-SCONTRO CONTINUO TRA BORGHESIE-

CRISI UCRAINA: CONTROMOSSA RUSSA

 

PUTIN USA SPREGIUDICATAMENTE LA REGIONE UCRAINA AUTONOMA RUSSOFONA DEL DONBASS PER PROVOCARE ATTRITI NEL RAPPORTO TRA I GOVERNI TEDESCO  E USA

 

In una società basata sugli affari come la nostra, lo scontro tra borghesie non trova sosta.

In febbraio dell’anno scorso il governo tedesco e quello russo, vale a dire il padronato tedesco e quello russo, avevano trovato un accordo per risolvere il lungo e controverso problema interno dell’Ucraina. L’intervento indiretto e ben nascosto però dell’imperialismo americano, di mettere in forse le basi militari russe situate nella penisola della Crimea, aveva fatto scatenare la reazione russa, con la conseguente annessione della penisola stessa. Lo scopo e l’interesse della borghesia americana era quello di far saltare l’accordo in modo che i due padronati, russo e tedesco,  litigassero  e così guastare il loro buon rapporto politico affaristico. I governi russo e tedesco, consapevoli di questo, sono riusciti, nonostante le continue provocazioni americane, a gestire la situazione e a far si che la crisi Ucraina non sfociasse in una aperta e grande guerra civile (non che al governo di Grande Coalizione tedesco e a quello russo interesasse evitare la guerra, quello che interessava a loro era mantenere il buon rapporto di affari).

Nonostante questo però, in primavera alcune regioni russofone ad est Ucraina erano insorte contro il governo centrale ucraino per chiedere l’indipendenza e l’annessione alla Russia provocando scontri armati. I governi russo e tedesco si sono trovati perciò a gestire e a risolvere anche questo problema e a settembre-ottobre sembrava avessero trovato la soluzione con la creazione di una regione autonoma, il Donbass,  nelle zone insorte e che lo scontro armato tra ribelli filorussi della regione autonoma stessa e governo ucraino si stesse spegnendo.

Ma è a questo punto che il governo russo, cioè la borghesia russa, constatando che il padronato tedesco non ha assolutamente nessuna intenzione di avere contrasti seri  con l’amico russo, passa al contrattacco con l’intento di creare , a sua volta, discordia tra i tedeschi e gli americani. (Contrattacco forse dovuto anche al fatto del contemporaneo ribasso senza freni del prezzo del petrolio, ribasso che danneggia di non poco  l’economia russa).

Putin comincia ad usare la regione ucraina autonoma russofona del Donbass in modo estremamente provocatorio. Con il pieno consenso russo il Donbass non partecipa alle elezioni nazionali ucraine del 26 ottobre, ma ne indice di proprie il 2 di novembre; il parlamentino del Donbass non riconosce le leggi nazionali emanate dal governo centrale ucraino, ma ne vara di proprie; l’esercito del Donbass  si muove  in completa autonomia, non rispetta le decisioni della capitale Kiev, ma risponde direttamente e solo alla sua regione di appartenenza. Ma non solo,  con continue provocazioni si scontra spesso contro l’esercito ufficiale ucraino. Inoltre, l’esercito autonomo del Donbass riceve  in continuazione armi dalla Russia, la quale formalmente non appare.

Tutto questo scatena la reazione della borghesia americana e quella tedesca. La prima sarebbe per una reazione pesante contro i russi, quella tedesca invece  più accomodante, più attenta a non rovinare il buon rapporto affaristico esistente con il vicino russo. Tutto questo si traduce in un continuo attrito e tensione tra i due governi tedesco e americano (che è lo scopo ricercato da Mosca) per cercare una risposta da dare alle provocazioni russe. Le dimissioni del segretario alla difesa americana Hagel vengono viste appunto in questo contesto: Hagel sarebbe per una risposta molto dura contro i russi, anche Obama lo sarebbe, ma è attento a non spingere troppo per non mettersi contro i tedeschi che sono per una risposta morbida. E la tensione tra di loro continua ad essere alta.

 

                                                                                                                                        (segue a pag. 2 ... )

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(...  continuazione ; CRISI UCRAINA: CONTROMOSSA RUSSA)

LA SVALUTAZIONE DEL RUBLO

Ma lo scontro tra borghesie non lascia tregua. Un altro fronte di scontro si è aperto: la crisi del rublo, cioè la svalutazione veloce della moneta russa con conseguenze negative di non poco conto sull’economia russa.

Questa svalutazione è da collegarsi direttamente al calo del prezzo del petrolio come ben evidenziato dai due grafici.

 

 

Questo potrebbe sembrare un fenomeno del tutto naturale, cioè una moneta si svaluta in conseguenza di un fattore economico. Invece anche questo fa parte della guerra senza esclusione di colpi che le borghesie si fanno tra di loro.

Procediamo nella chiarificazione. Essendo la Russia un gran produttore e venditore di petrolio e la sua economia si basa molto su questo, ne consegue che  l’andamento della valuta del rublo è praticamente legato al prezzo del petrolio,. Il prezzo di estrazione del petrolio costa alla Russia poco più di 4 dollari al barile (comunicato Rosneft 27/11/14). Con la vendita del greggio il padronato russo si paga la metà delle tasse per sostenere l’apparato statale (Enrico Marro – Il Sole 24 Ore- 28 nov.). Le fonti economiche sostengono che il governo russo ha programmato il finanziamento del suo Stato sugli introiti della vendita del petrolio  ad un prezzo ipotetico 90-100 dollari al barile. Va da se che se il prezzo del petrolio sale, il governo russo ci guadagna, ma se scende si trova in difficoltà. Al momento dello scrivere il prezzo del petrolio è di circa 60 dollari al barile. Si può ben immaginare la notevole mancanza di denaro che alla borghesia russa viene a mancare per poter pagare il suo apparato statale. Come reagisce il governo russo di fronte a questo problema? Stampando più carta moneta,  vale a dire più denaro, per coprire le spese dei soldi mancanti. Ma di conseguenza il rublo si svaluta.

Dove sta lo scontro politico tra le borghesie?

Di solito, quando il prezzo del petrolio tende a cadere troppo, l’Opec (l’Organizzazione dei  Paesi Produttori  di Petrolio) riduce l’estrazione del greggio in modo che ci sia meno petrolio circolante sul mercato e di conseguenza il prezzo rimane alto, non scende.

Questa volta, molto stranamente no,  l’Opec non decide così. All’ultima riunione  Opec del 28 nov. a Vienna si sono scontrate due linee: una guidata dall’Arabia Saudita (il maggior produttore mondiale di greggio) e dai suoi alleati del Golfo Persico a favore di lasciar libera la caduta del prezzo del petrolio, un’altra guidata dall’Iran (ma con dietro la Russia, che non è membro Opec , ma con il quale aveva avuto un incontro il giorno prima)  perchè venga tagliata la produzione in modo che il prezzo rimanga alto. Visto l’enorme danno che la caduta del prezzo del greggio crea  all’economia russa, si capisce bene l’interesse di Mosca. Ha vinto la linea dell’Arabia Saudita con conseguente caduta libera del  prezzo del greggio.

Una decisione decisamente insolita, tanto che tutti  i commenti degli esperti del settore sono stati di estrema sorpresa. Come mai allora questa decisione?

Ed ecco il fatto politico. La borghesia saudita  è fedele alleata e grande amica, guarda caso, degli Stati Uniti, i quali in questo momento sono in forte contrasto con i concorrenti russi e vedono tutto l’interesse a metterli in forte difficoltà (e con questo gli Usa intendono anche dare un segnale agli altri concorrenti nel mondo). Difficile non pensare che dietro alla strana insolita ferma e risoluta posizione saudita non ci sia il padronato americano. Nascosto fin che si vuole, ma è evidente che l’imperialismo americano usa gli alleati sauditi par colpire il concorrente russo.

Ed ecco che la crisi del rublo non è più un fenomeno naturale legato al calo del prezzo del petrolio, ma è la conseguenza di una guerra senza regole e senza confini tra vari padronati  alla ricerca del massimo guadagno. Uno  scontro tra borghesie che nel sistema capitalistico basato sugli affari non trova soste ne limiti.

Solo una società comunista, superiore, dove la produzione non venga più venduta, ma suddivisa tra la popolazione può porre fine a tutto questo disastro. 

-APPROFONDIMENTI STORICI-

 

 I PAESI SATELLITI  EX URSS:

VOLUTI DAL PADRONATO AMERICANO

vero vincitore della 2° guerra mondiale

 

SCOPO: LO SMEMBRAMENTO DELL’IMPERIALISMO TEDESCO

sconfitto nella 2° guerra mondiale

 

Spesso,  molto spesso, la borghesia (il padronato) per nascondere lo sfruttamento continuo che opera sui lavoratori e i disastri che combina in giro per il mondo, fa apparire le cose completamente diverse da quelle che sono …..

Viene fatto credere, si pensa, che la conquista della Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania ecc. durante la 2° guerra mondiale da parte dell’ex capitalismo di stato Urss fosse parte della strategia di Stalin e dell’allora governo sovietico.  Niente di più falso. Si certo, l’esercito russo ha conquistato quella parte di territorio con il sangue,  ma … la sostanza politica, quello che è veramente accaduto è ben altro.

Seguiamo l’approfondimento.

Dopo la crisi del ’29, nel 1932  la potente borghesia industriale tedesca porta al potere Hitler. Ha bisogno di una politica internazionale aggressiva, l’area di mercato est europeo, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria , Romania ecc. dove vende i suoi prodotti è troppo stretto, troppo limitato per la massa di merci che  produce e i guadagni diminuiscono sempre più. L’obbiettivo del padronato e della finanza tedesca con al timone Hitler è rompere questo stato di cose ed espandersi il più possibile. Però per ottener questo i ricchi tedeschi sanno bene che si devono scontrare nuovamente con la forza contro le altre borghesie imperialiste, cioè  inglese, francese, russa e americana  (più o meno come successo nella  prima guerra mondiale).  

La guerra viene vista quindi inevitabile e il riarmo tedesco procede velocemente.

Lo scontro, come è ben noto, comincia nel ’39. Polonia, Paesi Bassi  e  Francia vengono facilmente conquistati e l’Inghilterra neutralizzata. Poi nel ’41 è il turno della Russia con l’operazione Barbarossa. Hitler e i suoi generali sostenuti massicciamente economicamente  e politicamente dal padronato tedesco con stampa, politici, economisti, sociologi, preti, professoroni e quant’altro, pensano di poterla conquistare con un’operazione lampo con tre milioni e mezzo di soldati prima dell’entrata in guerra dell’imperialismo americano previsto per  il ’42 (fonte Wikipedia) e di poterla poi militarmente tenere salda in mano.

Molto è stato detto e scritto sul fatto che Hitler e i suoi generali non avevano previsto o sottovalutato l’entrata in guerra degli Usa. Tutte falsità,

Forse quello che non avevano ben valutato è stata l’effettiva potenza economica e quindi militare del padronato americano e come si sarebbe comportato  prima dell’entrata in guerra. O forse la borghesia tedesca aveva valutato anche questo, ma di fatto  non aveva scelta di fronte al deterioramento continuo degli affari e al calo dei proventi e pensava di farcela.  Il mondo capitalistico è meccanismo mostruoso che non lascia scampo. O lo si cambia o si è trascinati nel  disastro.

I documenti riportano che la borghesia americana era ben consapevole della forte debolezza economica e quindi militare del capitalismo di stato russo guidato da Stalin e che di fronte all’attacco tedesco non avrebbe resistito a lungo. E questo è diventato  subito evidente  quando l’esercito tedesco nel giugno del 41  invade la Russia espandendosi sul territorio  russo con estrema facilità. Se il padronato americano non fosse intervenuto militarmente per fermare i tedeschi, Hitler avrebbe conquistato facilmente la Russia e si sarebbe certamente costituito un blocco padronale europeo di notevole portata (la cosiddetta  “Fortezza Europa” così denominata allora dai tedeschi),  guidato dai potenti industriali germanici che sarebbe diventato poi un grosso problema, un enorme pericoloso concorrente per gli affari americani nel resto del mondo.

Perciò dal punto di vista del padronato Usa assolutamente da fermare.

Fermare la borghesia tedesca significava armare il più possibile i suoi nemici e contemporaneamente  entrare in guerra.

                                                                                                                                          (segue a pag. 2 ... )

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(.... continuazione:  I PAESI SATELLITI EX URSS VOLUTI DALL'IMPERIALISMO AMERICANO)

Gli americani al momento dell’invasione tedesca in Russia erano ancora fuori dal conflitto, ma il problema di fermare l’avanzata tedesca si poneva a loro stringente e urgente. Solo un massiccio riarmamento dell’esercito sovietico, che non mancava certo di uomini, ( carne da macello direbbe Marx),  poteva ottenere questo. E cosi è stato. E così si è messo in moto il meccanismo.

Attraverso l’Iran che non era coinvolto nella guerra, attraverso la “via iraniana”, fu reso possibile all’imperialismo americano far giungere ai sovietici  nel ‘41 e poi durante tutto il periodo bellico una quantità enorme, incredibile, di armi di tutti i tipi, vettovaglie e equipaggiamento, rovesciando le sorti del conflitto. L’armata rossa che era data per  disfatta,  fu rivitalizzata,   messa in condizione di reagire e poi di sconfiggere i tedeschi. Così descrive la situazione Giovanni Aruta nel suo testo  “L’operazione Blu”: “Ma ciò che spaventava maggiormente le gerarchie naziste era la forza del loro nemico: i russi avevano sofferto la perdita di milioni di uomini e di una quantità immensa di materiale, ma nonostante ciò masse di soldati e carri armati continuavano a contrapporsi allo stremato esercito nazista. L’armata rossa sembrava essere un’idra che si rigenerava in continuazione”.  E il perché di questo adesso è chiaro.

Stalingrado non avrebbe mai potuto esserci senza le armi americane!

Impressionante è la cifra di armamenti e di equipaggiamento che l’”Economics Division” del “Congressional Research Service” riporta essere state date ai russi dagli americani:

 

14.795 aerei.  [i tedeschi in Russia ne avevano a disposizione 2.200 “fonte                                           Wikipedia”]

7.056 carri armati.      [8.300 per i tedeschi. “ibidem”]

51.503  jeep

375.883 autocarri.      [600.000 per i tedeschi “ibidem”]

35.170  motociclette

8.071 trattori

8.218 cannoni.          [7.000 per i tedeschi “ibidem”]

131.633 mitragliatrici

345.735 tonnellate di esplosivo

10 milioni e 910.000 dollari per macchinari da costruzione

11.155 vagoni merci

1.981 locomotive

8.089 macchine per la posa di binari ferroviari

90 navi da carico

105 caccia sommergibile

197 torpediniere

4 milioni e 478.000 tonnellate di generi alimentari

2 milioni e 317.694 tonnellate d’acciaio

2 milioni e 670.000 tonnellate di prodotti petroliferi

106 milioni e 893.000 metri di prodotti chimici

 

Ecc. ecc. ecc.

 

 

Alla luce di questi dati, visto lo scopo dell’imperialismo americano di abbattere il concorrente tedesco, diventa evidente che i russi ben armati e ben equipaggiati sono stati fatti arrivare dagli Usa fino a dove loro, gli americani,  avevano interesse che arrivassero, fino al raggiungimento del loro scopo: togliere ai tedeschi la zona di influenza affaristica dell’est Europa: Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, ecc. e affidarla al debole dominio Urss;  smembrare lo stesso territorio tedesco e dividerselo tra le potenze vincitrici.

Poi continuare con la sceneggiata (ben fatta!) di fare i finti nemici tra americani e russi nella guerra fredda e nella costruzione del muro di Berlino per  tenere alta la finta tensione tra i due (amici) vincitori della guerra mondiale, in modo che dal finto forte scontro  apparisse impossibile la riunificazione tra le due Germanie.

Ma il capitalismo di Stato Urss era un’economia debole prima della guerra, lo è stata ancora di più durante la guerra,  ed è rimasta debole anche dopo la guerra, (nonostante i grandi proclami di super potenza che gli americani gli attribuivano) con in più l’incombenza di tenere sotto il tallone militare le borghesie est Europa polacca, ungherese, cecoslovacca, DDR, ecc. affidatele dall’imperialismo americano.

 

Ha potuto tenere fin che ha potuto. Poi la concorrenza capitalistica l’ha fatta crollare!


 

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GLI SCIOPERI DEI PILOTI

E DEI MACCHINISTI DEI TRENI

- LAVORATORI CHE LOTTANO PER MIGLIORARE LE PROPRIE CONDIZIONI DI VITA-

 

Saverio M. è un attivista comunista internazionalista. Lavora in una fabbrica metalmeccanica a Milano ed è anche delegato sindacale. Oltre che essere un politico  esperto nel marxismo scientifico è anche uno specialista di questioni sindacali.

Gli chiediamo che cosa ne pensa degli scioperi in Germania dei piloti e soprattutto del tanto discusso lungo sciopero dei ferrovieri macchinisti dei treni.

Dom: L’eco dei scioperi tedeschi è arrivato anche in Italia?

Risp: “Si certo! Soprattutto il lungo sciopero dei macchinisti  tedeschi ha avuto grande risonanza”.

Dom: Come comunista internazionalista e come sindacalista cosa ne pensi di questo?

Risp: “Secondo noi, secondo Marx, secondo Lenin, gli scioperi sono un aspetto  oggettivo, normale  nel sistema capitalistico. Cosa vuol dire questo? Significa che lo sciopero è il modo con cui il lavoratore sfruttato contratta con il padrone il prezzo del suo lavoro. Marx spiega il fenomeno degli scioperi: “La grande industria agglomera in un solo luogo una folla di persone sconosciute le une alle altre. La concorrenza le divide nei loro interessi, ma la difesa del salario, interesse comune che esse hanno contro il padrone, le riunisce in un’unica idea di resistenza e coalizione”.  E Lenin precisa che gli scioperi sono “un fenomeno economico naturale” nel sistema capitalistico. Bisogna perciò aver ben chiaro che nello sciopero sindacale rivendicativo, anche in quello più duro, non c’è niente di rivoluzionario. Con lo sciopero il lavoratore cerca solo di migliorare le sue condizioni di vita e di lavoro, oppure di difenderle. Nient’altro!”.

Dom: Quindi vedi una cosa positiva nello sciopero sia dei piloti che dei macchinisti tedeschi.

Risp: “Certamente! Dobbiamo sempre aver presente che i ricchi sullo sfruttamento dei propri dipendenti guadagnano una montagna di soldi (naturalmente, assieme ai politici lo negano, dicono sempre il contrario e si lamentano in continuazione) e i lavoratori per poter avere una vita decente, per poter ricevere almeno una piccolissima parte, le briciole, di quanto loro, e sottolineo “loro”, producono, sono costretti, come dice Marx, a sostenere contro i padroni una lotta incessante, eterna, di scioperi.

Si può tranquillamente affermare che finchè ci sarà capitalismo questo scontro sul salario e sulle condizioni di vita non terminerà mai!”

Dom: Quindi lo sciopero dei piloti e dei macchinisti dei treni va vista in un’ottica positiva?

Risp: “Certamente! I piloti hanno scioperato oltre che per aumenti salariali anche per poter accedere prima alla pensione. Più che giusto! I macchinisti dei treni, per buoni aumenti salariali, per la riduzione dell’orario di lavoro e perché il loro sindacato GDL possa rappresentare all’interno delle ferrovie anche una parte del personale  viaggiante, circa 17mila lavoratori, (l’unione fa la forza). Ottimo!

Da osservare attentamente è la posizione che il governo e i partiti hanno assunto in questa circostanza: come sempre, mai con i lavoratori in lotta! Il ministro dei trasporti  Dobrindt  ha subito dato l’allarme che gli scioperi possono danneggiare l’economia invitando gli scioperanti a fermarsi. Non ha invitato i padroni straricchi a concedere ai lavoratori ciò che chiedevano, cioè cose per migliorare le loro semplici condizioni di vita.  Ma contro i lavoratori, più esplicito è stato l’SPD  che ha accusato il sindacato dei macchinisti GDL di  essere con questo sciopero in piena preda alla follia ("Die GDL ist auf Amokfahrt").  

La saga dei giornali poi nel denigrare gli scioperanti, giornali  che ovviamente appartengono al padronato, non ha avuto limiti. Tanto che Weselsky, dirigente del sindacato dei macchinisti GDL, disgustato,  ha dovuto accusare una vergognosa  "campagna diffamatoria" contro i suoi iscritti, accusati perfino di essere dei mezzi “terroristi”.                         

Dom: insomma, non è cambiato molto dai tempi di Marx?

Risp: “ Direi proprio di no! Anzi qui troviamo la piena conferma di quanto lui ha scritto nel “Manifesto del partito comunista”:  «Il potere politico dello Stato moderno non è che un comitato, il quale amministra gli affari comuni di tutta quanta la classe borghese» «Il potere politico, nel senso proprio della parola, è il potere organizzato di una classe per l'oppressione di un'altra». Direi che è esattamente così! E qui troviamo anche l’ ennesima conferma quando Lenin precisa che gli scioperi “mostrano all’operaio che il governo è  suo nemico!”

Il paradosso è, che molti di questi lavoratori che lottano credono nel parlamento, votano i partiti alle elezioni pensando di difendere i propri interessi, invece si trovano regolarmente, e sottolineo “regolarmente”, governi di tutti i colori e di tutti i tipi, destra, sinistra, centro, che fanno leggi, non per far pagare i ricchi strapieni di soldi, ma leggi che peggiorano le loro condizioni di vita. E se poi questi lavoratori scioperano per far valere i propri  diritti vengono bollati dai partiti, che loro stessi hanno votato, come disfattisti e mezzi terroristi!”

ATTUALITA’ DEL MARXISMO

 

 

"La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressi ed oppressori sono sempre stati in contrasto fra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta.".

(Marx-Engels, Manifesto del partito comunista - 1848)

 

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Siamo abituati a vivere il giorno per giorno. Difficile pensare che tutto sia in movimento, che ci sia stata un’evoluzione della società e che la società possa cambiare ancora.

Eppure è così.

Come Darwin nella evoluzione delle specie ha dimostrato, e gli scienziati d’oggi confermano, che la natura è in continua evoluzione, così Marx ed Engels  comprovano  che anche la società ha subito lo stesso percorso.

Engels in collaborazione con Marx, chiarisce nella “Dialettica della natura” come l’essere umano, per risolvere i suoi problemi di sopravvivenza e socialità si sia organizzato nel tempo in diversi tipi di società. Tipi di società dove, a parte il comunismo primitivo, dove l’essere umano viveva nelle tribù, cacciando e coltivando la terra e dove tutto veniva suddiviso tra i membri della tribù stessa, regnava lo scontro tra  classi per l’appropriazione della produzione.

Nelle società schiavistiche (egiziana, assiro-babilonese, greco-romana, ecc.) gli schiavi dovevano lavorare al servizio dei loro padroni ( che avevano diritto di vita e di morte su di  loro)  in cambio di un  minimo indispensabile per la sopravivenza (a livello di animali).

Nel Medio Evo i servi della gleba erano contadini che appartenevano, assieme alla terra, al nobile. Coltivavano la terra per se stessi ma dovevano dare una parte del raccolto al nobile e al clero (la famosa decima).

Nel capitalismo il salariato non appartiene a nessuno, è libero. Vende la sua forza lavoro in cambio di un salario.

Questa suddivisione in classi ha sempre portato a fortissimi scontri e rivolgimenti sociali.

Perché? Il meccanismo è sempre stato lo stesso: gli oppressi, gli sfruttati, una volta diventati la maggioranza della popolazione, dovuto ai meccanismi della specializzazione del lavoro, hanno cominciato ad aspirare a migliori condizioni di vita ed ad una società superiore,  ribellandosi contro la classe opprimente.

Esempio, gli schiavi: perché dare tutto quello che veniva prodotto  nel campo, nella fattoria, al piccolo padroncino per ricevere in cambio il minimo indispensabile per la sopravvivenza (trattati proprio come animali) quando erano loro a produrre il tutto? Un enorme passo sociale in avanti per loro è stato quando non più schiavi hanno potuto, come servi della gleba,  lavorare il campo, la fattoria del nobile, tenersi la produzione e darne solo una parte al nobile e al clero.

Per gli artigiani nel Medio Evo (progenitori dell’odierna borghesia): nelle botteghe delle città,  come  conseguenza della specializzazione del  lavoro la produzione aumentava  facendo diminuire i prezzi con conseguente aumento della domanda di merci: perché non produrre di più,  aumentando i dipendenti?  Dipendenti, vale a dire persone libere che lavorino in cambio di un salario, invece di  rimanere legate al nobile per lavorare la terra? Perché non avere uno stato grande dove le merci possano essere commercializzate liberamente, invece dei piccoli feudi dei nobili?

Per il contadino nel tardo Medio Evo: nelle città la manifattura si sviluppava cercando manodopera: perché non essere libero di vendere la propria forza lavoro in cambio di un salario e migliorare la propria condizione anziché rimanere legato alla terra del nobile dove la vita è molto povera?

Tutti questi cambiamenti sono stati degli enormi passi in avanti per l’umanità e sono costati enormi sforzi, enormi battaglie, per poter passare da un ordinamento all’altro.

Adesso si pone la domanda: l’umanità si fermerà alla società capitalistica?

Marx da scienziato dice: NO! Assolutamente NO! Anche la società capitalistica si evolverà. Esattamente come Darwin dimostra che l’evoluzione delle specie proseguirà.

Il proletariato diventando nel mondo la classe maggioritaria della popolazione avrà bisogno di un altro tipo di società.

Il proletariato non avrà più bisogno dell’imprenditore, privato o pubblico che sia (ridotto a piccola minoranza nella popolazione) per gestire la produzione. Una produzione che potrà essere organizzata non vendendo i prodotti per trarne un guadagno, ma suddividendo i prodotti tra la popolazione. Mettendo così fine alle crisi, alle guerre (con enorme inutile distruzione di vite umane e produzione), allo sfruttamento, alle classi.

Non sarà però ne semplice ne facile, come la storia dimostra.

Marx spiega che le enormi crisi capitalistiche mettono e metteranno in moto, come reazione, masse enormi di proletari inferociti. Queste masse desiderano una vita decente, dignitosa, normale. La società capitalistica questo non glielo può dare. La società superiore, la società comunista, non è e non sarà un bel sogno, sarà una necessità.


 

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Punti fermi della scienza marxista

(Presentiamo qui alla riflessione del lettore un capitolo della dispensa “L’uomo e la società moderna” edito da “Lotta Comunista” nel 1996)

 

 

 

CHE COS’E’ IL CAPITALISMO?

 

 

 

 

Tre caratteristiche esprimono l’essenza del sistema capitalistico:

1.        La produzione è produzione di merci. Ogni prodotto viene creato non per soddisfare direttamente i bisogni di chi lo produce, ma per essere venduto sul mercato.

2.        La produzione di merci presuppone la proprietà privata dei mezzi di produzione che diventano di monopolio della classe dei capitalisti.

3.        Il lavoro si caratterizza prevalentemente come lavoro salariato. Il servo o lo schiavo erano interamente di proprietà del loro padrone; nel lavoro salariato l’uomo di per se non è venduto ne comprato, ma si compra o si vende solo la sua forza lavoro. Apparentemente è quindi “libero”, in realtà è costretto a vendere la sua forza-lavoro in cambio di un salario.

Poichè ogni prodotto è finalizzato al mercato, molla fondamentale del sistema capitalistico nel suo complesso non è quella di produrre ciò che è socialmente utile, ma solo ciò che è meglio pagato, ossia ciò che consente di realizzare i più lauti profitti. Per esempio le armi non possono certo essere considerate un prodotto utile ai fini del miglioramento della specie umana, eppure mai come nel capitalismo questo settore è stato e continua ad essere oggetto di pesanti investimenti, sia nei paesi direttamente coinvolti in qualche guerra sia nelle altre metropoli imperialistiche.

La domanda a cui a questo punto è necessario rispondere è la seguente: come si forma il profitto?

Il capitalista quando vende la merce prodotta riceve un tornaconto sotto forma di denaro. Quanto ne riceve dipende evidentemente dal prezzo della merce, che viene a sua volta fissato dal valore della merce stessa. Il valore è determinato dalla quantità di lavoro impiegato per produrre una determinata merce, fissato un livello tecnico medio. Poiché anche la forza-lavoro è una merce, avrà anch’essa un valore che sarà determinato dalla quantità di lavoro necessario per la sua produzione, cioè per il suo mantenimento (cibo, vestiario, abitazione …) e per la sua riproduzione (mantenimento della prole).

Ma la forza-lavoro è una merce particolare: è una merce che produce a sua volta più valore di quanto sua necessario al sua mantenimento. In una parola, produce un plusvalore, che attraverso mille vie, sotto le forme della rendita, del profitto, dell’interesse, permette l’esistenza di tutti gli altri stati sociali. La classe operaia è pertanto l’unica classe  realmente produttiva.

Il sistema capitalistico contiene alcune grosse contraddizioni che fanno si che esso possa e deva essere superato.

1.        Determina una anarchia della produzione. La produzione non è organizzata secondo un piano, ma segue le leggi del profitto, per cui si generano, sotto la concorrenza tra singoli capitalisti e tra singoli stati capitalistici, crisi economiche, commerciali e finanziarie, che nell’ultimo secolo hanno condotto in Europa e nel mondo a guerre.

2.        La società è divisa in classi, la borghesia e il proletariato, i cui interessi sono inconciliabili, perché esiste un rapporto antagonistico  tra capitale e salario. Se aumentano i salari diminuiscono i profitti e viceversa. Questo determina una lotta di classe incessante per un aumento dei salari e una riduzione della giornata lavorativa.

3.        Il lavoro non è garantito a tutti. Esiste un “esercito industriale di riserva”, cioè una disoccupazione che costituisce un fenomeno organico, poiché il capitalismo, spinto dalla concorrenza, è costretto ad alzare la produttività del lavoro, ad introdurre nuove macchine che espellano dal processo produttivo i lavoratori.

Punti fermi della scienza marxista

( Proseguiamo qui nell’approfondimento del falso socialismo,

cioè del capitalismo di stato camuffato da “socialismo”)

 

EX DDR: NON SOCIALISMO,

MA CAPITALISMO DI STATO.

 

LA BORGHESIA NON HA INTERESSE A CHIARIRE LA DIFFERENZA!

 

Confondere il Capitalismo di Stato con il Socialismo per chi non è esperto in materia  può essere una cosa “abbastanza” normale. Soprattutto se la borghesia con i suoi mezzi “democratici” di comunicazione, di persuasione (giornali, televisioni, politici, economisti, sociologi, professoroni, preti, ecc.) spinge, non per chiarire i contenuti, ma per alimentare la confusione.

Non ha interesse! Non ha interesse a definire scientificamente questo importantissimo aspetto della vita politica sociale (come del resto  tanti altri aspetti del funzionamento capitalistico) che riguarda oggi milioni di lavoratori in Cina e  Cuba,  come ieri  milioni nell’ex Urss e suoi paesi satelliti.

Socialismo o Capitalismo di Stato, due cose apparentemente uguali, in realtà due mondi completamente diversi.

La confusione su questi due punti fondamentali  non è databile però ai giorni nostri. Già ai tempi di Marx, a metà ottocento, persone che si definivano “comunisti”o “rivoluzionari”, cadevano nel fraintendimento (più o meno volutamente). 

Engels, fondatore con Marx del Comunismo Scientifico, nell’”Antidühring”del 1878 ce lo riporta: “Di recente però, da quando Bismarck si è dato a statizzare, ha fatto la sua comparsa un certo socialismo falso, e qua e la è persino degenerato in una forma di compiaciuto servilismo, che dichiara senz’altro socialista ogni forma di statizzazione”. Non quindi una novità dei tempi nostri.

Da allora il fraintendimento, la confusione, il camuffamento, l’imbroglio, la truffa  non ha avuto soste. Personaggi di tutti i tipi si sono presentati sulla scena spacciando per comunismo “ogni forma di statizzazione”.

Nell’ex DDR la situazione non era affatto diversa. Il falso, e cioè che nel paese esisteva il “socialismo” o il “comunismo”, veniva dichiarato ad alta voce e senza limiti. Una truffa!

 

E’ chiaro che i mistificatori, “falsi comunisti” o borghesi che siano, non possono divulgare l’analisi scientifica di Lenin, Trotzkj,  Rosa Luxemburg, Karl Liebchnek, Amedeo Bordiga , A. Cervetto, in cui viene chiarito che  nel vero  Socialismo, dove gli operai e i lavoratori sono al governo con i loro rappresentanti eletti direttamente dalle fabbriche, dai luoghi di lavoro e dai quartieri, il Capitalismo di Stato da loro diretto è solo una fase transitoria, un periodo in cui costituire l’Internazionale in modo che altri proletariati di altri paesi  prendano il potere per poi arrivare ad una società superiore dove la produzione non venga più venduta ( la vendita per trarne il guadagno  è la causa della concorrenza, delle enormi crisi, crisi che poi si trasformano in guerre), ma distribuita.

Il padronato con tutti i suoi servitori e lacchè ha interesse a non chiarire che il Capitalismo di Stato diretto da Stalin, Mao, Castro, Che Guevara, era ed è un Capitalismo di Stato a fine solo nazionalista, in cui lo scopo dei partiti  “pseudo comunisti” statalisti da loro diretti era di impadronirsi con la forza del potere per  sostituirsi  ai capitalisti privati e diventare loro stessi capitalisti, affaristi, senza altri fini comunisti. (per capire: un altro esempio di Capitalismo di Stato, senza che si autodefinisca “comunista” lo possiamo trovare nello Stato del Vaticano, dove non  esiste capitale privato).

In altre parole, questi signori nazionalisti, Stalin, Mao, Castro, Che Guevara, giocando sull’equivoco Socialismo-Capitalismo di Stato si sono sostituti negli affari ai capitalisti privati già esistenti, affermando poi  di aver  edificato il “comunismo” o  il “socialismo”. Esattamente come ai tempi di Marx ed Engels  i falsi “comunisti” o falsi “rivoluzionari”  dichiaravano “senz’altro socialista ogni forma di statizzazione”.

Riportando il tutto ai politici ex DDr , troviamo anche qui l’evidenza che il fine di questi finti “comunisti” non è mai stato quello di prodigarsi per gli interessi dei lavoratori, e lo sa bene  chi l’ha vissuto di persona, ma solo quello di fare affari capitalistici nel Capitalismo di Stato, sfruttando il nome Socialismo e soprattutto sfruttando i lavoratori.  


 

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SPECULAZIONE SPD SUL SALARIO MINIMO DI 8,5 EURO

 

 

Grande entusiasmo ha suscitato l’introduzione del salario minimo. L’SPD parla di grande successo. Molti lavoratori tirano un sospiro di sollievo.

Al proposito sentiamo cosa ne pensa il compagno Klaus P. attivista internazionalista.

dom: qual è il tuo parere sul salario minimo di 8,5 euro?

risp: per  una fascia di lavoratori dipendenti che lavorano nei piccoli negozi (parrucchieri, vestiario, ecc.), nei piccoli magazzini e piccolissime aziende con 2-3 dipendenti questo rappresenta sicuramente un vantaggio. Soprattutto nei Länder ex DDR dove i lavoratori in questi settori hanno stipendi veramente ancora da fame, da 3° mondo, anche di 3 euro.

dom: i parlamentari SPD esultano, parlano di grande successo per i lavoratori.

risp: Mah!... io starei molto attento a riguardo i parlamentari SPD.

Questi sono gli stessi che durante i governi SPD-Schröder a fine anni ’90 e inizio 2000 votavano leggi molto peggiorative per i lavoratori:  su pensioni, portando l’età pensionabile a 67 anni e  favorendo così l’aumento della disoccupazione; su stipendi:  in quegli anni gli aumenti di stipendio sono stati talmente frenati da diventare addirittura inferiori a quelli francesi; su lavoro precario giovanile:  dopo quelle leggi SPD il lavoro precario giovanile è aumentato a dismisura.

dom: allora perché questo cambiamento di linea SPD?

risp: io credo che i socialdemocratici di adesso non siano cambiati per nulla da quelli che hanno votato quelle leggi peggiorative ai tempi di Schröder. Penso che l’atteggiamento di adesso sia solo di calcolo politico speculativo.

dom: cosa intendi?

risp: a causa di quelle leggi peggiorative SPD-Schröder molti  lavoratori hanno reagito e in massa non hanno più votato l’SPD. I  socialdemocratici hanno così perso nelle seguenti  tornate elettorali una valanga di voti da cui non si sono più risollevati,  favorendo così l’ascesa dei governi Merkel. Grazie a queste leggi SPD il padronato tedesco però ha potuto guadagnare una montagna di soldi. Un gran affare per i ricchi!

Bisogna  aver chiaro che l’introduzione del salario minimo di 8,5 euro non tocca minimamente le tasche del padronato  dell’industria, della distribuzione, dei servizi o lo Stato, vale a dire che la stragrande maggioranza dei lavoratori non ne trarrà nessun beneficio,  perché nei contratti nazionali la paga oraria contenuta è già ben più alta, in alcuni casi anche del doppio dei 8,5 euro stabiliti dal salario minimo. La cosa riguarda come detto,  la piccolissima distribuzione, cioè i piccoli negozi, le piccolissime attività ecc, dove i padroncini straguadagnano sui 1-2 o 3 dipendenti che hanno. Dal punto di vista padronale in generale, che questi piccoli padroncini attraverso il salario minimo di 8,5 euro paghino di più i loro dipendenti può essere vista come una cosa positiva, come un riequilibrio concorrenziale e perciò da non ostacolare.

dom: e allora dove starebbe il calcolo politico speculativo dell’SPD?

risp: all’SPD interessa solo fare una manovra pubblicitaria per vedere se riesce a raccogliere i voti.

Come sottolineato, il salario minimo di 8.5 euro non infastidisce per niente il padronato tedesco,   come non comporta nessunissimo problema il salario minimo di 9,53 al padronato francese, le 6,31 sterline al  padronato inglese e   1 euro per i padroni rumeni. Sono tutti ben al di sotto delle paghe orarie contenute nei contratti dei rispettivi paesi.

 

 

IL COMUNISMO SCIENTIFICO

 

 

 

 

 

 

 

 

"La grande industria universalizzò la concorrenza, stabilì i mezzi di comunicazione e il mercato mondiale moderno, sottomise a se il commercio, trasformò ogni capitale in capitale industriale e generò così la circolazione rapida (perfezionamento del sistema finanziario) e la centralizzazione dei capitali. Con la concorrenza universale essa costrinse tutti gli individui alla tensione estrema delle loro energie … Essa produsse per la prima volta la storia mondiale, in quanto fece dipendere dal mondo intero ogni nazione civilizzata e in essa ciascun individua, per la soddisfazione dei suoi bisogni, e i quanto annullò l’allora esistente carattere esclusivo delle singole nazioni. Assunse le scienze naturali sotto il capitale e tolse alla divisione del lavoro l’ultima parvenza del suo carattere naturale. Per quanto ciò era possibile nell’ambito del lavoro, distrusse l’impronta naturale in genere e risolse tutti rapporti naturali in rapporto di denaro. In luogo delle città naturali creò le grandi città industriali moderne, sorte da un giorno all’altro. La dove penetrò, essa distrusse l’artigianato e in generale tutti gli stadi anteriori dell’industria. Completò la vittoria della città commerciale sulla campagna. Il suo sviluppo creò una massa di forze produttive per le quali la proprietà privata  diventò un intralcio non minore di quello che era stata la corporazione per la manifattura e la piccola azienda rurale per l’artigianato in via di sviluppo. Sotto la proprietà privata queste forze produttive  non conoscono che uno sviluppo unilaterale, per la maggior parte diventano forze produttive e una quantità di tali forze non può trovare nel regime della proprietà privata alcuna applicazione … E infine, mentre la borghesia di ciascuna nazione conserva ancora interessi nazionali particolari, la grande industria creò una classe che ha il medesimo interesse in tutte le nazioni e per la quale la nazionalità è già annullata, una classe che è realmente liberata da tutto il vecchio mondo e in pari tempo si oppone ad esso”

 

 

 

                        "Karl Marx, "L’ideologia tedesca" 

 



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