-LE CRISI COME OCCASIONI RIVOLUZIONARIE-

MARX E I MOMENTI OPPORTUNI PER LE RIVOLUZIONI

- O MOMENTI RIVOLUZIONARI -

Le rivoluzioni possibili solo in momenti di profonde crisi.

TUTTE LE RIVOLUZIONI STORICHE SONO AVVENUTE

IN QUESTE CONDIZIONI

 

 

 

Le rivoluzioni dimostrano che la realtà non è statica

e ne immutabile, ma è radicalmente trasformabile”.

 

Nelle crisi il dominato diventa potente. Diventa potente perché oltre che contare sul numero, fatto non secondario di essere massa sociale, è il momento dove si scuote dal suo torpore e si trova nella situazione oggettiva di chiedersi da dove deriva la sua disastrosa situazione. E’ la scossa della crisi che lo mette in movimento attivamente, sia fisicamente che mentalmente.   

La massa dominata dalla piccola minoranza non è propensa in genere alla ribellione, alla rivoluzione, se la sua situazione sociale è vivibile, tollerabile. E’ un dato di fatto e questo ai dominanti è molto chiaro. Completamente diverso si trasforma però il contesto quando improvvisamente subentra una forte crisi destabilizzante che stravolge e depaupera considerevolmente la vita dei sottomessi. E’ in questi momenti storici di profonde e notevoli crisi, quando il dominante non è più in grado di controllare l’esplodere delle contraddizioni, che si pone storicamente all’ordine del giorno la possibilità della rottura rivoluzionaria.

      Ne deriva perciò che più le crisi sono profonde e più forte è la reazione del dominato. E’ quindi nella crisi gravissima e prolungata che si creano le condizioni oggettive di massa per la rivolta, la rivoluzione, il salto storico. La storia ci dice che ha sempre corso in questa direzione. E che solo in questi appuntamenti storici la maggioranza si pone contro la minoranza.

      Così è successo con la rivoluzione francese del 1789, dove una lunga e grave carestia  che provocava una profonda miseria sociale ha portato le masse francesi alla rivolta contro la nobiltà parigina, portando la borghesia al potere. Così è stato con la rivoluzione russa del ’17, dove un profondo disfacimento economico-sociale causato dalla lunga guerra ha portato le masse russe disperate a rivoltarsi contro lo zarismo.

Anche il sistema sociale capitalistico è causa continua di crisi. Crisi che in alcuni momenti possono essere veramente profonde trasformandosi in guerre, morti di massa, fame.

       Ma adesso, in questi momenti di espansione economica e relativo benessere sociale, i capitalisti negano decisamente che il loro sistema borghese possa essere causa di tali disastri, incolpandone caso mai come motivo i cattivi e non il profitto. E accusano i marxisti di esagerazione, utopia, catastrofismo, quando quest’ultimi affermano che le crisi e le guerre sono parte integrante del sistema, che il capitalisti ne sono la vera causa e non possono esistere senza di esse.

       Ma noi marxisti insistiamo, ribadiamo, che non ci si deve illudere. Se oggi si vive in un relativo benessere questo non significa affatto che la situazione rimarrà sempre così. No, non ci si deve proprio  illudere, come ripeteva costantemente il grande Marx. Il capitalismo è terribilmente imprevedibile, si sa. Domani la borsa potrebbe improvvisamente crollare e una nuova profonda crisi si potrebbe di nuovo inaspettatamente ripresentare, portando la società ai noti disastri, inimmaginabili oggi per violenza, ma però ben intuibili.

Una situazione disastrosa quindi si ripresenterebbe riaprendo, ricreando le condizioni oggettive per la rivoluzione.

La crisi vista quindi come motore dei cambiamenti storici.

     E’ su questo che dobbiamo quindi ragionare. Su una realtà oggettiva. E non sulle fantasie infantili di una rivoluzione gradualista o parlamentare.

Ed è su questa realtà che ci dobbiamo organizzare.

-SCONTRO TRA BORGHESIE-

LA BORGHESIA CURDA NELLA TRAPPOLA DEI GIOCHI DI ALTRE POTENZE

I CURDI NON ASPIRANO AD UNA SOCIETA’ MARXISTA SENZA CLASSI,  MA ALLA

INDIPENDENZA CAPITALISTICA BORGHESE

 

 

 

Anche le borghesie conducono tra di loro battaglie, guerre cruente per liberarsi dall’oppressione di altre borghesie più potenti. Tutto questo non ha però niente a che fare con la “lotta di classe” dei proletari. In queste battaglie borghesi a guerra finita la classe lavoratrice rimarrà dominata dalle varie borghesie indipendentemente da chi vincerà e la sua sottomissione e condizione di sfruttamento non cambierà di un millimetro.

Nel caso della guerra per l’autonomia curda viene diffusa la convinzione che i curdi stiano combattendo non solo per l’indipendenza, ma anche per instaurare una società proletaria, comunista. Non è assolutamente così. I curdi questo non lo hanno mai pensato, loro non vogliono uno stato marxista proletario. Loro stanno combattendo ufficialmente (e si fanno uccidere) per l’indipendenza capitalistica del paese Kurdistan. Vale a dire che in una ipotetica futura indipendenza curda conquistata, saranno i capitalisti curdi a dirigere la nazione Kurdistan unito, non i proletari. Questo è fisso.

 

Esattamente come nel caso dei palestinesi. La lunghissima battaglia dei palestinesi per la loro indipendenza è stata non per edificare uno stato proletario, marxista, ma per l’indipendenza capitalistica della Palestina. E adesso nella Striscia di Gaza dove hanno costituito il loro piccolo stato, a dirigere sono chiaramente i capitalisti e tutto funziona con le regole capitalistiche del profitto e della concorrenza, ecc.

E’ stato dopo la prima guerra mondiale, nello scontro tra borghesie, nel gioco di potenze, che il Kurdistan capitalista è stato cancellato come nazione indipendente e smembrato in 4 parti, e come mostra la cartina una parte l’ha presa la Turchia, un’altra parte la Siria, una l’Iran e infine il restante territorio all’Iraq. Quindi la borghesia curda si è trovata non più unita, ma suddivisa e sottomessa a quattro nazioni.

Da allora ne è nata una lunga lotta, con talvolta anche guerriglia, da parte degli indipendentisti curdi (alcuni dei quali definendosi anche rivoluzionari o comunisti) per il ritorno al Kurdistan come nazione unita, capitalista.

Alcune repressioni contro i curdi da parte della Turchia, Siria e Iraq sono note, ma chissà quante altre sono state condotte di cui la cronaca non da notizia. Repressioni ovviamente spregevoli, ripugnanti. Ma attenzione: non riguarda la “lotta di classe” lavoratrice, questo appartiene ai giochi e agli scontri di potere tra le varie borghesie. I capitalisti nelle loro battaglie reciproche di potere per spartirsi le zone, non hanno nessuna pietà nel sottomettere, smembrare o devastare altre nazioni per accaparrarsi la zona. Cosa che con le attuali guerre è più che evidente anche oggi.

Nel 2011 sfruttando le rivolte delle “Primavere arabe” le borghesie occidentali guidate dagli Stati Uniti (Obama) non hanno esitato un attimo a sfruttare l’occasione delle forti proteste sorte anche in Siria, per armare l’opposizione di piazza contro il regime di Assad, così da scatenare una feroce guerra civile siriana, con lo scopo di far cadere il governo filorusso di Damasco e portarlo sotto influenza occidentale.

E per ottenere questo hanno armato abbondantemente le milizie anti Assad, tra le quali i curdi, promettendo loro l’indipendenza (ovviamente capitalista).

Però i fatti di oggi evidenziano chiaramente che era tutta una strumentalizzazione, un gioco di potere tra borghesie, di utilizzare i combattenti curdi per scopi altrui. Sono stati fatti combattere contro i miliziani dell’IS e contro il governo filorusso Assad, ma non per interesse proprio. E visto che l’obbiettivo di abbattere il governo Assad è fallito, vengono ora abbandonati al loro infelice, misero destino (al di la delle ipocrite dichiarazioni verbali di sostegno) com’è d’uso borghese in queste situazioni.

Oggi è chiaro che il loro stato capitalista Kurdistan indipendente non lo otterranno.

 

Adesso dovranno di nuovo sottomettersi al regime di Assad e trovare con il presidente siriano le mediazioni più idonee per poter proseguire.


 

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- IL PERENNE SCONTRO TRA BORGHESIE-

L’ATTACCO CONTINUO

DI TRUMP CONTRO L’IRAN:

UNA TATTICA BEN STUDIATA PER ARRIVARE A

SEPARARE LE NAZIONI

EUROPEE  DA CINA-RUSSIA

UNA LOTTA TRA POTENZE IMPERIALISTICHE

CHE COME SEMPRE COINVOLGONO LE POPOLAZIONI 

 

 

Se si osserva, ogni qualvolta Trump attacca con sanzioni, ritorsioni, ricatti, la nazione borghese Iran pretende sempre (come ancora una volta titola il “Tagesschau” del 24 giugno) che anche gli alleati occidentali degli Usa lo seguano nelle ritorsioni.

         E’ stato così da quando nel 2017 Trump ha disdetto l’accordo sul nucleare con l’Iran, siglato precedentemente da Obama. E’ stato da allora che il presidente ha preteso che anche le borghesie europee rompessero i legami economici con il paese del Golfo, costringendole a seguirlo nelle dure sanzioni contro Teheran da lui imposte, obbligando le aziende europee e giapponesi a non intraprendere più affari con il paese persiano (articolo “Der kommunistische Kampf” n° 27, ottobre 2018). Ricattando le aziende europee come Siemens, Daimler Benz, ecc. nel caso non si fossero adeguate e sottoposte al diktat americano, il presidente Usa avrebbe super tassato i grandi e numerosi affari che queste aziende conducono in America.

         Anche quando Trump ha attaccato con il pretesto dello “spionaggio” il colosso cinese delle comunicazioni Huawei ha preteso con forza che gli europei lo seguissero nel rifiutare di accettare di impostare in Europa la nuova rete 5 G della multinazionale cinese (attacco a cui ora Trump sembra aver rinunciato).   

        Stessa situazione la troviamo con le sanzioni contro la Russia volute da Trump, dove anche qui il presidente pretende che le borghesie europee si uniscano e lo seguano nello scontro.

        Se all’inizio, dopo la sua elezione, il comportamento aggressivo di Trump appariva estroverso e confuso nei suoi intenti, ora invece è diventato chiaro che la sua politica risoluta e prepotente fa parte di un piano ben preciso, con vari pretesti, per arrivare a dividere lo schieramento delle nazioni (borghesi) occidentali dagli emergenti imperialismi cinese e russo e loro alleati.        

        Perché Cina, Russia, Iran, e Venezuela (e forse anche l’oscillante India) appartengono ad un gruppo di nazioni capitaliste in netta opposizione e concorrenza a quello occidentale guidato dagli Stati Uniti. Nazioni emergenti di opposizione che si sono prefisse lo scopo di sfidare i capitalisti occidentali (e soprattutto gli americani) sul mercato internazionale. L’intento di Trump quindi è, come reazione a questo “pericolo” di competizione avverso, voler creare una forte divisione, un blocco, un solco netto dei paesi filo americani contro le borghesie emergenti sfidanti. Un blocco occidentale non solo politico-militare (i paesi occidentali aderiscono tutti alla Nato, l’organismo militare guidato dagli Usa) ma anche economico-finanziario.

        Perché molte borghesie occidentali intrattengono contemporaneamente anche molti affari reciproci con le nazioni dello schieramento opposto, diretto appunto da Cina e Russia. Ora il presidente americano tenta di ridurre al minimo questi rapporti tra i due schieramenti.

        E dal suo comportamento si capisce palesemente come l’obbiettivo principale di Trump sia proprio la ricca Germania, l’imperialismo tedesco - come da tempo scriviamo. Trump vuole ridurre al minimo l’interscambio commercial-finanziario che l’imprenditoria tedesca ha con la Russia, cioè con il capitalismo russo (es. il Nord Stream 2) così da arrivare ad allentare gli ottimi rapporti politici che i due paesi intrattengono e che spesso frenano, sono ostacolo e rovinano le aggressive politiche americane contro il concorrente “nemico” russo.

        Se questo è il vero intento dell’aggressiva politica del bellicoso presidente americano come rappresentante degli interessi delle potenti multinazionali USA (e non certo dei lavoratori) nell’eterna lotta tra colossi capitalisti per rubarsi a vicenda fette di mercato internazionale, alla popolazione, alle masse proletarie, ovviamente come sempre il vero motivo dello scontro viene nascosto e vengono inventati dai media e dai politici pretesti “umanitari” per coprire e nascondere gli orrori e le nefandezze che il sistema capitalistico produce. Cinici e falsi pretesti che possano colpire il cuore e la sensibilità delle persone per apparire credibili, benevoli, così da ricevere il consenso popolare e poter condurre senza grosse contestazioni di popolo la spregevole lotta intercapitalista. Ed ecco che Trump nel suo blog twitta che l’attacco USA contro l’Iran è per la “nobile” causa di combattere il terribile “terrorismo internazionale” di cui, secondo il presidente, la borghesia iraniana ne sarebbe il maggior sponsor e sostenitore. Oppure porta la scusa che l’Iran starebbe “segretamente continuando a costruire armi nucleari”, o, altro pretesto ancora, che il piccolo paese del Golfo vorrebbe “destabilizzare” il mondo intero,  e cose del genere.

       E’ sorta anche un’altra buffa interpretazione portata da alcuni media americani (“Washington Post”) secondo cui Trump attaccherebbe l’Iran con sanzioni economiche molto dure e minacce varie, ma poi mai militarmente, per creare “confusione” così da tenere costantemente “sotto pressione” l’ostile borghesia iraniana. Anche questa un’altra ridicola motivazione. Come banale e assolutamente incompetente è la tesi che il suo comportamento sia basato per soli scopi elettorali. 

       Come detto, è chiaro, i governi borghesi non possono divulgare le spregevoli verità capitalistiche alle enormi masse già duramente sfruttate e costantemente sotto pressione per i continui sacrifici a loro imposti. È proprio compito dei media e dei politici al loro servizio inventare qualcosa di “nobile” e “umanitario” per giustificare le orrende e nefande azioni dei banchieri e degli imprenditori che attraverso i governi manovrano gli eserciti nazionali e sconvolgono il mondo,. Oggi per esempio, è di moda motivare ogni scontro, come detto, con “la lotta contro il terrorismo”, ma ieri si sono giustificate le guerre per “salvaguardare la pace”, altre guerre per “portarvi la democrazia” e così via. Menzogne e imbrogli continui.

      E’ compito dei marxisti smascherare i capitalisti e i loro servi e complici politici. Ed è compito dei marxisti guidare le masse proletarie alla società superiore, quando il momento giusto si presenterà.

-VENTI DI RECESSIONE ECONOMICA-

LA BUNDESBANK NE APPROFITTA SUBITO PER RICHIEDERE L’INNALZAMENTO DELLA PENSIONE A 69 ANNI

LA BUNDESBANK SI ATTIVA PERCHE’ LE CONSEGUENZE DELLA IPOTETICA PROSSIMA CRISI ECONOMICA SIANO PAGATE NON DAI RICCHI CAPITALISTI MA DAI LAVORATORI

 

 

 

I ricchi diventano sempre più ricchi, le statistiche lo riportano costantemente. Ma certo questa grave e non tollerabile ingiustizia sociale alla capitalistica Bundesbank non interessa, anzi ne è compiaciuta. E si attiva perché i ricchi diventino ancora più ricchi, e che siano invece i lavoratori nelle loro condizioni di vita e lavoro a peggiorare.

Prendendo a pretesto i problemi che una ipotetica prossima crisi economica può portare, indica con forza che l’età pensionabile venga innalzata a 69 anni. In sostanza spinge perché ancora una volta la crisi venga pagata  dai lavoratori anziché dai ricchi padroni.

La scusa per questo ennesimo peggioramento da imporre alla classe lavoratrice è la stessa musica che in concerto tutti i governi europei da tempo stanno suonando: “L’aspettativa di vita si allunga, perciò la Bundesbank vuole corrispettivamente che i lavoratori dipendenti vadano in pensione più tardi”  titola “Der Spiegel” il 21 ott. 2019.

Che l’aspettativa di vita in Germania si stia innalzando è una falsità, è solo un pretesto, perché non corrisponde assolutamente a verità . Infatti come tutte le fonti riportano, il livello di durata di vita media in Germania è fermo da 20’anni, vale a dire che dagli 82,5 anni di vita media registrati all’inizio del 2000 si è passati agli  83 di oggi. 

 

 

Ovviamente alla Bundesbank questi importanti rilevamenti non interessano, è tutta protesa contro i lavoratori. Per la capitalistica banca centrale tedesca, anche se nella società esistono capitalisti nullafacenti possessori di enormi capitali, devono essere sempre i lavoratori a soffrire e pagare. Per la speculativa banca è uno spreco che i lavoratori dopo una vita di lavoro, duro e intensivo, abbiano il diritto di andare in pensione per godersi un po’ di vita e di rilassarsi. Per la banca i lavoratori dipendenti devono essere sfruttati fino all’osso, finchè raggiunti i 70anni stremati, non abbiano neanche più la forza di stare in piedi.

La grande banca poi per dar forza alla sua richiesta di peggioramento aggiunge l’altro grande appiglio che tutti i governi riportano: visto il (presunto) allungamento medio di tempo di vita (presunto perchè appunto non esiste) questo si tradurrebbe in un allungamento del periodo di godimento della pensione, e questo comporta un costo maggiore per le finanze dello stato.

Se così è, E’ QUI CHE GLI STRARICCHI CAPITALISTI DEVONO PAGARE è la nostra affermazione.

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LA CAUSA DELLA CRISI

Ritornando alla possibile crisi che starebbe per giungere (crisi di cui ovviamente i lavoratori non hanno assolutamente niente a che fare), stando ai rilevamenti economici i motivi risiederebbero nella recente guerra commerciale che Trump ha intrapreso contro Cina, Russia e Iran, con le note sanzioni e dazi imposti a mezzo mondo, causando ritorsioni e controreazioni dei paesi colpiti. Uno scontro tra borghesie appunto, è chiaro.

E l’imposizione dell’innalzamento dei dazi Usa alle merci europee sta avendo ripercussioni negative sui mercati interni europei soprattutto in Germania, dove la metà delle sue esportazioni vanno in America, a fronte per es. della Gran Bretagna che esporta verso gli Usa solo un 30%.

Questo ricatto dei dazi, come previsto da Trump, sta causando una contrazione del PIL tedesco, spingendo l’economia di Berlino in fase recessiva.  A fronte di questo quindi, sorgono previsioni di una crisi che starebbe per arrivare.

I capitalisti sfruttano sempre le crisi provocate dal sistema per avvantaggiarsi e colpire i lavoratori e i giovani.

 

E’ un classico: per loro le crisi sono occasioni per togliere alla classe lavoratrice dei diritti, così da poterne trarre ancora ulterior guadagno.


 

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“IL SOGNO DI UN CAPITALISMO VERDE”

IL MOVIMENTO “Fridays for Future” PRESO A PRETESTO

PER AUMENTARE LE TASSE

PRIMO EFFETTO NEGATIVO INDESIDERATO PER L’ATTUALE MOVIMENTO ECOLOGICO: L’AUMENTO SU BENZINA E DIESEL, CIOE’ SU AUTO E RISCALDAMENTO DOMESTICO.

 

 

Il movimento ecologico ha partorito il suo primo flop. Non poteva essere altrimenti, come da sempre noi marxisti chiariamo.

Un flop, esattamente come accaduto 20anni fa durante i due governi Schröder SPD-Grünen del 1998-2005, dove i verdi allora al governo avevano imposto l’infelice e controversa tassa sull’ecologia che, appunto come oggi, doveva servire per risolvere i problemi legati all’ambiente.

Il risultato di quella tassa? E’ sotto gli occhi di tutti: della soluzione dei problemi legati all’ambiente neanche l’ombra, ma l’imposta ecologica è rimasta. Anzi, si può constatare che il problema degrado ambientale si è perfino acuito da allora. 

 

 

Oggi, a distanza di 20anni, ci ritroviamo a rivivere la stessa situazione: si sfruttano i movimenti ecologisti per aumentare di nuovo le tasse. Colpendo questa volta benzina e gasolio. In pratica ciò si tradurrà in un aumento delle spese per chi circola con i veicoli e quelle per il riscaldamento domestico. La motivazione dell’aumento: ma sempre quello, esattamente come 20anni fa: la scusa è raccogliere soldi per il miglioramento climatico.  

Siamo più che sicuri che anche in questa occasione tutto rimarrà immutato sul fronte ambientale, come lo eravamo sicuri ai tempi di Schröder. E siamo altrettanto sicuri che invece la tassa “ecologica” alla fine rimarrà. In sostanza è la farsa che si ripete.

In questa tornata, il governo Merkel di Große Koalition si è impegnato a ridurre le emissioni CO2 del 50% entro il 2035 (nel passato aveva già promesso che le avrebbe ridotte del 40% entro il 2020). Per poi in seguito impegnarsi a ridurle ancora. Si ripete l’artificio delle promesse, iniziate dai governi Schröder SPD-Verdi nel 2000. In quel tempo i Grünen al governo si erano impegnati, come giustificazione all’introduzione della “tassa ecologica”, di dismettere l’energia nucleare entro il 2010 (cosa ovviamente non avvenuta). Interessante notare che in seguito le stesse promesse sono state poi ripetute anche dai successivi governi Merkel (attorno il 2010) ribadendo che le dismissioni del nucleare sarebbero avvenute entro il 2020. Per poi in seguito, com’è noto, spostare il tutto al lontano 2035. 

TUTTA UNA FARSA, E’ PIU’ CHE EVIDENTE (tutti i giornali sono concordi: tutte le promesse “ecologiche” fatte nel passato non hanno mai avuto nessun sviluppo concreto).

E’ il compito dei politici borghesi quello di promettere!

 

Ovviamente i marxisti sono per un pianeta pulito, ecologico, vivibile, Ma il problema del degrado ambientale (così come tutti i problemi sociali attuali) è irrisolvibile nel sistema capitalistico, perché è appunto lo stesso sistema che lo genera, dove i capitalisti, la concorrenza, il profitto, ne sono parte integrante e perciò la causa.

E I POLITICI SANNO PERFETTAMENTE CHE E’ COSI’. Perciò non potendo dire apertamente la verità, usano la tattica di promettere, promettere, promettere: “entro il 2010 chiuderemo le centrali nucleari …” … entro il 2020 ridurremo le emissioni CO2 del 40% …” … “entro il 2020 l’energia atomica non esisterà più … no anzi, entro il 2035 ” … “entro il 2035 ridurremmo la CO2 del 50% …” entro il 2050 …” ecc. ecc. … sperando poi che i salariati con il tempo dimentichino.

 

DOBBIAMO ESSERE REALISTI, NON SOGNATORI, se si vuole arrivare a raggiungere qualcosa di concreto. Il movimento “Friday for Future” ha cozzato contro la sua prima delusione. E’ la prima su un problema capitalista che non può essere risolto. Come già scritto, enormi movimenti ecologici sono già stati presenti negli anni ’70-80, ci hanno già provato. Oggi essi non esistono più. Hanno constatato sulla propria pelle, come noi sosteniamo, che il problema “ecologia” nel capitalismo è irrisolvibile.

Diverso e di successo è invece il nostro lavoro politico marxista che proponiamo. E’ proiettato non a risolvere gli irrisolvibili problemi capitalisti, ma ad arrivare ad un’altra società, sfruttando i momenti rivoluzionari.

E’ IL GRANDE INSEGNAMENTO CHE IL REALISTA MARX CI HA DATO. 

SCIOPERI IN AUMENTO

NELLA RUSSIA IN CRISI,

CAUSA IL RIBASSO DEL PREZZO DEL PETROLIO

IL RIBASSO DEL PREZZO DEL PETROLIO VOLUTO DA OBAMA E TRUMP HA MESSO IN FORTE DIFFICOLTA’ LE FINANZE DI PUTIN, CHE PER MANTENERE ALTA LA SPESA MILITARE IMPERIALISTA NON ESITA A COLPIRE GLI STIPENDI DEI LAVORATORI.

 

 

La stampa segnala negli ultimi tempi in Russia una crescita consistente degli scioperi e delle lotte economiche.   

-I lavoratori  della catena Ozon, equiparabile in Europa all’Amazon, sono entrati in sciopero contro la revisione del sistema di pagamento introdotto dall’azienda, che fa perdere loro, in dollari, dagli 80 ai 220.

-I lavoratori del gruppo Tmk hanno abbandonato il posto di lavoro perché non ricevono lo stipendio da gennaio. 

-Sono scattati una serie di scioperi nel settore degli autotrasporti nel sud della Russia contro le basse tariffe imposte agli autotrasportatori dalle imprese di trasporti e dai governatorati.

-I lavoratori di una ditta di costruzione di linea ferroviaria a Jakutsk, in Siberia, hanno incrociato le braccia causa il non pagamento dello stipendio da ben 26 mensilità. E così via.

Quindi in tutto il territorio russo gli scioperi e le lotte vengono segnalate in notevole aumento.

 

IL MOTIVO: gli stipendi hanno perso notevolmente valore d’acquisto negli ultimi anni. I salari che la massa dei lavoratori percepiscono - secondo le fonti - si aggirano, tradotti in dollari, dai 260 ai 650 dollari mensili, a fronte di prezzi dei prodotti venduti nei negozi non molto inferiori a quelli occidentali. A questi stipendi fanno eccezione le città di Mosca e San Pietroburgo, dove per il forte numero di nomenclatura di partiti presente e l’alta percentuale di uffici commerciali, gli stipendi si aggirano su un valore medio di 1.400 dollari. E fanno eccezione anche le lontane regioni siberiane, che, visto la forte presenza di giacimenti di petrolio e minerali, per attirare mano d’opera, gli stipendi si aggirano sui 1.550 dollari.  

Il rublo, come mostra il grafico, si è svalutato molto negli ultimi 5 anni, abbassandosi fino ad arrivare ora ad un valore sul dollaro di  circa la metà rispetto al 2014.  

La svalutazione della moneta è la reazione che di solito i governi adottano quando l’economia è in forte crisi. E l’economia russa è appunto entrata in profonda crisi 5 anni fa quando si è abbassato drasticamente il prezzo del petrolio, come mostra il secondo grafico. L’abbassamento del prezzo del greggio è stato voluto fortemente prima da Obama, e poi da Trump, nella lotta tra borghesie, per mettere in forte difficoltà i paesi rivali e concorrenti come Russia, Iran, Venezuela, nazioni le cui economie si basano essenzialmente sull’estrazione e la vendita del greggio.

Svalutare la moneta per il governo russo, significa far si che i prodotti dell’industria russa venduti all’estero, costando meno causa il forte deprezzamento del rublo, diventino più competitivi, e possano essere così venduti all’estero con più facilità e in maggiore quantità.

Ma la forte svalutazione del rublo ha anche un risvolto negativo sul suolo russo: fa aumentare i prezzi dei prodotti importati dall’estero. Quindi gli stipendi, i salari, perdono valore d’acquisto rispetto all’aumento di prezzi dei prodotti provenienti dall’estero.

Essendo che a fronte dell’aumento dei prezzi dei prodotti importati gli stipendi per tutti questi anni (dal 2014)  sono rimasti pressoché immutati, diventano quindi insufficienti per mantenere un tenore di vita sufficiente. Perciò ora, come sopra riportato, sono cominciati gli scioperi per recuperare il valore d’acquisto.

La repressione del governo contro gli scioperanti però, come citano le cronache, è molto forte, dura e violenta. - Per es. la stampa riporta che la dottoressa Anna Zemlianoukhina a Mosca è stata accusata di “sabotaggio e attentato alla sicurezza dello stato” per aver creato un sindacato di difesa - Possiamo senz’altro dire che gli attuali violenti metodi repressivi ricordano molto quelli di memoria stalinista. Però anche i lavoratori russi sono altrettanto risoluti e tosti, e la stampa riporta che molti degli scioperi producono un risultato positivo.

Se si osserva però: certo questi sono scioperi duri e determinati, ma sono isolati, non sono scioperi generalizzati come avviene nei paesi europei. Quindi la stragrande maggioranza dei salariati che non sciopera rimane esclusa dal recupero del potere d’acquisto e deve continuare vivere con stipendi da 260 fino ai 650 dollari.

 

In sostanza anche il proletariato russo, oltre che subire l’intenso sfruttamento capitalista quotidiano nei luoghi di lavoro, è vittima degli scontri interimperialisti che vengono condotti tra i briganti capitalisti dominanti per raggiungere i loro interessi.


 

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-PROBLEMA AUMENTO AFFITTI A BERLINO-

E’ IL MERCATO CHE DETERMINA L’ANDAMENTO DEL PREZZO

DEGLI APPARTAMENTI,

NON I POLITICI

IL PREZZO DEGLI IMMOBILI NON PUO’ ESSERE PILOTATO E ABBASSATO DAI POLITICI, NEANCHE CON GLI ESPROPRI AGLI SPECULATORI, PERCHE’ E’ LA LEGGE DELLA

DOMANDA-OFFERTA CHE NE STABILISCE IL PREZZO 

 

 

Non è che il prezzo di un settore enorme della società come l’edilizio-abitativo possa essere stabilito o controllato dall’Amministrazione di una città a sua volontà o suo piacimento. Anche gli espropri in questo caso non influiscono per niente sui prezzi. Perchè nel mondo capitalistico (spesso ci dimentichiamo di essere nel capitalismo) anche gli appartamenti sono una merce, e come tutte le merci seguono la ferrea legge capitalista della domanda e dell’offerta, e quindi i prezzi non sono controllabili. Infatti l’organizzazione marxista-trotzkista R.S.O. (Revolutionär Sozialistische Organisation) nell’articolo “ Wir mùssen die Großen enteignen” (Dobbiamo espropriare le grandi imprese) ci spiega come nonostante a Berlino negli ultimi anni “circa 200.000 appartamenti siano ritornati nelle mani della città (equivalenti ad altrettanti che negli ultimi 30anni erano stati venduti [sempre da parte dell’Amministrazione della città] …)”   i prezzi siano schizzati lo stesso alle stelle. Quindi a Berlino benchè siano stati espropriati moltissime abitazioni i prezzi non ne hanno per niente risentito e sono saliti vertiginosamente.       

      Ma nelle regioni dell’est Germania, Berlino compreso, dove i prezzi delle abitazioni e degli affitti sono sempre stati molto bassi, bisognava aspettarselo che prima o poi sarebbero risaliti. Perché la situazione di alti prezzi immobiliari è ciò che tutti i paesi altamente industrializzati vivono.  

      In realtà a ben vedere, i prezzi così bassi delle case a Berlino e nella Germania dell’est negli ultimi decenni si presentavano come un’anomalia. Ma questi prezzi bassi non erano determinati dalla volontà dei politici, come molti erroneamente oggi pensano, ma era un fatto oggettivo dovuto alla domanda e all’offerta perchè determinati dal fatto che dopo la caduta del muro e la riunificazione tedesca, molte famiglie dell’est si erano spostate nelle ricche regioni dell’ex Germania federale dove gli stipendi erano molto più alti offrendo così un tenore di vita migliore, lasciando vuote un numero considerevole di abitazioni all’est.

      Questo spostamento verso le ricche regioni industriali dell’ovest aveva naturalmente, seguendo la legge capitalistica della domanda-offerta, fatto lievitare i prezzi in quelle regioni, e fatto crollare i prezzi (di logica) nelle regioni povere ex DDR.  

       Oggi, 30 anni dopo la caduta del Muro, il tempo necessario perchè anche le regioni dell’est si siano riprese economicamente, ma soprattutto il tempo perché la capitale Berlino si ripopolasse e diventasse forte centro di attrazione politica, commerciale e turistica (come tutte le capitali del mondo) ecco che anche i prezzi delle abitazioni sono tornate a salire.

      Nello stesso articolo l’organizzazione trotzkista R.S.O continuando precisa: “… Dagli anni ’90 sono stati privatizzati a Berlino 220.000 appartamenti singoli … gli appartamenti sono stati venduti mediamente a 30.000 euro l’uno, il 50% in meno di quanto era il prezzo di mercato”.  Se ne deduce quindi che le abitazioni a Berlino in quegli anni venivano valutate in media ad un prezzo di 60.000 euro ad appartamento. Un prezzo estremamente basso se si paragona alla media delle altre capitali occidentali  dove i prezzi di vendita raggiungono talvolta anche le 10 volte superiore.  

      Perciò con il ritorno dell’incremento degli abitanti a Berlino era del tutto normale aspettarsi che i prezzi sarebbero risaliti. E così infatti è stato.

      Le legittime proteste adesso della popolazione di Berlino contro gli aumenti degli affitti non possono però fermare questa tendenza al rialzo, dettata dall’inesorabile legge della domanda-offerta.

      E l’attuale organizzazione “Deutsche Wohnen und Co. enteignen” [Abitare & Co. espropriare] che guida le forti proteste a Berlino che si ripropone di frenare i prezzi delle abitazioni proponendo (come riportato nello stesso nome) l’espropriazione degli appartamenti alle grandi imprese edilizie private da parte del Comune della Città, affinchè esso possa tener bassi i prezzi degli affitti, ha intrapreso una iniziativa che non ha nessuna possibilità di risultato positivo, è in un vicolo cieco. Visto che le recenti massicce espropriazioni ai privati (come riportato dallo stesso R.S.O) non ha scalfito minimamente l’impennare dei prezzi e degli affitti. E visto che in altre uguali esperienze occidentali, come dimostrano gli attuali prezzi degli immobili, le espropriazioni non sono servite assolutamente a niente.

      La legge capitalistica della domanda-offerta è ferrea: la salita dei prezzi non può essere evitata se la domanda supera abbondantemente l’offerta. Una domanda di abitazioni molto impetuosa dovuta all’arrivo a Berlino (così come in tutta Germania) di masse di persone.

 

COME HANNO REAGITO QUINDI I LAVORATORI DELLE ALTRE NAZIONI DI FRONTE ALL’ AUMENTO DEI PREZZI DEGLI  AFFITTI?

Com’è normale nel mercato capitalistico: lottando per stipendi più alti. Non c’è altra soluzione.

 

        Chi si affida, chi pensa che per controbattere il problema aumento affitti si debba lottare per le espropriazioni, come  propone la “Deutsche Wohnen und Co. enteignen” (e anche lo stesso R.S.O) è destinato non solo a vedere inesorabilmente i prezzi salire ugualmente, ma anche subire la delusione di vedere il Comune di Berlino che non si impegnerà più di tanto su questo problema sociale (al di la delle promesse retoriche) perché il Comune (come tutti i Comuni di questo mondo) è amministrato da partiti borghesi che sono impegnati (al di la dei discorsi di propaganda popolare) agli interessi capitalistici.   

 

IL SOGNO DI UN

“CAPITALISMO VERDE”

 PER LA GIOVANE GRETA

 

GRETA “SUPERSTAR”:

UN PRODOTTO DEI SOCIALMEDIA

 

 

Sognare è una prerogativa dei ragazzi in giovane età. Ed è più che giusto che sia così, che sognino un mondo bello, pulito, ordinato, senza più problemi, con gli animaletti domestici affettuosi che circolano per le case. E’ chiaro che poi quando diventeranno adulti la realtà sarà tutta un’altra cosa.

Nelle scuole tanti ragazzini adolescenti, oltre che vivere le prime esplosioni sentimentali, spesso parlano, interloquiscono sugli argomenti di ecologia, inquinamento, pace, del problema dello smog, del degrado ambientale, ecc. Tematiche queste trattate abbondantemente nei programmi tv per bambini-adolescenti dalle tv specializzate nel settore. 

“La giovane Greta” è una delle adolescenti che percepisce particolarmente il problema del  “cambiamento climatico”. Alla sua età è del tutto normale. E quando ha tempo libero cerca di darsi da fare per segnalare il suo dissenso, la sua protesta.

In una delle sue dimostrazioni, tutta sola seduta per terra in una grande piazza con accanto il suo cartello contro il degrado Klima, è stata notata dai socialmedia, i quali hanno deciso, visto l’occasione, di crearne una “superstar”.

E’ così che la “giovane Greta” nel giro di qualche mese, da ragazzina triste tutta sola, trovandosi senza volerlo sulle prime pagine dei giornali, è diventata una “superstar”. Diventando - sostenuta profusamente e intensivamente dai giornali e tv di mezzo mondo -  sempre più popolare, con sempre più seguito tra i ragazzini e gli adolescenti (e non solo) fino a riempire le piazze. Arrivando addirittura ad avere centinaia di migliaia (come mostrano le foro) se non addirittura milioni di persone al suo seguito. E arrivando perfino ai vertici del mondo, com’è noto, all’ONU.     Un vero evento.

Naturalmente il sogno verde-ecologico di Greta, non è che adesso perché è stata all’ONU ed è seguita da centinaia di migliaia di adolescenti, sia diventato realtà. Certamente no. Rimane sempre il “suo sogno”. E’ solo che ora i socialmedia, com’è norma in questa società capitalistica d’immagine, hanno creato l’ennesima loro “superstar”, una “superstar ecologica”. Esattamente come creano “superstar” nella musica, nel cinema, nello sport. In modo che gli adolescenti abbiano anche la loro “superstar” politica e non pensino ai veri problemi che si presenteranno loro un domani quando saranno adulti, come ad esempio l’intensivo sfruttamento sui luoghi di lavoro.

Ma c’è anche un altro risvolto politico da segnalare nell’utilizzo dei media dell’adolescente “superstar” svedese: la giovane Greta viene utilizzata anche nella lotta politica, e precisamente nella lotta politica internazionale. E il suo “intervento” all’ONU” lo evidenzia chiaramente.

I media europei, dando largamente pubblicità al fatto che “Greta” non abbia voluto (probabilmente “pilotata”) incontrare il presidente Trump a New York, perché lui contrario all’accordo internazionale sul “Clima”, hanno di proposito così voluto metterlo in cattiva luce per sottolineare la loro ostilità verso il presidente Usa, che in questo momento sta mettendo sotto pressione con i suoi “dazi” settori importanti dell’economia europea, come l’automobile, l’alimentare, ecc.

Perciò attenzione!!  BISOGNA stare attenti a NON SOTTOVALUTARE LA POTENZA DEI MEDIA BORGHESI nella loro capacità di creare “Superstar”, ma anche poi di sgonfiarle. Bisogna quindi evitare di non farsi coinvolgere politicamente, come succede a diverse organizzazioni, anche radicali di sinistra che seguono “Greta”. Perché la giovane adolescente che insegue il “suo sogno” non ha niente a che fare con la realtà politica di un capitalismo corrotto non riformabile. LEI  E’ SOLO UN PRODOTTO DEI MEDIA.

Il capitalismo FUNZIONA COSI’. E’ una società dove i capitalisti imperano guidando il sistema anche con i socialmedia.


 

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INSEGNAMENTI DALLA

SCONFITTA DELLA RIVOLUZIONE SPARTACHISTA: LA STORIA DIMOSTRA CHE LENIN AVEVA RAGIONE

 

 

Sia Rosa Luxemburg che Lenin avevano lo stesso unico obiettivo: la Rivoluzione. Attraverso la quale eliminare la società capitalistica con le sue contraddizioni e portare il proletariato alla direzione della società.

Ogn’uno di loro però sperimentava, aveva un proprio metodo organizzativo per arrivare all’obbiettivo. Lenin con i suoi bolscevichi avevano adottato un metodo, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht un altro.

Lenin, fondatore e dirigente dei bolscevichi puntava a costituire un’organizzazione rivoluzionaria autonoma, ristretta, formata da attivisti specializzati in politica comunista rivoluzionaria (chiamati “quadri”) che nel momento rivoluzionario avrebbero portato le masse rivoltose alla rivoluzione e alla conquista del potere. R. Luxemburg e K. Liebknecht pensavano che la base enorme degli attivisti SPD (essendo l’SPD stata fondata da Marx stesso, ma con adesso i vertici corrotti e opportunisti) nel momento rivoluzionario si sarebbero rivoltati non solo contro la società borghese in guerra e in sfacelo, ma anche contro le stesse opportunistiche e corrotte dirigenze SPD e avrebbero seguito i rivoluzionari, appunto Liebknecht e Luxemburg.

I due dirigenti rivoluzionari tedeschi pensavano che questo sarebbe avvenuto automaticamente, per cui non si sono mai preoccupati di costruire una propria organizzazione autonoma fuori dall’opportunistica SPD, per preparare i propri quadri specialisti (attivisti) al futuro momento rivoluzionario, alla rivoluzione. Hanno sempre operato all’interno dell’SPD.

Questo si rivelerà UN FATALE, TRAGICO ERRORE per i due capi rivoluzionari. Errore che porterà allo loro tragica sconfitta. Errore che Lenin, come detto, non farà.

ERRORE FATALE per la Luxemburg e Liebknecht, perché quando poi il momento rivoluzionario arriverà con il disastro della 1° Guerra Mondiale, i quadri-attivisti dell’opportunista SPD non erano stati preparati alla rivoluzione, per questo motivo invece di seguire i rivoluzionari, saranno influenzati e diretti dai vertici corrotti dell’SPD. Vale a dre dal partito a cui appartenevano, e seguiranno le dirigenze opportuniste.  Per i bolscevichi accadrà invece diversamente, poichè in precedenza erano stati istruiti alla rivolta contro la borghesia e a seguire gli interessi rivoluzionari proletari. Al contrario la maggioranza degli attivisti-quadri SPD seguiranno i vertici corrotti  nell’aderire alla guerra imperialista, così come moliti di loro a contrapporsi purtroppo ai rivoluzionari stessi.

Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht quando nel dicembre 1918, nel momento della rivolta tedesca che seguiva la rivoluzione russa dell’ottobre ’17,  le masse proletarie tedesche infuocate cominceranno a seguirli sulla strada della rivoluzione, si troveranno senza una rete organizzativa di attivisti-specialisti che abbiano chiaro come procedere nel guidare le masse in rivolta.

A questo punto sarà facile per il governo SPD in piena fase controrivoluzionaria, perseguendo gli interessi capitalisti, con l’esercito al suo comando, sconfiggere sia militarmente, ma anche politicamente, gli inesperti rivoltosi spartachisti. E la tragedia si compirà. 

L’esperto Lenin invece non fece questo errore con i suoi bolscevichi, e portò con successo le masse proletarie e contadine al potere in Russia.

Perché Lenin, che puntava tutto sul momento rivoluzionario (e non a migliorare il corrotto capitalismo, come l’SPD) nei lunghi anni che precedettero la rivoluzione, dove nessuno credeva che “un momento rivoluzionario sarebbe accaduto” (esattamente come nessuno ci crede adesso) aveva preparato minuziosamente i suoi attivisti a questo importante futuro appuntamento, per guidare le masse esasperate dalla guerra, al potere.

IL SUCCESSO DI LENIN QUINDI E’ IL GRANDE INSEGNAMENTO DELLA SCONFITTA SPARTACHISTA. E i leninisti come noi l’hanno imparata coscientemente.

 

CONTRO il POPULISMO

DI DESTRA, CHE VUOLE DIVIDERE LE SCHIERE LAVORATIVE

 

 

L’immigrazione non è un fenomeno nuovo di oggi. Nella società capitalistica, dal suo sorgere nei secoli scorsi, le nazioni sono sempre state invase da ondate di immigrati, persone povere attratte da una vita migliore. Basti pensare ai migranti negli Stati Uniti o al Sud America o all’Australia, dove centinaia di milioni di persone (tra cui tedeschi) vi sono approdate, di fatto popolandole.

Perciò le migrazioni sono un fenomeno che l’umanità conosce molto bene.

Anche lo stesso Marx a suo tempo, nel suo lungo esilio in Inghilterra, ha avuto a che fare con la controversia xenofoba, dove a quel tempo erano gli irlandesi che emigravano in Gran Bretagna ed erano sottoposti alla xenofobia inglese.

Ogni qualvolta “un’ondata di immigrazione” si presenta, appare come conseguenza anche il fenomeno “xenofobia”. COME MAI?

SONO I CAPITALISTI CHE HANNO INTERESSE A FOMENTARLO.  Lo fomentano attraverso i social media che essi controllano e attraverso i politici compiacenti.

MA PERCHE’ HANNO INTERESSE A QUESTO DISGUSTOSO FATTO SOCIALE?

Le ondate di immigrati offrono ai capitalisti, da una parte il vantaggio di avere a disposizione masse enormi di lavoratori, mano d’opera da sfruttare a basso costo. Quindi si offre loro la possibilità di incrementi di guadagni ancora maggiori del solito (situazioni che sfruttano fino all’osso senza problema alcuno).

Dall’altra fomentando l’odio razzista attraverso i media, i capitalisti tengono divise le schiere dei salariati all’interno della fabbriche, indebolendo non poco le organizzazioni sindacali rappresentative dei dipendenti che hanno il compito di contrattare contro i padroni a favore dei lavoratori stessi.

Quindi l’odio razzista si presenta come un secondo grande vantaggio per i mai sazi di profitti padroni, nelle fabbriche, negli uffici. Perché indebolendo i sindacati di fatto vengono indeboliti (lo precisa anche lo stesso Marx) anche gli stessi lavoratori autoctoni, i lavoratori locali, che così perdono forza contrattuale d’attacco contro i padroni.  

La storia però non è mai ferma, e dimostra che i salariati recuperano in seguito sempre questo svantaggio. Perché i lavoratori e i sindacati, nel duro lavoro quotidiano nei luoghi di lavoro, capendo l’inganno capitalista, hanno sempre combattuto e combattono sistematicamente lo svantaggio xenofo, ritrovando l’unità di classe. Perché nel posto di lavoro, nella fabbrica, negli uffici, per chi ci lavora diventa normalità, diventa logico capire che i dipendenti, tutti, sono una unità sfruttata, indifferentemente se lavoratori locali o immigrati. Il luogo di lavoro è senz’altro il posto migliore, speciale per capire che i dipendenti, immigrati o no, sono innanzitutto persone, persone che vivono la stessa condizione, condizione che le unisce tutte in uno stesso interesse contro lo sfruttamento (a volte anche selvaggio). 

E di fatto poi col tempo, la storia comprova, che il problema xenofobia socialmente si riduce fino quasi a scomparire.

Quindi in sostanza nella società capitalista il fenomeno razzismo è solo un fenomeno capitalista.

 

PERCHE’ APPUNTO E’ IL CAPITALISMO LA CAUSA DI TUTTE LE INGIUSTIZIE SOCIALI !


 

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“Perché dite che nell’ex DDR non esisteva il socialismo?”

 

Il falso socialismo dei paesi dell’ex Urss, ex DDr, ecc, Cina, Cuba, Corea del Nord: paesi a capitalismo di stato. La differenza tra comunismo e cap. di stato.

 

Per gli stalinisti la statalizzazione dell’economia significa socialismo, comunismo. Per cui per loro nell’ex Urss e suoi paesi satelliti e adesso in Cina,  Cuba e Corea del Nord vige il comunismo.

Per i marxisti la statalizzazione dell’economia significa solo capitalismo di stato, perché in questo tipo di economia sono operanti tutte le leggi del capitale: classe operaia e borghesia statale, sfruttati e sfruttatori statali, stipendi e profitti, commercio delle merci con conseguente guadagno, banche che percepiscono interessi, ecc. Per cui per i marxisti nell’ex Urss, ex DDR, ecc. non esisteva nessun socialismo, comunismo, tantomeno adesso in Cina, Cuba, Corea del Nord.

Indipendentemente da come una nazione si autodefinisce, che si definisca socialista o comunista, esiste un metodo scientifico semplice, riconosciuto in tutto il mondo, infallibile, per capire se in quel paese esiste veramente il socialismo o no. E il metodo consiste in questo: SE I PRODOTTI VENGONO VENDUTI PER TRARNE UN GUADAGNO allora siamo regime di  capitalismo, SE INVECE I PRODOTTI NON VENGONO VENDUTI, MA SUDDIVISI EQUAMENTE TRA LA POPOLAZIONE allora si parla di socialismo, comunismo. Perciò nell’ex Urss, ex DDr, ecc. e adesso Cina, Cuba ecc. dove i prodotti vengono venduti per trarne un guadagno, si parla, senza ombra di dubbio, di capitalismo.

Perciò il crollo dell’ex Urss e dei suoi paesi satelliti non è stato il crollo del socialismo, perché in quelle nazioni non esisteva nessun socialismo, ma il crollo di alcuni paesi capitalistici, a capitalismo di stato per l’appunto.

Si può senz’altro affermare che il “Socialismo in un paese solo” stalinista non è altro che una delle tante forme di “Nazionalismo borghese” .

 

 

 

 

Perchè dite che i curdi non combattono per il comunismo?”

 

Le lotte nazionaliste borghesi dei palestinesi, curdi, baschi, ecc. 

 

Alcuni partiti marxisti vedono una corretta politica comunista nel sostegno a rivendicazioni nazionalistiche di alcune etnie sottomesse  (che poi sul pianeta sono numerosissime).

Se nel passato, quando le potenze imperialistiche adottavano politiche colonialiste nella conquista di zone precapitalistiche, occupandole, super sfruttandole e impedendo a loro uno sviluppo capitalistico, queste lotte nazionalistiche avevano un senso marxista, comunista, in quanto queste nazioni dovevano liberarsi del giogo colonialista per poter sviluppare le leggi capitalistiche e così porre le basi per lo sviluppo  del proletariato, oggi, che il capitalismo è sviluppato su tutto il pianeta e il colonialismo non esiste più, le lotte tra i predoni imperialisti sul pianeta si sono trasformate in lotte per l’accaparramento di “zone di influenza”, cioè in lotte tra potenti borghesie per la conquista di paesi che sono già capitalisti e in fase di sviluppo, dove il proletariato è già notevolmente esteso.

Perciò lo scontro oggi, non è più come in passato tra borghesie imperialiste e paesi precapitalistici, ma è diventato un puro scontro tra padronati, cioè tra borghesie potenti contro altre meno potenti.

In altre parole, al giorno d’oggi le cosiddette “lotte o guerre di liberazione nazionale” non sono altro che lotte di padronati nazionalisti di etnie “deboli” che bramano a diventare più “indipendenti” da altre borghesie che li sottomettono, per poter arrivare a guadagnare di più.

E’ il solito meccanismo di scontro tra borghesie per l’accaparramento del plusvalore sul proletariato.

Per i lavoratori, in queste cosiddette  “lotte di liberazione nazionale”, che vinca la borghesia nazionale o straniera non cambia assolutamente nulla: sarà sempre sfruttamento, lavoro salariato, lotta contro i padroni sia nazionali che stranieri.

In questa realtà perciò la politica comunista di “liberazione nazionale” non ha più senso di esistere.

Oggi che il proletariato è diffuso in ogni anglo del pianeta, che è internazionale e non ha patria, la lotta all’ordine del giorno è la lotta per il superamento di questa società capitalistica, per una società superiore.

 


 

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ALLEGATO

NEI DIBATTITI EMERGE SEMPRE CON FORZA LA DOMANDA SE STALIN SIA STATO LA “CONTINUAZIONE” DI LENIN, E CHE RUOLO ABBIA SVOLTO NELLA POLITICA RUSSA. PER APPROFONDIRE LA QUESTIONE PORTIAMO ALLA RIFLESSIONE DEL LETTORE QUESTO ARTICOLO DEL GIUGNO 2016.

 

 

PERCHE’ SIAMO LENINISTI E NON STALINISTI.

 

NELLE LEZIONI DELLE UNIVERSITA’ NON VIENE SPIEGATA LA FONDAMENTALE DIFFERENZA POLITICA

TRA IL RIVOLUZIONARIO LENIN E IL CONTRORIVOLUZIONARIO STALIN.

 

Un attivista marxista è, per definizione, un rivoluzionario, perché essere un marxista significa conoscere bene il funzionamento  della società capitalistica e impegnarsi per arrivare ad una società superiore.

Lenin aveva intrapreso correttamente questa strada: aveva costituito, nel periodo tranquillo di sviluppo capitalistico  precedente alle crisi, un partito rivoluzionario; nel momento rivoluzionario, creato dalla immane crisi della 1° guerra mondiale provocata dagli affari, aveva fatto la rivoluzione; nella rivoluzione aveva portato il proletariato al potere; subito dopo la rivoluzione aveva costituito la 3° Internazionale in modo che la rivoluzione proletaria si potesse estendere su tutto il pianeta.

Più di così non poteva fare.

Dopo di che, aveva aspettato correttamente che i proletari delle altre nazioni con i loro partiti rivoluzionari aggregati nella 3° Internazionale, facessero a loro volta le rivoluzioni. 

Certo,  per il proletariato rivoluzionario russo e il suo partito, tenere il potere in Russia, non era un’impresa facile. Fortissime erano le pressioni che i ricchi esercitavano nel mondo con i loro governi ed eserciti perché la rivoluzione crollasse.

La Russia rivoluzionaria difatti si trovò fortemente isolata economicamente per la chiusura dell’interscambio commerciale che i padronati di tutto il mondo nei suoi confronti avevano intrapreso, con conseguenti  inimmaginabili problemi. Ma non solo. Le democratiche borghesie occidentali  si erano anche impegnate per  organizzare e sostenere contro il governo operaio russo una sanguinosissima guerra civile che costerà 500.000 morti ed immani distruzioni.

Di fronte a questi enormi problemi Lenin e i bolscevichi di certo non si sono spaventati ne scoraggiati e proseguendo nella tenuta al potere il governo operaio hanno continuato ad organizzare e sostenere ultraattivamente quello che era lo scopo principale, fondamentale della rivoluzione russa: l’ Internazionale comunista, per arrivare successivamente alla rivoluzione mondiale. Questo l’operato di Lenin.

Stalin e lo stalinismo. 

Stalin succede a Lenin. Comincia ad affermare che le difficoltà nella Russia rivoluzionaria sono enormi e che la ricostruzione dell’economia russa deve avere la precedenza su tutto.  Questo per lui aveva il significato che il governo operaio e il partito rivoluzionario si dovevano concentrare più sui problemi interni che quelli esterni riguardanti la 3° 

Internazionale (proprio il contrario di quanto affermava invece Lenin). Stalin comincia poi a sostenere che è possibile addirittura costituire “il Socialismo in un paese solo” (cosa assolutamente irrealistica) e che quindi questo in Russia doveva  diventare la priorità assoluta. Come conseguenza ciò  portava l’abbandono dell’obbiettivo primario, fondamentale, lo scopo per cui la rivoluzione proletaria russa era stata fatta: ARRIVARE ALLA RIVOLUZIONE MONDIALE! 

Stalin comincia ad affermare anche, che in Russia non solo esiste il “socialismo”, ma è la “patria del socialismo” e che quindi lo scopo prioritario di tutti i partiti comunisti nel mondo non deve essere più quello di fare la rivoluzione proletaria nel proprio paese, ma di difendere la Russia “socialista”.

E qui, se ancora ci fosse qualche dubbio, diventa più che chiaro che Stalin stravolge completamente il concetto comunista marxista e cioè che LA RIVOLUZIONE RUSSA (che ancora economicamente non è socialista-comunista) DEVE ESSERE IL PRIMO PASSO VERSO LA RIVOLUZIONE MONDIALE! LA RIVOLUZIONE RUSSA COME LA PRIMA DI TUTTA UNA SERIE DI RIVOLUZIONI PER POI GIUNGERE AL COMUNISMO! 

Su questa sua logica controrivoluzionaria, poco dopo Stalin scioglierà la 3° Internazionale che per i suoi scopi capitalistici imperialistici non servirà più.

Molti partiti si lasceranno trascinare in questo orribile concetto nazionalista stalinista del “Socialismo in un paese solo”: Mao, Castro, Ho Ci Minh.

Come ben si vede, senza ombra di dubbio, una differenza di politica tra IL RIVOLUZIONARIO LENIN E IL CONTRORIVOLUZIONARIO STALIN sostanziale! Impossibile da non vedere per chi è un po’ esperto di politica! 

QUESTA SOSTANZIALE DIFFERENZA POLITICA NELLE LEZIONI DELLE UNIVERSITA’ NON VIENE ASSOLUTAMENTE SPIEGATA, MA NEMMENO ACCENNATA!

Ci sono invece migliaia e migliaia di operai e studenti in tutto il mondo che si interessano di politica, che vogliono capire e non sbagliare, e trovano questa differenza fin troppo evidente, ritengono necessario  scriverla e divulgarla. 

 

 

“Der kommunistische Kampf” –  giugno 2016


 

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ALLEGATO

 

LA STAMPA UFFICIALE RIPORTA CHE IN EX DDR E UNIONE SOVIETICA ESISTEVA IL “SOCIALISMO” DI MARX.

PER I MARXISTI NON E’ COSI’, E’ UNA FANDONIA.  PER APPROFONDIRE LA TEMATICA PORTIAMO ALLA RIFLESSIONE DEL LETTORE QUESTO ARTICOLO DEL NOSTRO GIORNALE DELL’OTTOBRE 2016.

 

 

-Punti fermi della scienza marxista-

Proseguiamo qui nell’approfondimento del falso socialismo,

cioè del capitalismo di stato camuffato da “socialismo”

 

1991: CROLLO ex URSS e paesi satelliti:

 

NESSUN CROLLO DEL SOCIALISMO,

MA CROLLO DI NAZIONI BORGHESI

A CAPITALISMO DI STATO

 

-cioè nazioni in cui gli affari capitalistici venivano condotti da partiti anziché da imprenditori privati-

 

 

Il crollo dell’Urss, dell’ex DDR ecc. è stata l’occasione per il padronato, nemico acerrimo del comunismo e aspramente contro l’emancipazione politica dei lavoratori, per gridare al crollo del comunismo. Un’occasione irripetibile per la borghesia per gridare come il comunismo sia irrealizzabile, un’utopia, solo un sogno, come i fatti concreti dimostrino che un tale tipo di società non può reggere.

Dire che nell’ex Urss e nei suoi paesi satelliti esisteva il comunismo era però una mistificazione, come è una mistificazione dire adesso che in Cina, Cuba, Nord Corea esiste il comunismo. 

In Europa e in giro per il mondo esistono decine e decine di migliaia di attivisti marxisti, operai, impiegati, studenti, casalinghe, pensionati, (che mai appaiono in tv o sui giornali) che come persone specializzate in politica e questioni sociali, spiegano concretamente perché  paesi che si definiscono “comunisti”, come la Cina, Cuba, ecc (e nel passato l’Urss, la DDr  ecc.) comunisti  proprio non lo sono. Come siano paesi capitalistici, a capitalismo di stato, dove, anziché gli imprenditori privati, è un partito (che impropriamente si definisce “comunista”) che conduce gli affari capitalistici. Spiegano come questi paesi, con il comunismo non abbiano niente a che spartire, visto che sul loro territorio i prodotti vengono commercializzati e venduti per trarne un guadagno come in un qualsiasi paese “capitalista occidentale”. E chiariscono, che se in questi paesi esistesse veramente il socialismo o comunismo, come loro vorrebbero far credere, i prodotti verrebbero suddivisi equamente tra la popolazione, cosa che nei paesi citati assolutamente non avviene.  

Il Capitalismo di Stato (o gli affari capitalistici condotti da un partito) è una delle varie forme di stato (sovrastrutture, per dirla con Marx) che caratterizzano la società capitalistica, esattamente come lo è la Democrazia o il Fascismo.

Questo spiegano le decine di migliaia di operai marxisti, impiegati, studenti, pensionati, che come detto, mai appaiono in tv, ne sui media.

E chiariscono che l’ex Urss, l’ex DDr, ecc. come paesi capitalistici qual’erano, erano di conseguenza, come qualsiasi altro paese capitalista, 

sottoposti alla dura legge della concorrenza. E la terribile concorrenza impone avere fabbriche sempre competitive sul mercato, impone ristrutturazioni, impone aver sempre macchinari nuovi e sofisticati all’altezza della situazione. ALTRIMENTI SI SOCCOMBE!

Ma i partiti burocratici borghesi non “comunisti” al potere nell’ex Urss, ex DDr, ecc. che gestivano l’economia capitalistica non avevano fatto tutto questo, non avevano rinnovato ne l’economia ne la finanza, ne tantomeno ristrutturato le fabbriche e la naturale conseguenza è stata perciò l’inevitabile invecchiamento delle fabbriche, per poi  diventare obsolete, quindi  da non poter più reggere la concorrenza del terribile mercato, e  poi l’inevitabile crollo.   

Stranamente dai giornalisti e dai politici, dagli intellettuali e dai professori, ecc. che vengono ritenuti grandi esperti in politica, economia e socialità, non si sente mai una parola su tutto questo! Ignorano completamente questa realtà! E poi, mai e poi mai citano i criteri concreti, realistici di distinzione tra socialismo e capitalismo, continuando ad affermare falsamente che nell’ex Urss, ex DDr, ecc. esisteva  il “comunismo”, diffondendo anche concetti errati su cosa sia il socialismo.

E’ chiaro! La borghesia, il padronato, i ricchi con a seguito tutti i loro sostenitori, non hanno interesse che i lavoratori sfruttati si emancipino e prendano coscienza. Non hanno interesse che vengano a capire come funziona veramente il sistema con il suo continuo sfruttamento e  le sue enormi contraddizioni. Perché se i lavoratori prendono coscienza, al primo grosso problema sociale potrebbero rivoltarsi, ribellarsi contro il sistema e lottare per una società diversa.

Perciò per il padronato è importante, per mantenere il dominio, che le notizie che i media diffondono siano di comodo al sistema. Notizie  che spesso con la vera verità poco hanno a che fare.

 

 

“Der kommunistische Kampf” – ottobre  2016 

 

 



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