ARTICOLI DI POLITICA, ATTUALITA'
E DEL PROSSIMO GIORNALE
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26 marzo 2023
L’insanabile società capitalistica:
“IL DIVARIO TRA RICCHI E POVERI CRESCE RAPIDAMENTE”
“Secondo il rapporto dell'organizzazione Oxfam, una persona su dieci nel mondo soffre la fame.
Allo stesso tempo, molte aziende hanno tratto enormi profitti dalle recenti crisi: nel 2022,
95 aziende alimentari ed energetiche hanno più che raddoppiato i loro profitti” .
“Tagesschau” (Tv di stato tedesca) - 16 gennaio 2023
I dati riportano, causa la crisi pandemica Covid prima e la guerra in Ucraina dopo, la popolazione mondiale ha subito un arretramento di livello di vita, in generale, riconducibile a 25 anni fa.
Tutt’altro invece la situazione riguardante i ricchi. Così il portale “Tagesschau” (tv di stato tedesca) del 16 gennaio 2023 nell’articolo “Il divario tra ricchi e poveri cresce rapidamente” nel capitolo “La ricchezza dei miliardari è schizzata alle stelle” : “… durante la pandemia Corona, cioè dal 2020, un totale di 26 trilioni di dollari USA è andato all'1% più ricco dell'umanità e 16 trilioni di dollari USA al restante 99%”. In altre parole: in questo periodo l’1% della popolazione cioè i ricchi, si è impossessato di quasi il doppio del restante 99% dell’umanità. Una discrepanza impressionante, in questa società che si definisce la migliore esistente, la più giusta e civile possibile. Tutto questo in una situazione dove, mentre la popolazione a livello mondiale ha dovuto e deve sopportare durissime restrizioni, sofferenze, morti, aumento dei prezzi - ossia sacrifici enormi, i cinici e avidi miliardari hanno colto l’occasione dei disastri per aumentare vertiginosamente ancor di più i già loro enormi capitali. Vergognoso, veramente.
In contemporanea precisa il “Tagesschau”: “Secondo Oxfam, almeno 1,7 miliardi di lavoratori vivono in Paesi in cui l'inflazione è superiore alla crescita dei salari. E circa una persona su dieci sulla terra soffre la fame” (ibidem). Il significato: mentre i miliardari diventano più ricchi, quasi due miliardi di lavoratori nel mondo perdono potere d’acquisto dei salari causa l’aumento dei prezzi, e una persona su 10 ha problemi economici per pagarsi perfino il mangiare. Stridente contraddizione.
Una società capitalistica quindi totalmente squilibrata e ingiusta. Dimostra quanto non sia adatta a risolvere i problemi dell’umanità, e come le contraddizioni insite nel sistema non possano trovare soluzione se non con l’abbattimento del sistema stesso.
L’articolo del “Tagesschau” passa poi ad illustrare la situazione in Germania, che ovviamente è fotocopia della squilibrata contraddizione capitalista generale: “In Germania, l'81% dell'aumento totale della ricchezza generato tra il 2020 e il 2021 andrà all'1% più ricco della popolazione. Al restante 99% della popolazione va solo il 19% dell'aumento di ricchezza” (ibidem). Ancora una volta quindi anche in Germania abbiamo la conferma che il divario tra ricchi e lavoratori si allarga sempre più, anche se i media alle masse tengono nascosto questo imbarazzante aspetto e presentano la Germania come il paese più giusto e corretto che possa esistere.
E’ anche il portale “Capital” nell’articolo “Il patrimonio privato in Germania sale a 20 bilioni di dollari” del 22 giugno 2022 che si occupa, fa un’analisi della mal distribuita ricchezza in Germania: “Più di 3000 superricchi possiedono un quinto della ricchezza privata tedesca. Un nuovo studio prevede che il loro numero continuerà a crescere in modo significativo”. “Capital” conferma la grande disparità sociale esistente in Germania tra lavoratori e ricchi. Disparità destinata, afferma, ad accrescersi.
Ma per contrastare questa enorme eclatante ingiustizia sociale, cosa fanno il governi? Come si comportano? Impongono alle aziende di aumentare i salari? Aumentano le tasse ai superricchi e le diminuiscono ai lavoratori? Impongono che il lavoro precario venga abolito? Aumentano le pensioni? No, di tutto questo assolutamente niente. Anzi, procedono al contrario! Si scagliano contro i lavoratori in lotta che scioperano per il recupero salariale eroso dall’aumento dei prezzi, o che scioperano duramente contro l’innalzamento dell’età pensionabile, etichettandoli come “distruttori della società” o “fomentatori del caos”. O cercano, come in Gran Bretagna, di promulgare leggi contro il diritto di sciopero, o mandano la polizia a bastonare gli scioperanti. Tutti contro i lavoratori.
E’ con l’aiuto dei partiti che si alternano nei governi nel favorire, servire in tutti i modi i miliardari nei loro interessi a scapito dei lavoratori (anche se a parole e in campagna elettorale dicono il contrario) che chiarisce il perché i ricchi anche nei disastri sociali diventino sempre più ricchi. Ma ancor di più: come grazie a questo aiuto i ricchi, come iene affamate, approfittino delle devastanti situazioni catastrofiche di enormi sofferenze umane per accumulare ancor più denaro.
Il capitalismo: una società profondamente ingiusta, come il marxismo da sempre ribadisce. Solo il suo abbattimento può portare quel benessere sociale a cui tutti aspirano.
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20 marzo 2023
Analisi dello scontro internazionale tra borghesie
IL SOGNO DELL’ESERCITO EUROPEO INFRANTO
DEFINITIVAMENTE CON LA GUERRA IN UCRAINA
Esercito europeo: realtà o chimera? Verosimilmente una chimera.
L’imperialismo americano che ha vinto la 2° guerra mondiale chiaramente non lo vuole.
A 30anni dalla fondazione della UE nel 1993 a Maastricht l’esercito europeo rimane sempre un desiderio. Evocato, o forse è meglio dire, sospirato dalle cancellerie europee, non è mai stato però preso veramente sul serio nella sua costituzione pratica.
A mettere le cose in chiaro ancora una volta è stato il vertice tra NATO e Unione Europea a Brussel in gennaio, dove gli americani hanno ribadito e poi con gli europei sottoscritto, che la difesa europea è compito della NATO. Visto il contenuto del documento finale probabilmente la parola “esercito europeo” non è mai stata neanche pronunciata.
Nell’Alleanza Atlantica, dove anche gli stati (le borghesie) europei ne fanno parte, l’imperialismo americano svolge un ruolo di dirigenza che assolutamente vuole mantenere, impedendo in tutti i modi che le borghesie europee si uniscano mettendo in discussione la leadership di Washington. In questo intento impedisce pertanto sia la formazione di una Unione Europea politicamente pienamente unita, che la formazione di un esercito europeo unito.
E nel vertice congiunto NATO-EU a Bruxelles questo viene detto e ribadito con molta fermezza: "Il presidente Putin voleva dividerci ma ha fallito. Il regime a Mosca voleva un'Europa differente [ il distacco dell’Europa dagli USA – ndr ] e ciò avrebbe conseguenze sulla nostra sicurezza. Quindi noi dobbiamo continuare sulla nostra alleanza transatlantica, sulla cooperazione Ue-Nato e rendere più forte il nostro supporto all'Ucraina’. Ha dichiarato Stoltenberg – NATO” (ANSA – 10 gennaio).
E da parte EU rimarca Michel, presidente del Consiglio Europeo: "L'Ue e la Nato ‘hanno aggiornato
le loro ambizioni sulla sicurezza globale. Con la dichiarazione di oggi vogliamo intensificare la nostra cooperazione su spazio, infrastrutture strategica, disinformazione e ingerenze, cambiamento climatico" … "Viviamo in un'epoca di crescente competizione strategica. La crescente assertività e le politiche della Cina presentano sfide che dobbiamo affrontare, rimarcano la Ue e la Nato” (ibidem).
Si legge poi nel documento finale "Come sottolineato sia dal Concetto strategico della Nato che dalla Bussola strategica dell'Ue, questo è un momento che dimostra più che mai l'importanza del legame trasversale e che richiede una più stretta cooperazione tra l'Ue e la Nato. La Nato rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza euroatlantica. Riconosciamo il valore di una difesa europea più forte e più capace, che contribuisca positivamente alla sicurezza globale e transatlantica e sia complementare e interoperabile con la Nato", (ibidem) .
E’ in questa dichiarazione congiunta “La Nato rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza euroatlantica" che viene dichiarata l’essenza del vertice militare NATO-EU : sarà solo la forza armata della NATO – ossia a direzione USA - che d’ora in avanti svolgerà il ruolo di difesa europea, intendendo: non esisterà un futuro esercito europeo. Per le borghesie europee è la chiara fine delle speranze di una unione militare esclusivamente europea.
D’ora in avanti (ma in realtà lo era anche nel passato) le future dichiarazioni di politici e giornali di “costituzione di una armata europea per difendere gli interessi degli europei” sarà solo retorica, la continuazione di un piagnisteo senza speranza.
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4 marzo 2023
Elezioni regionali in Italia:
ASTENSIONISMO REKORD DEL 60%
DOPO FRANCIA E GERMANIA ANCHE IN ITALIA L’ASTENSIONE AL VOTO AUMENTA VERTIGINOSAMENTE
Ormai la si può definire una tendenza inarrestabile: l’aumento dell’astensionismo europeo al voto. Dopo Francia e Germania, adesso anche in Italia.
Non va visto come una cosa anomala, temporanea o negativa, ma la presa di coscienza delle masse lavoratrici nel constatare che nell’attuale sistema capitalistico le elezioni non rappresentano i loro interessi, è una commedia che non ha niente a che fare con il risolvere i loro problemi quotidiani.
Una commedia dove la sceneggiatura prevede, da copione, che in campagna elettorale si prometta a più non posso, per poi dopo il voto venir invece aumentate le tasse, il lavoro precario si allarga, i prezzi volano e gli stipendi perdono potere d’acquisto, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e non possono essere ne toccati ne tassati e loro si che aumentano i loro patrimoni.
Tutte cose chiare, non inventate, reali e toccabili. Quindi è logico che con il passare dei decenni nelle sceneggiate elettorali, dove i politici non sanno più cosa inventarsi nel lusingare per carpire il voto degli elettori, per poi regolarmente non mantenere, le masse aprano gli occhi.
L’ANALISI DEL FENOMENO ASTENSIONE.
Dell’eclatante boom di astensioni in Italia - il 60% non ha votato. Mentre i partiti hanno fatto finta di niente (o forse non lo vogliono dimostrare), hanno ignorato palesemente l’accaduto come se il fatto non accadesse, chi sembra essersi scandalizzato del fatto sono stati solo alcuni commentatori privati e giornalisti. Questi però, che si reputano la crema dell’intelligenza, sembra non abbiano proprio capito le profonde ragioni del perché del fenomeno astensione. Per “La Stampa” testata dell’ex F IAT ora Gruppo Stellantis, il motivo dell’alta non partecipazione in questa tornata elettorale è perché “La sinistra non offre una alternativa” (14 febbraio 2023). Il giornale intende che le proposte dei partiti di sinistra non erano così attraenti per gli elettori, per cui molti non sono andati alle urne. Per “Il Fatto Quotidiano” giornale di intellettuali borghesi indipendenti di sinistra, la causa del boom di astensioni risiede nel “senso di lontananza che vivono i cittadini da chi si candida per le istituzioni” e questa discrepanza tra elettori e politici risiederebbe "… Per esempio dai sondaggi emerge che il 55-60% degli italiani è contrario all’invio di armi all’Ucraina, ma
il 90% dei partiti è invece favorevole" (14 febbraio 2023). Quindi nessun accenno al contrasto esistente tra i problemi reali economico-sociali dei lavoratori e le promesse elettorali poi regolarmente evase. Per “RAINEWS”, portale della tv di stato italiana, così viene interpretato l’enorme tasso di astensione: “Il primo fattore sarebbe da ricercare nella divisione delle opposizioni sia in Lombardia che nel Lazio”. Il secondo fattore: “L'idea di fondo sembra essere quella per cui ‘le persone ormai pensano che il proprio voto non cambi le cose’, spiega Pregliasco [ricercatore dell’Università Studi Milano n.d.r.]. Quel che è certo - viene sottolineato - è che se la tendenza all'astensionismo prosegue, ‘salta una rotella del motore della democrazia’. E nessuna forza politica, in tal caso, avrebbe molto da festeggiare” (13 febbraio 2023). Pregliasco quindi si avvicina al ganglio del problema, senza però specificare che se “le persone ormai pensano che il proprio voto non cambi le cose” è proprio perché i politici eludono i problemi assillanti sociali: il lavoro precario, le masse di giovani sottopagati, la disoccupazione, i bassi salari, le pensioni, ecc. fondamentali invece per l’analisi marxista per capire. Nell’astensionismo Pregliasco vede invece un grosso problema: “salta una rotella del motore della democrazia”: intende un problema di tenuta sociale per la classe dominante capitalista.
In tutti questi commenti nessuno rimarca però (o forse non lo si vuole rimarcare) che la tendenza all’aumento dell’astensionismo è un fattore europeo e che pertanto è in quest’ottica, come noi facciamo, che va analizzato.
La spontanea consapevolezza apre la strada, sempre, alla realtà. E le masse salariate con il passare del tempo non potranno altro che constatare la conferma e rafforzare questa loro intuizione di inutilità elettorale, e si renderanno sempre più conto che solo con il sacrificio delle dure lotte (e non con una semplice “crocetta” sul foglio elettorale) possono risolvere i loro problemi. E la Francia è già apripista su questa tendenza, dove su ogni problema sociale, correttamente, vengono condotte massive lotte a non finire.
Nell’analisi marxista le elezioni non sono solo una “farsa”, ma i politici, classificati come “tirapiedi” della minoranza capitalista, vengono posti tra i “nemici di classe”. E’ in questa tendenza che si muoverà il futuro.
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25 febbraio 2023
ONDATA DI SCIOPERI IN EUROPA,
PER ADEGUARE GLI STIPENDI ALL’AUMENTO DEI
PREZZI E CONTRO LA RIFORMA PENSIONI
CON L’AUMENTO DEI PREZZI SI RIACCENDE
LA LOTTA DI CLASSE CONTRO PADRONI E GOVERNI.
MENTRE I RICCHI DIVENTANO SEMPRE PIU’ RICCHI I LAVORATORI DEVONO SCIOPERARE DURAMENTE PER IL SALARIO.
La guerra in Ucraina, il brutale scontro interimperialistico tra briganti capitalisti per contendersi la nazione, non è solo la sanguinosa causa di innumerevoli vittime tra giovani soldati e civili, ma come tutti i conflitti è anche motivo di sconquassamento dei mercati, tra radicali sanzioni reciproche, aumento del prezzo delle materie prime e speculazioni affaristiche di tutti i tipi.
In tutto questo anche l’aumento dei prezzi è caratteristico nei momenti catastrofici guerrafondai. Situazioni in cui improvvisamente le masse lavorative delle varie nazioni si ritrovano con salari repentinamente ridotti. Per cui i lavoratori, per recuperare la parte persa del salario eroso, sono costretti a rimettere in piedi la dura lotta di classe di intensi scioperi, in un contesto dove invece dalla parte opposta le aziende accumulano enormi profitti. Profitti dovuti sia alla passata Pandemia che alla guerra stessa. Con governi che fan finta di non vedere le enormi speculazioni delle grandi multinazionali nel mercato internazionale.
Ed ecco la contraddizione sociale: mentre imprese e banche accumulano sempre più miliardi sfruttando la situazione, i salariati sono costretti a scioperare duro per avere un salario decente. Quindi in Europa le ondate di scioperi per il recupero salariale: subito in Gran Bretagna e poi Germania. Mentre in Francia i lavoratori sono occupati in una intensissima lotta contro il peggioramento dell’età pensionabile.
GRAN BRETAGNA. E’ la nazione europea più colpita dall’inflazione: + 10,7%. Dove già alcune categorie verso la fine del 2022 hanno cominciato a scioperare per il recupero salariale. Per primi sono partiti il personale aeroportuale e poi i portuali, e a seguito ferrovieri, i lavoratori dell’università, a cui si è aggiunto ora il personale della scuola e della sanità. I sindacati rivendicano un aumento del 19%, il governo offre il 4,7%. Lo scontro quindi si preannuncia molto duro e acuto.
E’ in queste situazioni di intenso scontro sociale dove i lavoratori lottano per le loro famiglie, per un livello di vita accettabile, che vengono alla luce pubblicamente i nemici della classe lavoratrice: i padroni certamente, ma anche il governo, i partiti (che prima nella farsa della campagna elettorale avevano con enfasi promesso la loro difesa), giornali, tv, e intellettuali vari. Tutti schierati rabbiosamente contro i proletari in lotta, a difesa di padroni e i loro profitti, di cui ne traggono vantaggio, accusando gli scioperanti in lotta di “creare caos” di “voler rovinare il paese”, di cercare “sfascio” e cose di questo genere. E non che è fondamentale salvaguardare gli stipendi di chi lavora. Ed è proprio in queste dure lotte di recupero salariale che questi lacchè riprendono la vecchia tradizionale menzogna (già famosa ai tempi di Marx, che per smentire scrisse l’opuscolo “Salario, prezzo e profitto”) secondo cui gli aumenti salariali causerebbero “l’aumento dell’inflazione”. Un grande menzogna, perché appunto i recuperi salariali seguono sempre i già aumentati prezzi, e non il contrario, proprio come da Marx precisato. Ma questo i
tirapiedi dei borghesi non lo dicono. E questi nemici dei lavoratori in Gran Bretagna stanno elaborando perfino un losco sistema, un trucco per abolire il diritto di sciopero.
GERMANIA: Anche in Germania è il settore pubblico che è in lotta per il recupero salariale: autobus, treni, ospedali, servizi di pulizia stanno scioperando. Il sindacato chiede un aumento del 10%. Come caratteristico in questo paese già sono partiti gli “scioperi di avvertimento”, cioè scioperi localizzati nelle zone “più sensibili” - che si allargheranno sempre più con il proseguire della vertenza, se non arriva l’accordo.
FRANCIA: In questo paese i lavoratori sono impegnati in intensissime lotte contro l’innalzamento dell’età pensionabile. Il governo, facendo finta di ignorare i bilanci molto positivi delle aziende francesi, inventandosi che non c’è sufficiente denaro per le pensioni, attacca i lavoratori sull’età pensionabile. I lavoratori francesi, confermandosi l’avanguardia europea nella difesa salariale di classe, stanno rispondendo come sempre in modo massiccio e compatto, con durissimi scioperi e lotte estese in tutta la nazione. Questo il contesto europeo.
Ma, vorremmo rimarcare I NEMICI DI CLASSE. Come sopracitato è in queste situazioni di intensa lotta che I NEMICI DEI LAVORATORI si mostrano di persona. Mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, attaccano rabbiosamente i lavoratori in sciopero che rivendicano i loro diritti. Nei nemici di classe non può mancare ovviamente l’Europa. Mentre rifiuta gli adeguamenti salariali ai propri dipendenti, la BCE (Banca Centrale Europea) - perno su cui si muove l’intera Unione Europea - consiglia ai governi europei di tener duro al fronte delle richieste salariali, di concedere il meno possibile, e come giustificazione, di usare proprio la frottola che “gli aumenti salariali causano inflazione”. Governi che, com’è evidente, stanno obbedendo da bravi scolaretti al diktat di Bruxelles.
LAVORATORI EUROPEI UNITI: E’ ovvio che se contro agli imprenditori europei uniti i lavoratori potessero contrapporre un fronte di lavoratori europei uniti, di sindacati europei uniti, la faccenda della difesa dei diritti dei lavoratori assumerebbe un valore molto diverso. E’ anche per raggiungere questo obbiettivo sindacale che come leninisti attivisti siamo impegnati.
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6 febbraio 2023
Analisi dello scontro interimperialista
UCRAINA: UNA GUERRA SEMPRE PIU’
DIRETTA TRA USA e RUSSIA
NEL BRUTALE SCONTRO TRA CAPITALISTI, DOVE L’IMPERIALISMO RUSSO HA INVASO L’UCRAINA,
L’OBBIETTIVO DELLA BORGHESIA AMERICANA E’ ORA FAR CROLLARE DI NUOVO IL CONCORRENTE RUSSO
Adesso viene detto da tutti: la guerra in Ucraina è in realtà uno scontro tra USA e Russia: gli USA che armano e usano gli ucraini contro la Russia, che con il suo esercito ha invaso l’Ucraina.
E’ uno scontro tra imperialismi, cioè tra multinazionali che dirigono e muovono i governi a secondo dei loro interessi. Uno scontro tra briganti, con l’unico scopo, a guerra finita di incrementare i loro profitti, e dove la vita delle persone non ha alcun valore. Nel perverso sistema capitalista il conflitto in Ucraina non è altro che la continuazione della prima e seconda guerra mondiale e di tutte le altre guerre che impestano il pianeta. Infatti da qualcuno questa guerra viene definita “l’inizio della terza guerra mondiale” mentre altri ne vedono “un macello senza fine”.
Il fatto è che la guerra viene contemplata come “normalità” nella competizione tra capitalisti, e questo spiega il perché nel pianeta ve ne sono un’infinità senza fine.
Analizzando il contesto della guerra in Ucraina è la borghesia americana che detiene il soppravvento sui russi e sta dettando le regole. Ha la netta superiorità militare rifornendo infinitamente di armi di tutti i tipi i militari ucraini, mentre l’esercito russo sta rosicchiando le scorte. E ha il soppravvento politico generale. Detta le regole: tutte le nazioni della sfera USA, dalla UE al Giappone, dalla Corea del Sud alla Polonia e Paesi Baltici, devono seguire volenti o nolenti le direttive politiche, militari, economiche contro la Russia e suoi alleati, che Washington dispone.
Si conferma e diventa sempre più chiaro che in questo brutale scontro tra briganti capitalisti, l’obbiettivo di Washington non è solo quello di “liberare l’Ucraina”, ma di far crollare non solo militarmente, ma anche economicamente il concorrente Russia, sia attraverso il peso della guerra, che attraverso le dure sanzioni economiche imposte - proprio come da noi in maggio subito dopo l’inizio della guerra avevamo intravisto e scritto nell’articolo “La guerra in Ucraina sta rafforzando notevolmente l’imperialismo americano sulla scena internazionale” (Der kommunistische Kampf” - 3 maggio 2022). Per ottenere però questo, cioè il crollo russo, l’imperialismo americano ha bisogno di tempo, molto tempo perché l’economia russa arrivi allo
sfascio, quindi verosimilmente il conflitto in Ucraina è destinato a durare a lungo, con la brutale carneficina che ne consegue.
Con questo “intervento” in Ucraina la borghesia americana persegue a livello internazionale anche un altro preciso scopo tipico nello scontro interimperialistico: vuole ridefinire, impostare la sua propria posizione imperialistica strategica globale per almeno i prossimi 20 anni. Ciò significa: da una parte continuare a preservare il controllo politico-militare su gran parte del globo, e dall’altra, in contemporanea, prepararsi per lo scontro contro il futuro gigante economico emergente asiatico, ossia l’imperialismo cinese.
Ma con l’ “Operazione Ucraina” all’imperialismo di Washington si è presentata anche un’altra inaspettata opportunità: riaffermare inequivocabilmente il ruolo militare dirigente della NATO nel rapporto con gli alleati e soprattutto nella difesa militare dalla UE, affossando definitivamente l’idea in Europa della costituzione di un esercito europeo. Mentre dall’altro lato, in Asia, ha dato il via libera al Giappone per un parziale riarmo, come futuro bastione dell’Alleanza Atlantica contro l’emergere del gigante Cina.
In quest’ottica perciò, dello scontro interimperialistico, la futura sconfitta della Russia sarà un chiaro monito-segnale per tutte le borghesie del pianeta, ossia: la borghesia americana è ancora forte, anzi, più forte che mai, ed è in grado di imporre ancora le proprie regole. In questo, anche l’imperialismo cinese è avvisato.
La barbaria delle guerre perciò segnerà ancora il futuro. Sarà ciò che ci accompagnerà inesorabilmente ancora nel tempo. Finchè le rivoluzioni proletarie non instaueranno la nuova società superiore.
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9 febbraio 2023
LA LOTTA SBAGLIATA DEI TROTZKISTI
PER L’INDIPENDENZA DEI CURDI
SONO I CAPITALISTI CURDI AD AVER INTERESSE ALL’INDIPENDENZA PER FAVORIRE
I LORO AFFARI E DIVIDERE I LAVORATORI A LIVELLO REGIONALE
Ieri i trotzkisti hanno sostenuto le lotte per l’indipendenza dei palestinesi, degli irlandesi, dei baschi, dei catalani e molti altri ancora, e adesso è il turno dei curdi. Di routine i trotzkisti sostengono le lotte per l’indipendenza che nel mondo si succedono. Nel loro obbiettivo di - secondo il loro schema - attraverso l’appoggio a queste lotte per l’indipendenza, arrivare a trasformarle poi in rivoluzioni, non hanno mai però ottenuto nulla. Non una di queste contese da loro sostenute ha portato alcunché di risultato rivoluzionario, se non il fatto di seminare odio tra i lavoratori coinvolti nella lotta per l’indipendenza contro i proletari delle altre nazioni, che i in questo scontro non hanno assolutamente niente a che fare.
Nell’analisi marxista il perchè i trotzkisti in questa loro politica di sostegno alle indipendenze non ha portato a niente è molto semplice e concreta.
Le lotte per l’indipendenza capitalistica di una etnia (o religione o regione) partono sempre, sono sempre fomentate, organizzate e condotte dai capitalisti. Dai capitalisti chiaramente dell’etnia, regione o zona interessata. Che mirando all’indipendenza ne vedono il proprio interesse e vantaggio affaristico. Normalità nel capitalismo e niente di nuovo. Per cui questi capitalisti bancari, imprenditori, finanza e così via, attraverso i loro sistemi di propaganda, giornali, tv, intellettuali, politici, preti, ecc. con il banale pretesto di una non meglio specificata “libertà” da raggiungere, fomentano incoraggiano, finanziano e poi armano queste lotte di indipendenza.
Questa è la base reale su cui si muovono questi tipi di conflitti.
In pratica è uno scontro tra capitalisti: capitalisti di aree locali che sfruttando il pretesto dell’etnia o della religione o altro, si vogliono staccare, essere indipendenti dai capitalisti nazionali, così da essere liberi nel condurre le loro attività imprenditoriali. Una indipendenza dove, è ovvio, per i lavoratori dipendenti non cambia invece assolutamente nulla, in quanto anche nel nuovo contesto autonomo essi rimangono sempre oppressi e sfruttati, esattamente come lo erano prima.
E’ quindi su questi obbiettivi borghesi che le masse in questi scontri capitalistici vengono coinvolte, trascinate e infine dalla borghesia locale, una parte di esse anche armate.
Le minoranze armate, anche se alcune di loro (poche) si definiscono “marxiste”, si muovono perciò in questa linea capitalista, coinvolte nella situazione, e spesso, come dimostrato nei loro proclami, non proprio consapevoli dell’obbiettivo borghese. Quindi lottano non su obbiettivi comunisti, rivoluzionari. Questo è chiaro.
I trotzkisti, come detto, vedono una possibilità in questi scontri: di inserirsi per trasformarli in lotte rivoluzionarie. Un’utopia, come da sempre noi affermiamo. Che, come dimostrato, non ha mai funzionato e mai funzionerà. Il motivo molto semplice e reale è che la parte di popolazione (armata e no) che si mobilita per l’autonomia sotto influenza borghese, appena raggiunto l’obbiettivo - l’indipendenza capitalistica - seguendo i capitalisti, si ferma, festeggiando lo scopo raggiunto. Pertanto non segue poi la minoranza dei trotzkisti per la continuazione della lotta verso la rivoluzione proletaria. Trotzkisti che fino a quel momento hanno insistentemente fatto lo sbaglio di non affermare e ribadire da subito che il compito dello scontro deve essere la rivoluzione proletaria, e non l’autonomia della regione.
Per cui, a indipendenza raggiunta, la minoranza trotzkista viene, dai nuovi vari governi borghesi appena insediatosi, isolata e in vari modi neutralizzata. In pratica in queste
situazioni i trotzkisti vengono utilizzati dai capitalisti locali, che a scopo raggiunto poi li scaricano. O si potrebbe dire anche l’inverso: ci troviamo di fronte a ingenui e inconsapevoli trotzkisti che aiutano i capitalisti per poi venire eliminati.
E questo è il concreto motivo per cui i trotzkisti nelle loro varie battaglie per le lotte indipendentistiche non hanno mai raggiunto nulla e poi sono sempre scomparsi.
IL NEMICO E’ IN CASA NOSTRA
Tutt’altro è invece quanto perseguito dai bolscevichi e dagli spartachisti tedeschi nelle loro lotte rivoluzionarie. Sembra proprio che i trotzkisti non abbiano la minima idea di come si prepari una rivoluzione e nel momento rivoluzionario, poi come la si conduca. Sembra a loro totalmente sconosciuto di come i bolscevichi abbiano operato.
Nella politica rivoluzionaria il nemico principale sono sempre I CAPITALISTI DI CASA NOSTRA, come sempre proclamato da tutti i marxisti. Da sconfiggere, e portare così i lavoratori al potere. Come inizio di una catena di rivoluzioni, per il raggiungimento alla società senza più economia capitalistica. Così hanno lottato i bolscevichi di Lenin, gli spartachisti di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht e adesso in Italia l’estesa organizzazione leninista Lotta Comunista.
QUESTA è LA CHIARA E CORRETTA POLITICA MARXISTA.
Niente a che fare con lo slogan di attacco ai “governi centrali che opprimono le minoranze” perseguito nelle lotte per l’indipendenza. In cui i capitalisti locali come nemici non vengono neanche mai accennati.
Da aggiungere poi che la lotta di indipendenza capitalistica produce l’effetto deleterio di dividere profondamente i proletari delle nazioni coinvolte nello scontro, seminando odio tra di loro. L’esatto contrario di quanto si propone la politica comunista, che lottando contro i propri capitalisti ricerca invece risolutamente l’unità di classe dei lavoratori attraverso la costituzione dell’INTERNAZIONALE. Proprio su esempio di quanto operato dai bolscevichi di Lenin e dei rivoluzionari tedeschi di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht.
Concretamente parlando: nel Curdistan capitalista SONO PROPRIO I CAPITALISTI CURDI IL NEMICO PRINCIPALE IN CASA NOSTRA DA COMBATTERE.
Organizzando l’unità tra proletari curdi, turchi, siriani, iracheni, iraniani, ecc.
E’ bene ribadirlo: per i capitalisti curdi l’indipendenza del Curdistan è un grosso affare: primo, favorisce notevolmente i loro affari; secondo, con questa lotta aumentano l’odio dei proletari curdi contro gli altri dei paesi circostanti, isolandoli e sfruttandoli ancor di più.
Questa non è assolutamente la politica marxista.
LA LOTTA DEI TROTZKISTI E’ QUINDI COMPLETAMENTE SBAGLIATA. NIENTE A CHE VEDERE CON LA LOTTA COMUNISTA BOLSCEVICA.
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11 gennaio 2023
German Mission in Nigeria (Federal Foreign Office)
LA MISSIONE MILITARE TEDESCA IN NIGERIA PER PROTEGGERE GLI INTERESSI DELLE MULTINAZIONALI TEDESCHE
Il Nord Africa o Sahelzone è un bacino enorme di materie prime, è una zona ricca di uranio e carbone per le centrali elettriche, poi di petrolio, oro, zinco, rame per cavi elettrici, bauxite e non ultimo di legname per la mobilia, materie prime che scatenano la contesa tra le varie potenze imperialiste per accaparrarsele.
E naturalmente anche l’imperialismo tedesco con le sue grandi multinazionali si getta nella mischia avendo grossi affari e interessi i questa zona dell’Africa. Interessi che però, com’è normalità nel capitalismo, vengono minacciati da multinazionali concorrenti, in questo caso cinesi e russe.
E’ per proteggere questi affari che anche le multinazionali tedesche danno incarico al loro governo di Berlino di mandare nella zona soldati affinchè vigilino, combattano, uccidano, per impedire ai concorrenti di danneggiare i loro profitti.
Per arrivare allo scopo i soldati tedeschi nel Sahelzone si appoggiano su una parte di tribù e etnie locali islamiche, cosicchè armandole, addestrandole, finanziandole, in pratica combattano per gli interessi delle grandi aziende germaniche. Queste tribù si scontrano contro altre tribù africane islamiche a loro volta armate e finanziate da militari delle nazioni concorrenti, ossia per gli interessi delle aziende cinesi e russe.
E funziona proprio così, perchè anche i governi cinese e russo per proteggere i propri interessi economici hanno mandato nel Sahel i propri soldati che addestrano tribù, sempre musulmane, perché combattano per loro.
Dopo le ultime elezioni è il turno del governo Scholz con i Socialdemocratico-Verdi-Liberali - e naturalmente con il consenso più o meno aperto delle opposizioni di destra e sinistra - di proteggere gli interessi delle grandi aziende tedesche, sia in patria che in giro per il mondo, quindi anche in Africa.
Naturalmente anche questo governo borghese che, come i precedenti si definisce di alti valori morali, civili e umanitari non può palesare apertamente che i soldati mandati nelle
missioni estere come in Nigeria o Mali sono sul luogo per combattere ed ammazzare per i profitti delle grandi banche e imprese tedesche. Questo provocherebbe di certo un terremoto politico. Perciò anch’esso mistifica. E come sempre nascondendo il tutto dietro l’ennesimo banale pretesto, porta la falsità che ora la missione in Nigeria servirebbe per combattere il “fanatismo terrorista islamico”. Falsità, esattamente come tante altre del passato, come per es. quella della guerra in Afghanistan, in cui i soldati tedeschi sarebbero stati inviati per “esportare la democrazia” e prima ancora con la guerra in Jugoslavia, dove l’intervento militare tedesco era per “salvaguardare la pace”. Va da se, che questi cosiddetti “terroristi islamici” nemici altro non sono che le altre tribù africane armate e sostenute dalle multinazionali concorrenti cinesi e russe che si battono contro i militari tedeschi.
Ovviamente la stessa tragica frottola viene usata anche in Cina e in Russia, esattamente, dove anche in queste nazioni i soldati mandati a combattere nel Sahel vengono presentati all’interno dei due paesi, essere stati inviati per combattere anch’essi i “fanatici terroristi islamici”, che altro non sono che le tribù sostenute dai tedeschi assieme ai francesi e agli italiani.
In pratica viene diffusa in ogni nazione un’informazione (che ovviamente è una informazione di parte, capitalista) che ha il compito di convincere le masse che ogni “intervento militare all’estero” è sempre per il “bene”, per “aiutare” le popolazioni del luogo, Esattamente come nel passato con le guerre coloniali, dove in patria le guerre coloniali di conquista venivano giustificate come un “grande aiuto ai popoli”, che invece erano brutalmente sottomessi (nascondendo i massacri compiuti, proprio come oggi).
I secoli passano, ma il capitalismo rimane sempre lo stesso, con le sue sopraffazioni, guerre, manipolazioni, ingiustizie. C’è bisogno di una società superiore per porre fine a questo.
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11 dicembre 2022
RIVOLTA IN IRAN:
LE RELIGIONI, ARRETRATEZZE STORICHE:
IN IRAN IMPOGONO ANCORA IL VELO,
IN EUROPA COMBATTONO CONTRO L’INNOVAZIONE GENETICA
Non bisogna mai dimenticare che le religioni sono solo fantasia, di conseguenza il resto viene da solo e spiega tutto.
Fantasie che nei millenni hanno cercato di spiegare i fenomeni del mondo e il suo funzionamento e che si sono strutturate nelle mentalità delle popolazioni. Naturalmente il tutto scollegato con la realtà reale. E questo chiarisce il perché di così tante fantasie religiose esistenti nel mondo, così come all’interno di esse le tante variabili interpretazioni.
Oggi queste Dio-fantasie provenienti dai millenni sono ancora ben ancorate nei paesi arretrati industrialmente e vengono utilizzate dalle borghesie al potere per il controllo delle enormi masse salariate sfruttate.
Certamente oggi nel capitalismo assistiamo anche alla progressiva perdita di peso e influenza delle religioni. Il motivo risiede nel fatto, primo: la scienza oggi può spiegare molto meglio i fenomeni e gli eventi, sia naturali che sociali, ciò che nel passato era ancora totalmente oscuro, motivo per cui venivano interpretati fantasiosamente.
Secondo: col capitalismo il vecchio e astratto Dio nel cielo viene ora sostituito dal più concreto “Dio Denaro”. Il meccanismo quindi ora è tutto concentrato su “come fare più soldi”, non più su qualcosa di intangibile e inservibile com’era il “precedente Dio” nel cielo.
Terzo: la religione nel capitalismo non serve più alle masse sfruttate come aiuto di speranza per risolvere i problemi quotidiani, ma a loro è sempre più chiaro che è con la lotta, il darsi da fare, che può portare a risultati concreti. Non certo la rassegnazione predicata dai preti o fermarsi a pregare Dio e sperare nella divina provvidenza.
Perciò l’indifferenza verso Dio oggi, nel capitalismo, si estende in rapporto a quanto si estende il capitalismo stesso. Arrivando naturalmente a permeare anche gli ultimi paesi arretrati.
PROTESTE IN IRAN. Su queste premesse si può interpretate quanto succede oggi in Iran con le ininterrotte proteste contro il velo. In questo caso sono le giovani donne che interpretano il cambiamento sociale capitalistico e si mobilitano contro le assurde catene fantasiose religiose, non più compatibili, sopportabili, in una società che si sta industrializzando e modernizzando, come appunto l’attuale Iran.
Perché bisogna evidenziare che oggi i giovani iraniani girano il mondo, e usando internet e lo smartphone, vedono chiaramente come funziona il vero mondo esterno, moderno.
E guardando fuori dai confini si rendono chiaramente conto come essi siano tenuti sotto una assurda dittatura religiosa. Di conseguenza la necessità di liberarsi dagli inutili, stupidi, lacci religiosi diventa fortissima. Ed ecco la lotta delle giovani ragazze, così incredibilmente tenace e forte nonostante la violenta repressione statale.
E con questa incredibile lotta contro il velo, in pratica le giovani iraniane stanno dichiarando al mondo intero che stanno lottando non solo per questo, ma per la loro totale libertà nella nuova società capitalistica. Ed è più che sicuro che prima o poi ci riusciranno. Perché questa battaglia è parte chiaramente di una tappa di quella che è una tendenza inarrestabile verso la laicizzazione della società. Ed è una battaglia che per molti aspetti ricorda le lotte per l’emancipazione femminile di fine ottocento in Europa e Nord America, per adeguare i diritti femminili alla società borghese.
I PRETI NEI PAESI AVANZATI. Ma qui bisogna puntualizzare che anche nei paesi progrediti e moderni le religioni continuano a svolgere il loro ruolo di ostacolo storico, di arretratezza mentale. Naturalmente condotto con altri metodi e pretesti.
La funzione qui delle religioni è porsi inalterabili contro qualsiasi progresso scientifico, soprattutto nell’ambito della genetica o della medicina. Motivando l’opposizione con stupidità tipo che queste scoperte stravolgono l’essere umano creato da Dio, non esprimono la volontà del “Creatore”.
Naturalmente le loro schiocche motivazioni non trovano mai seguito nel mondo scientifico e pratico, poiché l’inarrestabile progresso segue la sua strada. Comunque le religioni non smettono mai di porsi contro la scienza e tentano senza sosta di frenare il progresso scientifico. Se fosse per le religioni la terra sarebbe ancora piatta e l’essere umano nei suoi problemi dovrebbe sottomettersi solo alla volontà Divina (cioè dei preti). Per imporre queste stupidità, nella storia le chiese hanno torturato e ucciso centinaia di migliaia di innocenti, e tutt’oggi – vedi appunto es. del velo negli stati musulmani - ne uccidono ancora.
Concludendo. Senza tanto esitare possiamo senz’altro affermare: LE RELIGIONI, UN FARDELLO STORICO PESANTE, INSOPPORTABILE ! Ma che ciononostante le borghesie continuano a finanziare e a sostenere, con lo scopo di tenere il controllo sul proletariato sfruttato.
Sarà compito della società superiore spazzare via definitivamente questo pattume storico.
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11 novembre 2022
Guerra capitalistica in Ucraina
DALLA PARTE DEI LAVORATORI UCRAINI E RUSSI,
CONTRO TUTTI I CAPITALISTI CHE CAUSANO LE GUERRE
Con le guerre i lavoratori non hanno mai niente a che fare, questo è chiaro a tutti. Non è che un popolo improvvisamente impazzisce e decide di muovere guerra contro un altro popolo con il quale prima era amico. Questo assolutamente no, come correttamente afferma Lenin. La causa di una guerra va sempre ricercata nella competizione, nello scontro di interessi tra le fazioni capitaliste in concorrenza tra di loro per rubarsi a vicenda i mercati, vale a dire le nazioni. Fazioni di borghesia, cioè grandi complessi multinazionali, che controllando l’informazione e dirigendo i governi li portano nei disastri militari, trascinandovi le popolazioni coinvolte.
LE GUERRE. Di tutte le perversioni e ingiustizie che imperversano nella società capitalistica, le guerre sono senz’altro le peggiori. Dove i capitalisti qui mostrano tutta la loro brutalità, crudeltà, e l’assoluta mancanza di considerazione per l’essere umano. Dove senza nessun scrupolo, nel tra di loro scontro, non esitano a sacrificare migliaia, centinaia di migliaia o perfino milioni di persone pur di raggiungere i loro scopi di massimizzazione del profitto.
I MARXISTI. Nella barbaria delle guerre ci poniamo sempre a fianco dei lavoratori, ossia di TUTTI I LAVORATORI, coinvolti loro malgrado nella carneficina. Vale a dire che nell’attuale guerra in Ucraina siamo a fianco dei lavoratori ucraini che russi, come nella guerra in Libia siamo a fianco di tutti lavoratori libici, contro le fazioni libiche borghesi in guerra tra di loro che si contendono la nazione. E certamente siamo con i lavoratori cinesi, europei, americani, eritrei e tutti.
E’ l’unità di lotta dei proletari assieme, senza barriere e senza patria che può mettere fine alle barbarie delle guerre. Proletari russi, ucraini, europei, cinesi, arabi, africani, contro i propri capitalisti guerrafondai.
“IL NEMICO E’ IN CASA NOSTRA” afferma giustamente il rivoluzionario Karl Liebknecht nel 1915 . I CAPITALISTI DI CASA NOSTRA SONO IL NEMICO, è loro che dobbiamo combattere,
non gli innocenti proletari di altre nazioni anch’essi sfruttati nella produzione.
Si, perché “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”. Vale a dire che i briganti capitalisti nella loro costante lotta per la spartizione del mondo non sono tra di loro solo in costante competizione economica e finanziaria, ma quando questo non basta per trovare un accordo, anche l’uso delle armi è un mezzo per raggiungere gli scopi, anche se questo significa disastri inimmaginabili per le masse.
Leggi repressive in Ucraina e Russia. E’ in queste situazioni disastrose che spariscono le differenze tra nazioni “democratiche” o nazioni “autoritarie”. Perché contrariamente a quanto dichiarato dai sostenitori delle democrazie, è proprio nelle guerre che le borghesie mostrano la loro vera faccia dispotica imponendo brutalmente la propria dittatura, togliendo tutte le libertà democratiche, cosicchè i loro obiettivi con le armi vengano raggiunti. Infatti non solo in Russia vengono represse le proteste contro la guerra come ampiamente riportato dall’informazione di casa nostra, ma anche nella “democratica” Ucraina sta succedendo la stessa cosa, altrettanto repressiva: tutte le organizzazioni di sinistra contro la guerra sono state bandite e vengono brutalmente perseguitate. Questo però con la complicità del totale silenzio dei media.
Non c’è scelta: contro la dittatura della borghesia: RIVOLUZIONE !
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18 ottobre 2022
LE PROFONDE RAGIONI DELL'INVASIONE
DELL'UCRAINA DELL’IMPERIALISMO RUSSO
Com il crollo dell'Unione Sovietica negli anni novanta l'Ucraina è sprofondata in una profonda recessione economica, che misurata in termini di PIL (prodotto interno lordo) ha fatto perdere al paese il 59% del suo potere economico. Solo nel 1999 l'Ucraina è riuscita a riprendersi parzialmente e a registrare una crescita economica positiva del 5,6%. In questa ripresa lo sviluppo delle singole regioni è avvenuta a ritmi diversi.
Delle 24 regioni ucraine, sono le economie della Regione di Kiev e le quattro regioni industriali orientali di Donetsk, Dnipropetrovsk, Charkiv e Zaporizhzhya che assieme rappresentano oltre la metà della produzione economica dell'Ucraina. Mentre la frammentazione della produzione agricola nel centro e nell'ovest e l’industria nell'est e nel sud-est dell'Ucraina rimangono un retaggio dell'epoca sovietica. In questa tempo anche i partner commerciali dell'Ucraina rispecchiano l’eredità del passato.
Nel 2010 la Russia è per l’Ucraina, con il 26% di beni esportati, il partner commerciale più importante, dove esporta macchinari, motori e attrezzature, treni, tram, metalli e prodotti chimici. La quota ucraina di esportazioni verso l'intera CSI (Comunità degli Stati Indipendenti) è in questo momento del 36%. Le fonti energetiche sono importate: il gasdotto "Fratellanza" (in russo Братство, Bratstvo) rifornisce l'Ucraina di gas naturale russo creando una fiorente industria. Fino a questo momento l'economia ucraina è saldamente integrata nella Comunità economica eurasiatica, composta dai Paesi della CSI.
Accordo di associazione e cambio di potere
Il forte orientamento dell'economia ucraina verso lo spazio post-sovietico con le alleanze commerciali già esistenti ha protetto fino a questo momento in gran parte il mercato ucraino dagli influssi occidentali. Ma l’Unione Europea vuole ridurre le barriere commerciali e allineare gli standard e i quadri giuridici, e si mette in moto preparando un accordo di associazione con l'Ucraina. Oltre alla cooperazione economica, l'Ucraina dove allinearsi politicamente alla UE per creare così le basi per l'ingresso nell'Unione.
Viktor Yanukovych ha ricoperto la carica di presidente proprio nel periodo in cui era prevista la firma dell'Accordo di associazione. Nonostante il sostegno iniziale del suo governo all'accordo con la UE, Yanukovych il 21 novembre 2013 poco prima del suo avvio, ha sospeso l'Accordo.
Si ritiene che sia questa sorprendente inversione di rotta che ha innescato le violente proteste di Maidan a Kiev nel gennaio 2014, che alla fine, nel seguente febbraio 2014, hanno portato al colpo di Stato e alla sostituzione del governo filo-russo con uno filo-UE.
La risposta russa al cambio di potere è stata immediata con l'annessione della Crimea e i conflitti armati nell'Ucraina orientale (regione del Donbass, in particolare Donetsk e Lugansk) dove il governo centrale ucraino ha combattuto i movimenti separatisti sostenuti dalla Russia. Numerose fabbriche nel Donbass sono così passate sotto il controllo dei separatisti o sono state distrutte.
Nella nuova situazione il commercio estero ucraino è stato quindi ristrutturato in modo sostanziale. Le barriere commerciali e le sanzioni introdotte di recente hanno ridotto notevolmente gli scambi con la Russia e le esportazioni verso la CSI sono diminuite del 48% nel 2016. Allo stesso tempo all'Ucraina è stato concesso, già dal giugno 2014, l'accesso al mercato interno dell'UE in larga misura esente da dazi, il che ha portato a un aumento del 7% delle esportazioni verso l'UE (2016) e la tendenza è in crescita.
Lotta per i mercati
L'esempio dell'Ucraina mostra le strategie e i metodi dei due gruppi di interesse, la UE e la Russia. La UE [carica di capitali - ndr] usa il "soft power", cioè cerca di aprire il mercato ucraino attraverso la diplomazia, le istituzioni internazionali, i media e la formazione dell'opinione, la cultura e anche attraverso incentivi economici, e lo fa con successo. Dall'altra la Russia, che senza i suoi soliti mezzi militari non è riuscita a mantenere l'Ucraina nella sua sfera d'influenza. Per cui è ricorsa al suo solito “Hard-Power“ (potere duro) usando l’esercito per annettere la penisola di Crimea e controllare il Donbass. A ciò sono seguiti 8 anni di guerra nel Donbass tra ucraini e i separatisti del Donbass.
Questa guerra, tra Ucraina e Russia, si è intensificata poi nel febbraio 2022 e si è estesa a tutto il territorio ucraino e che ora si è concentrata nella parte orientale del Paese.
Gli interessi economici dei capitalisti sono le ragioni di questa guerra. La guerra è solo uno dei tanti mezzi politici dei capitalisti per imporre i loro interessi. Morte e miseria per i proletari sono le conseguenze.
De. Pu.
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8 ottobre 2022
Analisi sulla guerra in Ucraina: una guerra tra imperialismi.
PUTIN, NELLA TRAPPOLA
DI BIDEN MINACCIA L’USO DELL’ATOMICA
LO SCOPO E’ COSTRINGERE WASHINGTON AL COMPROMESSO
Come già sottolineavamo subito dopo l’inizio del conflitto nell’interessante articolo “La guerra in Ucraina sta rafforzando notevolmente l’imperialismo americano sulla scena internazionale” (Der kommunistische Kampf” - 3 maggio 2022), l’establishment Putin che dirige l’imperialismo Russia non ha chance in questa guerra, è nella trappola dell’ultrapotente imperialismo USA, che sfruttando il conflitto Ucraina ne approfitta nello scontro tra capitalismi, armando massicciamente gli ucraini, per portare il concorrente russo ancora una volta alla disfatta.
In questo conflitto, che da subito si è delineato come un conflitto tra Russia e Stati Uniti (che armano e finanziano gli ucraini) agli americani è chiaro che se continueranno a sostenere l’esercito ucraino, alimentando così la continuazione della guerra, l’esercito russo non potrà reggere a molto, sarà inevitabilmente sconfitto, fino al ritiro completo dalle zone occupate nel paese. Per l’establishment di Mosca questo significherà la disfatta militare totale.
Se poi a questo si aggiungono le durissime sanzioni economiche-finanziarie imposte da americani e europei, che lentamente stanno portando l’economia russa in una recessione economica profonda, si ha il quadro completo, in questa contesa armata tra capitalisti per rubarsi il mercato Ucraina, del disastro in cui anche la popolazione russa è stata portata, e delle enormi difficoltà in cui si è infilato il governo imperialista Putin.
Naturalmente con la sconfitta militare e il tracollo economico il vero obbiettivo dei capitalisti di Washington è quello di spazza via anche l’attuale dirigenza Putin-Medvedev-Lavrov. Così che venga sostituita da un governo russo meno aggressivo sulla scena internazionale (forse con il noto oppositore Navalny).
Ed è precisamente per raggiungere il crollo e dimissioni della leadership Putin, a nostro avviso, (ma anche secondo altri commentatori) che gli USA assieme agli europei ignorano e rifiutano (e lo fanno dire pubblicamente al presidente ucraino Selensky) tutte le proposte e i gridi di mediazione provenienti da tutto il mondo e soprattutto dallo stesso governo russo. Non interrompendo il flusso continuo di armi all’esercito ucraino e proseguendo nelle dure sanzioni economiche contro Mosca.
E questo spiega come mai Putin, avendo chiaro l’intenzione americano di abbatterlo, stia disperatamente cercando aiuto dal presidente turco Erdogan e di quello cinese Xi Jinping per una mediazione di fine guerra. Una mediazione che però non sia il ritiro totale dall’Ucraina, ma di mantenere sotto controllo russo una parte dei territori già occupati, presumibilmente Crimea e Donbass, da presentare poi all’interno della Russia come una vittoria e non essere costretto
dimissione, al tracollo. Poiché Washington rifiuta categoricamente questa proposta di Mosca e verosimilmente al contrario pretende il completo ritiro russo, Crimea compresa (come sempre Selensky ufficialmente dichiara) il che significherebbe la totale disfatta militare-politica russa con seguenti dimissioni del suo governo, Putin, secondo molti osservatori, per evitare la catastrofe gioca disperatamente l’ultima carta a sua disposizione: minaccia l’uso dell’atomica e ha indetto il referendum farsa nel Donbass per l’annessione dei territori ucraini conquistati militarmente, così da crearsi, com’è noto, il pretesto in Russia per imporre ai giovani riservisti di andare in guerra.
Ma al governo imperialista di Washington e quelli europei è chiaro che la minaccia dell’atomica è un bluff e la costrizione dell’entrata in guerra di 300.000 riservisti russi è l’ultima chance senza speranza del governo Putin. Poiché diversi esperti militari sottolineano che in questa atroce e sanguinosa guerra in Ucraina ciò che fa la differenza non è il numero di soldati, ma l’alta tecnologia delle armi impiegate. E le armi a disposizione dell’esercito ucraino fornite soprattutto dagli americani, ma anche dagli europei, sono di sicuro di altissima tecnologia, in netto contrasto con quelle russe molte delle quali obsolete. La sconfitta militare russa appare quindi inevitabile e solo una questione di tempo. Così come il tracollo economico russo, dato anch’esso come questione di tempo.
Perciò in questo scontro banditesco interimperialista, USA e europei, guardando il futuro in questa prospettiva, sicuri della vittoria, proseguono decisi nel finanziare e nell’armare gli ucraini perchè la guerra prosegui. L’imperialista Putin l’ha iniziata, gli altrettanto imperialisti americani e europei la continuano. E’ così che il perverso sistema capitalistico funziona. Tutta normalità nel repellente sistema.
Una guerra dove giovani proletari russi e ucraini (che prima erano amici) dopo essere stati sfruttati nelle fabbriche, ora come soldati vengono utilizzati come carne da cannone, gli uni contro gli altri, per gli sporchi interessi dei capitalisti. E’ la stessa tragica storia che si ripete, ogni volta, come in tutte le altre guerre.
Nei conflitti il marxismo non si schiera mai dalla parte di uno dei belligeranti capitalisti, siano essi, come in questo caso, Ucraina o Russia o americani, ma sempre e solo dalla parte dei proletari sfruttati, trascinati nella guerra. Ossia con i lavoratori russi e ucraini indistintamente, contro i propri capitalisti russi e ucraini. Veri responsabili del disastro guerra.
Per il marxismo esiste una sola via d’uscita alle orribili guerre capitalistiche:
CONTRO LA GUERRA RIVOLUZIONE !
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8 ottobre 2022
I SOLDATI UCRAINI E RUSSI COMBATTONO E SI FANNO UCCIDERE
SOLO PER GLI INTERESSI DEI CAPITALISTI.
DOPO AVERLI SFRUTTATI NELLE FABBRICHE VENGONO UTILIZZATI ADESSO DAI CAPITALISTI DI ENTRAMBI
I FRONTI IN GUERRA COME “CARNE DA MACELLO” PER RAGGIUNGERE I LORO SCOPI.
PER LORO A GUERRA FINITA RIMARRA’ SOLO - COME SEMPRE - OLTRE ALLE MUTILAZIONI PER LE FERITE, IL DURO E MALPAGATO LAVORO, SFRUTTAMENTO, PRECARIETA’, E ANCHE IN MOLTI CASI DISOCCUPAZIONE E MISERIA.
Si, come in tutte terribili le guerre anche in questa, tra Russia e Ucraina, sono i giovani soldati russi e ucraini che a loro insaputa ne pagano il tragico prezzo, si fanno uccidere per gli interessi dei ricchi dei loro paesi.
Perché anche in questa guerra, come in tutte le altre, come scrive Lenin in “Guerra e Rivoluzione”, la causa sicuramente “non è perchè due popoli che prima vivevano in pace, improvvisamente ora uno attacca l’altro e l’altro deve difendersi”. Questo certamente no. Il perché anche di questo tragico conflitto è nello scontro di interessi tra multinazionali: grandi complessi industrial-finanziari russi contro quelli europei, in contesa tra di loro per rubarsi il “mercato Ucraina” (così lo chiamano). Che per imporsi non hanno alcun problema a farsi la guerra l’un l’altro, visto che controllano i governi dei propri paesi. Trascinando nell’ennesima tragedia le popolazioni coinvolte, loro malgrado. I capitalisti sanno essere in certe situazioni di concorrenza, estremamente violenti e guerrafondai pur di eliminare un concorrente, come la storia ripetutamente ci dice.
Ma i giovani proletari russi e ucraini di entrambi i fronti che si combattono e si uccidono a vicenda, cos’hanno a che fare con questa spartizione di mercati? NIENTE. Assolutamente niente. I vantaggi che anche da questo ulteriore massacro per il “mercato Ucraina” usciranno, andranno ancora una volta a riempire le tasche dei superricchi, non certo quelle dei poveri giovani combattenti proletari. Il loro scopo, anche in questo ennesimo e inutile conflitto, è essere utilizzati come “carne da macello”.
Una storia questa dell’allargamento verso est delle multinazionali europee, iniziata nel lontano 1989, quando i potenti complessi industriali europei strapieni di capitali (ottenuti naturalmente dall’intenso sfruttamento dei salariati) dopo aver nei decenni precedenti investito a lungo e massicciamente nei paesi nell’est Europa del “Patto di Varsavia” sotto controllo Unione Sovietica (Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, ecc.) riescono a far cadere “il Muro”, e di seguito portare questi stati da sotto influenza russa nella sfera europea. Come conseguenza l’Unione Sovietica si sfascia e al suo posto si installa l’attuale “Federazione Russa”.
Da allora son passati un paio di decenni e queste multinazionali, la cui accumulazione di capitali non conosce sosta, hanno cominciato a investire anche nei paesi della cosiddetta “vicina Russia”: ossia Ucraina, Bielorussia, ecc. Dove anche qui trovano la possibilità di ulteriori enormi capitali. E come prassi nello scontro tra capitalisti, esattamente come successo in precedenza per Polonia,
Ungheria, ecc. manovrano per avere anche il controllo politico di questi stati, portarli nell’area europea.
Ma questi sono stati di storico e strettissimo controllo Russia, ossia delle multinazionali russe. Che dopo la caduta del muro e aver perso i paesi nell’est Europa dell’ex “Patto di Varsavia” adesso non tollerano di perdere anche l’Ucraina e domani, verosimilmente, anche la Bielorussia e altri stati ancora sotto la loro influenza. Ed ecco lo scontro: quello terribile, quello armato, prassi e logica nello scontro interimperialista.
C’è da rimarcare che le multinazionali europee per arrivare all’obiettivo di conquista politica di un nuovo stato hanno logicamente i loro sistemi già molte volte sperimentati. Ossia: con i loro mezzi di informazione - tv, giornali, ecc. – riescono con il tempo a creare nel paese un sentimento filo europeo e anti russo, il tutto accompagnato da grossi finanziamenti a organizzazioni e partiti che accolgono questo indirizzo politico. Fino al punto che le idee e i partiti filoeuropei diventano nel paese la maggioranza o quasi.
E’ in questa nuova situazione di ascesa dell’influenza Europea che in Ucraina è scattata la reazione della Russia, cioè delle multinazionali russe, che si vedono soffiar via anche questo mercato. Con conseguente rabbiosa reazione militare. (Paradossalmente in Russia questa guerra Ucraina viene mistificata come guerra santa marxista, nel senso di una guerra contro l’oppressione dei paesi capitalisti occidentali privati rivali, che nella loro persistente espansione vogliono addirittura arrivare a destabilizzare la Russia stessa).
Ed ecco la guerra capitalista, quella vera, sanguinosa: prima nel 2014 il massacro per il Donbass, e ora quello per l’intero paese Ucraina. E i salariati nel mezzo a subirne le tragiche conseguenze.
A prescindere dall’esito del conflitto e da chi vincerà, sarà logico per i lavoratori dipendenti che lavorare per un'azienda filo-russa o filo-occidentale non farà assolutamente alcuna differenza. Dovranno sempre duramente lavorare e lottare contro padroni sfruttatori europei o russi. Perché, proprio come afferma Marx “il lavoratore non ha patria”. E la causa delle guerre, tutte, va sempre ricercata nelle spartizioni capitaliste, mai nelle popolazioni, è chiaro.
Ma nessun politico o mezzo di informazione o professore chiarisce questo.
E cioè che la “patria” non è una cosa astratta, ma concreta: sono i capitalisti che controllano e dirigono la nazione. Per cui i militari che uccidono e si fanno uccidere lo fanno solo per gli interessi di questi capitalisti. E naturalmente nessuno dice ai giovani combattenti che a guerra finita, mentre le banche a lungo festeggeranno, a loro aspetterà un futuro duro: sfruttamento, precarietà, miseria.
Solo i marxisti spiegano il tremendo meccanismo capitalista. Il capitalismo è una società che deve essere assolutamente superata, solo così l’umanità potrà godere finalmente della prosperità prodotta e beneficiare la vita serena tanto desiderata.
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Come deve essere condotta una rivoluzione?
LA RIVOLUZIONE PROLETARIA E’ SEMPRE
UNA QUESTIONE MILITARE, MAI SINDACALE
PERCHE’ LA BORGHESIA IMPEDISCHE, SEMPRE, CON BRUTALI REPRESSIONI
L’ ASCESA DEL PROLETARIATO AL POTERE.
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MA QUAL’E’ IL MOMENTO GIUSTO PER GUIDARE UNA RIVOLUZIONE
E CON QUALI STRUMENTI VA DIRETTA?
Su segnalazione di alcuni compagni abbiamo leggermente integrato il testo precedente, per meglio e correttamente chiarire il concetto di presa del potere proletario.
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La rivoluzione proletaria è sempre una questione militare. Questo deve essere sempre ben chiaro agli attivisti rivoluzionari. Perché nei momenti rivoluzionari quando le masse lavorative si esprimono per uno stato proletario, la borghesia non ha nessun scrupolo nel sopprimere con tutti i mezzi, anche militari, i proletari, massacrandoli, affinchè non giungano al potere. Di conseguenza, la rivoluzione proletaria se vince militarmente ha successo, se perde svanisce, non avviene e la dittatura borghese continua a persistere. Non esiste una via di mezzo, assolutamente. Non ci è permesso essere ingenui.
Le due esperienze storiche rivoluzionarie proletarie al riguardo, la Comune di Parigi del 1871, e l’ottobre russo 1917, hanno potuto aver successo proprio perché i rivoluzionari hanno vinto militarmente sulla borghesia, non per altre ragioni. In tutte le altre esperienze storiche di tentativi rivoluzionari i rivoluzionari hanno sempre perso perché non sono giunti, per diversi motivi, al raggiungimento di una vittoria militare. Quindi alla fine, è questo il nodo cruciale di tutto.
La nostra politica comunista è articolata in modo di attendere che si creino le condizioni favorevoli per le rivoluzioni, nel frattempo è assolutamente necessario impegnarsi con tutte le proprie forze per la costituzione delle indispensabili organizzazioni/partiti rivoluzionari di esperti militanti che nel momento propizio capitalistico catastrofico dovranno dirigere le rivoluzioni, esattamente come in Russia i bolscevichi hanno pianificato e poi eseguito con successo.
Ma nel momento rivoluzionario, quando nel capitalismo deflagrano al massimo le sue terribili contraddizioni, con inaudite crisi economiche e sociali, in presenza di guerre, fame, distruzioni, morti a non finire, con le masse proletarie infuriate che cominciano a ribellarsi, e con l’organizzazione rivoluzionaria sufficientemente estesa per essere pronta a guidare l’insurrezione, contro l’oppressione armata dei capitalisti che non vogliono lasciare il potere alle masse lavoratrici, quand’è il preciso momento per la presa del potere? Come riconoscere il giusto attimo?
L’esempio dato dai bolscevichi è senz’altro il più preciso, il più chiaro.
Nel 1914, con l’inizio della guerra (1° Guerra mondiale) e il configurarsi dell’appuntamento rivoluzionario, i bolscevichi in Russia hanno cominciato a spingere per la costituzione dei
“Consigli” (Soviet). Ossia organismi politici popolari votati dalle masse in contrapposizione al parlamento russo (Duma), corrotto e sotto stretto controllo dello Zar e dei capitalisti russi. Con il proseguo della guerra questi organi spontanei “Consigli/Soviet” si sono poi diffusi sia su tutto il territorio, cioè nelle città, quartieri, fabbriche e campagne, ma, importantissimo e fondamentale, intelligentemente sono stati costituiti anche nell’esercito. Esercito che nelle guerre, non è più formato da ristrette elite di fanatici com’è ora, ma da milioni di giovani, costretti controvoglia ad arruolarsi e combattere, figli di famiglie operaie e contadine. Perciò milioni di giovani militari controvoglia, che vivono e risentono fortemente le contraddizioni del capitalismo.
In questi Soviet-Consigli nell’ambiente militare, fondamentali per la futura rivoluzione proletaria per sconfiggere la violenza armata della borghesia, i giovani bolscevichi in Russia, anch’essi costretti ad arruolarsi, cautamente, ma efficacemente hanno potuto fare propaganda rivoluzionaria.
Essendo che il disastro della guerra proseguendo, determinava l’inasprirsi delle contraddizioni economiche-sociali, aumentando in Russia l’opposizione spontanea al conflitto, le masse trovavano nei “Consigli”, sia in quelli sul territorio (città, quartieri, fabbriche, campagne) che in quelli nell’esercito, il loro giusto referente politico, togliendo potere al corrotto parlamento (Duma). Ma fu soprattutto grazie alla contemporanea intensa attività di dissenso che gli attivisti bolscevichi in Russia ovunque intensamente svolgevano, che l’opposizione alla guerra aveva preso forma politica, producendo l’effetto nelle città, nelle fabbriche, nei quartieri e nell’esercito di una loro forte espansione come numero.
Fino al punto che verso la metà del ’17 i bolscevichi, da poche migliaia com’erano all’inizio della guerra, erano diventati ora diversi milioni diventando maggioranza nei “Consigli” (Soviet).
Il momento della presa del potere si stava avvicinando quindi molto velocemente.
Cosa mancava ancora ai bolscevichi per essere “sicuri” che la presa del potere potesse avvenire in sicurezza?
Dovevano essere sicuri che, oltre ad avere la maggioranza nei “Consigli” popolari sul territorio, avere anche la maggioranza negli indispensabili “Consigli” nell’esercito e di conseguenza il controllo dell’esercito. In modo che quando i “Consigli” sul territorio avrebbero dichiarato la Rivoluzione, con la costituzione del nuovo Governo Proletario, la fine della guerra e l’emanazione di leggi anticapitalistiche, l’esercito ancora sotto controllo e diretto dai capitalisti non si sarebbe rivoltato contro la rivoluzione, la sconfiggesse, uccidendo tutti i rivoluzionari soffocando il governo proletario.
Perciò, quando verso la fine del ’17 i dirigenti bolscevichi si sono sentiti sicuri che anche i “Consigli” dell’esercito si erano definitivamente schierati per la rivoluzione e che l’avrebbero sostenuta e difesa, impedendo ogni tentativo controrivoluzionario dei generali tutti fedeli allo Zar, hanno potuto allora dare il via libera alla conclusione del processo rivoluzionario con l’assalto al Palazzo d’Inverno per la definitiva presa del potere.
Alla fine, è evidente, contro la dittatura dei capitalisti è l’esercito che ha l’ultima parola in una rivoluzione. Ne determina la vittoria o la sconfitta. E noi dobbiamo aver molto chiaro questo punto determinante.
Chi nei tentativi rivoluzionari ha sottovalutato, o ingenuamente, a questo fondamentale aspetto della violenza della borghesia e della sua dittatura armata non pensato, ne ha sempre pagato l’insuccesso molto duramente, e con il sangue.
Prendiamo per esempio la positiva rivoluzione della “Comune di Parigi del 1871. E’ stata una rivoluzione, in un certo senso, “spontanea”, cioè non pianificata. L'esercito francese
in guerra contro la Prussia era stato sconfitto dai prussiani che avevano messo sotto assedio Parigi. A questo punto il governo francese aveva armato la popolazione parigina per difendere la città. Invece che combattere contro i tedeschi la popolazione in armi guidata dai rivoluzionari Blanquisti si rivolta contro il governo borghese parigino dichiarando il potere proletario. E’ in questo momento che l’ex governo borghese francese ora insediatosi a Versailles smette di combattere gli invasori, rivolta l’esercito contro la Comune di Parigi. Sarà un massacro, una repressione violenta borghese bestiale. Dopo aver sconfitto gli insorti parigini, i militari avendo ricevuto l’ordine di fucilare tutti coloro che nelle mani presentavano dei calli, fucilavano per le strade tutti quelli considerati nemici. Ne furono uccisi a migliaia senza distinzione. Un insegnamento della brutalità della borghesia che si ripeterà poi sempre contro i rivoluzionari.
Un altro esempio: la rivolta Spartachista tedesca del gennaio 1919. Dove i due dirigenti rivoluzionari Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg a capo dell’insurrezione,
nei decenni precedenti avevano sottovalutato la formazione di un proprio partito, fondamentale per poi, nel momento rivoluzionario, guidare alla rivoluzione le masse (le masse hanno sempre bisogno di esperti per condurre positivamente una lotta o una rivoluzione). Sbagliando, Liebknecht e Luxemburg avevano fatto affidamento sulla spontaneità rivoluzionaria delle masse nel momento rivoluzionario per la presa del potere: una evento impossibile. Mancando perciò le cellule rivoluzionarie su tutto il territorio e quindi anche nel fondamentale esercito, fu facile per la violenta e sanguinaria borghesia, con l’aiuto dei riformisti opportunisti Socialdemocratici, scagliare i militari contro gli spartachisti insorti, sconfiggerli e massacrarli.
Un’altra significativa esperienza di mancata rivoluzione che poi possiamo analizzare è l’occupazione delle fabbriche in Italia nel 1920. Un tentativo di rivolta glorioso, ma senza dubbio insufficiente - visto che la borghesia nella sua dittatura non esita nei momenti critici ad usare anche la repressione militare per sopprimere la maggioranza proletaria - che senza il supporto dell’esercito è rimasto sterile, senza alcuna possibilità seria di presa del potere, esaurendosi poco dopo da sola. Per questo motivo non è molto conosciuta nell’ambiente marxista internazionale.
Tutte queste sono esperienze che dimostrano inequivocabilmente come l’esercito contro l’oppressione dei capitalisti sia indispensabile nel determinare l’esito di una rivoluzione. La borghesia lo sa, e come ripetuto, lo dobbiamo aver stampato bene nella testa anche noi.
LA “QUESTIONE SINDACALE”. E qui vorremmo mettere l’accento sul “ruolo del sindacato” in quello che è un processo rivoluzionario.
Ci sono partiti e organizzazioni marxiste, anche molto estese, che nella loro attività politica danno molto, troppo risalto all’aspetto sindacale. Teorizzano che nel momento rivoluzionario il sindacato possa svolgere un peso determinante nel processo Rivoluzione.
Non è sicuramente così. Il sindacato può essere certo di “aiuto” nel momento rivoluzionario, ma sicuramente non determinante. Chi è determinante è, e può solo essere, l’organizzazione rivoluzionaria, il partito rivoluzionario, che deve guidare le masse proletarie al potere contro la repressione armata borghese. E la vittoria è in relazione a quanto esso è esteso sul territorio, alla preparazione teorica dei suoi quadri, alla loro competenza politica, all’esperienza pratica dei suoi attivisti. Questo e solo questo è decisivo nel processo rivoluzionario. Il resto è relativo.
In un paese può esistere un sindacato “forte”, fortissimo, ma nella Rivoluzione senza il partito rivoluzionario con i suoi esperti militanti, questo non conta niente, assolutamente niente. Le esperienze pratiche parlano chiaro (vedi occupazione fabbriche in Italia 1920).
In questa fase controrivoluzionaria, perdere tempo, denaro, energie di molti bravi attivisti per incentivare, promuovere e gestire incontri intersindacali tra aziende europee, come qualche grande organizzazione rivoluzionaria oggi è impegnata, è un controsenso nella politica internazionalista e naturalmente controproducente, soldi buttati al vento e attivisti sprecati. Soldi e bravi attivisti che dovrebbero invece venire impiegati per promuovere i più che necessari contatti, incontri, lotte su punti comuni tra organizzazioni marxiste europee, creare un coordinamento intereuropeo di marxisti. E non per improduttive riunioni sindacati. Perché questo è il “compito” di un partito rivoluzionario. E’ qui che siamo nel giusto campo politico.
Perché bisogna aver sempre presente che il sindacato è un organismo borghese di difesa immediata degli interessi della classe lavoratrice, e che questo è il suo scopo, e non altro. Gestito a tutti i livelli, anche alla base, da attivisti e dirigenti antirivoluzionari, corrotti, opportunisti, nazionalisti e spesso anche stalinisti. Motivo per cui il sindacato storicamente dal punto di vista rivoluzionario non ha mai prodotto niente, non produce niente e non potrà mai produrre qualcosa. E’ per questo motivo oggettivo, che a logica i grandi Marx, Engels, Lenin, nel loro agire si sono sempre spesi per le organizzazioni rivoluzionarie, ma mai per i sindacati. Il loro operare è sempre stato caratterizzato, senza prevaricare, ma con lucida analisi, dalla ricerca del contatto e delle lotte comuni con i vari partiti rivoluzionari, considerando sempre la sostanza e avendo chiaro gli obbiettivi da raggiungere, se si analizza il grande operato sia di Marx che di Lenin. E giustamente, perché sono solo le organizzazioni politiche che nella storia possono determinare i cambiamenti, non certo i sindacati.
La priorità assoluta dell’attività rivoluzionaria va quindi assolutamente indirizzata, concentrata, al massimo raggiungimento dello scopo Rivoluzione. Il resto, anche l’attività sindacale, segue di conseguenza come relativo.
E’ con estrema sicurezza che ci impegniamo in questo compito storico. Che ci porterà senza dubbio ai risultati voluti.
26 settembre 2022 - Claudio Piccoli
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NELL’OMBRA LE MULTINAZIONALI DIRIGONO I GOVERNI.
MA NON APPAIONO MAI
Il sistema capitalistico è costituito in modo tale che i capitalisti possano diventare sempre più ricchi. Tutto ruota assolutamente attorno a questo. Ed è tutto organizzato in modo tale che questo risultato in ogni caso sia raggiunto. Il ruolo delle masse sfruttate è sopportare tutte le disfunzioni del meccanismo e subire i sacrifici del caotico sistema.
Se ci si pone la domanda: com’è possibile che in un sistema strapieno di contraddizioni e problemi e con una parte della società che vive sotto il reddito minimo, i superricchi miliardari capitalisti non ne paghino mai le conseguenze, i costi, le spese? La risposta la troviamo nel marxismo: i miliardari non pagano mai i costi delle disfunzioni e dei problemi e al contrario accumulano sempre più miliardi perché in questa società sono aiutati dallo stato. O forse è meglio precisare: controllano lo stato e si fanno proteggere da esso. In altre parole: lo stato è al servizio dei capitalisti. Non appare essere così, perché sembra non esserci alcuna connessione tra ricchi e politica, ma è questo che spiega in realtà il perché i miliardari diventano sempre più miliardari.
Apparentemente lo stato, votato dalle masse, sembra indipendente, staccato dai ricchi. Ma è appunto solo finzione, è un gioco di prestigio. Le masse proletarie eleggono partiti e politici che in realtà, di nascosto, vengono incessantemente sovvenzionati da multinazionali, grandi banche e imprese. Politici che una volta eletti, non potendo più essere ritrattati da chi li ha votati, tacitamente si possono mettere al servizio degli interessi di queste grandi complessi multinazionali che li finanziano, e come marionette eseguire gli ordini da essi impartiti. E questo spiega il perché in campagna elettorale i partiti si impegnano in una moltitudine di promesse per raccogliere voti, tutte disattese dopo le elezioni..
E’ il fatto, dai giornalisti nei dibattiti televisivi, nei telegiornali e sui media, di non dar mai risalto, di tener nascosto che i ricchi ricevono continui vantaggi dai governi, e viceversa, che i partiti ricevono di continuo finanziamenti da banche-imprese, che sembra che i capitalisti quasi non esistano. Così come i media non creano e non si impegnano mai in campagne mediali per far pagare le disfunzioni e i problemi sociali ai multimiliardari. La verità è evidente: sono tutti d’accordo. Socialmedia, politici e ricchi nell’ombra agiscono in perfetta sintonia.
Il sistema è organizzato e collaudato in modo che, non citando mai i capitalisti, giornalisti, partiti e media, in quella che viene definita la “lotta per una società più giusta”, spostano quotidianamente l’attenzione delle masse su problematiche e disfunzioni sociali spesso molto marginali, solo per poter poi chiedere aumenti di tasse e sacrifici vari ovviamente non ai ricchi, ma al cittadino comune. Una tattica molto evidente, che si può osservare bene nei dibattiti televisivi e nei telegiornali, dove le imprese non vengono mai citate come responsabili.
Ma di tanto in tanto emergono fatti eclatanti che confermano senza dubbio l’obbedienza dei governi alle multinazionali. Noto è quanto accaduto nella diaspora per la liberalizzazione dei brevetti dei vaccini anti-Covid in Europa. Qui il governo
tedesco Merkel composto da democristiani e socialdemocratici si è battuto fino allo spasimo contro la liberalizzazione del brevetto del vaccino anti Coronavirus, cosa che avrebbe comportato perdite milionarie di profitti alla multinazionale farmaceutica tedesca Pfizer-BioNTech. In compenso avrebbe però salvato milioni di vite nei paesi arretrati, se i governi dei quei paesi il vaccino lo avessero potuto produrre da se, senza pagare le salatissime tasse di brevetto. A missione riuscita, nelle interviste, la Merkel evidentemente soddisfatta e sorridente, affermava senza vergognarsi, di aver fatto la cosa giusta e positiva (ovviamente non citando intendeva: giusta e positiva per la Pfizer-BioNTech).
Anche come vengono finanziati i partiti parlamentari e soprattutto le loro campagne elettorali è un segnale chiaro per capire la sottomissione dei governi ai capitalisti nascosti nell’ombra. Anche qui, esistono mille sistemi occulti che fan si che le grandi imprese, senza apparire, possono far giungere fiumi di denaro ai partiti parlamentari. Denaro, senza il quale essi non potrebbero mai vincere le elezioni e arrivare al governo.
Per non parlare poi dell’informazione borghese. Informazione che ha il compito di influenzare e plasmare l’opinione pubblica. Dove costosissime (in milioni/miliardi) tv e giornali private in proprietà di multimiliardarie imprese sovranazionali, con una moltitudine di giornalisti alle loro dipendenze che devono sottostare e scrivere a favore degli interessi e della politica del proprietario, orientano e confondono le masse. Anche qui nell’informazione quotidiana, di proposito non viene mai menzionato i rispettivi proprietari delle testate giornalistiche-televisive e quali interessi essi perseguano. Facendo apparire i giornalisti che scrivono, come se nelle loro opinioni e scritti ne siano totalmente liberi e indipendenti.
Le tv di stato: sono gestite da partiti che, come sopradetto, costantemente occultamente, vengono abbondantemente sovvenzionati da banche e imprese, per cui anche nell’informazione pubblica essi ne devono tener conto e sottostare al loro servizio, per non interrompere il flusso di denaro che dai finanziatori arriva.
Tutti questi aspetti, fondamentali per i capitalisti nel gestire la società nell’ombra senza apparire, evidenziano in modo chiaro come la società capitalistica non potrà mai essere al servizio delle masse proletarie, e perché, nonostante tutti i problemi quotidiani che affliggono il sistema, i ricchi senza interruzione si arricchiscono sempre più.
24 agosto 2022
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GUERRE TRA CAPITALISMI DI STATO
1979 - GUERRA TRA CINA E VIETNAM
UN’ALTRA GUERRA TRA RIVALI STALINISTI CAPITALISTI DOPO QUELLA
TRA UNIONE SOVIETICA E CINA DEL 1969.
Chi non ricorda le immense manifestazioni di fine anni ’60 a sostegno del Vietnam contro gli USA? Manifestazioni con centinaia di migliaia di dimostranti che gridavano e si scontravano contro la polizia a favore del Vietnam considerato “comunista”.
Ben poche, anzi pochissime, erano le organizzazioni marxiste che del tutto contro corrente, allora sostenevano che il Vietnam non era ne comunista ne socialista. Erano le organizzazioni marxiste della “Sinistra Comunista” facenti capo a Amadeo Bordiga, Onorato Damen, Paul Mattick, Anton Pannekoek, e quella leninista di “Lotta Comunista” di Arrigo Cervetto.
Le tesi sostenute dai marxisti era che nel paese Vietnam operavano tutte le leggi capitaliste del commercio e del profitto, e non quelle del comunismo con la suddivisione dei beni. Una realtà ultra evidente. Pertanto non si poteva parlare di “paese comunista”. Di conseguenza la guerra di liberazione del Vietnam contro gli Stati Uniti andava interpretata come una guerra tra capitalisti: capitalisti del Vietnam contro l’oppressione dei potenti capitalisti americani.
Posizioni perciò supercorrette nell’analisi marxista.
La guerra tra Vietnam e USA finirà nel ’75. Ed ecco, pochi anni dopo arrivare la conferma ufficiale del carattere borghese-capitalista del paese Vietnam: nel ’79 scoppia la guerra tra la Cina maoista-stalinista contro il Vietnam altrettanto stalinista.
Motivo: i soliti interessi capitalistici.
Nel ’78, un anno prima, l’esercito vietnamita aveva invaso la Cambogia (adesso, dopo la liberazione nazionale, sono i vietnamiti che invadono un altro paese) approfittando della debolezza causata dalla guerra civile che imperversava in quel paese, per occuparne alcune regioni. Per fermare l’invasione, la Cina maoista entra in guerra da nord contro i vietnamiti. Questi, sotto attacco cinese, sono costretti a fermare l’invasione e poi in seguito a ritirarsi della Cambogia.
Come detto: una delle tante tragiche guerre capitaliste che infestano il pianeta. Niente di nuovo nel quadro delle diaspore tra borghesie assetate di espansione.
La novità consisteva nel fatto che, come nel ’69 nello scontro militare tra Unione Sovietica e Cina, anche qui nella guerra tra Cina e Vietnam, si ripeteva e confermava lo scontro tra stalinisti capitalisti. Un evento di notevole rilevanza politica.
Ma qui non si sono ripetute le manifestazioni oceaniche per denunciare il carattere capitalista sia della Cina che del Vietnam. Le organizzazioni staliniste e maoiste che pochi anni prima avevano promosso le enormi proteste a favore del Vietnam contro gli USA, preferiscono adesso defilarsi e nel silenzio constatare il fallimento delle loro politiche (e anche delle loro proteste).
Ma i marxisti, quelli veri, invece no, questi non si sono fermati. Al contrario.
Per i marxisti della “Sinistra Comunista” e i “Leninisti” è l’occasione per riaffermare ancora una volta il carattere borghese dei due paesi stalinisti e la validità dell’analisi marxista. Quella vera, non quella distorta stalinista.
Nella lotta politica quotidiana è importante citare e sottolineare costantemente le guerre tra stalinisti. E’ importante per smascherare la vera essenza antiproletaria di queste organizzazioni che si sforzano di apparire “leninisti”. E che senza pudore continuano ad usare la terminologia “marxista” per giustificare le loro sporche azioni borghesi nazionali e internazionali, come l’odierna guerra tra Russia-Ucraina dove ancora una volta gli stalinisti, tutti schierati a sostegno dell’imperialismo russo, si definiscono “comunisti”.
13 agosto 2022
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1969 CONFLITTO UNIONE SOVIETICA CONTRO CINA: CAPITALISTI STALINISTI IN GUERRA TRA DI LORO.
DUE NAZIONI A CAPITALISMO DI STATO IN GUERRA TRA DI LORO PER I CINICI INTERESSI BORGHESI. E’ COSI’ CHE GLI STALINISTI AL POTERE INGANNANO LE MASSE PROLETARIE: DEFINENDOSI “MARXISTI” “COMUNISTI”. SONO INVECE GUERRAFONDAI CAPITALISTI.
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Nella politica comunista per la realizzazione di una società superiore DUE PAESI PROLETARI RIVOLUZIONARI NON SI FANNO MAI LA GUERRA L’UNO CONTRO L’ALTRO! Questo assolutamente non appartiene alla politica comunista.
Al contrario nella vera politica comunista due paesi proletari SI UNISCONO dopo la rivoluzione! SI UNISCONO PER PROMUOVERE E ORGANIZZARE ALTRE RIVOLUZIONI, con le quali poi ulteriormente unirsi e realizzare la rivoluzione globale. Questa è la vera, corretta, politica marxista seguita dall’Internazionale.
E’ tra paesi capitalisti che invece è normalità scontrarsi, competere tra loro, anche militarmente per rubarsi i mercati, farsi le guerre.
Al contrario nella vera politica comunista due paesi proletari SI UNISCONO dopo la rivoluzione! SI UNISCONO PER PROMUOVERE E ORGANIZZARE ALTRE RIVOLUZIONI, con le quali poi ulteriormente unirsi e realizzare la rivoluzione globale. Questa è la vera, corretta, politica marxista seguita dall’Internazionale.
E’ tra paesi capitalisti che invece è normalità scontrarsi, competere tra loro, anche militarmente per rubarsi i mercati, farsi le guerre.
Quindi l’Unione Sovietica stalinista era senza dubbio un paese capitalista-imperialista. Un imperialismo che nello scontro tra potenze, sottomettendo
altre borghesie nel Patto di Varsavia (vedi repressione Berlino nel ’53, in Ungheria nel ’57, Praga nel ’70) ingaggiava anche guerre imperialiste nel mondo, come l’invasione dell’Afghanistan nel 1979. E come la guerra contro la Cina maoista nel 1969. Esattamente come tutte le altre potenze capitaliste occidentali.
E la Cina: ugualmente capitalista. Che, nella sua politica borghese nell’arena mondiale, non solo nel 1950 in Corea ha mosso una cruenta guerra contro gli Stati Uniti, ma nel ’69 (come sopra) si è scontrata militarmente anche con la Russia stalinista, e nel ’79 anche contro l’altrettanto stalinista Vietnam. Qui, un massacro tra stalinisti rivali.
E’ chiaro, non c’è dubbio: tutto questo non ha nulla a che spartire con il marxismo.
La cosa però molto pericolosa è che gli stalinisti, capitalisti nazionalisti al potere in Cina, Vietnam, e nell’ex Unione Sovietica, nel loro procedere borghese si definiscono “marxisti”, “comunisti”, ingannando le masse di tutto il mondo. Un grosso problema politico.
Sono sempre loro, da pericolosi mentitori, che sfruttando senza tanti problemi i propri lavoratori proletari, li scagliano nelle guerre contro altri proletari.
E’ evidente che c’è urgente bisogno di chiarezza.
Il compito dei marxisti, dei veri marxisti, è quindi più che mai necessario: smascherare questi impostori, e chiarire cosa sia il VERO MARXISMO e la VERA POLITICA COMUNISTA, per il futuro dell’umanità.
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A CHE COSA SERVE UNA RIVOLUZIONE?
Nella politica comunista per l’edificazione di una società superiore la rivoluzione è
concepita come rivoluzione mondiale. Non può essere altrimenti.
La rivoluzione in un singolo paese ha quindi un preciso scopo: organizzare le altre e successive rivoluzioni. Questo è punto fisso.
Ne consegue che l’arrivo al potere del proletariato in una nazione attraverso la rivoluzione ha si lo scopo, in quella determinata nazione, di mantenere il proletariato al potere, ma il compito assolutamente principale, attraverso la vittoria in quella determinata nazione, è organizzare i partiti e le organizzazioni rivoluzionarie negli altri paesi, per poi, quando i momenti propizi rivoluzionari si presenteranno di nuovo, condurre le altre rivoluzioni.
Quindi se la rivoluzione in questo determinato paese soccombe, per svariati motivi: dall’esterno per l’attacco militare congiunto delle borghesie mondiali che hanno interesse a sopprimere la rivoluzione; o dall’interno, per motivi economici, in quanto il paese rivoluzionario dove il proletariato è giunto al potere viene isolato economicamente e versa in indescrivibili problemi economici e sociali che determinano come riflesso, l’emergere all’interno della nazione di movimenti politici e sociali borghesi che agendo riescono, in vari modi, a far crollare la rivoluzione – questo, cioè il crollo della rivoluzione in quel determinato paese, nella strategia della rivoluzione internazionale, non ha alcuna importanza, in quanto, grazie al fatto che sono stati formati partiti/movimenti rivoluzionari in tutto il mondo, nei successivi momenti rivoluzionari catastrofici le rivoluzioni riesploderanno dappertutto, giungendo allo scopo di rivoluzioni a catena. QUESTO E’ IL VERO OBBIETTIVO iniziando una rivoluzione in una nazione, per l’edificazione di una società superiore.
Certamente la conquista rivoluzionaria proletaria in un determinato paese richiede che il proletariato arrivato al potere faccia tutti gli sforzi possibili per rimanerci, ma questo, VA ANCORA UNA VOLTA RIBADITO non è l’obbiettivo principale della rivoluzione, deve essere chiaro.
Perché è nel promuovere e organizzare con tutti gli sforzi e i mezzi possibili le rivoluzioni in tutto il mondo, cioè in ultima istanza, con la rivoluzione internazionale, che si può abbandonare il vecchio caotico sistema capitalistico commerciale strapieno di contraddizioni e problematiche e passare ad un sistema economico sociale organizzato, in cui la produzione possa essere condivisa equamente tra la popolazione, senza più la caotica e disastrosa vendita delle merci.
Pertanto la rivoluzione del proletariato in un paese può essere vista e concepita solo in questa prospettiva.
IL RUOLO FONDAMETALE DELL’INTERNAZIONALE.
In questa prospettiva di organizzazione di rivoluzioni in tutti i paesi, fondamentale è il ruolo della costituzione dell’Internazionale. Un’organizzazione sovranazionale di partiti e movimenti rivoluzionari, dove essi, in comune accordo, possano trovare il giusto
orientamento di corrette posizioni politiche, di sistemi organizzativi efficaci di unione e aiuto reciproco. L’Internazionale assolverà il suo compito storico solo quando il capitalismo a livello globale non sarà completamente sconfitto e sarà scomparso.
Tutto ciò, è evidente, è in completa contraddizione con la truffaldina e ingannatrice politica borghese stalinista nazionalista del “socialismo in un solo paese”. Una politica che mira solo a portare i nazionalisti stalinisti al potere, dove essi attraverso lo stato, gestiscono “il capitalismo statalizzato” in concorrenza contro altri capitalismi, che a loro volta potrebbero essere anch’essi statalizzati, come avvenuto nel passato anche con guerre, come la guerra tra la stalinista Unione Sovietica e la maoista Cina nel 1969 o il conflitto tra la maoista Cina e il “socialista” Vietnam nel 1979. Stalinisti che, in una società borghese in cui tutte le leggi caotiche e disastrose del capitale continuano ad operare, dirigono capitalistiche banche statalizzate, capitalistiche industrie statalizzate, capitalistiche aziende commerciali statalizzate, luoghi di lavoro, e così via, sostituendosi ai capitalisti privati nelle loro attività. Gli esempi pratici di questa pratica borghese non mancano: oggi sono la Cina, Cuba, Corea del Nord, e nel passato l’Unione Sovietica e tutti i suoi sottomessi paesi satelliti.
Bisogna aver chiaro lo scopo di una rivoluzione proletaria per, alla fine, essere vittoriosi contro la borghesia e che gli sforzi fatti non siano stati vani.
16 luglio 2022
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IL GIORNALE, STRUMENTO DI LOTTA POLITICA
A CHE COSA SERVE UN GIORNALE COME IL NOSTRO, RIVOLUZIONARIO?
QUAL’E’ LO SCOPO DI UN GIORNALE?
Il giornale, come lo sono i libri, le riunioni, l’analisi, le manifestazioni, i volantini, ecc. è uno dei tanti mezzi di lotta politica. Nella nostra quotidiana lotta comunista abbiamo bisogno di molti strumenti per, alla fine, poter battere la borghesia.
Ma, nell’impostare un giornale, la domanda chiave è: qual è lo scopo preciso che si vuol raggiungere con questo strumento di battaglia: Informazione? Agitazione? Chiarimento di idee? Contatto? Autofinanziamento? Collegamenti?
In sostanza, ogni tipo di giornale viene studiato e organizzato per raggiungere un preciso o più precisi obiettivi.
Anche il nostro giornale “Der kommunistische Kampf” persegue quindi dei determinati fini. Il primo e fondamentale: è indirizzato a favorire il primo contatto con i giovani interessati al marxismo e alla lotta contro il capitalismo. Quindi è stato costituito sulla psicologia politica dei giovani. Su questa base nella pratica bisogna rispondere a precise esigenze: a quali argomenti politici, temi, lotte, un giovane interessato al marxismo può essere attratto? Qui perciò bisogna capire bene, sperimentare e muoversi di conseguenza. E, in che forma deve essere scritto un articolo e quanto deve essere lungo per, alla meglio, essere compreso da un giovane attratto al marxismo? Infine: a chi deve essere diffuso il giornale e come deve essere diffuso? Questi i criteri fondamentali di impostazione.
Poi “Der kommunistische Kampf” ha un secondo importante fine: elevare la professionalità politica degli attivisti. Cosa si intende con questo? La diffusione del giornale è
un elemento fortissimo per spingere l’attivista diffusore a dare alle numerose domande poste durante la diffusione, risposte politiche corrette e coerenti. In questo sforzo si professionalizza moltissimo.
Altro fattore di formazione altrettanto efficace che il giornale svolge: far si che tutti gli attivisti (ma proprio tutti) vi scrivano gli articoli. Fattore fondamentale per favorire di continuo la formazione politica.
Su questi criteri per gli scopi prefissati dobbiamo dire che il nostro “Der kommunistische Kampf” sta funzionando, e bene. Gli interessati lo leggono volentieri e quando i ragazzi tedeschi vengono ai colloqui o alle riunioni (ancora molto piccole) soddisfatti, pongono sempre un sacco di domande politiche.
Ma per essere efficaci come organizzazione rivoluzionaria un giornale non basta, abbiamo bisogno di più giornali. Un secondo giornale di studio, di analisi molto approfondita è perciò assolutamente necessario. Un giornale che dia un’analisi molto più specifica rispetto a “Der kommunistische Kampf”.
Questo secondo giornale, in programma, sarà rivolto solo al giro ristretto interno degli attivisti, e non usato per il primo contatto. In questo tipo di giornale di studio, gli articoli lunghi e complessi in esso contenuti, possono essere compresi bene dagli componenti dell’organizzazione, accelerando così la professionalità politica di cui hanno bisogno. Anche questo giornale sarà scritto da tutti i militanti, non escludendo nessuno, perché questo, nella formazione politica è assolutamente necessario.
Nella nostra organizzazione leninista non esiste e non esisterà mai una elite politica che si occuperà esclusivamente di scrivere gli articoli mentre tutti gli altri ne rimangono esclusi e il loro compito è di diffonderli. Non ha senso politico. Chi scrive diffonde e chi diffonde scrive. Perché è solo così, dove tutti sanno studiare e scrivere articoli e poi diffonderseli e organizzare, che si può arrivare a dare agli attivisti una professionalità di prim’ordine e completa, che in caso di attacco della borghesia ogni militante è in grado di riprodurre l’organizzazione.
Questi due giornali sono quindi gli impegni prioritari della nostra organizzazione.
Poi avremo bisogno di un giornale per la diffusione nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle piazze e così via. Questo altro giornale di primo contatto sarà “Der kommunistische Kampf” con l’aggiunta di articoli per i lavoratori, le masse, ecc.
Naturalmente i vari giornali svolgeranno anche il ruolo di garantire l’autofinanziamento.
Questo insieme di giornali è stato usato con esito positivo, molto positivo dai bolscevichi, e che noi oggi riteniamo indispensabile per lo sviluppo e il corretto funzionamento dell’organizzazione rivoluzionaria leninista. Su questa base il successo è senz’altro garantito.
7 luglio 2022 - Claudio Piccoli
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MARX IL RIVOLUZIONARIO.
AL SERVIZIO DELL’EMANCIPAZIONE
Ha dedicato tutta la sua vita alla lotta per una società superiore.
UN ESEMPIO DA SEGUIRE
L’impostazione del lavoro rivoluzionario di Marx la si può riassumere in questa citazione di Pavel Annenkov: “Il 30 marzo 1846 a Bruxelles si tiene una riunione alla quale sono presenti Marx, Engels, Weitling, il belga Philippe Gigot, i tedeschi Edgar von Westphalen, il cognato di Marx Joseph Weydemeyer, Sebastian Seiler, e il russo Pavel Vasil’evic Annenkov che scrive una relazione della seduta: «Weitling parlò per primo, ripetendo tutti i luoghi comuni della retorica liberale e avrebbe senza dubbio parlato più a lungo se Marx non l’avesse interrotto, la fronte aggrottata per la collera. Nella parte essenziale della sua risposta sarcastica, Marx dichiarò che sollevando il popolo senza fondarne in pari tempo l’attività su basi solide, lo si ingannava. Far nascere speranze fantastiche non portava alla salvezza, ma piuttosto alla perdita di coloro che soffrivano; rivolgersi agli operai e soprattutto agli operai tedeschi, senza avere idee strettamente scientifiche e una dottrina concreta, significa trasformare la propaganda in un gioco privo di senso, peggio, senza scrupoli. Weitling replicò che con la critica astratta non si sarebbe potuto ottenere nulla di buono e accusò Marx di non essere altro che un intellettuale borghese lontano dalle miserie del mondo. A queste ultime parole Marx, assolutamente furioso, diede un pugno sul tavolo così forte che il lume ne tremò, e, alzandosi di scatto gridò: «Fino ad ora l’ignoranza non ha mai servito nessuno!» (Pavel Annenkov, cit. in U. Cerroni, cit., 27). Per Marx, combattere seriamente il capitalismo significava perciò operare su basi “scientifiche”, concrete, solide, non superficiali, su “speranze fantastiche”. E questo sarà la bussola che orienterà il grande rivoluzionario per tutta la sua vita politica. L’agire deve essere guidato dallo studio e lo studio deve servire per l’agire: questo il credo ferreo adottato dal rivoluzionario Marx, che fin da giovane partecipa a tutti i moti rivoluzionari, partendo dal grande sconvolgimento del 1848 che determinerà in tutta Europa l’ascesa della borghesia.
Ed è proprio dalla sua analisi scientifica che Marx già da giovane, assieme ad Engels, può vedere da subito che il nascente proletariato, allora piccolissima minoranza nella società capitalista, nel futuro sarebbe così enormemente diffuso fino a diventare predominante nella società, per diventare poi il motore che sopprimerà e supererà il controverso sistema capitalistico. Da questa visuale Marx si attiva quindi per organizzare, sia teoricamente che organizzativamente, il proletariato, futuro elemento degli stravolgimenti sociali.
Comincia questa sua intensiva attività politica con il fondare nel 1847, non ancora trentenne, assieme ad Engels, la “Lega dei Comunisti”. Così cita l’articolo 1 dello stesso Statuto di fondazione: «Scopo della Lega è il rovesciamento della borghesia, la soppressione dell'antica società borghese fondata sugli antagonismi di classe e l'instaurazione di una nuova società senza classi e
senza proprietà privata». E già da subito è evidente che i due dirigenti comunisti hanno già chiaro che per raggiungere l’obbiettivo dell’abbattimento del perverso sistema mercantile la loro appena costituita organizzazione ha bisogno di basi teoriche molto solide affinchè la lotta possa essere efficace. Per cui Marx ed Engels scrivono il “Manifesto del Partito Comunista” come base programmatica. Con questo fondamentale scritto analitico il nascente movimento ha perciò adesso la possibilità di intraprendere con consapevolezza i suoi primi passi di lotta, su basi reali, scientifiche, non con idee di fantasia o dettate dalla passione come avveniva prima con i “socialisti utopisti”. Sarà il primo elemento di coscienza concreta nella lotta contro la borghesia, che in seguito tutti i comunisti del mondo adotteranno.
Essendo che tutto il lavoro per Marx - in collaborazione con Engels - è in funzione della rivoluzione, scrive molteplici trattati scientifici, in modo che la lotta proletaria, possa raggiungere con consapevolezza l’obbiettivo dell’abbattimento capitalistico.
In questa prospettiva il rivoluzionario nel 1844 scrive “i Manoscritti economico-filosofici”, nel 1845 “La sacra famiglia”, le Tesi su Feuerbach (1845), L'ideologia tedesca (1845), Miseria della filosofia (1847), nel 1849 “Lavoro salariato e capitale” , “Il 18 brumaio di Luigi Napoleone” (1852), “Grundrisse” (1857-1858), “Per la critica dell'economia politica” (1859), l'incompiuta opera de “Il Capitale” (1867), “La guerra civile in Francia (1871) e “la Critica del Programma di Gotha” (1875). A questo va aggiunto tutto il lavoro sul "Materialismo storico".
Tutte le analisi politiche, sociali, economiche e filosofiche, scritte, va ripetuto, spesso im modo molto semplice, non per compiacere se stesso, ma con lo scopo preciso di sostenere e organizzare la lotta politica rivoluzionaria.
In contemporanea ovviamente intensissima è la sua attività pratica.
Dopo la "Lega dei Comunisti" del 1847, Marx fu tra i fondatori della "Prima Internazionale" nel 1864, per la quale scrive il discorso di apertura dello statuto dell'Associazione. All'interno dell'Associazione è responsabile della Germania e successivamente anche dei Paesi Bassi e della Russia. In questo periodo è molto attivo nel lavoro di chiarificazione politica e di orientamento dell'organizzazione, conducendo al contempo una lotta decisa contro i socialisti utopisti, la corrente borghese radicale e gli anarchici.
Nel 1875, con il suo trattato "Critica del programma di Gotha", delineò le linee programmatiche fondamentali su cui si sarebbe fondato il Partito Socialdemocratico di Germania, che Marx ed Engels avrebbero guidato fino alla loro morte.
È difficile trovare nella storia una dinamica rivoluzionaria teorica e pratica così intensa allo stesso tempo. Molto lontano dalla rappresentazione borghese di un Marx descritto "solo" come filosofo. Si tratta di una attività rivoluzionarie di altissimo livello che ha fatto la storia. UN ESEMPIO DA SEGUIRE.
Un riferimento particolare al famosissimo "Il Capitale": un'analisi così reale e dettagliata della società capitalista che anche molti avversari politici ne riconoscono la validità scientifica. L'analisi scientifica completa di Marx e il suo lavoro pratico con la "Lega dei Comunisti", l'"Internazionale" e il "Partito Socialdemocratico di Germania" sono oggi i criteri pratici granitici su cui si basano tutte le organizzazioni che lottano contro il perverso capitalismo. E così sarà fino al suo rovesciamento finale. Un grande ringraziamento al grande Marx.
29 giugno 2022
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ANALISI DELLA SITUAZIONE IMPERIALISTA
LA GUERRA IN UCRAINA STA RAFFORZANDO NOTEVOLMENTE LA BORGHESIA AMERICANA SULLA SCENA INTERNAZIONALE
Vogliamo qui fare un riassunto di come le potenze capitaliste sul pianeta
scontrandosi con tutti i mezzi, guerre comprese, cinicamente
cercano di raggiungere gli obiettivi che si prefiggono.
3 maggio 2022
Mai come adesso dal dopoguerra in poi l’imperialismo di Washington ha avuto alleati così stretti e compatti, e una NATO così ambita dalle borghesie dei paesi europei, anche da quelli che prima erano scettici come Svezia e Finlandia. Se prima la NATO era un po’ snobbata in Europa, adesso il conflitto militare russo in Ucraina ha messo così tanta paura alle borghesie europee che terrorizzate, non solo chiedono, ma ora pretendono a gran voce la protezione della NATO e il suo veloce rafforzamento e allargamento.
E’ proprio l’invasione russa dell’Ucraina che rinsalda questo enorme polo militare-politico imperialistico, esattamente l’opposto di ciò che si prefiggeva il governo di Mosca, che con il blitz militare di invadere l’Ucraina, pensava di rafforzare la sua posizione geopolitica nella scena internazionale, dividere con il ricatto del gas e i suoi prodotti agricolo-minerari i paesi europei - all’interno di essi e dagli Stati Uniti - e di rafforzare la sua alleanza con l’imperialismo di Pechino.
Già prima (causa l’emergere dell’imperialismo cinese) il presidente Trump nel suo mandato quadriennale nel suo “Make America Great” aveva fatto tutti gli sforzi possibili per raggiungere l’obbiettivo di compattare l’unione USA-Europa (detta “transatlantica”) attraverso la nota politica di innalzamento dei dazi doganali contro Cina e Russia, le dure sanzioni contro Russia, Cina, Iran, Venezuela, ecc. e di rafforzare la NATO cercando di costringere i paesi europei a portare le proprie spese militari al 2%. Ottenendo però solo in parte i risultati. Ora tutto questo, e ancor di più, nel giro di un mese causa la guerra russa in Ucraina, all’amministrazione Biden si è realizzato, con la prospettiva di rafforzarsi ancor più con il proseguire della guerra.
INTERESSE USA AL PROSEGUIMENTO DELLA GUERRA. Molti commentatori internazionali scandalizzati accusano Biden di non voler metter fine al conflitto ucraino, di non cercare il compromesso con Putin. Ma insultandolo di continuo, isolandolo politicamente, rifiutando i russi
negli incontri internazionali, mandando sempre più armi alle forze ucraine, ecc. di fomentare e cercare con determinazione il proseguo del conflitto.
Questo, nel brutale scontro tra borghesie senza esclusione di colpi, potrebbe effettivamente corrispondere alla realtà.
Perché se Putin per i suoi interessi geopolitici ha cercato e causato la guerra, Biden adesso per i suoi altrettanto obiettivi geopolitici potrebbe avere interesse che la guerra continui. Per i motivi imperialisti sopra accennati: più la guerra continua e più l’alleanza transatlantica USA-Europa si rinsalda; più la guerra continua e sempre più paesi europei vogliono velocemente entrare nella NATO (perfino la neutralista Svizzera ci sta pensando) e i vari governi europei senza più esitazione vogliono innalzare le proprie spese militari NATO;
un lungo proseguo della guerra può indebolire di molto il concorrente russo. Non ultimo: causa la guerra, un notevole rafforzamento del polo politico-militare StatiUniti-Europa isola sulla scena internazionale anche l’imperialismo di Pechino (e l’India). Non poco per la borghesia americana che con tutti i mezzi cerca di contrastare l’ascesa delle borghesie concorrenti.
E TUTTI QUESTI VANTAGGI USA, CAUSA LA GUERRA IN UCRAINA VOLUTA DALL’ AVVERSARIO PUTIN.
Fin dall’inizio era chiaro che nello spietato scontro tra capitalisti, Putin, fallendo l’obbiettivo di impadronirsi velocemente dell’Ucraina e impantanandosi in una lunga guerra di posizione, Biden ne avrebbe approfittato. Quanto ne avrebbe approfittato, subito non era chiaro. Adesso si. Washington sembra miri non solo al rafforzamento dell’asse USA-Europa, ma con il proseguo della guerra, come detto, voglia assolutamente arrivare al collasso della non industrializzata economia russa, alla deposizione di Putin, con un indebolimento dell’imperialismo russo sulla scena internazionale tale da diventare non più pericolosa per gli interessi USA, così da neutralizzarla per un paio di decenni, come successo precedentemente con l’Unione Sovietica.
E il forte rafforzamento strategico USA-Europa e le notevoli difficoltà di Mosca è un segnale potente anche per l’imperialismo di Pechino: la Cina adesso ha meno alleati sulla scena internazionale, e deve porre attenzione alle sue prossime mosse imperialiste (Taiwan compreso). Perché USA e Europa assieme pesano sul PIL mondiale circa il 40%, mentre la Cina è ancora al 16% (mentre la Russia è poco sopra all’1%). E perché la potenza USA con la guerra in Ucraina sta dimostrando essere una potenza militare di altissimo livello, livello a cui l’imperialismo cinese ancora ne è ben lontano, e che in caso di in un eventuale disastroso scontro non avrebbe alcuna chance.
Un’ultima osservazione: LA DEBOLEZZA MILITARE RUSSA.
L’imperialismo russo si è sempre pavoneggiato sui media internazionali (supportato con entusiasmo dagli stalinisti - e lo sta facendo paradossalmente ancora adesso) come una grande potenza militare: la guerra in Ucraina sta dimostrando tutto il contrario. L’esercito ucraino, uno dei più poveri in Europa ma in questa occasione abbondantemente armato da USA (e inglesi) lo ha facilmente sconfitto nell’ovest del paese e adesso lo scontro militare si è spostato a est nella regione del Donbass. Nel conflitto ucraino l’esercito russo ha palesato tutte le sue debolezze: una parte del suo arsenale ancora a bassa tecnologia (una quota di carri armati provengono dell’ex Unione Sovietica), una notevole scarsità di armi e uomini, una accentuata disorganizzazione logistica (di organizzazione) e un debole supporto satellitare. In pratica un nano militare rispetto alla potenza di fuoco USA enormemente tecnologizzata ed estremamente efficiente. Il motivo di questa debolezza militare russa? Il basso grado di industrializzazione del paese, che non riesce a garantire uno standard di livello militare alto e moderno e dove i militari ricevono uno stipendio pari a 400-500 dollari al mese. Nello spietato confronto interimperialistico sarà quindi facile alla potente borghesia di Washington cogliere l’occasione Ucraina per mettere a tacere ancora una volta il nano russo.
Il cinico confronto tra borghesie fa ribrezzo ai proletari. Masse proletarie che purtroppo ne devono subire le tragiche conseguenze. Tutto questo può finire solo con l’abbattimento del sistema del profitto. Non c’è altra via.