proteste e gli altri malesseri che affliggono il mondo farebbero bene a studiare un economista morto molto tempo fa: Karl Marx”, ha detto non molto tempo fa  George Mangnus, autorevole consulente economico del colosso bancario svizzero Ubs. Riviste insospettabili, tra cui l’Economist, hanno dedicato approfondimenti a queste teorie che sembrano attrarre in modo particolare i più giovani. Di recente il settimanale tedesco ‘Der Spiegel’  ha messo Marx in copertina domandandosi:  “Aveva ragione lui?”.

Tutta l’alta borghesia finanziaria europea riscopre nei momenti di crisi, l’utilità delle teorie di Marx. Per i giovani che guardano al futuro e vogliono capire, l’analisi marxista diventa ancora più attraente, interessante. 

L’autore dell’articolo, Mauro Del Corno, procede poi riportando che in Gran Bretagna la regina Elisabetta avrebbe chiesto agli economisti analisti: «“Perché non avete previsto la crisi”? E non una crisi ‘qualsiasi’, ma la più grande dai tempi del crollo del ’29”. Gli economisti non sono stati in grado di rispondere. Non hanno saputo rispondere semplicemente perché secondo i loro libri  quella crisi non doveva esserci. In molti hanno pensato e continuano a pensare che ad essere sbagliato sia il mondo e non le loro teorie. Qualcun altro ha però iniziato a porsi qualche interrogativo sulla validità delle tesi economiche dominanti. E a rileggere i libri di chi queste crisi le aveva previste e descritte benissimo, tra questi  Karl Marx.  Nella sua visione, il capitalismo è destinato inesorabilmente a generare crisi, su scala sempre più larga, per effetto delle sue contraddizioni interne. Così sino alla inevitabile implosione finale. Nessuna speranza che il mercato si autoregoli, semplicemente non è ha la capacità. E non bastano neppure sostegni esterni qua e là, convinzione che sottende invece alle teorie dell’economista inglese John Maynard Keynes».

Il commento alla domanda della regina che Mauro Del Corno autore dell’artico dà, è corretta e seria: “Non hanno saputo rispondere semplicemente perché secondo i loro libri  quella crisi non doveva esserci”.  Aggiungendo che,  la spiegazione va ricercata in chi  “queste crisi le aveva previste e descritte benissimo, tra questi  Karl Marx”. Il quale “Nella sua visione, il capitalismo è destinato  inesorabilmente a generare crisi, su scala sempre più larga, per effetto delle sue contraddizioni interne. Così sino alla inevitabile implosione finale. Nessuna speranza che il mercato si autoregoli, semplicemente non è ha la capacità”  Esattamente così.  Corretto Mauro Del Corno.  Bravo!

Interessante poi è la citazione: “In molti hanno pensato e continuano a pensare che ad essere sbagliato sia il mondo e non le loro teorie”. E’ una affermazione che si sente spesso tra i professori del mondo finanziario fanatici sostenitori del capitalismo, ed è veramente strabiliante nella sua stupidità. L’arroganza sarebbe: “io ho ragione, è la realtà che è sbagliata!”. In altre parole è come dire: uno scienziato in laboratorio a cui l’esperimento di continuo non riesce dice: “io ho ragione, sono gli elementi che sbagliano!”. Pazzesca la insipienza capitalista..

E’ da riportare anche un’altra “stupidità capitalista”. Marx viene definito “filosofo”. Marx non è stato solo ‘filosofo’, è un rivoluzionario!  Un rivoluzionario pratico-teorico estremamente  attivo, che ha dedicato tutta la sua vita alla battaglia rivoluzionaria.

Che ha dovuto per necessità rivoluzionaria, assieme ad Engels, approfondire notevolmente tematiche economiche, filosofiche e sociali, per dimostrare nella realtà tutta la necessità pratica della lotta comunista. Tutti  studi che dimostrano nettamente come l’umanità sia indirizzata e abbia bisogno di una società superiore, nel superamento del controverso capitalismo.

Per concludere. A noi marxisti le analisi di Marx non servono, com’è nello scopo dei banchieri e degli analisti dell’alta finanza, per capire come accumulare più soldi, come inutilmente diventare più ricchi. Assolutamente no.

Il sistema che è “destinato inesorabilmente a generare crisi su scala sempre più larga per effetto delle sue contraddizioni interne” manda nel ‘panico’ non solo gli addetti alla finanza, ma genera situazioni catastrofiche anche nelle masse. E il fatto che sarà  “così sino alla inevitabile implosione finale. Nessuna speranza che il mercato si autoregoli, semplicemente non è ha la capacità”  conferma che la lotta rivoluzionaria intrapresa da Marx e da noi con tenacia e sicurezza perseguita, è giusta e necessaria. Che l’umanità ha bisogno di una società superiore.

                                                                                                   Claudio Piccoli


 

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        9 marzo  2024  

IL BIZZARRO DONALD TRUMP

AL SERVIZIO DELL’IMPERIALISMO AMERICANO

 

Per capire gli stravaganti eccessi politici di D. Trump è fondamentale conoscere la sua personalità.

Trump non è un politico. Si è buttato in politica (a parte il tentativo elettorale del 2000) in tarda età, a 70 anni, presentandosi nel 2016 per la campagna elettorale presidenziale americana. Lui è un imprenditore, un affarista, quindi nei decenni ha maturato in se la logica dell'impresario (Tycoon) e ragiona e agisce come tale, pensando che anche nel mondo politico le cose funzionino più o meno in questa maniera. A lui non è così chiaro che l'agire di un politico per forza di cose  è diversa da come lui pensa.

Trump sicuramente prima di presentarsi alle presidenziali del 2016  per molto tempo ha osservato  attentamente i politici: come agiscono, cosa pensano, e come funziona il meccanismo elettorale, quindi senza averlo mai praticato si è fatto convinto di conoscerlo. Ma il mondo della politica è un mondo a se stante, particolare, molto complesso e molto diverso dall’imprenditoria.

Per un politico professionista avere una lunga esperienza pratica è fondamentale per conoscere e capire tutti i segreti, gli aspetti e i dettagli, anche i più complessi, di questa controversa professione. L’esperienza è soprattutto indispensabile per interpretare correttamente ciò che in questo ambiente “viene detto”, ma soprattutto ciò che “non viene detto”, che spesso è la cosa più importante. Osservare quindi solo dall’esterno, come ha fatto Trump, lui ha potuto vedere solo quello che i politici professionisti vogliono far vedere e sapere, ma certamente non tutto, e spesso come detto,  cose molto importanti.    

Pertanto anche nel mondo politico, chi “non è professionista”, ha delle “insufficienze”, delle “mancanze”, che si manifestano, insorgono quando un problema inaspettato, non calcolato, si presenta. La reazione logica perciò dell’inesperto in queste situazioni è l’improvvisazione. E questo spiega le bizzarrie comiche del Donald quando si è trovato di fronte ad eventi imprevisti o per lui particolarmente difficili.     

La struttura mentale di Trump è perciò da imprenditore. Significa che lui, come tutti gli imprenditori, si rapporta con le persone e con le masse da “manager”: lui comanda e da ordini, gli altri eseguono, devono ubbidire. Diverso è invece l’atteggiamento del politico professionista: sempre diplomatico, flessibile e accondiscendente. Perché lui come esecutore della borghesia deve, ed è abituato, a “persuadere” le persone, con diplomazia deve “raggirarle” e “circuirle”, in situazioni che per convincerle deve dire sempre “una mezza verità”, mai dare comandi secchi, neanche con i collaboratori più stretti. E’ così e solo così, che il politico borghese può servire gli interessi degli imprenditori, interessi direttamente contrastanti con gli interessi delle masse sfruttate, dalle quali però il politico borghese dipende per avere i loro voti. Questo il profilo del politico professionista  dei capitalisti.

E un professionista politico della borghesia sa che può anche perdere, lo mette nel conto. Sa che deve accettare le sconfitte, visto che deve costantemente raggirare le persone, le quali prima o poi si stancano delle sue scemenze e perdono la fiducia in lui.

Ma Donald invece no, non sa perdere. Da affarista di successo - esattamente come il suo collega italiano Berlusconi - è abituato a vincere. E vincere nel mondo degli affari significa corrompere, dirigere, elargire tangenti, immischiarsi in sotterfugi. Significa prendere decisioni improvvise, dare ordini precisi e puntare tutto su se stesso, in qualsiasi momento e a qualsiasi costo. E questo è il profilo di Donald Trump.

TRUMP IN POLITICA. E’ su questi presupposti soggettivi che Trump quando nel 2016 si presenta sulla scena elettorale alle presidenziali, ha già definito la sua strategia, sia in politica interna che in politica estera.

In politica interna la sua tattica per vincere voti, molti voti, è presentarsi come estremo razzista e convinto antistatalista. Il che ha funzionato egregiamente.

In politica estera si presenta come nemico radicale contro Russia, Cina, Iran, Venezuela, ecc. in pratica contro tutti quei paesi che allora venivano considerati “nemici” o “concorrenti sgradevoli” degli interessi USA.

A elezioni vinte e diventato presidente, è stato subito chiaro la politica che avrebbe intrapreso per favorire l’imprenditoria americana: esattamente come espresso in campagna elettorale, attivarsi per “emarginare”, “indebolire”, “fiaccare” sulla scena internazionale i concorrenti Russia, Cina, Iran, Venezuela, applicando il suo noto slogan “Make America great again” (“facciamo di nuovo L’America Grande”).     

Uno slogan non casuale, ma dovuto al fatto che l’imprenditoria Usa nel prossimo futuro dovrà fare i conti con l’ormai famosa e dirompente ascesa (e quindi concorrenza) dell’imperialismo cinese e suoi alleati,  in una futura situazione di “sorpasso” dell’economia cinese su quella USA e conseguente “relativa perdita di potenza americana”.       

Da solo però l’imperialismo Usa non ce la può fare ad arginare, contenere, la notevole potenza crescente dell’altrettanto imperialista Cina. La borghesia americana cerca quindi alleati. E sta costituendo un’alleanza stretta con le borghesie europee e Giappone. Già Obama per isolare la Cina e unirsi più stretto ai suoi alleati aveva istituito il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), un accordo commerciale di libero scambio tra Unione Europea  e Stati Uniti d'America - e il TTP (Trans-Pacific Partnership) un accordo sul commercio internazionale rappresentante di dodici paesi – tra cui Stati Uniti e Giappone.  Trump come presidente ha ritenuto questo insufficiente e ha adottato un’altra politica. Per costringere le borghesie europee ad una alleanza più salda con gli Stati Uniti sia politica, che commerciale, ma soprattutto militare nella NATO - visto che gli europei erano riluttanti - come ricatto ha minacciato (e anche in parte attuato) l’introduzione dei noti forti  rialzi doganali sulle merci europee importate e poi vendute negli USA se gli europei non avessero accettato di innalzare le loro spese militari NATO (allora molto basse) al 2%. E poi di seguito costringendoli, sempre dietro ricatto dei dazi, a seguire Washington nel sospendere il commercio

con lo “stato canaglia Iran”, e introdurre dure sanzioni e dazi verso Russia e Cina.

L’effetto è stato il rafforzamento, il rinsaldare la cooperazione sia economica e politica, ma soprattutto militare USA-Europa (e Giappone), dove Washington ne svolge il ruolo di leader e traino, e praticamente facendo sparire le veemenze europee di un esercito europeo. Il tutto, alla fine, con la piena riuscita dell’intento.            

Un certo tipo di stampa affermava allora che Trump favoriva la Russia. Non è vero, non corrisponde a realtà. I dati evidenziano che la Russia durante l’Amministrazione Trump, ha dovuto subire così tante dure sanzioni e ritorsioni come non mai.     

Adesso Biden sta continuando nella politica estera intrapresa da Trump, esattamente e senza modificazioni. Con l’aggiunta per Biden, che l’inattesa guerra in Ucraina gli ha fornito la possibilità di accelerare notevolmente, rafforzare ancor più l’alleanza USA-Europa, soprattutto militare, nel ruolo predominante della NATO, ma anche politicamente.    

TRUMP IN DIFFICOLTA’. Tutto liscio per il Donald, tutto bene come previsto. Fino a quando non sono arrivati gli imprevisti, gli inconvenienti. E qui sono cominciati i guai.      

In primis, enorme, troppo grande per lui come “non-politico”:  la pandemia Covid. Ovviamente non l’aveva ne preventivata, ne calcolata. Nessuno poteva preventivarla ne prevederla. Ma un politico professionista esperto l’avrebbe affrontata con competenza. Lui ha dovuto improvvisare.      

E il suo istinto non professionale gli ha detto di dargli contro, di non accettarla, di sottovalutarla, come se non esistesse. Non di gestirla, come invece fatto nei paesi di tutta Europa, e poi in Cina e poi in tutto il mondo. E qui è stata la sua catastrofe, la rovina. E il più di mezzo milione di morti americani che da ciò ne è scaturito, con conseguente rabbioso attacco dei media, dei democratici e della popolazione, gli è costato la perdita delle elezioni.

Ma anche adesso in sconfitta elettorale, la sua struttura mentale da imprenditore abituato a vincere imbrogliando e corrompendo (Wikipedia riporta che Donald Trump fino ad adesso, nella sua vita ha dovuto subire più di 4.000 processi di tipo economico) gli dice che gli avversari hanno potuto vincere solo imbrogliando e corrompendo. Quindi di non accettarla. Ridicolizzandosi in tutto il mondo.  Questo il profilo politico psicologico di Donald.

TRUMP E LA NUOVA CAMPAGNA ELETTORALE. Ora Trump è a lato della scena e sta preparando il suo ritorno. Anche qui sta improvvisando.

E’ noto nel mondo parlamentare come la lotta politica sia condotta anche con la magistratura, con i giudici, gli avvocati, gli scandali. L’italiano Berlusconi ne sapeva qualcosa. Quindi i nemici politici di Trump (democratici, giornalisti e alcune grandi multinazionali) viste le sue bizzarrie, scorrettezze, mezze truffe e la faccenda dell’assalto al Capitol Hill, lo stanno aspettando in campagna elettorale preparandogli la trappola dei processi, denigrazioni, incriminazioni, delle condanne, così da demolirlo nella credibilità e fargli perdere le elezioni. Nel perverso mondo politico borghese questa non è eccezione, si badi, ma normalità. Non c’è da meravigliarsi ne scandalizzarsi  perchè avviene in tutto il mondo e chi in questa lotta è colpito dai processi e dagli scandali di solito si dimette, si ritira subito.

Ma il Donald no, lui è un duro. Da tenace imprenditore abituato a vincere, proprio come il suo collega Berlusconi, non molla, tiene duro, accetta la sfida, è convinto di vincere.

E da non competente come imposta la sua campagna elettorale? Da “perseguitato politico”. Esattamente come sperano i suoi avversari politici.  

Naturalmente  da inesperto non si rende conto che i vari processi che i democratici con i loro giudici di proposito per lui stanno pianificando cosicchè avvengano proprio durante la campagna elettorale, hanno lo scopo di screditarlo, farlo apparire agli occhi dei votanti come un imbroglione, un terrorista (assalto Capitol Hill ), evasore fiscale, molestatore di donne (Jean Carroll) ecc, per presentarlo totalmente inaffidabile, non credibile, come presidente conduttore di una nazione. E magari condannarlo all’ultimo momento con l’interdizione dai pubblici uffici, così che non possa neanche risultare eleggibile.     

Verosimilmente si può quindi ipotizzare che la prossima campagna elettorale americana sarà molto caratterizzata dai procedimenti penali contro il Donald, e forse con relative condanne. Sarà molto difficile per lui presentarsi (come da foto segnaletica della polizia, sopra) come perseguitato politico, paladino della giustizia, della correttezza, del buon governo. La stampa nazionale andrà a nozze presentandolo come truffatore, con giudici (magari democratici) che lo perseguitano.

Concludendo: per i lavoratori che sia Trump o Biden o qualsiasi altro presidente a governare non cambia assolutamente nulla. Così come non è cambiato assolutamente nulla tra i governi Merkel e Scholz.   

Noi lo affermiamo e lo ripetiamo da sempre: i politici, i governi, i parlamenti, lavorano tutti per i capitalisti. Lavorano affinché i ricchi diventino sempre più ricchi, per le guerre, per lo sfruttamento dei lavoratori, per l’allargamento del lavoro precario, contro salari e pensioni.

Certo è anche importante capire questi personaggi della borghesia, come agiscono e cosa dicono, per smascherare i loro trucchi per coinvolgere, legare i lavoratori al sistema capitalistico.


 

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        18 febbraio  2024  

IL RIARMO TEDESCO 

“In  5  anni  dobbiamo essere  pronti  per  la guerra”!

E per il riarmo il governo di Berlino mette a disposizioni 100 miliardi. 

 

UN’ALTRA CONFERMA DELL’ANALISI MARXISTA: I CAPITALISTI SENZA LE GUERRE NON POSSONO ESISTERE.

L’imperialismo cinese che è in veloce ascesa nella scena mondiale sta diventando il concorrente più potente per le multinazionali USA e europee, che per i loro affari ne vedono il futuro pericolo. Com’è prassi perciò nel capitalismo e come il passato ci ricorda, cominciano ad armarsi per prepararsi per i futuri scontri, anche militari.

Nelle nazioni sono i presidenti e i governi che si occupano del compito RIARMO, e farlo accettare alle popolazioni. E oggi di fronte all’ascesa cinese, sono proprio i presidenti americani che spingono per il forte potenziamento militare, non solo negli USA, ma anche in Europa e in Giappone. Prima con Trump con la minaccia delle sanzioni ai governi europei se non avessero innalzato le loro quote militari nella NATO, e adesso Biden, che sta sfruttando anche la guerra in Ucraina perché gli alleati aumentino i loro armamenti, sempre in ambito Nato,.

Quindi sotto spinta USA anche l’imperialismo tedesco con il suo governo di Berlino, abbandonando la sua (di comodo) cosiddetta “posizione pacifista” si indirizza nella “militärische Zeitwende” (svolta militare) per un massiccio riarmo. Mandando nello sgomento tutti gli ingenui pacifisti nazionali che avevano veramente creduto al “pacifismo tedesco”.

Ironia della storia, oggi in Germania è proprio il governo “verde/sinistra” Scholz a svolgere questa funzione imperialista, dove i Verdi (Grünen Bündnis90) in campagna elettorale avevano sostenuto con forza la farsa della loro posizione “antimilitarista”, di “pace”, “benessere”.  

Con il consenso dell’83% il parlamento tedesco ha approvato lo stanziamento di 100 miliardi per il riamo militare, andando a pescare nelle sue riserve finanziarie. Una somma veramente considerevole ! (si badi: 100 miliardi per il riarmo, non per il benessere delle persone).

La stampa non ha dato però molto risalto alla “Zeitwende” (svolta militare) per non spaventare, allarmare la popolazione. Anche se Pistorius, ministro della difesa, afferma che il 72% della popolazione è d’accordo.

In che cosa consiste questo potenziamento militare in Germania di 100 miliardi? E’ l’articolo “Propositi tedeschi per il riarmo europeo” apparso su Lotta Comunista il dicembre 2023 che ci riporta i dati: “Si tratta di uno scudo antimissile che si appoggia sul sistema IRIS-T SLM tedesco, sul Patriot americano e sull’Arrow-3 israeliano”… “Rheinmetall  ha presentato il nuovo carro armato Panther KF51”, e … “la Luftwaffe sta comprando i caccia americani F 35”. In pratica, un potenziamento in tutti i settori militari.

“Un’altra particolarità della Bundeswehr [esercito tedesco – ndr]” prosegue l’articolo “consiste nella presenza di tre corposi servizi autonomi: l’SKB (Streitkräftebasis) che si 

occupa di manutenzione e logistica con un personale di 22.000 uomini; il servizio centrale sanitario (ZSanDstBW) con 20.000 fra medici e infermieri; e il CIR (Cyber- und Informationraum) con 17.000 militari che lavorano alla sicurezza e digitalizzazione delle forze armate”. 

L’articolo di Lotta Comunista cita poi la futura formazione di 3 nuove divisioni in Europa in cui anche i tedeschi ne faranno parte: “La ‘Decima Panzerdivision’ comprenderà la brigata meccanizzata olandese, quella franco-tedesca e una della Repubblica Ceca. La ‘Prima Panzerdivision’ aggregherà un’altra brigata olandese. La ‘DSK’ (Division Schnelle Kräfte) sarà aviotrasportata, comprenderà una brigata rumena e il battaglione logistico anfibio tedesco-britannico. Die converso il ‘Seebataillon’, l’unico reggimento marittimo tedesco, opera a bordo della nave anfibia olandese Karel Dorman”. Il tutto, ribadiamo noi, avverrà sotto rigida conduzione NATO, dove Washington ne detiene il comando.

Il RIARMO TEDESCO quindi è avviato, non c’è dubbio e procederà senza interruzione.

In questo riarmo, molto interessante e da sottolineare, è la posizione assunta oggi da Joschka Fischer dei Grünen Bündnis90 (i Verdi), ex ministro degli esteri nei governi Schröder (1998-2005): “la UE ha bisogno di un proprio deterrente atomico afferma. Interessante perché la posizione negli anni ’90 dei Verdi (Grünen Bündnis90) e soprattutto di Joschka Fischer era decisamente e fermamente 

pacifista “contro le guerre”, “contro il riarmo”, e soprattutto “contro le centrali atomiche”. Posizioni che nel 1998 entrando nel governo del socialdemocratico Schröder hanno subito rinnegato sostenendo l’intervento militare contro la Jugoslavia con relativo aumento dell’armamento tedesco (esattamente come oggi, dopo essersi in campagna elettorale dichiarati “pacifisti”, sostengono nel governo del socialdemocratico Scholz la guerra in Ucraina e il riarmo militare). Con l’aggiunta che ora Joschka Fischer vuole anche il “riarmo atomico” tedesco! (da precisare: senza che gli altri dirigenti dei ‘Grünen Bündnis90’ lo smentiscano o contrarino) … e la farsa politica prosegue.

“Le guerre sono parte integrante del capitalismo” scriviamo ripetutamente nei nostri articoli. E’ proprio così, e la realtà è lì a confermarlo tutti i giorni. 


 

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        19 gennaio 2024  

LA “TASSA ECOLOGICA”

 

COSA HA PRODOTTO LA LOTTA “Fridays for Future”?

RIDUZIONE DELLL’INQUINAMENTO? NO ! 

MENO   COMBUSTIBILI   FOSSILI ?  NO!

MA  L’AUMENTO  DELLE   “TASSE ECOLOGICHE”  CON 

IL PRETESTO DI COMBATTERE  LA  CO2, QUESTO SI !

  

E’ CIO’ CHE E’ SUCCESSO PROPRIO ANCHE CON I GOVERNI “VERDI” SCHRÖDER (1998-2005).

NON SOLO NON HANNO PORTATO NESSUN BENIFICIO ECOLOGICO, MA ANCHE ALLORA, COME OGGI,

IL LORO UNICO RISULTATO E’ STATO L’AUMENTO  DELLE “TASSE ECOLOGICHE”.   

 

 

E’ la solita farsa ecologica, perfino noiosa se non fosse disgustosa. In tutti i governi i cui i Verdi sono stati e sono presenti, il risultato è sempre lo stesso: mai un “miglioramento ecologico” o una diminuzione di “agenti inquinanti” o soppressione di “combustibili infestanti”: ma sempre (veramente sempre) L’AUMENTO DELLE TASSE, con il pretesto di “combattere l’inquinamento” che poi ovviamente non si avvera mai. 

E oggi, con i Verdi al governo, l’ennesima conferma: il governo “Ampel” (semaforo) della Bundesrepublik introduce dal gennaio 2024 la nuova “tassa ecologica”. Il tutto mentre le agenzie di tutto il mondo riportano il totale fallimento delle “politiche ecologiche”  intraprese (forse) dai vari governi, dopo addirittura averle pomposamente stabilite all’ONU. Fallimento che il governo tedesco e i socialmedia germanici si guardano bene dal citare per non “screditare” il nuovo peggioramento fiscale ecologico. 

IN CHE COSA CONSISTE LA NUOVA “TASSA ECOLOGICA”. E’ l’articolo del “tageschau.de” (sito ufficiale del governo) del 31.12.2023 con il titolo “Cosa rende più costoso l’aumento della CO2” che ci illustra come opereranno le nuove misure penalizzanti.

Colpevolizzare i consumatori.

Per far accettare la nuova tassa, la tattica ipocrita dell’esecutivo dell’imperialismo tedesco è far credere ai cittadini di essere loro i responsabili dell’aumento della CO2. Così l’articolo del “Tagesschau”: L'idea è questa: chi soffia molta anidride carbonica nell'aria paga una sorta di "tassa sull'inquinamento" che viene calcolata sul prezzo della CO2 e riscossa ogni volta che si consuma gas naturale, GPL, petrolio o carbone. Con il nuovo anno, questo prezzo per tonnellata aumenta da 30 a 45 euro”.

Domanda: qual’è la famiglia o la persona che per vivere, cioè per riscaldarsi, cucinare, usare l’elettricità, o viaggiare in macchina o in bus o in metropolitana non usa strumenti o mezzi che consumano gas naturale, GPL, petrolio o carbone”? Praticamente tutti! Perché anche la semplice elettricità proviene da centrali che funzionano con “gas naturale, GPL, petrolio o carbone”, emettendo sempre CO2. Pertanto il trucco o l’imbroglio sarebbe: se una persona non produce CO2 è esente dalla nuova tassazione, ma visto che tutti, ma proprio tutti, devono usare mezzi che provengono da sistemi che emettono CO2, la nuova penalizzazione riguarderà in pratica ogni cittadino.   

Anche l “ecologia” quindi nel perverso capitalismo, con la complicità dei Verdi, è un buon pretesto per tassare le masse salariate. E’ evidente.      

L’articolo del “Tagesschau” entra poi nel dettaglio: L'aumento dei prezzi colpisce tra l'altro tutte le persone in Germania che guidano un'auto con motore a combustione. L'ADAC prevede che il prezzo di un litro di benzina aumenterà di 4,3 centesimi, mentre il 

prezzo del diesel potrebbe addirittura aumentare di 4,7 centesimi. L’articolo si “dimentica” appositamente di precisare però, che anche le macchine elettriche subiranno l’aumento, visto che, come detto, l’elettricità viene prodotta da centrali a gas naturale, GPL, petrolio o carbone” (in Germania con il governo “Sinistra-Verde” Scholz sono state riaperte tutte le centrali a carbone che producono elettricità: più di 200). Prosegue poi il “Tagesschau”: Ma non solo: chi riscalda con il gas naturale, al prossimo conteggio dei costi di riscaldamento troverà almeno un aumento. L'imposta sulle emissioni di CO2 per una famiglia di quattro persone che consuma 20.000 chilowattora di gas all'anno dovrebbe essere aumentata di 52 euro, a 162 euro. Per quanto riguarda l'olio combustibile, secondo il portale di confronto Verivox, per un modello di bilancio, 95 euro in più sono dovuti”. Prosegue poi l’articolo spiegando che, da questa “tassa ecologica” saranno esenti le case singole di campagna che hanno i propri pannelli solari. Ma precisiamo noi: se si valuta che nella nazione tutte le industrie, nelle enormi città tutti i palazzi, gli edifici vari e così via, questi pannelli solari non ce l’hanno, sarà solo una piccolissima parte di famiglie (forse il 5%) nel paese che ne saranno esenti, il resto sarà colpito dalla nuova tassa. 

Il comico è che poi il “Tagesschau”, senza rendersene conto, avverte che questa nuova imposizione fiscale potrebbe addirittura favorire la “speculazione”. E nel capitolo I prezzi dei rifiuti potrebbero aumentare” precisa: “Il ministero federale dell'Economia afferma che ‘ci si può aspettare che questi costi si ripercuotano sui prezzi al consumo, rafforzando così le tendenze inflazionistiche’. Ciò è giustificato dal fatto che la produzione di energia da rifiuti [che produce molta CO2 - ndr] è attualmente "altamente redditizia". Alcune società di gestione dei rifiuti hanno già annunciato aumenti dei prezzi per il nuovo anno, che potrebbero ammontare a 20-30 euro per famiglia”.

Nel perverso sistema capitalistico, dove i ricchi diventano sempre più ricchi, con  parlamenti nemici dei salariati, dove governi marionette cercano sempre pretesti per far pagare i lavoratori, anche l “ecologia” diventa un ottimo mezzo per aumentare le tasse. Gli ipocriti partiti “Verdi” contribuiscono a questo gioco. E i giovani ecologisti, totalmente ignari sul funzionamento del perfido sistema vengono attirati e usati per il raggiungimento di questi scopi. 


 

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         11 gennaio 2024  

IL NUOVO FALLIMENTO DEI VERDI/BÜNDNIS 90.

Esattamente come nei precedenti governi Schröder (1998/2005)

 

Oggi  tutto  si  ripete  esattamente  come negli anni 2000:  tante promesse  ecologiche e pacifiste,

che naturalmente nel  capitalismo  non  possono  essere  mantenute.  

Siamo sempre alle solite, la caratteristica dei Verdi è pomposamente  promettere sempre grandi cose. Promettono miglioramenti ecologici: arrivati al governo aumentano però le tasse con la scusa dell’ecologia. Così è stato nel 1998/2005, così è adesso nel 2023. Promettono pace, disarmo, antimilitarismo: arrivati al governo aderiscono invece a guerre, aumentano spese militari e inviano armi e soldati nelle zone calde di guerra: così è stato nel 1998/2005, così è adesso nel 2023. Promettono più benessere, più aiuti sociali e sostegno alle famiglie, ma il tutto rimangono solo parole vuote. Vogliono definirsi corretti, puri, incorruttibili: sono coinvolti invece in banali scandali e clientelismi, esattamente come gli altri partiti.

I verdi ecologisti sono questi: opportunisti, grandi e veri opportunisti. E non si vergognano, così è stato nel 2000, così è oggi.  

Questi dilettanti politici borghesi allo sbaraglio pensano di poter facilmente promettere grande cose, dire tutto quello che vogliono e poi tranquillamente fare tutto il contrario, convinti che le persone non se ne accorgano. Sono solo sprovveduti opportunisti borghesi, dilettanti dell’ultima ora, senza futuro, come tutti i partiti Verdi in tutte le nazioni.  

Però il non mantenere le promesse porta a conseguenze, che si pagano.  E poi la crisi arriva, implacabile. Così è stato nel lontano 2000, così è anche oggi nel 2023.

Nel 2005 a seguito della profonda crisi e seguente crollo, sono poi quasi scomparsi, ora verosimilmente faranno la stessa fine.

LE CRITICHE MOSSE AI VERDI.

RIAPERTURA CENTRALI  A CARBONE. L’onda di sostegno dei socialmedia a Greta Thunberg e al “Fridays for Future” ha ovviamente portato forti benefici elettorali al partito dei Verdi/Bündnis 90 in Germania, facendo lievitare i suoi voti alle elezioni. L’entrata dei Verdi/Bündnis 90 nel governo Scholz ha aperto quindi grandi speranze ecologiche, sia nel movimento “Fridays for Future” che nell’elettorato ecologista in generale. La speranza degli attivisti era che i Verdi avrebbero mantenuto le loro promesse sull’eliminazione dei combustibili fossili. Ma da subito è stato chiaro che non sarebbe stato così, quando il ministro per l’ambiente e allo stesso tempo dirigente dei Verdi, Robert Habeck, annunciava nel 2022 la riapertura della miniera di carbone di Lützerath, fissando la futura politica del governo, tutta l’opposto di quanto il partito dei Verdi avevano promesso in campagna elettorale. A seguito sono state riaperte sul territorio tedesco altre 200 centrali a carbone. Si può immaginare la forte disapprovazione degli attivisti seguaci di Greta, con l’assalto a numerose sedi dei Verdi/Grünen90 nelle varie città tedesche, che la delusione dei votanti, che hanno visto le loro speranze andare letteralmente “in fumo”.

LO SCANDALO GRAICHEN. Patrick Graichen è un esponente di spicco del partito dei Verdi/Bündnis90 ed era sottosegretario “all’energia verde” nell’attuale governo Scholz. E’ accusato di aver favorito un’associazione ONG in cui fa parte la sorella. Queste ONG (Organizzazioni non Governative) sono spesso carrozzoni clientelari mangiasoldi dove i vari politici vi inseriscono i loro famigliari, amici e elettori influenti così da assicurarsi i loro voti. In incognito, in tutte le nazioni, ve ne sono a migliaia con diversi nomi e finti scopi (Centri studi, Fondazioni, Circoli Ricreativi o Culturali, Centri Ricerca, Aiuti ai paesi 

poveri, Sostegni religiosi, ecc.). Graichen è stato “beccato” lo scorso novembre 2022 ad approvare e poi firmare un “Progetto” (verosimilmente del tutto inutile) del costo di 600.000 euro a favore  della ONG Bund, dove appunto vi lavora la sorella. Il che ha sollevato uno scandalo che ha investito tutta la Bundesrepublik.

SOSTEGNO ALLA GUERRA IN UCRAINA E INVIO DI ARMI.  All’opposizione i Verdi/Bündnis90 si sono sempre contraddistinti per essere strenui pacifisti, contro le guerre e contro le armi, raccogliendo i voti di elettori di questo orientamento politico che hanno riposto in loro le loro speranze. Ma Annalena Bärbock, massima esponente dei Verdi assetati di potere, si è fatta eleggere ministro degli esteri nell’attuale governo Scholz. Una posizione molto delicata in una società capitalista imprevedibile, piena di scontri e guerre.

Infatti con lo scoppio della guerra in Ucraina i ministri Verdi hanno dovuto subito rinnegare le precedenti posizioni pacifiste, prendendo  invece posizione a favore di uno dei due contendenti in guerra, l’Ucraina per l’appunto, inviando incessantemente armi all’esercito ucraino.

In Germania l’avversione alla guerra in Ucraina è molto forte, e molti dell’elettorato pacifista che hanno votato il partito dei Verdi/Bündnis90 vedono in questo un tradimento, abbandonando il partito, il sostegno e il voto.

Queste le grandi problematiche che attanagliano i Verdi nella Bundesrepublik. 

A questo bisogna poi però aggiungere anche il problema legato al forte aumento dei prezzi dovuti alla guerra, in cui il governo, nel quale i Verdi appunto fanno parte, viene accusato di “non far niente” contro le speculazioni, generando un forte malcontento generale che investe tutti i partiti di coalizione governativa, Verdi inclusi, con perdita notevole di consensi.

Messe tutte assieme queste tematiche: “aperture centrali a carbone”, “corruzione e scandali”, “sostegno guerra in Ucraina”, “passività contro le speculazioni all’aumento dei prezzi”, ecc. stanno portando il partito Verdi/Bündnis 90, che aveva raccolto i suoi voti proprio su promesse tutte al contrario, ad una crisi profonda, e molto probabilmente, come nei primi anni 2000, al collasso.

Nella società dei capitalisti è molto pericoloso fare grandi promesse per raccogliere voti, che poi non possono essere mantenute. Il tutto si traduce in un boomerang politico portando le persone a perdere la fiducia. Noi marxisti siamo concreti e realisti: il cambiamento climatico, la fine delle guerre, l’eliminazione della corruzione, la vita dignitosa e benestante per tutti e così via è possibile solo con l’abbattimento del capitalismo. Per questo ci organizziamo e prepariamo.


 

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       23 dicembre  2023

IL COMPITO BORGHESE DEI POLITICI

 

MARIONETTE DI TURNO IN MANO AI RICCHI,  DEVONO  FAR ACCETTARE ALLE MASSE SFRUTTATE 

CON MILLE PRETESTI E GIRAVOLTE GLI INTERESSI DEI CAPITALISTI

 

Chi governa il mondo? La domanda è lecita: i politici, il popolo che vota i politici, o i ricchi?

Se lo si chiede alle persone comuni, la maggioranza ci dice “siamo noi che decidiamo il potere, con il voto”. Un’altra parte dice “i politici”. Pochissimi dicono “i ricchi”.

Ma approfondendo poi con coloro che dicono “noi con il voto determiniamo la politica” a malincuore ci viene poi aggiunto che in realtà “il voto serve a poco”. E chi sostiene che sono “i politici” ad avere il potere, afferma: “questi promettono ma poi non mantengono”.

E noto invece che i marxisti sono del parere che sono “i capitalisti ad avere il vero potere decisionale” e che i politici, che si alternano ai governi, sono solo portavoce a turno degli interessi delle varie componenti industriali, bancarie, finanziarie, ed è appunto per questo, il fatto di essere manovrati dai capitalisti, il motivo per cui molti hanno la sensazione che “il voto serve a poco” e altri affermano che “i politici promettono, ma non mantengono”.

Noi marxisti, non siamo però i soli ad dichiarare che il vero potere è in mano ai ricchi. Anche intellettuali e riviste borghesi riportano, affermano questa realtà.

Alcuni esempi. Giorgio Galli, in un intervista per presentare il suo libro “Il golpe invisibile” afferma che “Il mondo attuale è caratterizzato da una forte egemonia, non soltanto economica, ma anche politico culturale delle multinazionali. 500 multinazionali e i loro consigli di amministrazione prendono le decisioni importanti per oggi e per domani per l’intero pianeta” (Giorgio Galli spiega come 500 multinazionali decidano per tutti – 9 giugno 2015).

Altro esempio: l’organizzazione “WeMove.EU” è invece impegnata nel raccogliere firme in tutta Europa nell’intento di contrastare l’enorme evasione fiscale mondiale emersa dal caso “Panama Papers” perpetrata da grandi imprese e politici (di cui 28 anche banche tedesche) e nel suo portale dichiara: “Lo sapevamo tutti  [dell’evasione – ndr].  È la portata dello scandalo invece ad essere pazzesca. I Panama Papers rivelano come i ricchi e i potenti si comportino come se fossero al di sopra della legge (…) I politici corrotti, la mafia, e gli evasori delle tasse vanno fermati. La legge deve essere applicata a tutti, e non è accettabile che i ricchi, gli affluenti e l'élite siano esenti dagli obblighi verso la società o dal essere puniti per i loro crimini”.

Anche “OXFAM” è coinvolta nel contrastare lo strapotere dei ricchi e nell’articolo “Politik muss die Macht von übermächtigen Konzernen beschneiden” (I politici devono ridurre il potere delle prepotenti multinazionali) del 8 giugno 2021 riporta: «”Il grande potere di mercato nelle mani di poche aziende è una minaccia per la democrazia" - spiega Ulrich Müller di LobbyControl. "Possono convertire il loro potere di mercato in influenza politica e contrastare misure politiche che sarebbero importanti per il bene comune." Allo stesso tempo, potenti multinazionali influenzano la società nelle loro aree importanti. “Le grandi aziende tecnologiche dominano gran parte dell'economia digitale. Sono i più grandi lobbisti in Europa e influenzano aree fondamentali della democrazia come i dibattiti pubblici", afferma Müller. "Questa ricchezza di potere deve essere ridotta"».

Inequivocabili esempi che dimostrano come non solo noi marxisti, ma per chiunque è possibile attraverso l’attenta ricerca e osservazione dei fatti arrivare alla realtà: il determinante e incontrastato peso delle grandi imprese nella società nell’imporre i propri interessi con politici subalterni che eseguono senza obbiettare.     

Il ruolo subalterno dei politici. Essendo che la società borghese in cui viviamo è un crogiolo caotico di problemi che si ripropongono senza sosta, è nella natura del capitale (così ben analizzato e descritto da Marx) che tra contraddizioni, lotte di classe e scontri, ogni componente della società lotti a difesa del proprio interesse.

Ed è appunto in questo interminabile scontri e lotte tra proletariato e capitalisti che i fatti concreti evidenziano come i governi e i parlamenti, durante questi scontri  si pongono sempre, ma sempre, a difesa dell’imprenditoria e del capitale, anziché difendere i lavoratori in lotta (nonostante siano quelli che li votano). E questa è l’evidente prova del ruolo servile dei politici ai capitalisti. Con poi la susseguente conferma, di come nelle varie crisi che regolarmente investono la società scosse dalla concorrenza, siano solo i ricchi a non pagarne mai le conseguenze, rimanendo sempre estranei alle misure penalizzatrici che i vari governi emanano per risolvere le crisi, come i sacrifici riguardino sempre e solo le masse salariate. Con l’effetto che dall’altro lato i ricchi diventano sempre più ricchi, come riportato costantemente dai dati. Prove evidenti, chiare, toccabili: il ruolo subalterno dei politici.

Nessun politico osa toccare i ricchi. E quando poi un politico si azzarda a dire che anche i patrimoni dei ricchi devono essere tassati, devono pagare, e non siano solo i  lavoratori, come ogni tanto accade, come l’ultimo l’eclatante esempio dell’ex premier inglese Liz Truss (2022), qui succede il finimondo: l’ex premier ha dovuto, immediatamente, ritrattare la sua dichiarazione e subito dimettersi. E di questo poi non se n’è più sentito parlare.  E’ l’ennesima  conferma che  i politici, i governi, non valgono nulla:

se i politici, i governi, non possono “toccare” i ricchi, significa che ne sono al servizio.

La tattica: i ricchi non appaiono mai, come se non esistessero. Bisogna aver chiaro questo ganglio fondamentale: come i capitalisti in segreto operano.

Correttamente i citati critici borghesi “WeMove.EU”, “OXFAM”, “Giorgio Galli”, riportano come il frutto delle loro ricerche evidenzino una  situazione internazionale dove le multinazionali spadroneggiano e operano senza che nessun governo provi a contrastarle ne penalizzarle.  Di questa controversia però sui grandi media non ne esiste traccia ed i politici si guardano bene dall’evidenziarlo.  Lo scopo di questo silenzio, l’imperversare delle grandi imprese sulla scena, è ben preciso: far apparire i problemi e le crisi provocati non dal sistema affaristico-controverso borghese, con speculazioni, crisi, corruzioni, ma dal “troppo elevato livello di vita” delle masse. Che come  causa delle crisi ne devono poi pagare le conseguenze e i sacrifici. In questo silenzio, in questa distorsione della realtà, media, partiti, governi, politici, giornalisti, agiscono, all’unisono, in sintonia, essendo tutti, è ultra evidente,  portaborse del capitale, e non rappresentanti dei lavoratori.  

Tutto ciò ha fatto sorgere un detto tra i marxisti: “I governi passano, ma le multinazionali restano”. Il significato più che chiaro: chi non conta niente - i governi – vanno e vengono,  mentre chi invece ha il vero potere – le multinazionali – rimane. In sostanza il vero potere è detenuto da chi sta dietro le quinte e non appare, ma rimane sempre stabile, mentre chi non conta nulla, le “marionette” politiche, si alternano al governo ed eseguono.

E qui sta il motivo che spiega, come riportano costantemente i dati, il perché “i ricchi diventano sempre più ricchi” - senza sosta.

Le tattiche di manipolazione. I politici, questi subalterni, hanno imparato ad usare diversi sistemi e trucchi per far accettare alle masse salariate sfruttate gli interessi dei capitalisti. Alcuni esempi.

L’aumento dei prezzi. E’ noto nell’ambiente economico essere l’aumento dei prezzi (o inflazione) è determinato da due fattori: una causa interna in una nazione: quando un governo assieme all’imprenditoria decidono, per risolvere determinati problemi borghesi nazionali, di stampare più carta moneta, che ovviamente si riflette nell’aumento dei prezzi interni. Il secondo motivo è per cause esterne: i prezzi si innalzano quando a livello internazionale i prezzi delle materie prime salgono, il che si riflette nell’aumento dei prezzi all’interno di tutte le nazioni. Ma i politici non lo riportano: perseguendo lo scopo dell’arricchimento continuo dei capitalisti, i quali non devono trarre penalizzazioni dall’aumento dei prezzi, asseriscono siano gli aumenti salariali a causare inflazione (proprio come affermano adesso) per cui i lavoratori devono frenare le loro richieste salariali e accettarne i sacrifici.

Il lavoro precario giovanile: un enorme vantaggio per gli imprenditori. Ma un incubo, un tormento immane per i giovani. Sul lavoro precario il guadagno degli imprenditori schizza alle stelle, mentre per i giovani significa sottopagati, supersfruttati, superlogorati. Essendo che i governi nell’interesse delle aziende emanano leggi dove è permesso agli imprenditori di assumere a contratti a termine per 3 - 6 o 12 mesi, in questi contratti a termine le regole dei contratti nazionali non vengono mai rispettate, le paghe sono molto ridotte, i ritmi alla lunga intensificati, gli straordinari mai pagati e molto è in nero. Ovvi vantaggi per i perfidi padroni. Le perfide motivazioni dei politici nell’emanare queste meschine leggi di lavoro precario: “aiuta” i giovani nella loro “libertà” di “cambiare lavoro quando vogliono”. I loschi vantaggi per i padroni non vengono però mai citati.

Le pensioni. Il prolungamento dell’età lavorativa viene presentata come un “aiuto ai giovani”. Il motivo sarebbe: le casse pensionistiche sono “vuote”, quindi per colmare questo buco ai fondi, invece di far pagare più contributi pensionistici ai giovani, si prolunga l’attività lavorativa ai lavoranti già in servizio. Nessun accenno che i ricchi sono strapieni di miliardi, che diventano sempre più ricchi, che soldi per le pensioni ce ne sono più che a sufficienza. Che i ricchi di conseguenza potrebbero con i loro miliardi, avuti dal lavoro degli operai, pagare senza problemi le pensioni. Nessun menzione a questo.

Stessa operazione di depistaggio viene fatta sulle guerre. Anch’esse mai presentate per quelle che sono: uno scontro cruento, sanguinario tra i briganti 

capitalisti, che per i loro sporchi interessi si contrastano militarmente nel mondo per appropriarsi delle varie nazioni in via di sviluppo. Vedi l’attuale guerra in Ucraina, ma anche in Libia, Mali, Jemen, Etiopia, o ieri in Siria e Iraq contro la borghesia musulmana dello “stato Islamico”.  Nell’interesse delle multinazionali coinvolte nelle diaspore per contendersi queste nazioni/mercati, il compito dei politici è esattamente quello di presentare un “cattivo” o più “cattivi”, come causa, che ovviamente sono solo concorrenza.

Concludendo. Abbiamo evidenziato chiaramente il ruolo dei politici in questa società del capitale. Come bravi “servitori” accondiscendenti, da bravi “lacchè”, devono nascondere, distorcere la realtà. Il loro compito è proprio non far mai apparire i veri responsabili delle cause di tutte le disfunzioni che tormentano la società: i capitalisti. Devono, assieme ai media, agli intellettuali, ai preti, ecc. difenderli in tutti i modi, inventando pretesti, fabbricando diversivi, così che le masse accecate accettino i sacrifici e si schierino dalla parte di chi li soggioga.


 

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       27 ottobre  2023

CON I PROLETARI IN PALESTINA,

CON  I   PROLETARI  IN   ISRAELE,

CONTRO I CAPITALISTI, CHE CAUSANO LE GUERRE 

“Il nemico è in casa nostra!”

Dichiararsi dalla parte della “Palestina” o di “Israele” non ha alcun senso.

Le nazioni sono suddivise in capitalisti e proletari. Gli uni si scontrano e lottano contro gli altri.

Da una parte i capitalisti che dirigendo gli stati, sfruttando e soggiogando i proletari, sono coloro che causano le guerre. Dall’altra i proletari, sfruttati e sottomessi dai capitalisti, che le guerre le devono subire. E ovviamente vengono fatti convinti che le guerre sono giuste per poi essere usati dai capitalisti come “carne da cannone”.

E’ esattamente ciò che sta accadendo anche adesso in Palestina e Israele, anch’esse suddivise in classi contrastanti: proletari contro capitalisti.

Il Marxismo si pone sempre dalla parte dei proletari, palestinesi o israeliani che siano.

Che il mondo borghese affarista sia strapieno di guerre e lotte tra capitalisti, dove i più potenti sottomettono e soggiogano quelli  più deboli, è normalità nel capitalismo. Com’è normalità che in questa incessante battaglia tra briganti, capitalisti più deboli cerchino di liberarsi dalle oppressioni dei più forti, così da essere liberi nell’ottenere più profitti. 

E oggi che sul pianeta tutte le nazioni sono capitaliste, le lotte e le guerre per “l’indipendenza” sono da intendersi esclusivamente e senza eccezione lotte tra capitalisti. Capitalisti che per i loro affari hanno interesse e finanziano l’indipendenza. Non certo l’indipendenza interessa i lavoratori, per i quali ciò che conta è solo un buon salario, indipendentemente da chi lo eroga.   

Così funziona la società capitalista, così ben dettagliata da Marx stesso.

La tragedia però sta nel fatto che le masse proletarie in queste catastrofi di guerre tra banditi, ne vengono trascinate, manipolate. L’informazione borghese con tattiche di notizie appositamente mirate e studiate, persuade i lavoratori che gli interessi capitalistici della nazione sono i “loro” interessi, per i quali devono sacrificarsi. E avviene la tragedia, dove proletari manipolati vengono usati, come dice Lenin,  come “carne da cannone”  per gli interessi dei ricchi.

E questo sta accadendo anche oggi in Palestina, anch’essa suddivisa tra borghesi e proletari, dove briganti ricchi mandano al massacro inconsci giovani proletari convinti. 

E’ questa la realtà. E questo è IL MARXISMO.

Ma le organizzazioni trotzkiste, anarchiche o ribelli che sostengono la Palestina non considerano queste concretezze, ignorano questa oggettività. Genericamente sostengono i “palestinesi”, senza capire la suddivisione in classi e la lotta di classe in Palestina.

Dichiararsi perciò dalla parte della “Palestina” o di “Israele” significa non altro che dichiararsi dalla parte dei ricchi in Palestina o in Israele, che dominano e dirigono la società e manipolano la popolazione.

In pratica inconsciamente queste organizzazioni pur dichiarandosi marxiste sostengono i capitalisti, nemici dei lavoratori.

NON E’ LA POSIZIONE DEL MARXISMO !

Il Marxismo lotta per una società superiore, ed è sempre dalla parte dei proletari, mai dei capitalisti!

“Il nemico è in casa nostra!” dichiara giustamente Karl Liebchnek. Proprio così, il nemico sono i capitalisti in ogni paese, palestinesi o israeliani o Europa che siano.

Nella lotta di classe il Marxismo  sostiene i proletari palestinesi contro i capitalisti palestinesi. Ed è dalla parte dei proletari israeliani contro i ricchi israeliani. 

Affinchè si organizzino e combattano, non per l’inutile e sbagliata indipendenza capitalistica, ma per abbattere con rivoluzioni definitivamente il perverso sistema borghese e arrivare alla società superiore.

QUESTA E’ LA POSIZIONE CORRETTA DEL MARXISMO!


 

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       1 ottobre  2023

RICCHI SEMPRE PIU' RICCHI!

Anche speculando cinicamente sul

Covid    e   sulla   guerra  in   Ucraina

I lavoratori devono scioperare duro per salvaguardare i loro stipendi e le loro pensioni e contro l’aumento delle tasse. Ma per i RICCHI la situazione si ribalta, loro DIVENTANO SENPRE PIU’ RICCHI senza tanti problemi.

E non è una cosa degli ultimi anni, ma questo si ripete decennio dopo decennio. Indipendentemente da crisi, catastrofi, disastri o problemi di vario tipo loro DIVENTANO SEMPRE PIU’ RICCHI. Un aumento sproporzionato della ricchezza che per loro per vivere non serve assolutamente a niente.   

E il paradosso è che questi esseri straricchi impediscono poi in tutti i modi, si adoperano con mille mezzi, contro lavoratori che difendono con lotte dure il loro tenore di vita, spesso anche molto basso, o che difendono le loro pensioni per garantirsi una vecchiaia non in miseria.

Una evidente società molto ingiusta questa, che non ha nessuna ragione di esistere. 

La perversione capitalistica è talmente smisurata e senza limiti che viene addirittura riportato che le aziende multinazionali approfittando della pandemia Covid e dello scombussolamento generale della guerra in Ucraina hanno cinicamente aumentato a dismisura i prezzi, così da speculare e lucrare per guadagnare ancora di più: una infamia nella tragedia.   

Creando una situazione inverosimile dove, oltre alla guerra e alla pandemia, aumentando i prezzi alle stelle nei vari paesi in tutto il mondo, hanno impoverito milioni di famiglie nel loro spesso già basso tenore di vita, soprattutto negli alimenti. Con prezzi che alla fonte erano aumentati del 30% sono stati portati al raddoppio. Un cinico, bestiale imbroglio capitalistico.

Tanto che molti specialisti hanno cominciato a dare un nome a questa disgustosa speculazione: “Gierflation”, ossia “inflazione dell’avidità”.  In altre parole … “questo  [Gierflation]  è 

quello che viene chiamato un fenomeno in cui le  aziende aggiungono al prezzo finale più di quanto giustificherebbe l’aumento dei prezzi” (Tagesschau “Gewinne steigen in Deutschland besonders stark” - “I profitti in Germania aumentano particolarmente veloci”  - 11.07.2023).

NON ESISTONO “CAPITALISTI BUONI”. Per i capitalisti ciò che è fondamentale è solo il raggiungimento del profitto: cioè aumentare i già astronomici capitali e che i bilanci siano sempre in attivo al massimo. Anche se questo significa guerre, impoverire le masse, speculare sulle catastrofi naturali, speculare sulla fame della povera gente e mandare in rovina intere popolazioni. Per questi esseri, cioè per i capitalisti, tutto questo non ha nessuna importanza, fondamentale è la massimizzazione del profitto.

Tutto ciò viene confermato costantemente dalle continue  guerre che impestano il pianeta, dai disastri sociali, le speculazioni,  le corruzioni,  le devastazioni,  le furibonde  lotte  pe r  il  potere  e quant’altro.

Pensare a capitalisti “buoni” o capitalisti “cattivi” è utopia pura, ingenuità inaudita. Il capitalista (qualsiasi) investe dove vede solo il massimo guadagno, non per l’armonia e il benessere della società. Investe nel grano perché ne vede un profitto, non per altro, così come nell’automobile. Ma le stesse aziende investono altrettanto nei disboscamenti, el carbone, nelle armi e nelle guerre, perché anche qui ne vedono un profitto. Così come la corruzione e le speculazioni perseguono lo scopo della massimizzazione dei profitti.

La società capitalista non può esistere senza queste schifezze di truffe e porcherie. Chi pensa ad un capitalismo pacifico, armonioso e ordinato è un illuso sempliciotto, un enorme ingenuo.

L’umanità ha invece bisogno di un’altra società, in cui vivere e godere del benessere prodotto. Per raggiungerla c’è bisogno però, contro i capitalisti, di rivoluzioni. 

 

Mentre gli stipendi

reali calano…

“Secondo l'OCSE, l'accelerazione dell'inflazione dopo l'attacco russo all'Ucraina ha causato un calo dei salari reali in quasi tutti i 34 paesi membri presi in esame” (Tagesschau “Gewinne steigen in Deutschland besonders stark”  11.07.2023)

 

 

L’aumento speculativo dei prezzi erode il potere d’acquisto dei salari. Di conseguenza tutte le categorie di lavoratori devono mobilitarsi per recuperare l’inflazione persa. Per cui partono scioperi, lotte, rivendicazioni, poichè i meschini ricchi imprenditori nonostante i forti guadagni speculativi rifiutano di dare ai lavoratori i recuperi salariali richiesti. Ed è qui, nella lotta, che entrano in azione i “collaboratori dei capitalisti”: partiti, governi, giornali, tv, tutti in sintonia a servizio del capitale per frenare, discreditare, disincentivare, i lavoratori in lotta.    

Nonostante sia chiaro che i sindacati dei lavoratori sono costretti a dure e lunghe battaglie per recuperare almeno in parte il potere d’acquisto eroso, partono ufficiali campagne denigratorie mediatiche, tv e giornalistiche, sostenute dai governi, non contro gli straricchi avidi capitalisti accumulanti inutile denaro che non vogliono mollare e si rifiutano di concedere i giusti recuperi salariali, ma contro chi produce ricchezza nel paese, cioè i lavoratori in lotta, costretti allo sciopero. Etichettati come “disfattisti”, “provocatori”, “irresponsabili”, cercando di arrivare addirittura alla limitazione dell diritto di sciopero. Lavoratori, cioè produttori, che lottano per le loro famiglie, per un decente tenore di vita, per non finire in miseria.   

 

… le tasse aumentano.

 

“Tra i 38 Stati membri, la Germania è al secondo posto tra i paesi industrializzati dell'OCSE dopo il Belgio in termini di imposte e contributi previdenziali sul reddito da lavoro. L'aliquota fiscale media per una coppia sposata con figli è del 40,8%. Solo in Belgio l'onere è più alto, al 45,5%. L'onere fiscale medio per tutti i paesi OCSE è del 29,4%”  (Tagesschau “Hohe Steuer- und Abgabenlast in Deutschland” 25.04.2023)   

 

 

Anche le alte tasse sugli stipendi è uno dei tormenti contro cui i salariati sono costretti costantemente a lottare. Imprenditori e banchieri, nonostante multimiliardari, cercano di non pagare il sociale, operando affinchè siano gli operai a pagare. Questo compito, per loro di pagare al minimo le tasse, gli straricchi lo demandano ai partiti, ai parlamenti, ai governi. Loro devono convincere i salariati che è giusto pagare il fisco, anche se molto alto. E il sistema è talmente contorto, ingiusto e sbagliato che, mentre i lavoratori sono costretti a pagare le tasse poichè vengono prelevate direttamente dagli stipendi, i miliardari non solo riescono a pagarne pochissime, ma con molti trucchi legislativi riescono facilmente anche abbondantemente ad evaderle. Così Wikipedia: “Secondo le stime dell'Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW), la perdita di reddito dovuta all'elusione fiscale da parte delle aziende in Germania ammonta fino a 30 miliardi di euro all'anno”. Riteniamo che, in un confronto con l’evasione imprenditoriale di altri paesi, questa somma (30 miliardi) corrisponda molto al di sotto della realtà oggettiva.

In sintesi. Non possiamo altro che constatare che in questa iniqua società capitalistica per i lavoratori non vi sia scampo: vengono costantemente raggirati, ingannati, soggiogati, sia nei loro salari che politicamente, da partiti imbroglioni al servizio dei miliardari con cui contribuiscono per il potere.


 

 

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      23 settembre 2023

COME   IL  MARXISMO INTERPRETA

CORRETTAMENTE LA  SOCIETA’

 

Marxismo

Il marxismo  è una scuola di pensiero politica, economica, sociale, basata sulle teorizzazioni di Karl Marx  e  Friedrich Engels, rivoluzionari tedeschi del XIX  secolo, oltre che economistisociologi e filosofi socialisti. Nato nella seconda metà dell' Ottocento  nel contesto europeo della  seconda rivoluzione industriale e della questione operaia, il marxismo si è poi diffuso in tutto il mondo. 

 

 

Interpretare correttamente la società capitalistica non è facile. Anche perché l’informazione che la società borghese propaga distorce la realtà e causa deliberatamente confusione, per perseguire gli interessi dei vari gruppi capitalisti che dominano le nazioni e sono presenti in tutti i paesi.

L’informazione per es. diffusa in Germania è diversa da quella in Francia, Spagna, Italia. E totalmente diversa è quella propagandata in Cina o negli Stati Uniti, e come noto, sia l’informazione diffusa in Russia  esattamente l’opposto da quella riportata in Europa.

Al che, la domanda: qual è l’informazione giusta, corretta, realista? Quella europea, quella cinese, quella russa o nelle altre nazioni? 

Per capire bisogna approfondire, analizzare, ricercare. Ma soprattutto bisogna interpretare. E per saper interpretare bisogna essere esperti, competenti, non dilettanti. Questo è fondamentale.

Bisogna conoscere ed essere consapevoli degli interessi in gioco, i meccanismi che li muovono e gli obbiettivi che ogni borghesia si prefigge, e che ovviamente nella propria nazione nasconde. Obbiettivi che quasi sempre, com’è naturale, sono in contrasto e totale antitesi con gli interessi di borghesie concorrenti di altri paesi. E’ questo che spiega il perché l’informazione di un determinato paese differisce da un altro, in quanto i gruppi capitalisti che dominano la nazione, essendo proprietari dei media, controllando l’informazione e i politici, riportano con i loro mezzi notizie e informazioni che riguardano la difesa dei propri interessi nazionali, diversi da quelli di gruppi concorrenti di altre nazioni. Quindi bisogna conoscere il meccanismo che li muove, capire le situazioni e correttamente interpretare. 

E’ qui che entra in azione l’analisi marxista, è qui che svolge il suo ruolo.

L’analisi marxista ha la grande proprietà di non aver interessi capitalistici da difendere. Può quindi fare un’analisi della situazione completamente distaccata, realistica degli eventi, e capire i giochi  e gli interessi in campo. Ed essere pertanto la più vicina alla realtà, in assoluto. Questo è l’enorme vantaggio dell’analisi marxista.

Facciamo un  esempio pratico, significativo, odierno:  la  guerra in Ucraina.

I media europei riportano sia il sadico dittatore Putin la causa della guerra, per mania di espansone e grandezza. Tutt’altra la motivazione sostenuta in Russia, 

esattamente l’opposto. La causa della guerra risiede nella milizie nazifasciste ucraine che nel Donbass fanno strage di civili di etnia russa (con relative foto) che vanno assolutamente fermati nelle loro crudeltà, così da riportare la nazione Ucraina alla civiltà.

Ovviamente la stragrande maggioranza delle persone in Europa crede alla versione europea e in Russia a quella opposta propagandata dai media russi.

Tutta diversa è invece l’interpretazione dell’analisi marxista, che non ha interessi capitalisti da difendere, ne in Europa ne in Russia: la guerra non è uno scontro tra malvagi, vale a dire tra il cattivo e brutale Putin contro le selvagge e crudeli milizie nazifasciste ucraine. Dalla nostra analisi e ricerca emerge che, il motivo della guerra ha radici chiare di interessi capitalistici affaristici. Risiede (come del resto sempre) nello scontro di interessi tra grandi multinazionali: multinazionali europee contro multinazionali russe, che controllando e dirigendo i governi dei propri paesi si stanno contendendo militarmente il “mercato” Ucraina. In quella che viene definita la lotta per “le sfere di influenza”. In altre parole i grandi gruppi industrial-finanziari europei e russi stanno cercando di rubarsi l’un l’altro la nazione “Ucraina” per poi in quella zona liberamente poter condurre i propri affari, con ovvii relativi enormi guadagni.   

Questa è quanto emerge dalle nostre ricerche, l’interpretazione marxista, realistica, che non ha interessi in campo.  

Gli USA si sono inseriti subito nella guerra, anche se nella zona non hanno grossi interessi diretti, approfittando della situazione per abbattere il concorrente imperialistico Mosca. Esattamente come quanto successo nella prima e nella seconda guerra mondiale, dove gli USA anche se in Europa non avevano interessi economici da difendere, si sono inseriti però nella guerra europea per abbattere l’allora emergente aggressivo imperialismo europeo: la Germania. Distruggendolo.

E’ così che funziona il capitalismo, nei suoi interessi crudeli e spietati.       

Su queste basi l’analisi marxista analizza gli eventi, non sulla malvagità delle persone, che sono sempre presenti e si possono trovare dappertutto.

Certamente è questa l’interpretazione degli eventi più realistica, corretta, che più si avvicina alla realtà. Grazie all’analisi marxista.  


 

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       20 marzo 2023

Analisi dello scontro internazionale tra borghesie

 

IL SOGNO DELL’ESERCITO EUROPEO INFRANTO

DEFINITIVAMENTE CON LA GUERRA IN UCRAINA

Esercito europeo: realtà o chimera? Verosimilmente una chimera.

L’imperialismo americano che ha vinto la 2° guerra mondiale chiaramente non lo vuole.

A 30anni dalla fondazione della UE nel 1993 a Maastricht l’esercito europeo rimane sempre un desiderio. Evocato, o forse è meglio dire, sospirato dalle cancellerie europee, non è mai stato però preso veramente sul serio nella sua costituzione pratica.      

A mettere le cose in chiaro ancora una volta è stato il vertice tra NATO e Unione Europea a Brussel in gennaio, dove gli americani hanno ribadito e poi con gli europei sottoscritto, che la difesa europea è compito della NATO. Visto il contenuto del documento finale probabilmente la parola “esercito europeo” non è mai stata neanche pronunciata.

Nell’Alleanza Atlantica, dove anche gli stati (le borghesie) europei ne fanno parte, l’imperialismo americano svolge un ruolo di dirigenza che assolutamente vuole mantenere, impedendo in tutti i modi che le borghesie europee si uniscano mettendo in discussione la leadership di Washington. In questo intento impedisce pertanto sia la formazione di una Unione Europea politicamente pienamente unita, che la formazione di un esercito europeo unito. 

E nel vertice congiunto NATO-EU a Bruxelles questo viene detto e ribadito con molta fermezza: "Il presidente Putin voleva dividerci ma ha fallito. Il regime a Mosca voleva un'Europa differente [ il distacco dell’Europa dagli USA – ndr ] e ciò avrebbe conseguenze sulla nostra sicurezza. Quindi noi dobbiamo continuare sulla nostra alleanza transatlantica, sulla cooperazione Ue-Nato e rendere più forte il nostro supporto all'Ucraina’. Ha dichiarato Stoltenberg – NATO” (ANSA – 10 gennaio).     

E da parte EU rimarca Michel, presidente del Consiglio Europeo: "L'Ue e la Nato ‘hanno aggiornato

le loro ambizioni sulla sicurezza globale. Con la dichiarazione di oggi vogliamo intensificare la nostra cooperazione su spazio, infrastrutture strategica, disinformazione e ingerenze, cambiamento climatico" … "Viviamo in un'epoca di crescente competizione strategica. La crescente assertività e le politiche della Cina presentano sfide che dobbiamo affrontare, rimarcano la Ue e la Nato” (ibidem).   

Si legge poi nel documento finale  "Come sottolineato sia dal Concetto strategico della Nato che dalla Bussola strategica dell'Ue, questo è un momento che dimostra più che mai l'importanza del legame trasversale e che richiede una più stretta cooperazione tra l'Ue e la Nato. La Nato rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza euroatlantica. Riconosciamo il valore di una difesa europea più forte e più capace, che contribuisca positivamente alla sicurezza globale e transatlantica e sia complementare e interoperabile con la Nato", (ibidem) .

E’ in questa dichiarazione congiunta La Nato rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza euroatlantica" che viene dichiarata l’essenza del vertice militare NATO-EU : sarà solo la forza armata della NATO – ossia a direzione USA - che d’ora in avanti svolgerà il ruolo di difesa europea, intendendo: non esisterà un futuro esercito europeo. Per le borghesie europee è la chiara fine delle speranze di una unione militare esclusivamente europea.

D’ora in avanti (ma in realtà lo era anche nel passato) le future dichiarazioni di politici e giornali di “costituzione di una armata europea per difendere gli interessi degli europei” sarà solo retorica, la continuazione di un piagnisteo senza speranza.


 

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   11 novembre 2022

Guerra capitalistica in Ucraina

DALLA PARTE DEI LAVORATORI UCRAINI E RUSSI, 

CONTRO TUTTI I CAPITALISTI CHE CAUSANO LE GUERRE

 

Con le guerre i lavoratori non hanno mai niente a che fare, questo è chiaro a tutti. Non è che un popolo improvvisamente impazzisce e decide di muovere guerra contro un altro popolo con il quale prima era amico. Questo assolutamente no, come correttamente afferma Lenin. La causa di una guerra va sempre ricercata nella competizione, nello scontro di interessi tra le fazioni capitaliste in concorrenza tra di loro per rubarsi a vicenda i mercati, vale a dire le nazioni. Fazioni di borghesia, cioè grandi complessi multinazionali, che controllando l’informazione e dirigendo i governi li portano nei disastri militari, trascinandovi le popolazioni coinvolte.

LE GUERRE. Di tutte le perversioni e ingiustizie che imperversano nella società capitalistica, le guerre sono senz’altro le peggiori. Dove i capitalisti qui mostrano tutta la loro brutalità, crudeltà, e l’assoluta mancanza di considerazione per l’essere umano. Dove senza nessun scrupolo, nel tra di loro scontro, non esitano a sacrificare migliaia, centinaia di migliaia o perfino milioni di persone pur di raggiungere i loro scopi di massimizzazione del profitto.

I MARXISTI. Nella barbaria delle guerre ci poniamo sempre a fianco dei lavoratori, ossia di TUTTI I LAVORATORI, coinvolti loro malgrado nella carneficina. Vale a dire che nell’attuale guerra in Ucraina siamo a fianco dei lavoratori ucraini che russi, come nella guerra in Libia siamo a fianco di tutti lavoratori libici, contro le fazioni libiche borghesi in guerra tra di loro che si contendono la nazione. E certamente siamo con i lavoratori cinesi, europei, americani, eritrei e tutti.

E’ l’unità di lotta dei proletari assieme, senza barriere e senza patria che può mettere fine alle barbarie delle guerre. Proletari russi, ucraini, europei, cinesi, arabi, africani, contro i propri capitalisti guerrafondai.

“IL NEMICO E’ IN CASA NOSTRA” afferma giustamente il rivoluzionario Karl Liebknecht nel 1915 . I CAPITALISTI DI CASA NOSTRA SONO IL NEMICO, è loro che dobbiamo combattere, 

non gli innocenti proletari di altre nazioni anch’essi sfruttati nella produzione.

Si, perché “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”. Vale a dire che i briganti capitalisti nella loro costante lotta per la spartizione del mondo non sono tra di loro solo in costante competizione economica e finanziaria, ma quando questo non basta per trovare un accordo, anche l’uso delle armi è un mezzo per raggiungere gli scopi, anche se questo significa disastri inimmaginabili per le masse.

Leggi repressive in Ucraina e Russia. E’ in queste situazioni disastrose che spariscono le differenze tra nazioni “democratiche” o nazioni “autoritarie”. Perché contrariamente a quanto dichiarato dai sostenitori delle democrazie, è proprio nelle guerre che le borghesie mostrano la loro vera faccia dispotica imponendo brutalmente la propria dittatura, togliendo tutte le libertà democratiche, cosicchè i loro obiettivi con le armi vengano raggiunti. Infatti non solo in Russia vengono represse le proteste contro la guerra come ampiamente riportato dall’informazione di casa nostra, ma anche nella “democratica” Ucraina sta succedendo la stessa cosa, altrettanto repressiva: tutte le organizzazioni di sinistra contro la guerra sono state bandite e vengono brutalmente perseguitate. Questo però con la complicità del totale silenzio dei media.

Non c’è scelta: contro la dittatura della borghesia:  RIVOLUZIONE !


 

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Come deve essere condotta una rivoluzione?

LA  RIVOLUZIONE  PROLETARIA  E’  SEMPRE 

UNA QUESTIONE MILITARE, MAI SINDACALE

PERCHE’ LA BORGHESIA IMPEDISCHE, SEMPRE, CON  BRUTALI REPRESSIONI

L’ ASCESA DEL PROLETARIATO AL POTERE.

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MA QUAL’E’ IL MOMENTO GIUSTO PER GUIDARE UNA RIVOLUZIONE 

E CON QUALI STRUMENTI VA DIRETTA?

 

Su segnalazione di alcuni compagni abbiamo leggermente integrato il testo precedente,

per meglio e correttamente chiarire il concetto di presa del potere proletario.

 

 

La rivoluzione proletaria è sempre una questione militare. Questo deve essere sempre ben chiaro agli attivisti rivoluzionari. Perché nei momenti rivoluzionari quando le masse lavorative  si esprimono per uno stato proletario, la borghesia non ha nessun scrupolo nel sopprimere con tutti i mezzi, anche militari, i proletari, massacrandoli, affinchè non giungano al potere. Di conseguenza, la rivoluzione proletaria se vince militarmente ha successo, se perde svanisce, non avviene e la dittatura borghese continua a persistere. Non esiste una via di mezzo, assolutamente. Non ci è permesso essere ingenui.   

Le due esperienze storiche rivoluzionarie proletarie al riguardo, la Comune di Parigi del 1871, e l’ottobre russo 1917, hanno potuto aver successo proprio perché i rivoluzionari hanno vinto militarmente sulla borghesia, non per altre ragioni. In tutte le altre esperienze storiche di tentativi rivoluzionari i rivoluzionari hanno sempre perso perché non sono giunti, per diversi motivi, al raggiungimento di una vittoria militare. Quindi alla fine, è questo il nodo cruciale di tutto. 

La nostra politica comunista è articolata in modo di attendere che si creino le condizioni favorevoli per le rivoluzioni, nel frattempo è assolutamente necessario impegnarsi con tutte le proprie forze per la costituzione delle indispensabili organizzazioni/partiti rivoluzionari di esperti militanti che nel momento propizio capitalistico catastrofico dovranno dirigere le rivoluzioni, esattamente come in Russia i bolscevichi hanno pianificato e poi eseguito con successo.        

Ma nel momento rivoluzionario, quando nel capitalismo deflagrano al massimo le sue terribili contraddizioni, con inaudite crisi economiche e sociali, in presenza di guerre, fame, distruzioni, morti a non finire, con le masse proletarie infuriate che cominciano a ribellarsi, e con l’organizzazione rivoluzionaria sufficientemente estesa per essere pronta a guidare l’insurrezione, contro l’oppressione armata dei capitalisti che non vogliono lasciare il potere alle masse lavoratrici, quand’è il preciso momento per la presa del potere? Come riconoscere il giusto attimo?  

L’esempio dato dai bolscevichi è senz’altro il più preciso, il più chiaro. 

Nel 1914, con l’inizio della guerra (1° Guerra mondiale) e il configurarsi dell’appuntamento rivoluzionario, i bolscevichi in Russia hanno cominciato a spingere per la costituzione dei

“Consigli” (Soviet). Ossia organismi politici popolari votati dalle masse in contrapposizione al parlamento russo (Duma), corrotto e sotto stretto controllo dello Zar e dei capitalisti russi. Con il proseguo della guerra questi organi spontanei “Consigli/Soviet” si sono poi diffusi sia su tutto il territorio, cioè nelle città, quartieri, fabbriche e campagne, ma, importantissimo e fondamentale, intelligentemente sono stati costituiti anche nell’esercito. Esercito che nelle guerre, non è più formato da ristrette elite di fanatici com’è ora, ma da milioni di giovani, costretti controvoglia ad arruolarsi e combattere, figli di famiglie operaie e contadine. Perciò milioni di giovani militari controvoglia, che vivono e risentono fortemente le contraddizioni del capitalismo.    

In questi Soviet-Consigli nell’ambiente militare, fondamentali per la futura rivoluzione proletaria per sconfiggere la violenza armata della borghesia, i giovani bolscevichi in Russia, anch’essi costretti ad arruolarsi, cautamente, ma efficacemente hanno potuto fare propaganda rivoluzionaria.     

Essendo che il disastro della guerra proseguendo, determinava l’inasprirsi delle contraddizioni economiche-sociali, aumentando in Russia l’opposizione spontanea al conflitto, le masse trovavano nei “Consigli”, sia in quelli sul territorio (città, quartieri, fabbriche, campagne) che in quelli nell’esercito, il loro giusto referente politico, togliendo potere al corrotto parlamento (Duma). Ma fu soprattutto grazie alla contemporanea intensa attività di dissenso che gli attivisti bolscevichi in Russia ovunque intensamente svolgevano, che l’opposizione alla guerra aveva preso forma politica, producendo l’effetto nelle città, nelle fabbriche, nei quartieri e nell’esercito di una loro forte espansione come numero.

Fino al punto che verso la metà del ’17 i bolscevichi, da poche migliaia com’erano all’inizio della guerra, erano diventati ora diversi milioni diventando maggioranza nei “Consigli” (Soviet).

Il momento della presa del potere si stava avvicinando quindi molto velocemente.

Cosa mancava ancora ai bolscevichi per essere “sicuri” che la presa del potere potesse avvenire in sicurezza?   

Dovevano essere sicuri che, oltre ad avere la maggioranza nei “Consigli” popolari sul territorio, avere anche la maggioranza negli indispensabili “Consigli” nell’esercito e di conseguenza il controllo dell’esercito. In modo che quando i “Consigli” sul territorio avrebbero dichiarato la Rivoluzione, con la costituzione del nuovo Governo Proletario, la fine della guerra e l’emanazione di leggi anticapitalistiche, l’esercito ancora sotto controllo e diretto dai capitalisti non si sarebbe rivoltato contro la rivoluzione, la sconfiggesse, uccidendo tutti i rivoluzionari soffocando il governo proletario. 

Perciò, quando verso la fine del ’17 i dirigenti bolscevichi si sono sentiti sicuri che anche i “Consigli” dell’esercito si erano definitivamente schierati per la rivoluzione e che l’avrebbero sostenuta e difesa, impedendo ogni tentativo controrivoluzionario dei generali tutti fedeli allo Zar, hanno potuto allora dare il via libera alla conclusione del processo rivoluzionario con l’assalto al Palazzo d’Inverno per la definitiva presa del potere. 

Alla fine, è evidente, contro la dittatura dei capitalisti è l’esercito che ha l’ultima parola in una rivoluzione. Ne determina la vittoria o la sconfitta. E noi dobbiamo aver molto chiaro questo punto determinante.

Chi nei tentativi rivoluzionari ha sottovalutato, o ingenuamente, a questo fondamentale aspetto della violenza della borghesia e della sua dittatura armata non pensato, ne ha sempre pagato l’insuccesso molto duramente, e con il sangue. 

 Prendiamo per esempio la positiva rivoluzione della “Comune di Parigi del 1871. E’ stata una rivoluzione, in un certo senso, “spontanea”, cioè non pianificata. L'esercito francese  

in guerra contro la Prussia era stato sconfitto dai prussiani che avevano messo sotto assedio Parigi. A questo punto il governo francese aveva armato la popolazione parigina per difendere la città. Invece che combattere contro i tedeschi la popolazione in armi guidata dai rivoluzionari Blanquisti si rivolta contro il governo borghese parigino dichiarando il potere proletario. E’ in questo momento che l’ex governo borghese francese ora insediatosi a Versailles smette di combattere gli invasori, rivolta l’esercito contro la Comune di Parigi. Sarà un massacro, una repressione violenta borghese bestiale. Dopo aver sconfitto gli insorti parigini, i militari avendo ricevuto l’ordine di fucilare tutti coloro che nelle mani presentavano dei calli, fucilavano per le strade tutti quelli considerati nemici. Ne furono uccisi a migliaia senza distinzione. Un insegnamento della brutalità della borghesia che si ripeterà poi sempre contro i rivoluzionari. 

Un altro esempio: la rivolta Spartachista tedesca del gennaio 1919. Dove i due dirigenti rivoluzionari Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg a capo dell’insurrezione, 

nei decenni precedenti avevano sottovalutato la formazione di un proprio partito, fondamentale per poi, nel momento rivoluzionario, guidare alla rivoluzione le masse (le masse hanno sempre bisogno di esperti per condurre positivamente una lotta o una rivoluzione). Sbagliando, Liebknecht e Luxemburg avevano fatto affidamento sulla spontaneità rivoluzionaria delle masse nel momento rivoluzionario per la presa del potere: una evento impossibile. Mancando perciò le cellule rivoluzionarie su tutto il territorio e quindi anche nel fondamentale esercito, fu facile per la violenta e sanguinaria borghesia, con l’aiuto dei riformisti opportunisti Socialdemocratici, scagliare i militari contro gli spartachisti insorti, sconfiggerli e massacrarli.      

Un’altra significativa esperienza di mancata rivoluzione che poi possiamo analizzare è l’occupazione delle fabbriche in Italia nel 1920. Un tentativo di rivolta glorioso, ma senza dubbio insufficiente - visto che la borghesia nella sua dittatura non esita nei momenti critici ad usare anche la repressione militare per sopprimere la maggioranza proletaria - che senza il supporto dell’esercito è rimasto sterile, senza alcuna possibilità seria di presa del potere, esaurendosi poco dopo da sola. Per questo motivo non è molto conosciuta nell’ambiente marxista internazionale.

Tutte queste sono esperienze che dimostrano inequivocabilmente come l’esercito contro l’oppressione dei capitalisti sia indispensabile nel determinare l’esito di una rivoluzione. La borghesia lo sa, e come ripetuto, lo dobbiamo aver stampato bene nella testa anche noi.

LA “QUESTIONE SINDACALE”. E qui vorremmo mettere l’accento sul “ruolo del sindacato” in quello che è un processo rivoluzionario.    

Ci sono partiti e organizzazioni marxiste, anche molto estese, che nella loro attività politica danno molto, troppo risalto all’aspetto sindacale. Teorizzano che nel momento rivoluzionario il sindacato possa svolgere un peso determinante nel processo Rivoluzione.

Non è sicuramente così. Il sindacato può essere  certo di “aiuto” nel momento rivoluzionario, ma sicuramente non determinante. Chi è determinante è, e può solo essere, l’organizzazione rivoluzionaria, il partito rivoluzionario, che deve guidare le masse proletarie al potere contro la repressione armata borghese.  E la vittoria è in relazione a quanto esso è esteso sul territorio, alla preparazione teorica dei suoi quadri, alla loro competenza politica, all’esperienza pratica dei suoi attivisti. Questo e solo questo è decisivo nel processo rivoluzionario. Il resto è relativo. 

In un paese può esistere un sindacato “forte”, fortissimo, ma nella Rivoluzione senza il partito rivoluzionario con i suoi esperti militanti, questo non conta niente, assolutamente niente. Le esperienze pratiche parlano chiaro (vedi occupazione fabbriche in Italia 1920).

In questa fase controrivoluzionaria, perdere tempo, denaro, energie di molti bravi attivisti per incentivare, promuovere e gestire incontri intersindacali tra aziende europee, come qualche grande organizzazione rivoluzionaria oggi è impegnata, è un controsenso nella politica internazionalista e naturalmente controproducente, soldi buttati al vento e attivisti sprecati. Soldi e bravi attivisti che dovrebbero invece venire impiegati per promuovere i più che necessari contatti, incontri, lotte su punti comuni tra organizzazioni marxiste europee, creare un coordinamento intereuropeo di marxisti. E non per improduttive riunioni sindacati. Perché questo è il “compito” di un partito rivoluzionario.  E’  qui  che siamo nel giusto campo politico.

Perché bisogna aver sempre presente che il sindacato è un organismo borghese di difesa immediata degli interessi della classe lavoratrice, e che questo è il suo scopo, e non altro. Gestito a tutti i livelli, anche alla base, da attivisti e dirigenti antirivoluzionari, corrotti, opportunisti, nazionalisti e spesso anche stalinisti. Motivo per cui il sindacato storicamente dal punto di vista rivoluzionario non ha mai prodotto niente, non produce niente e non potrà mai produrre qualcosa. E’ per questo motivo oggettivo, che a logica i grandi Marx, Engels, Lenin, nel loro agire si sono sempre spesi per le organizzazioni rivoluzionarie, ma mai per i sindacati. Il loro operare è sempre stato caratterizzato, senza prevaricare, ma con lucida analisi, dalla ricerca del contatto e delle lotte comuni con i vari partiti rivoluzionari, considerando sempre la sostanza e avendo chiaro gli obbiettivi da raggiungere, se si analizza il grande operato sia di Marx che di Lenin. E giustamente, perché sono solo le organizzazioni politiche che nella storia possono determinare i cambiamenti, non certo i sindacati. 

La priorità assoluta dell’attività rivoluzionaria va quindi assolutamente indirizzata, concentrata, al massimo raggiungimento dello scopo Rivoluzione. Il resto, anche l’attività sindacale, segue di conseguenza come relativo. 

E’ con estrema sicurezza che ci impegniamo in questo compito storico. Che ci porterà senza dubbio ai risultati voluti.                                                           

                                                                                             26  settembre 2022  -    Claudio Piccoli


 

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GUERRE TRA CAPITALISMI DI STATO

1979 - GUERRA TRA CINA E VIETNAM

UN’ALTRA GUERRA TRA RIVALI STALINISTI CAPITALISTI DOPO QUELLA

TRA UNIONE SOVIETICA E CINA DEL 1969.  

 

Chi non ricorda le immense manifestazioni di fine anni ’60 a sostegno del Vietnam contro gli USA? Manifestazioni con centinaia di migliaia di dimostranti che gridavano e si scontravano contro la polizia a favore del Vietnam considerato “comunista”.

Ben poche, anzi pochissime, erano le organizzazioni marxiste che del tutto contro corrente, allora sostenevano che il Vietnam non era ne comunista ne socialista. Erano le organizzazioni marxiste della “Sinistra Comunista” facenti capo a Amadeo Bordiga, Onorato Damen, Paul Mattick, Anton Pannekoek, e quella leninista di “Lotta Comunista” di Arrigo Cervetto.

Le tesi sostenute dai marxisti era che nel paese Vietnam operavano tutte le leggi capitaliste del commercio e del profitto, e non quelle del comunismo con la suddivisione dei beni. Una realtà ultra evidente. Pertanto non si poteva parlare di “paese comunista”. Di conseguenza la guerra di liberazione del Vietnam contro gli Stati Uniti andava interpretata come una guerra tra capitalisti: capitalisti del Vietnam contro l’oppressione dei potenti capitalisti americani.

Posizioni perciò supercorrette nell’analisi marxista.

La guerra tra Vietnam e USA finirà nel ’75. Ed ecco, pochi anni dopo arrivare la conferma ufficiale del carattere borghese-capitalista del paese Vietnam: nel ’79 scoppia la guerra tra la Cina maoista-stalinista contro il Vietnam altrettanto stalinista.

Motivo: i soliti interessi capitalistici.

Nel ’78, un anno prima, l’esercito vietnamita aveva invaso la Cambogia (adesso, dopo la liberazione nazionale, sono i vietnamiti che invadono un altro paese) approfittando della debolezza causata dalla guerra civile che imperversava in quel paese, per occuparne alcune regioni. Per fermare l’invasione, la Cina maoista entra in guerra da nord contro i vietnamiti. Questi, sotto attacco cinese, sono costretti a fermare l’invasione e poi in seguito a ritirarsi della Cambogia.

Come detto: una delle tante tragiche guerre capitaliste che infestano il pianeta. Niente di nuovo nel quadro delle diaspore tra borghesie assetate di espansione.

La novità consisteva nel fatto che, come nel ’69 nello scontro militare tra Unione Sovietica e Cina, anche qui nella guerra tra Cina e Vietnam, si ripeteva e confermava lo scontro tra stalinisti capitalisti. Un evento di notevole rilevanza politica.

Ma qui non si sono ripetute le manifestazioni oceaniche per denunciare il carattere capitalista sia della Cina che del Vietnam. Le organizzazioni staliniste e maoiste che pochi anni prima avevano promosso le enormi proteste a favore del Vietnam contro gli USA, preferiscono adesso defilarsi e nel silenzio constatare il fallimento delle loro politiche (e anche delle loro proteste).

Ma i marxisti, quelli veri, invece no, questi non si sono fermati. Al contrario.

Per i marxisti della “Sinistra Comunista” e i “Leninisti” è l’occasione per riaffermare ancora una volta il carattere borghese dei due paesi stalinisti e la validità dell’analisi marxista. Quella vera, non quella distorta stalinista.

Nella lotta politica quotidiana è importante citare e sottolineare costantemente le guerre tra stalinisti. E’ importante per smascherare la vera essenza antiproletaria di queste organizzazioni che si sforzano di apparire “leninisti”. E che senza pudore continuano ad usare la terminologia “marxista” per giustificare le loro sporche azioni borghesi nazionali e internazionali, come l’odierna guerra tra Russia-Ucraina dove ancora una volta gli stalinisti, tutti schierati a sostegno dell’imperialismo russo, si definiscono “comunisti”. 

                                                                                                               13 agosto 2022


 

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1969 CONFLITTO UNIONE SOVIETICA CONTRO CINA: CAPITALISTI STALINISTI IN GUERRA TRA DI LORO.

 

DUE NAZIONI A CAPITALISMO DI STATO IN GUERRA TRA DI LORO PER I CINICI INTERESSI BORGHESI. E’ COSI’ CHE GLI STALINISTI AL POTERE INGANNANO LE MASSE PROLETARIE: DEFINENDOSI “MARXISTI” “COMUNISTI”.  SONO INVECE GUERRAFONDAI CAPITALISTI.

 

Nella politica comunista per la realizzazione di una società superiore DUE PAESI PROLETARI RIVOLUZIONARI NON SI FANNO MAI LA GUERRA L’UNO CONTRO L’ALTRO! Questo assolutamente non appartiene alla politica  comunista.

Al contrario nella vera politica comunista due paesi proletari SI UNISCONO dopo la rivoluzione!  SI UNISCONO PER PROMUOVERE E ORGANIZZARE ALTRE RIVOLUZIONI, con le quali poi ulteriormente unirsi e realizzare la rivoluzione globale. Questa è la vera, corretta, politica marxista seguita dall’Internazionale.

E’ tra paesi capitalisti che invece è normalità scontrarsi, competere tra loro, anche militarmente per rubarsi i mercati, farsi le guerre.   

Al contrario nella vera politica comunista due paesi proletari SI UNISCONO dopo la rivoluzione!  SI UNISCONO PER PROMUOVERE E ORGANIZZARE ALTRE RIVOLUZIONI, con le quali poi ulteriormente unirsi e realizzare la rivoluzione globale. Questa è la vera, corretta, politica marxista seguita dall’Internazionale.

E’ tra paesi capitalisti che invece è normalità scontrarsi, competere tra loro, anche militarmente per rubarsi i mercati, farsi le guerre.  

Quindi l’Unione Sovietica stalinista era senza dubbio un paese capitalista-imperialista. Un imperialismo che nello scontro tra potenze, sottomettendo 

altre borghesie nel Patto di Varsavia (vedi repressione Berlino nel ’53, in Ungheria nel ’57, Praga nel ’70) ingaggiava anche guerre imperialiste nel mondo, come l’invasione dell’Afghanistan nel 1979. E come la guerra contro la Cina maoista nel 1969. Esattamente come tutte le altre potenze capitaliste occidentali.  

E la Cina: ugualmente capitalista. Che, nella sua politica borghese nell’arena mondiale, non solo nel 1950 in Corea ha mosso una cruenta guerra contro gli Stati Uniti, ma nel ’69 (come sopra) si è scontrata militarmente anche con la Russia stalinista, e nel ’79 anche contro l’altrettanto stalinista Vietnam. Qui, un massacro tra stalinisti rivali.

E’ chiaro, non c’è dubbio: tutto questo non ha nulla a che spartire con il marxismo.  

La cosa però molto pericolosa è  che gli stalinisti, capitalisti nazionalisti al potere in Cina, Vietnam, e nell’ex Unione Sovietica, nel loro procedere borghese si definiscono “marxisti”, “comunisti”, ingannando le masse di tutto il mondo. Un grosso problema politico.

Sono sempre loro, da pericolosi mentitori, che sfruttando senza tanti problemi i propri lavoratori proletari, li scagliano nelle guerre contro altri proletari.

E’ evidente che c’è urgente bisogno di chiarezza.

Il compito dei marxisti, dei veri marxisti, è quindi più che mai necessario: smascherare questi impostori, e chiarire cosa sia il VERO MARXISMO e la VERA POLITICA COMUNISTA, per il futuro dell’umanità.

 


 

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A CHE COSA SERVE UNA RIVOLUZIONE?

 

 

Nella politica comunista per l’edificazione di una società superiore la rivoluzione è

concepita come rivoluzione mondiale. Non può essere altrimenti.

La rivoluzione in un singolo paese ha quindi un preciso scopo: organizzare le altre e successive rivoluzioni. Questo è punto fisso.

Ne consegue che l’arrivo al potere del proletariato in una nazione attraverso la rivoluzione ha si lo scopo, in quella determinata nazione, di mantenere il proletariato al potere, ma il compito assolutamente principale, attraverso la vittoria in quella determinata nazione, è organizzare i partiti e le organizzazioni rivoluzionarie negli altri paesi, per  poi, quando i momenti propizi rivoluzionari si presenteranno di nuovo, condurre le altre rivoluzioni.

Quindi se la rivoluzione in questo determinato paese soccombe, per svariati motivi: dall’esterno per l’attacco militare congiunto delle borghesie mondiali che hanno interesse a sopprimere la rivoluzione; o dall’interno, per motivi economici, in quanto il paese rivoluzionario dove il proletariato è giunto al potere viene isolato economicamente e versa in indescrivibili problemi economici e sociali che determinano come riflesso, l’emergere all’interno della nazione di movimenti politici e sociali borghesi che agendo riescono, in vari modi, a far crollare la rivoluzione – questo, cioè il crollo della rivoluzione in quel determinato paese, nella strategia della rivoluzione internazionale, non ha alcuna importanza, in quanto, grazie al fatto che sono stati formati partiti/movimenti rivoluzionari in tutto il mondo, nei successivi momenti rivoluzionari catastrofici le rivoluzioni riesploderanno dappertutto, giungendo allo scopo di rivoluzioni a catena. QUESTO E’ IL VERO OBBIETTIVO iniziando una rivoluzione in una nazione, per l’edificazione di una società superiore. 

Certamente la conquista rivoluzionaria proletaria in un determinato paese richiede che il proletariato arrivato al potere faccia tutti gli sforzi possibili per rimanerci, ma questo, VA ANCORA UNA VOLTA RIBADITO non è l’obbiettivo principale della rivoluzione, deve essere chiaro.

Perché è nel promuovere e organizzare con tutti gli sforzi e i mezzi possibili le rivoluzioni in tutto il mondo, cioè in ultima istanza, con la rivoluzione internazionale, che si può abbandonare il vecchio caotico sistema capitalistico commerciale strapieno di contraddizioni e problematiche e passare ad un sistema economico sociale organizzato, in cui la produzione possa essere condivisa equamente tra la popolazione, senza più la caotica e disastrosa vendita delle merci.

Pertanto la rivoluzione del proletariato in un paese può essere vista e concepita solo in questa prospettiva.

 

IL RUOLO FONDAMETALE DELL’INTERNAZIONALE.

In questa prospettiva di organizzazione di rivoluzioni in tutti i paesi, fondamentale è il ruolo della costituzione dell’Internazionale. Un’organizzazione sovranazionale di partiti e movimenti rivoluzionari, dove essi, in comune accordo, possano trovare il giusto 

orientamento di corrette posizioni politiche, di sistemi organizzativi efficaci di unione e  aiuto reciproco. L’Internazionale assolverà il suo compito storico solo quando il capitalismo a livello globale non sarà completamente sconfitto e sarà scomparso.

Tutto ciò, è evidente, è in completa contraddizione con la truffaldina e ingannatrice politica borghese stalinista nazionalista del “socialismo in un solo paese”. Una politica che mira solo a portare i nazionalisti stalinisti al potere, dove essi attraverso lo stato, gestiscono “il capitalismo statalizzato” in concorrenza contro altri capitalismi, che a loro volta potrebbero essere anch’essi statalizzati, come avvenuto nel passato anche con guerre, come la guerra tra la stalinista Unione Sovietica e la maoista Cina nel 1969 o il conflitto tra la maoista Cina e il “socialista” Vietnam nel 1979. Stalinisti che, in una società borghese in cui  tutte le leggi caotiche e disastrose del capitale continuano ad operare, dirigono capitalistiche banche statalizzate, capitalistiche industrie statalizzate, capitalistiche aziende commerciali statalizzate, luoghi di lavoro, e così via, sostituendosi ai capitalisti privati nelle loro attività. Gli esempi pratici di questa pratica borghese non mancano: oggi sono la Cina, Cuba, Corea del Nord, e nel passato l’Unione Sovietica e tutti i suoi sottomessi paesi satelliti.

Bisogna aver chiaro lo scopo di una rivoluzione proletaria per, alla fine, essere vittoriosi contro la borghesia e che gli sforzi fatti non siano stati vani.

 

                                                                                                   16 luglio 2022


 

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IL GIORNALE, STRUMENTO DI LOTTA POLITICA

A CHE COSA SERVE UN GIORNALE COME IL NOSTRO, RIVOLUZIONARIO? 

QUAL’E’ LO SCOPO DI UN GIORNALE? 

 

 

Il giornale, come lo sono i libri, le riunioni, l’analisi, le manifestazioni, i volantini, ecc. è uno dei tanti mezzi di lotta politica. Nella nostra quotidiana lotta comunista abbiamo bisogno di molti strumenti per, alla fine, poter battere la borghesia.

Ma, nell’impostare un giornale, la domanda chiave è: qual è lo scopo preciso che si vuol raggiungere con questo strumento di battaglia: Informazione? Agitazione? Chiarimento di idee? Contatto? Autofinanziamento? Collegamenti?

In sostanza, ogni tipo di giornale viene studiato e organizzato per raggiungere un preciso o più precisi obiettivi.

 

Anche il nostro giornale “Der kommunistische Kampf” persegue quindi dei determinati fini. Il primo e fondamentale: è indirizzato a favorire il primo contatto con i giovani interessati al marxismo e alla lotta contro il capitalismo. Quindi è stato costituito sulla psicologia politica dei giovani. Su questa base nella pratica bisogna rispondere a precise esigenze: a quali argomenti politici, temi, lotte, un giovane interessato al marxismo può essere attratto? Qui perciò bisogna capire bene, sperimentare e muoversi di conseguenza. E, in che forma deve essere scritto un articolo e quanto deve essere lungo per, alla meglio, essere compreso da un giovane attratto al marxismo? Infine: a chi deve essere diffuso il giornale e come deve essere diffuso?  Questi i criteri fondamentali di impostazione.

Poi “Der kommunistische Kampf” ha un secondo importante fine: elevare la professionalità politica degli attivisti. Cosa si intende con questo? La diffusione del giornale è 

un elemento fortissimo per spingere l’attivista diffusore a dare alle numerose domande poste durante la diffusione, risposte politiche corrette e coerenti. In questo sforzo si professionalizza moltissimo.

Altro fattore di formazione altrettanto efficace che il giornale svolge: far si che tutti gli attivisti (ma proprio tutti) vi scrivano gli articoli. Fattore fondamentale per favorire di continuo la formazione politica.

Su questi criteri per gli scopi prefissati dobbiamo dire che il nostro “Der kommunistische Kampf” sta funzionando, e bene. Gli interessati lo leggono volentieri e quando i ragazzi tedeschi vengono ai colloqui o alle riunioni (ancora molto piccole) soddisfatti, pongono sempre un sacco di domande politiche.

Ma per essere efficaci come organizzazione rivoluzionaria un giornale non basta, abbiamo bisogno di più giornali. Un secondo giornale di studio, di analisi molto approfondita è perciò assolutamente necessario. Un giornale che dia un’analisi molto più specifica rispetto a “Der kommunistische Kampf”.

Questo secondo giornale, in programma, sarà rivolto solo al giro ristretto interno degli attivisti, e non usato per il primo contatto.  In questo tipo di giornale di studio, gli articoli lunghi e complessi in esso contenuti, possono essere compresi bene dagli componenti dell’organizzazione, accelerando così la professionalità politica di cui hanno bisogno. Anche questo giornale sarà scritto da tutti i militanti, non escludendo nessuno, perché questo, nella formazione politica è assolutamente necessario.

Nella nostra organizzazione leninista non esiste e non esisterà mai una elite politica che si occuperà esclusivamente di scrivere gli articoli mentre tutti gli altri ne rimangono esclusi e il loro compito è di diffonderli. Non ha senso politico. Chi scrive diffonde e chi diffonde scrive. Perché è solo così, dove tutti sanno studiare e scrivere articoli e poi diffonderseli e organizzare, che si può arrivare a dare agli attivisti una professionalità di prim’ordine e completa, che in caso di attacco della borghesia ogni militante è in grado di riprodurre l’organizzazione.

Questi due giornali sono quindi gli impegni prioritari della nostra organizzazione.

Poi avremo bisogno di un giornale per la diffusione nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle piazze e così via. Questo altro giornale di primo contatto sarà “Der kommunistische Kampf” con l’aggiunta di articoli per i lavoratori, le masse, ecc.

Naturalmente i vari giornali svolgeranno anche il ruolo di garantire l’autofinanziamento.

Questo insieme di giornali è stato usato con esito positivo, molto positivo dai bolscevichi, e che noi oggi riteniamo indispensabile per lo sviluppo e il corretto funzionamento dell’organizzazione rivoluzionaria leninista. Su questa base il successo è senz’altro garantito.                                       

                                                                                7 luglio 2022  -  Claudio Piccoli


 

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        29 giugno 2022

MARX IL RIVOLUZIONARIO.

AL SERVIZIO DELL’EMANCIPAZIONE

 

Ha dedicato tutta la sua vita alla lotta per una società superiore.

UN ESEMPIO DA SEGUIRE

 

 

L’impostazione del lavoro rivoluzionario di Marx la si può riassumere in questa citazione di Pavel Annenkov: “Il 30 marzo 1846 a Bruxelles si tiene una riunione alla quale sono presenti Marx, Engels, Weitling, il belga Philippe Gigot, i tedeschi Edgar von Westphalen, il cognato di Marx Joseph Weydemeyer, Sebastian Seiler, e il russo Pavel Vasil’evic Annenkov che scrive una relazione della seduta: «Weitling parlò per primo, ripetendo tutti i luoghi comuni della retorica liberale e avrebbe senza dubbio parlato più a lungo se Marx non l’avesse interrotto, la fronte aggrottata per la collera. Nella parte essenziale della sua risposta sarcastica, Marx dichiarò che sollevando il popolo senza fondarne in pari tempo l’attività su basi solide, lo si ingannava. Far nascere speranze fantastiche non portava alla salvezza, ma piuttosto alla perdita di coloro che soffrivano; rivolgersi agli operai e soprattutto agli operai tedeschi, senza avere idee strettamente scientifiche e una dottrina concreta, significa trasformare la propaganda in un gioco privo di senso, peggio, senza scrupoli. Weitling replicò che con la critica astratta non si sarebbe potuto ottenere nulla di buono e accusò Marx di non essere altro che un intellettuale borghese lontano dalle miserie del mondo. A queste ultime parole Marx, assolutamente furioso, diede un pugno sul tavolo così forte che il lume ne tremò, e, alzandosi di scatto gridò: «Fino ad ora l’ignoranza non ha mai servito nessuno!» (Pavel Annenkov, cit. in U. Cerroni, cit., 27). Per Marx, combattere seriamente il capitalismo significava perciò operare su basi “scientifiche”, concrete, solide, non superficiali, su “speranze fantastiche”. E questo sarà la bussola che orienterà il grande rivoluzionario per tutta la sua vita politica. L’agire deve essere guidato dallo studio e lo studio deve servire per l’agire: questo il credo ferreo adottato dal rivoluzionario Marx, che fin da giovane partecipa a tutti i moti rivoluzionari, partendo dal grande sconvolgimento del 1848 che determinerà in tutta Europa l’ascesa della borghesia.  

Ed è proprio dalla sua analisi scientifica che Marx già da giovane, assieme ad Engels, può vedere da subito che il nascente proletariato, allora piccolissima minoranza nella società capitalista, nel futuro sarebbe così enormemente diffuso fino a diventare predominante nella società, per diventare poi il motore che sopprimerà e supererà il controverso sistema capitalistico. Da questa visuale Marx si attiva quindi per organizzare, sia teoricamente che organizzativamente, il proletariato, futuro elemento degli stravolgimenti sociali. 

Comincia questa sua intensiva attività politica con il fondare nel 1847, non ancora trentenne, assieme ad Engels, la “Lega dei Comunisti”. Così cita l’articolo 1 dello stesso Statuto di fondazione: «Scopo della Lega è il rovesciamento della borghesia, la soppressione dell'antica società borghese fondata sugli antagonismi di classe e l'instaurazione di una nuova società senza classi e 

senza proprietà privata». E già da subito è evidente che i due dirigenti comunisti hanno già chiaro che per raggiungere l’obbiettivo dell’abbattimento del perverso sistema mercantile la loro appena costituita organizzazione ha bisogno di basi teoriche molto solide affinchè la lotta possa essere efficace. Per cui Marx ed Engels scrivono il “Manifesto del Partito Comunista” come base programmatica. Con questo fondamentale scritto analitico il nascente movimento ha perciò adesso la possibilità di intraprendere con consapevolezza i suoi primi passi di lotta, su basi reali, scientifiche, non con idee di fantasia o dettate dalla passione come avveniva prima con i “socialisti utopisti”. Sarà il primo elemento di coscienza concreta nella lotta contro la borghesia, che in seguito tutti i comunisti del mondo adotteranno. 

Essendo che tutto il lavoro per Marx - in collaborazione con Engels - è in funzione della rivoluzione, scrive molteplici trattati scientifici, in modo che la lotta proletaria, possa raggiungere con consapevolezza l’obbiettivo dell’abbattimento capitalistico.

In questa prospettiva il rivoluzionario nel 1844 scrive “i Manoscritti economico-filosofici”,  nel 1845 La sacra famiglia”, le Tesi su Feuerbach (1845), L'ideologia tedesca (1845), Miseria della filosofia (1847), nel 1849 Lavoro salariato e capitale” , “Il 18 brumaio di Luigi Napoleone” (1852), “Grundrisse” (1857-1858), “Per la critica dell'economia politica” (1859), l'incompiuta opera de Il Capitale” (1867), “La guerra civile in Francia (1871) e “la Critica del Programma di Gotha” (1875).  A questo va aggiunto tutto il lavoro sul "Materialismo storico".

Tutte le analisi    politiche, sociali, economiche e filosofiche, scritte, va ripetuto, spesso im modo molto semplice, non per compiacere se stesso, ma con lo scopo preciso di sostenere e organizzare la lotta politica rivoluzionaria. 

In contemporanea ovviamente intensissima è la sua attività pratica.

Dopo la "Lega dei Comunisti" del 1847, Marx fu tra i fondatori della "Prima Internazionale" nel 1864, per la quale scrive il discorso di apertura dello statuto dell'Associazione. All'interno dell'Associazione  è responsabile della Germania e successivamente anche dei Paesi Bassi e della Russia. In questo periodo è molto attivo nel lavoro di chiarificazione politica e di orientamento dell'organizzazione, conducendo al contempo una lotta decisa contro i socialisti utopisti, la corrente borghese radicale e gli anarchici.

 

Nel 1875, con il suo trattato "Critica del programma di Gotha", delineò le linee programmatiche fondamentali su cui si sarebbe fondato il Partito Socialdemocratico di Germania, che Marx ed Engels avrebbero guidato fino alla loro morte.

È difficile trovare nella storia una dinamica rivoluzionaria teorica e pratica così intensa allo stesso tempo.  Molto lontano dalla rappresentazione borghese di un Marx descritto "solo" come filosofo. Si tratta di una attività rivoluzionarie di altissimo livello che ha fatto la storia. UN ESEMPIO DA SEGUIRE.

Un riferimento particolare al famosissimo "Il Capitale": un'analisi così reale e dettagliata della società capitalista che anche molti avversari politici ne riconoscono la validità scientifica. L'analisi scientifica completa di Marx e il suo lavoro pratico con la "Lega dei Comunisti", l'"Internazionale" e il "Partito Socialdemocratico di Germania" sono oggi i criteri pratici granitici su cui si basano tutte le organizzazioni che lottano contro il perverso capitalismo.  E così sarà fino al suo rovesciamento finale. Un grande ringraziamento al grande Marx.


 

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ANALISI DELLA SITUAZIONE IMPERIALISTA

 

LA GUERRA IN UCRAINA STA RAFFORZANDO NOTEVOLMENTE LA BORGHESIA AMERICANA SULLA SCENA INTERNAZIONALE

 

Vogliamo qui fare un riassunto di come le potenze capitaliste sul pianeta

scontrandosi con tutti i mezzi, guerre comprese, cinicamente

cercano di raggiungere gli obiettivi che si prefiggono.

 

 

 

 

           3 maggio 2022

 

Mai come adesso dal dopoguerra in poi l’imperialismo di Washington ha avuto alleati così stretti e compatti, e una NATO così ambita dalle borghesie dei paesi europei, anche da quelli che prima erano scettici come Svezia e Finlandia. Se prima la NATO era un po’ snobbata in Europa, adesso il conflitto militare russo in Ucraina ha messo così tanta paura alle borghesie europee che terrorizzate, non solo chiedono, ma ora pretendono a gran voce la protezione della NATO e il suo veloce rafforzamento e allargamento.    

E’ proprio l’invasione russa dell’Ucraina che rinsalda questo enorme polo militare-politico imperialistico, esattamente l’opposto di ciò che si prefiggeva il governo di Mosca, che con il blitz militare di invadere l’Ucraina, pensava di rafforzare la sua posizione geopolitica nella scena internazionale, dividere con il ricatto del gas e i suoi prodotti agricolo-minerari  i paesi europei - all’interno di essi e dagli Stati Uniti - e di rafforzare la sua alleanza con l’imperialismo di Pechino.  

Già prima  (causa l’emergere dell’imperialismo cinese) il presidente Trump nel suo mandato quadriennale nel suo “Make America Great” aveva fatto tutti gli sforzi possibili per raggiungere l’obbiettivo di compattare l’unione USA-Europa (detta “transatlantica”) attraverso la nota politica di innalzamento dei dazi doganali contro Cina e Russia, le dure sanzioni contro Russia, Cina, Iran, Venezuela, ecc. e di rafforzare la NATO cercando di costringere i paesi europei a portare le proprie spese militari al 2%. Ottenendo però solo in parte i risultati. Ora tutto questo, e ancor di più, nel giro di un mese causa la guerra russa in Ucraina, all’amministrazione Biden si è realizzato, con la prospettiva di rafforzarsi ancor più con il proseguire della guerra.

  

INTERESSE USA AL PROSEGUIMENTO DELLA GUERRA. Molti commentatori internazionali scandalizzati accusano Biden di non voler metter fine al conflitto ucraino, di non cercare il compromesso con Putin. Ma insultandolo di continuo, isolandolo politicamente, rifiutando i russi 

negli incontri internazionali, mandando sempre più armi alle forze ucraine, ecc. di fomentare e cercare con determinazione il proseguo del conflitto.

Questo, nel brutale scontro tra borghesie senza esclusione di colpi, potrebbe effettivamente corrispondere alla realtà.    

Perché se Putin per i suoi interessi geopolitici ha cercato e causato la guerra, Biden adesso per i suoi altrettanto obiettivi geopolitici potrebbe avere interesse che la guerra continui. Per i motivi imperialisti sopra accennati: più la guerra continua e più l’alleanza transatlantica USA-Europa si rinsalda; più la guerra continua e sempre più paesi europei vogliono velocemente entrare nella NATO (perfino la neutralista Svizzera ci sta pensando) e i vari governi europei senza più esitazione vogliono innalzare le proprie spese militari NATO; 

un lungo proseguo della guerra può indebolire di molto il concorrente russo. Non ultimo: causa la guerra, un notevole rafforzamento del polo politico-militare StatiUniti-Europa isola sulla scena internazionale anche l’imperialismo di Pechino (e l’India). Non poco per la borghesia americana che con tutti i mezzi cerca di contrastare l’ascesa delle borghesie concorrenti.

 

E TUTTI QUESTI VANTAGGI USA, CAUSA LA GUERRA IN UCRAINA VOLUTA DALL’ AVVERSARIO   PUTIN.  

 

Fin dall’inizio era chiaro che nello spietato scontro tra capitalisti, Putin, fallendo l’obbiettivo di impadronirsi velocemente dell’Ucraina e impantanandosi in una lunga guerra di posizione, Biden ne avrebbe approfittato. Quanto ne avrebbe approfittato, subito non era chiaro. Adesso si. Washington sembra miri non solo al rafforzamento dell’asse USA-Europa, ma con il proseguo della guerra, come detto, voglia assolutamente arrivare al collasso della  non industrializzata economia russa, alla deposizione di Putin, con un indebolimento dell’imperialismo russo sulla scena internazionale tale da diventare non più pericolosa per gli interessi USA, così da neutralizzarla per un paio di decenni, come successo precedentemente con l’Unione Sovietica.

E il forte rafforzamento strategico USA-Europa e le notevoli difficoltà di Mosca è un segnale potente anche per l’imperialismo di Pechino: la Cina adesso ha meno alleati sulla scena internazionale, e deve porre attenzione alle sue prossime mosse imperialiste (Taiwan compreso). Perché USA e Europa assieme pesano sul PIL mondiale circa il 40%, mentre la Cina è ancora al 16% (mentre la Russia è poco sopra all’1%). E perché la potenza USA con la guerra in Ucraina sta dimostrando essere una potenza militare di altissimo livello, livello a cui l’imperialismo cinese ancora ne è ben lontano, e che in caso di in un eventuale disastroso scontro non avrebbe alcuna chance.

 

Un’ultima osservazione: LA DEBOLEZZA MILITARE RUSSA.

L’imperialismo russo si è sempre pavoneggiato sui media internazionali (supportato con entusiasmo dagli stalinisti  - e lo sta facendo paradossalmente ancora adesso) come una grande potenza militare: la guerra in Ucraina sta dimostrando tutto il contrario. L’esercito ucraino, uno dei più poveri in Europa ma in questa occasione abbondantemente armato da USA (e inglesi) lo ha facilmente sconfitto nell’ovest del paese e adesso lo scontro militare si è spostato a est nella regione del Donbass. Nel conflitto ucraino l’esercito russo ha palesato tutte le sue debolezze: una parte del suo arsenale ancora a bassa tecnologia (una quota di carri armati provengono dell’ex Unione Sovietica), una notevole scarsità di armi e uomini, una accentuata disorganizzazione logistica (di organizzazione) e un debole supporto satellitare. In pratica un nano militare rispetto alla potenza di fuoco USA enormemente tecnologizzata ed estremamente efficiente. Il motivo di questa debolezza militare russa? Il basso grado di industrializzazione del paese, che non riesce a garantire uno standard di livello militare alto e moderno e dove i militari ricevono uno stipendio pari a 400-500 dollari al mese. Nello spietato confronto interimperialistico sarà quindi facile alla potente borghesia di Washington cogliere l’occasione Ucraina per mettere a tacere ancora una volta il nano russo.

Il cinico confronto tra borghesie fa ribrezzo ai proletari. Masse proletarie che purtroppo ne devono subire le tragiche conseguenze. Tutto questo può finire solo con l’abbattimento del sistema del profitto. Non c’è altra via.

 

 

 



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