CHEMNITZ, LA VERGOGNA RAZZISTA!

Hanno aspettato il momento opportuno.

Hanno diffuso notizie false.

Poi si sono radunati e dato il via alla caccia all’immigrato.

 

 

 

A Chemnitz i razzisti da bar dell’ultima ora hanno dato sfogo ai loro bassi istinti, come se la loro squadra di football avesse perso allo stadio. E come da prassi dopo una partita persa si sono riversati nelle strade in cerca di rissa.

C’era scappato il morto in una delle innumerevoli risse che scoppiano nei bar. Era un tedesco. Non si sono preoccupati di sapere qual è stata effettivamente la dinamica della cosa e cosa veramente fosse successo.  Senza tanto riflettere (troppo impegnativo), come succede spesso tra le parti più grezze delle tifoserie, hanno accolto la menzogna, la bugia di un provocatore - risultato poi un informatore della polizia - secondo cui  “la vittima sarebbe stata uccisa mentre tentava di difendere una donna”, frottola poi smentita ufficialmente dalle autorità. 

Tanto è bastato per dar sfogo alla loro aggressività, alla loro violenza, alla loro ignoranza.

Per essere razzisti non bisogna essere particolarmente intelligenti (vedi Hitler), è noto. Il razzismo colpisce statisticamente le persone più rozze e ignoranti della società, gente da bar, da stadio. Quella parte di popolazione che non ha voglia di pensare, ma solo di sfogarsi, gridare, sputare, aggredire. Le persone acculturate in genere riflettono, non sono razziste, o lo sono in minima parte. Cercano di trovare il nesso dei problemi e si adoperano per risolverli.

Al razzista a Chemnitz si è presentata l’occasione giusta: poca polizia (“non ce n’era bisogno” si è poi ‘giustificato’ il responsabile) e tanti immigrati. E poi via allo sfogo e agli atti vandalici. Sono le stesse scene che ricordano i film dei razzisti bianchi contro i neri in America negli anni ’60. Le stesse scene che i libri e i documentari ci riportano dei nazisti contro gli ebrei negli anni ’30. Le stesse scene che i video ci riportano oggi dal sud Italia.

Il male del razzismo esiste ovviamente perché esiste capitalismo, perché esiste la suddivisione in classi. E le classi dominanti hanno tutto l’interesse nel soggiogare gli oppressi di servirsi del rozzo razzista che incolpa per tutti i problemi l’immigrato. 

Perché per il grezzo razzista da bar è troppo difficile mettersi a pensare come funziona il sistema, vedere, capire che un immigrato non è altro che un lavoratore. Che milioni di loro lavorano nell’agricoltura, nell’edilizia, nelle piccole fabbriche, nella ristorazione, nel commercio, spesso sottopagati, occupando posti liberi dove assolutamente i tedeschi, e gli europei tutti, non vogliono assolutamente andare perché il lavoro è duro, represso e di supersfruttamento. E che questi immigrati con il loro lavoro e le loro tasse fanno funzionare e mantengono una parte consistente della società, compresi molti di questi rozzi razzisti da stadio nullafacenti. E che se i lavoratori immigrati non esistessero l’economia crollerebbe e i rozzi razzisti sarebbero costretti, loro, a lavorare per pochi euro all’ora in quei settori di supersfruttamento, e non stare al bar a dire stupidate.

Il rozzo razzista crede di essere un “bravo nazionalista” e di essere un “buon difensore della patria” quando da la caccia all’immigrato e lo picchia per strada. Non considera il fatto che la cosiddetta “patria” non è altro che un “fazzoletto di terra” dove i capitalisti vi dominano e fanno soldi a milioni, mentre lui, come rozzo razzista non è altro che un poveretto, uno sfruttato tanto quanto l’immigrato, e non sa di essere una stupida pedina che semina l’odio all’interno della classe lavoratrice.

Per il rozzo razzista queste semplici cose sono troppo difficili da concepire. Forse sono elaborazioni troppo complesse, astronomiche. E più facile ascoltare la tv dove gli immigrati vengono presentati e descritti come “delinquenti” e con la birra in mano e le svastiche tatuate sulla fronte fare il gradasso in cerca di risse.

CONTRO IL RAZZISMO!

ASSIEME ABBIAMO PIU’ FORZA

 

 

IL PROLETARIATO:

TANTE ETNIE E POPOLI,

MA UNA SOLA CLASSE !

UNA CLASSE CON LO STESSO INTERESSE:

IL SUPERAMENTO DELLA SOCIETA’ CAPITALISTA

 

La società capitalistica non è programmabile, è caotica. Non è una società regolabile e pianificabile in modo che tutto possa funzionare correttamente e trovare il giusto equilibrio.. Sul pianeta tutte le borghesie perseguono il proprio interesse senza preoccuparsi delle conseguenze. Nel suo funzionamento economico, politico, sociale, nell’obbiettivo del profitto tutto procede nel caso, nell’improvvisazione. A zone dove vige una certa prosperità si alternano zone povere. Le zone di pace si scambiano con zone di guerra. Accanto a zone in un certo senso organizzate ne convivono altre caotiche. In altre parole la società capitalistica non può e non potrà mai offrire una collettività pianificata, ma solo incertezza, scontri, e imprevisti.

Perciò anche i flussi migratori non potranno e non possono che essere parte di questo sistema. Come nel passato, anche oggi le popolazioni si spostano alla ricerca di una vita migliore, altre scappano dalle guerre. Spostandosi si affiancano e si mescolano alle popolazioni autoctone. 

E’ ovvio, i proletari non sono solo i lavoratori sfruttati europei tedeschi o francesi o inglesi, ma tutti i lavoratori di questa mondo, che oppressi contribuiscono con il loro lavoro a far profitto ai capitalisti. Quindi anche i lavoratori dipendenti siriani, nigeriani, asiatici o sudamericani sono e saranno proletari. E’ perciò logico che in questa posizione sociale, il padrone che vuol far profitto, sfruttando il lavoratore, non guardi alla sua nazionalità, l’etnia, se è donna o a quale religione appartiene.

DUE CLASSI TOTALMENTE CONTRAPPOSTE PERCIO’. DUE FRONTI AVVERSI.

E’ nel campo proletario che i lavoratori hanno tutto l’interesse ad unirsi e assieme battersi contro il padrone: “l’unione fa la forza”. Mentre è nel campo avverso capitalista che il padrone ha l’interesse a dividere gli sfruttati oppressi: “Dividi et impera”.  

Esiste però un insegnamento pratico, un’esperienza concreta per i lavoratori: LA STORIA. La storia ha sempre visto nelle varie esperienze sociali i lavoratori coalizzarsi, mentre le etnie, le religioni, le diverse lingue lentamente invece andare a scomparire. Decadere come ostacoli, lacci, freni all’unità di lotta sociale della classe multietnica proletaria. La lotta coalizzata per il salario, contro lo sfruttamento, ha sempre prevalso e poi sconfitto la lotta tra etnie, religioni. Inutili retaggi del passato.   

Naturalmente la società rimane sempre capitalista e le masse proletarie si spostano in un continuo movimento da una parte o dall’altra del pianeta. E dove si trasferiscono, dove giungono si ripropone ancora e sempre il processo di integrazione, coalizzazione, come accaduto ai flussi migratori di sempre.

E’ in questi momenti sociali particolari, delicati, che la canea razzista si scatena, sostenuta e incoraggiata, più o meno apertamente, dai capitalisti. E persone ingenue, anche proletari, si sentono improvvisamente importanti, credendo di svolgere un ruolo forte, vitale, contro i nuovi arrivati sfruttati. Sfruttati altrettanto intensamente come loro. Pensano (o vengono indotti a pensare) che scagliandosi contro i nuovi arrivati sfruttati possano ricavarne dei guadagni, dei vantaggi. Non si rendono conto di essere mere pedine in mano agli oppressori, che così facendo non andranno altro che a indebolire il fronte proletario a cui appartengono. 

L’artigiano, il commerciante, il bottegaio, ha interesse a contrapporsi agli stranieri artigiani, commercianti, bottegai che gli fanno concorrenza capitalista e gli sottraggono guadagni.

 

Ma diversa è la condizione tra salariati. Uniti con i nuovi sfruttati, i lavoratori di una nazione possono certamente aumentare la loro forza contro il padrone oppressore e beneficiarne della situazione.

E così come nel passato, lentamente, ma inesorabilmente ancora una volta il lavoratore prenderà coscienza dei vantaggi dell’unità proletaria e ricominciare il processo di fratellanza di classe, abbandonando i retaggi etnici, linguistici, religiosi.

E così  ancora una volta, la massima di Marx: “Proletari di tutto il mondo unitevi” si ricomporrà nel suo realismo scientifico storico. 


 

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Era nell’aria che gli Usa avrebbero reagito, dopo che nel settembre dello scorso anno 2017 Cina, Russia, Iran e Venezuela avevano annunciato che dal 2018 non avrebbero più pagato le loro transazioni internazionali del greggio in dollari ma in Yuan cinese. Molti specialisti del settore finanziario si aspettavano di conseguenza la forte reazione americana. Perché l’abbandono del pagamento in dollari nel commercio del petrolio comporterà sui tempi lunghi enormi problemi e danni per l’economia della borghesia americana.

Chi legge e segue il nostro giornale “Der kommunistische Kampf” avrà certamente osservato che già nell’articolo di aprile  “PETRO-YUAN CINESE CONTRO PETRO-DOLLARI, UNA BOMBA NELLO SCENARIO INTERAZIONALE” denunciavamo il cambiamento di situazione preventivando l’eventuale risposta Usa. E “la forte reazione americana” non si è fatta attendere. In gennaio il presidente americano nel documento programmatico ‘National Defence Strategy’ approvato dal Congresso ha dichiarato formalmente che, come “primo pericolo per l’America” essere non più “Il terrorismo internazionale” come aveva sostenuto Obama, ma “Russia e Cina”; in febbraio Trump ha approvato il più grande riarmo Usa dal dopoguerra; in marzo ha innalzato sensibilmente i dazi americani contro le merci cinesi; in aprile ha attaccato la Siria (protettorato russo) con i missili; in giugno ha minacciato le potenze europee di alzare anche per loro i dazi doganali Usa sulle merci europee se non avessero pagato per intero le quote NATO, e sempre in giugno ha dato ordine all’Arabia Saudita di  abbassare il prezzo del petrolio per mettere in ginocchio le economie russa e iraniana. Come ultimo e noto provvedimento, ha disdetto improvvisamente l’accordo sul nucleare con l’Iran, accordo stipulato nel 2016 da Obama.

Una reazione possente e violenta di non poco conto, è evidente. La Cina emergente seguita da Russia, Iran, Venezuela, con la scelta di non commerciare più in dollari hanno aperto consapevolmente uno scontro feroce tra imperialismi. Perché con questa iniziativa hanno deciso di sgretolare l’accordo di Bretton Woods del 1971, da cui la finanza Usa trae enormi vantaggi. Adesso con la cosiddetta “dedollarizzazione” si presenteranno per gli Usa, a detta degli esperti, momenti non molto felici.

In “Der kommunistische Kampf” dei mesi scorsi abbiamo analizzato in più articoli gli aspetti del documento ‘National Defence Strategy’ dove Russia e Cina vengono dichiarati “Primo pericolo”, poi il bombardamento sulla Siria e di seguito il tema del forte riarmo americano. Nell’attuale giornale approfondiamo gli altri aspetti.

-SCONTRO TRA BORGHESIE-

DISDETTA DELL’ACCORDO SUL NUCLEARE CON L’IRAN, DOVE VUOL ARRIVARE TRUMP?

TRUMP STA ISOLANDO IL PAESE ARABO “RIBELLE”.

MOSTRA AL MONDO COSA SUCCEDE QUANDO

NON SI  “SEGUE” GLI USA

Foto reuters

 

Grandi aziende europee come le tedesche Siemens, Daimler-Benz, l’europea Airbus, le francesi Citroen e Peugeot, Renault, Air France, Total, Air Liquide, l’aeromobile ATR, il gruppo marittimo CMA CGM, la svedese Scania, il conglomerato navale danese AP. Moller-Maersk, le italiane Fincantieri e FS italiane, le svizzera Stadler Rail e trasporto MSC, dovranno abbandonare l’Iran e non fare più affari con il paese arabo. Trump non lascia scampo.

Il 7 agosto dopo aver disdetto l’accordo con l’Iran sul nucleare firmato da Obama nel 2016, scrive Trump su Twitter: “Chiunque faccia affari con l’Iran non farà affari con gli Stati Uniti. Io chiedo la pace a livello mondiale, nulla di meno”. In altre parole, le imprese europee che hanno investimenti sia in Iran che negli Stati Uniti dovranno scegliere: o continuare a investire in Iran e abbondare gli Usa o il contrario, lavorare in America ma abbandonare l’Iran. L’Amministrazione Trump ha aperto la nuova guerra commerciale contro il paese arabo. Saranno sottoposte a forti sanzioni e forti innalzamenti di dazi doganali americani tutte le imprese che hanno affari negli Stati Uniti, se contemporaneamente continueranno a commerciare  anche con l’Iran. Essendo che le imprese europee che investono in Iran hanno più grandi interessi in America, queste ovviamente hanno deciso loro malgrado di abbandonare il paese arabo del Golfo. 

L’Unione Europea si è subito decisamente schierata contro il diktat di Trump, provando a contrastarlo, cercando di sostituire con propri fondi europei le eventuali perdite finanziarie che le imprese europee avrebbero subito se commerciando con Iran e Stati Uniti fossero state penalizzate dalle sanzioni e dai dazi Usa. Ma inutilmente, perché i fondi UE messi a disposizione si presentavano esigui, sono stati definiti più “politici” che concreti. Così tutte le imprese hanno preferito abbandonare il paese arabo e scegliere l’America.  

Gli analisti osservano che l’imprenditoria iraniana adesso colpita dalle misure americane dovrà rivolgersi al mercato e alle imprese cinesi per compensare e sopperire ai danni economici causati dall’abbandono dell’Iran delle aziende europee. Sembra però che la Cina non sia ancora in grado di assorbire tutto il petrolio iraniano non comperato dagli europei e dai giapponesi. E ne di essere in grado di fornire l’alta tecnologia che le imprese come Siemens, Daimler, Airbus ecc. possono fornire. Di conseguenza si prospetta per l’economia iraniana ancora una volta un periodo di forte crisi e recessione.

Trump attraverso la politica del ricatto, delle sanzioni economiche e dell’innalzamento dei dazi doganali sta velocemente assoggettando le borghesie europee, mettendole sotto scacco, costringendole ad abbandonare il fronte “nemico”  Russia, Cina e Iran.  E nonostante che la borghesia europea ponga una forte resistenza contraria, ci sta riuscendo.

Lo scontro è aperto. Washington ha iniziato la battaglia contro i “nemici” paesi emergenti e sta usando tutti i mezzi possibili per mantenere il dominio conquistato con la vittoria della 2° guerra mondiale. Trump non lascia scampo. Vedremo fin dove arriverà.

-SCONTRO TRA BORGHESIE- 

TRUMP MINACCIA

DI ALZARE I DAZI DOGANALI ANCHE CONTRO LA GERMANIA, PERCHE’?

 TRUMP ESIGE UN MAGGIORE RUOLO MILITARE

TEDESCO NELLA NATO CONTRO RUSSIA E CINA

 

 

Trump è all’attacco. Pensa sia ora che gli Stati Uniti reagiscano a fronte della forte espansione del concorrente imperialista Cina che prende sempre più peso sulla scena mondiale e si muove con sempre più determinazione. E il presidente agisce anche contro le borghesie russa, iraniana, venezuelana, che, ai suoi occhi, con sempre più arroganza, abbandonano nei loro scambi commerciali il dollaro e ignorano i minacciosi moniti di Washington.

Come i presidenti americani precedenti anche Trump pensa che deva essere la coalizione  di nazioni aderenti alla NATO a  contrastare il fronte opposto Cina – Russia. E pensa che in questa battaglia le borghesie NATO debbano essere guidate senz’altro dalla “Grande America”.

Il problema è che non tutte le potenze europee sono del parere di vedere Russia e Cina come “pericolo”.o tantomeno “nemici”. Contrari sono soprattutto Germania e Italia. Perché le imprenditorie di questi due paesi hanno ottimi rapporti commerciali soprattutto con la Russia (gas, industria, finanza) e non meno con la Cina. E quindi rifiutano di rovinarsi i lucrosi affari che con esse intrattengono per seguire Trump nel suo attacco diretto contro di loro e che le ha dichiarate “Primo pericolo per l’America”.

Quindi Trump e la sua Amministrazione hanno escogitato un sistema per staccare le borghesie europee da quelle del “fronte opposto” “avverso” Russia e Cina? 

Dopo aver dichiarato nei documenti ufficiali i due concorrenti come “pericolo maggiore per l’America” l’Amministrazione USA si è messa al lavoro per rafforzare la NATO, cioè la struttura militare occidentale uscita dalla seconda guerra mondiale e voluta dagli Usa vincitori, che ha il compito di difendere gli interessi borghesi dell’Alleanza Atlantica di cui anche gli europei fanno parte.

Ma da molto tempo alcune borghesie europee non trovano più interesse nella NATO come struttura militare di difesa, avendo appunto affari in tutto il mondo, così come in Russia e Cina. Queste ora sono diventate più partner commerciali da tener strette, e non “primo pericolo” da combattere ed emarginare.

Quindi i governi delle borghesie di Berlino e Roma hanno cercato di sfilarsi dalla struttura NATO. La devono loro malgrado subire avendo perso la 2° guerra mondiale, ed è stata loro  imposta, ma cercano di sfilarsi lentamente. Riducendo dal 2% al 1% già da lungo tempo la quota di pagamento per il mantenimento della struttura stessa.

Come strategia di risposta Trump e la sua Amministrazione hanno deciso allora di costringere Berlino e Roma, loro malgrado, di pagare la quota dovuta del 2%. Costringendole attraverso il ricatto, la pressione. Con il sistema che, qualora non avessero pagato, avrebbero alzato i dazi doganali negli Stati Uniti sulle merci importate dall’Europa. Una minaccia, un ricatto appunto, che se veramente attuato causerebbe enormi danni all’economia europea, soprattutto tedesca nel campo dell’acciaio e dell’automobile.

Quindi, fatto quattro conti, i governi tedesco e italiano, ma anche quelli francese e inglese, sono stati costretti ad accettare il diktat di Trump e pagare le quote corrette per il mantenimento della struttura militare.

Il rafforzamento della NATO sembra essere, assieme alla disdetta sul nucleare con l’Iran una delle prime misure nella strategia di Trump per staccare l’Europa, ma soprattutto la Germania, da Russia e Cina. Girano voci e articoli dove alcuni generali americani e russi paventano l’ipotesi che nella tattica Trump siano programmate delle provocazioni militari americane contro i russi (polo nord, Ucraina, Siria?) in modo da provocare la reazione militare russa, così che la Germania sia costretta a seguire militarmente l’Alleanza Atlantica nella sua controffensiva di guerra contro i russi, in modo da incrinare il buon rapporto esistente tra Mosca e Berlino. Verità o fake news? Il futuro ci dirà. Ma non sarebbe poi così fantapolitica. Anche il gruppo di “Forza di Intervento Militare Europeo” (‘European Intervention Initiative’) a guida tedesca recentemente costituitosi e voluto fortemente da Trump sarebbe parte di questa strategia di Washington di provocare la rottura tra Berlino e Mosca. Nel senso che alla prima occasione di guerra o alla prima eventuale reazione ad una ‘provocazione’ contro i russi, il nucleo di “Forza di Intervento Rapido Europeo” guidato dai tedeschi sarebbe costretto a intervenire militarmente contro di essi per difendere l’Alleanza Atlantica.


 

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IN ITALIA DILAGANO I CONTRATTI A TERMINE

ARRIVATI A QUASI LA TOTALITA’ DELLE NUOVE ASSUNZIONI

 

 

Le leggi volute da padroni-governi-parlamenti contro i 

lavoratori cominciano a dare i loro effetti nefasti.

 

 

Lentamente ma inesorabilmente anche in Italia le leggi emanate dai vari governi per espandere il lavoro precario sta portando il suo effetto negativo nel mondo dei lavoratori dipendenti. I nuovi rilevamenti registrano che i nuovi posti di lavoro sono quasi totalmente a contratti a termine nelle assunzioni, colpendo soprattutto i giovani. In pratica in Italia il posto di lavoro fisso nella giovane generazione sta scomparendo. I vari governi al servizio dei padroni, su direttiva Ue, hanno lavorato bene negli ultimi anni contro i salariati. Uno dopo l’altro hanno introdotto normative, leggi che progressivamente hanno eliminato il posto di lavoro fisso e favorito il precariato. I PADRONI RINGRAZIANO. 

Adesso in Italia tutti i nuovi contratti di lavoro sono a 4 mesi, 6 mesi, 8 mesi o 1 anno al massimo e poi si viene licenziati. Un problema immenso per un lavoratore.

Per gli immigrati va ancora peggio. Con loro, la fame di soldi dei ricchi padroni è ancora più famelica: spesso per un immigrato il lavoro è “a chiamata” anche per un solo giorno, con paghe addirittura – riportano i giornali- di 3 euro all’ora con orari fino a 12 ore al giorno. Per gli imprenditori mai sazi di guadagni che considerano gli operai e i dipendenti solo dei mezzi per far soldi, una vera manna.

Come ogni giovane che lavora a tempo determinato sa, con i contratti a termine di 3 o 6 o 8 mesi ecc. gli imprenditori non solo hanno la possibilità di licenziare a fine contratto, ma si possono anche permettere (nella promessa - poi mai mantenuta- che se il lavoratore se lo merita verrà assunto a contratto fisso) di pagare il giovane molto al di sotto delle paghe sindacali, può accelerare a dismisura i ritmi di lavoro, non pagare gli straordinari, costringere il dipendente a lavorare anche se ammalato (e si ha notizia anche di insulti ai dipendenti, soprattutto se donne).  

Questa è l’ignobile e dura condizione che pervade il mondo del lavoro oggigiorno in Italia. Mentre dall’altra si ha l’effetto dirompente sui profitti delle imprese. Le aziende italiane stanno vivendo infatti una stagione di ottimi guadagni. Naturalmente, è bene ripeterlo, grazie all’aiuto e alla collaborazione dei vari governi. I PADRONI FESTEGGIANO! (Ovviamente i vari partiti che hanno vinto via via le elezioni e sono poi giunti al governo, in campagna elettorale, nella sceneggiata generale, avevano sempre promesso tutto il contrario del lavoro precario! - ecco a che cosa servono le elezioni!).  

Per un giovane, che si trova davanti una vita di precariato il futuro si presenta di sicuro molto duro. La vita adesso sarà tutta diversa rispetto al passato. Ora è un rebus. Perché formare una famiglia significa ora essere coscienti che ogni giorno si può essere licenziati e che improvvisamente possono mancare i soldi per pagare l’affitto, la benzina o addirittura per mangiare. Significa che con un lavoro precario la banca non concederà più il mutuo per la casa. E che ai figli non si potrà più garantire il tenore di vita precedente. Significa anche continuare a chiedere soldi ai genitori.

Il giovane che non accetta tutto questo, sa che deve emigrare.

Una svolta radicale nel sistema di vita della nuova generazione italiana, che fino a qualche anno fa veniva convinta che il benessere che la democrazia prometteva e decantava non sarebbe mai finito.

La vittoria dei partiti populisti alle ultime elezioni in Italia e la loro salita al governo sono la naturale conseguenza quindi di protesta e speranza dei giovani contro questa situazione di instabile prospettiva di vita, di lavoro precario,. Noi come marxisti sappiamo già che anche questa speranza si tradurrà nell’ennesima delusione. Gli opportunisti populisti si dimostreranno alla fine, come sempre, uguali agli altri.

Anche i partiti rivoluzionari in Italia registrano un consistente incremento. Soprattutto per il partito marxista extraparlamentare Lotta Comunista molto attivo nel sindacato (un po’ come l’SPD ai tempi di Marx). Molti giovani si rendono sempre più conto che questa società non può garantire una vita decente ai lavoratori, ma solo sfruttamento e grossi profitti per aziende e banche e che il parlamento non difende gli interessi della classe lavoratrice. Perciò prendono coscienza dell’importanza di impegnarsi in una lotta leninista per una società superiore, diversa.

Anche qui in Germania il lavoro precario, i contratti a termine stanno aumentando. Adesso sono quasi al 45-50% delle nuove assunzioni. Esattamente come richiedono i padroni tedeschi e la Ue anche i governi di Berlino -con i vari partiti aderenti- si stanno adoperando per introdurre leggi che dilatino la precarietà. Come in Francia e in Italia. Il duro futuro di aumento dei contratti a termine quindi anche per i giovani tedeschi è perciò segnato. I PADRONI RINGRAZIANO, naturalmente. Come sempre.

Che fare?

Anche subito dopo la seconda guerra mondiale in tutta Europa dilagava la precarietà con guadagni enormi per le imprese. Le fortissime lotte operaie-sindacali avutosi negli anni ’60 l’hanno ridotta, quasi annullata. Ora la precarietà riappare, più preoccupante e pericolosa che mai. Come visto, il connubio-squadra  padroni-governi-parlamenti  la sta reintroducendo.

Spetta adesso alle nuove generazioni il compito di ricombatterla. Nella società capitalistica, società del profitto e dello sfruttamento, per i lavoratori non esiste mai tregua: o lottano per i propri interessi o vengono sopraffatti dalla coesa ed efficiente squadra imprenditori-politici (e con l’aiuto dei media, possiamo aggiungere).

Per organizzare una battaglia seria contro la precarietà per es. si potrebbe cominciare con il programmare (ovviamente in collegamento con i sindacati) una giornata di lotta nelle università di tutta Europa. Una giornata di lotta che collegando tutte le università europee potrebbe poi estendersi alle fabbriche. Questo potrebbe essere un buon inizio, una ottima iniziativa.

Ma nella necessaria lotta quotidiana sindacale contro lo sfruttamento è fondamentale guardare anche oltre la società capitalistica, guardare ad un’altra società. E organizzarsi e lottare seriamente per questo. Esattamente come fa con coerenza e successo Lotta Comunista.  

FRANCIA 

SCONTRO MACRON - FERROVIERI  

CONSIDERAZIONI SULLE CAUSE DELLA SCONFITTA DEL LUNGO SCIOPERO DEI FERROVIERI

 

Nonostante il durissimo sciopero i dipendenti delle ferrovie francesi non hanno vinto.

Il 14 giugno, come richiesto con insistenza da finanza, industriali e UE, la maggioranza del parlamento francese ha votato ( e questo evidenzia, come sempre, da che parte stanno i governi) la trasformazione dell’Azienda Ferroviaria francese (SNCF) da pubblica a privata e la fine dello status dei ferrovieri per ogni nuova assunzione.

Per fermare le modifiche peggiorative i ferrovieri con i loro sindacati si sono impegnati in un durissimo e lunghissimo sciopero (3 mesi, con 2 giorni di sciopero alla settimana), ma non è servito.

Gli scioperanti contavano, come già accaduto in passato, di coinvolgere nella lotta contro l’abbassamento delle garanzie ai lavoratori, anche altre categorie di dipendenti, ma questo è avvenuto solo in minima parte, coinvolgendo nel mese di aprile solo i sindacati dell’Air France, e questo naturalmente non è stato sufficiente per fermare il governo francese.  

Durante la lotta i vertici sindacali hanno subito dure critiche da parte di alcune assemblee di lavoratori sulla conduzione degli scioperi, che così organizzati non hanno portato al successo. Il fatto, al contrario degli scioperi del 2006, di aver diluito, suddiviso, le giornate di sciopero in 2 giorni alla settimana, gruppi consistenti di lavoratori accusavano essere un sbaglio. In quanto la suddivisione non aveva l’effetto di bloccare il paese, avvantaggiando così Macron. Le assemblee sostenevano che se le giornate di sciopero si fossero susseguite tutte in blocco, così come avvenuto nel 2006, vincendo, la Francia bloccata nei trasporti si sarebbe subito, o ben presto, fermata, creando, come nel 2006, una situazione caotica spostando di conseguenza le masse a favore degli scioperanti, innescando l’adesione di altre categorie con scioperi, portando Macron al cedimento. Il risultato del fatto che i sindacati hanno diluito gli scioperi è stato, che questo ha permesso a Macron di tamponare la situazione, gestendola, e di conseguenza di isolare la lotta stessa. 

Un ruolo di non poco conto contro gli scioperanti (come sempre nel capitalismo) è stato giocato anche dai media, che accaniti contro i lavoratori e grazie alla forte ed estesa controinformazione contro di essi portata, sono riusciti ad isolare gli scioperanti dalle altre categorie, proprio come sperava e voleva Macron.   

Nella dura lotta di classe un grande sostegno ai ferrovieri invece è venuto dai giovani francesi. Le università si sono mobilitate e unite negli scioperi con grande solidarietà e impegno. Violenta e inaudita è stata la controreazione della polizia contro di essi. Certamente anche i giovani in Francia si rendono conto che misure come l’estensione del lavoro precario e flessibilità,  peggioramenti sul salario e l’allontanamento dell’età pensionabile sono dei grossi danni per il loro futuro.

Anche i ferrovieri francesi fanno parte di quell’attacco che l’Unione Europea come rappresentante dell’imprenditoria e della finanza del continente sta conducendo contro i lavoratori e i giovani di tutta Europa, e spinge perchè tutti i governi UE in sincronia si mobilitino su questi obbiettivi. Vi è un chiaro progetto padronale europeo per abbassare i costi di produzione e aumentare i profitti delle aziende. Per ottenere questo si serve naturalmente della collaborazione di tutti i governi, indipendentemente dai partiti che giungono all’esecutivo.

Attualmente due sindacati dei ferrovieri, nonostante che il parlamento francese abbia in giugno approvato le modifiche contro i ferrovieri - le quali quindi diventeranno operative - hanno deciso comunque di proseguire la lotta continuando gli scioperi. Ma purtroppo è chiaro che a questo punto non hanno speranze. 

 

BISOGNA RIPOSIZIONARE LA LOTTA SINDACALE!  BISOGNA ENTRARE IN UN’ALTRA DIMENSIONE DI LOTTA NON PIU’ NAZIONALE! 

 

Il fronte dell’attacco padronale coordinato e concentrico contro i lavoratori è diventato adesso non più locale, ma europeo. Ed è evidente che le lotte, gli scioperi sindacali nazione per nazione contro i propri governi borghesi non bastano più. Per quanto duri e lunghi che siano, non portano più i risultati voluti. E’evidente anche che il voto parlamentare non serve assolutamente a niente, è palese. Votare partiti che promettono che, arrivati al governo, si schiereranno contro la UE, è lampante, è ridicolo. Di queste sceneggiate ormai se ne ha il naso pieno.

 

Come nell’800 i lavoratori sono stati costretti ad abbandonare le lotte di singola fabbrica per arrivare a lottare tutti uniti a livello nazionale, adesso è arrivato il momento che i sindacati in Europa abbandonino i territori nazionali e si uniscano in lotte e scioperi sovranazionali, su problematiche unificanti fondamentali (come contro il lavoro precario-flessibilità, contro il peggioramento sulle pensioni, per un salario europeo, contro i licenziamenti, ecc) e impongano contratti europei sovranazionali e non più nazionali.

 E’ questa, a nostro avviso, l’unica soluzione, l’unica via che può fermare l’attacco UE-padroni-governi contro i lavoratori condotta paese per paese.

E’ questa la nuova dimensione per rilanciare la controffensiva dei proletari. 


 

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LA TRAPPOLA CHE TRUMP AVEVA PREPARATO IN SIRIA

PER PORTARE LA GERMANIA

CONTRO LA RUSSIA

 

Trump e la sua Amministrazione sono determinati a tutti i costi a provocare la rottura del forte legame politico esistente tra borghesia tedesca e quella russa. E pretendono che Berlino segua fedelmente la NATO come Francia e Inghilterra. Per ottenere la rottura vogliono che i tedeschi si scontrino militarmente (e non più solo a vuote parole) contro Mosca. Trump lo vuole assolutamente e vuole trascinare la Germania su questo. Al punto tale che aveva preparato una situazione in Siria perché questo potesse succedere. 

In maggio di quest’anno così descrivevamo sul nostro giornale “Der kommunistische Kampf”nell’articolo “Lite Trump - Merkel”  il contesto in cui l’aggressiva politica di Trump muove le sue mosse:

 

 

…  “MA UN FORTE OSTACOLO ALLA STRATEGIA TRUMP ANTI-CINA E RUSSIA E’ IL LEGAME DI FAVORE ECONOMICO-POLITICO ESISTENTE TRA I GRANDI GRUPPI ECONOMICI-FINANZIARI TEDESCHI E LA RUSSIA. 

E’ stato per questo motivo, per non incrinare il vantaggioso rapporto con la Russia e i grassi affari che ne derivano, che i governi tedeschi si sono astenuti di seguire l’America nell’invasione dell’Iraq nel 2003, essendo allora Saddam Hussein grande amico e ben collegato ai russi. Così come durante la guerra civile in Ucraina nel 2016, il governo tedesco, pur appartenendo allo schieramento degli occidentali si è opposto decisamente, fermandolo, all’intervento militare Nato a fianco del governo ucraino di Kiev filoccidentale, contro i separatisti ucraini della regione del Donbass, essendo i separatisti sostenuti dai russi. Anche recentemente il governo di Berlino, all’inizio della guerra in Siria, si è astenuto dall’intervenire a fianco degli Usa e occidentali, i quali con il pretesto di combattere gli jihadisti in realtà combattevano contro il governo siriano di Damasco sostenuto apertamente dai russi. Solo quando Russia e Stati Uniti si sono accordati per la spartizione della Siria, solo allora la Groβe Koalition di Berlino ha dato il via libera al proprio intervento militare in Siria. 

In sostanza, ogni qualvolta in una guerra, direttamente o indirettamente, la NATO combatte contro la Russia, i governi tedeschi si sono sempre opposti ad intervenire militarmente contro Mosca.

Come prima Obama, adesso anche Trump prova a incrinare il forte rapporto Germania-Russia. Trump è senz’altro più motivato rispetto Obama in questo obiettivo, visto che adesso gli Usa hanno dichiarato apertamente Russia e Cina come “pericolo principale per gli interessi americani nel mondo”. …

“Lite Trump - Merkel” - “Der kommunistische Kampf” - Maggio 2018

 

 

A quel tempo eravamo i soli a dichiarare così apertamente la situazione. Adesso sono i grandi giornali e i politici che la portano alla ribalta ufficialmente.

COM’ERA STATA PREPARATA LA “TRAPPOLA” DAGLI USA IN SIRIA.  

Ai primi di settembre i russi avevano denunciato all’ONU l’esistenza di un piano-inganno dei militari di Trump in Siria, i quali, sfruttando l’imminente attacco che l’esercito governativo siriano-russo-iraniano si accingeva a portare per liberare la zona siriana di Idlib, ultima roccaforte Isis, stavano istruendo i miliziani-jiahdisti contrari al regime di Assad che difendevano Idlib, in modo che lanciassero i gas contro la popolazione assediata (cioè contro se stessi) così da incolparne dell’atrocità i militari governativi siriani e dare il pretesto alla potenza Usa e alleati di intervenire come rappresaglia contro il regime di Damasco. Nel piano di Trump in questa eventuale ritorsione militare contro i siriani-russi-iraniani, come riporta sopra Handelsblatt, era previsto che vi  partecipasse anche Berlino. Berlino che, come detto, fino ad ora si era sempre opposto di combattere militarmente contro il governo di Assad sostenuto dai russi. 

Per preparare bene l’operazione e non permettere al governo della Große Koalition di rifiutarsi all’ultimo momento di partecipare alla rappresaglia armata contro il filorusso Assad, ai primi di sett. James Jeffrey, rappresentante speciale Usa per la Siria, si è presentato dalla Merkel per richiedere ufficialmente alla Germania come alleato degli Usa e aderente alla NATO, l’adesione all’operazione di ritorsione militare congiunta nel caso di eventuali bombardamenti di gas da parte dei governativi siriani. Cosi riporta la richiesta Handelsblatt il 13 sett. «”Il miglior modo per dimostrare un aiuto politico non è un discorso, ma la solidarietà militare”, ha detto ai giornalisti l’inviato speciale US per la Siria James Jeffrey, giovedì, durante una visita a Berlino». Per dar poi più peso alla sua istanza Jeffrey – continua Handelsblatt - si è lamentato per il precedente comportamento tedesco del 2003 verso gli USA: «… ha detto e dimostrato un parallelo con la guerra d’Iraq del 2003, alla quale, oltre agli altri, Germania e Francia non hanno partecipato. “Questo è stato un grosso problema per la nostra politica interna”» ha precisato. (Handelsblatt – ibidem). Per gli Usa, Berlino adesso deve riparare ed è ora che si riporti in riga. Essendo che la richiesta ufficiale Usa di compartecipazione era stata presentata, al governo del Bundestag non restava adesso che … eseguire.   

Jeffrey presentava alla stampa tedesca come fossero “problemi di politica interna americana” la motivazione della sua forte e risoluta pretesa a Berlino. Per noi tale motivazione non è la vera ragione, ma un diversivo. Il vero motivo rimane quello riportato nel titolo: ”Portare la borghesia tedesca alla rottura con i russi”.

Dopo la richiesta ufficiale di Jeffrey alla Merkel, la Große Koalition è entrata in fibrillazione.

Da una parte l’SPD con a capo la Nahles che si è subito dichiarata contraria al diktat e alla pretesa Usa contro i russi. In quanto l’SPD è sempre stata il partito rappresentante degli interessi delle grandi aziende e della finanza tedesca con affari in Russia. Persino il suo ex leader ed ex capo di governo Schröder ha accettato per l’enorme multinazionale russa Gazpron di diventare capo del consorzio Nord Stream AG. Dall’altra la Merkel e i democristiani, rappresentanti di quella parte di grande industria e finanza che è collegata all’occidente, che si sono dichiarati invece disponibili all’intervento militare assieme  agli Usa.

Si è aperta quindi una lotta furiosa all’interno della coalizione governativa, dove la Nahles ha chiesto le dimissioni del ministro degli esteri Maas, socialdemocratico come lei, ma che si era espresso a favore dell’intervento contro la Russia a fianco degli Usa.

Alla fine Putin, visto la trappola, ha deciso di non intervenire militarmente per la conquista di Idlib, ma di accordarsi con il presidente turco Erdogan (che controlla le milizie ribelli a Idlib) affinchè i guerriglieri lasciassero pacificamente la zona, e così è stato.

Tutto questo può apparire come una sceneggiata melodrammatica da film d’altri tempi. Invece è l’amara realtà nel mondo capitalistico.  NON ESISTONO MORALI O SCRUPOLI PER LE BORGHESIE E I LORO POLITICI QUANDO DEVONO RAGGIUNGERE I LORO SCOPI AFFARISTICI. Questo è sempre da tener presente.

TENSIONI-SCONTRO TRA BORGHESIE

 

AL RIALZO DEI DAZI USA CONTRO LA TURCHIA ANCHE ERDOGAN

COME LA CINA- RISPONDE CON UNA FORTE SVALUTAZIONE DELLA MONETA

 I DAZI USA CONTRO ANKARA, COME IL SOSTEGNO USA AI CURDI IN SIRIA: PRESSING DI WASHINGTON SULLA BORGHESIA TURCA PERCHE’ ABBANDONI IL RAPPORTO CON LA RUSSIA.

 

 

La crisi è esplosa il 10 agosto, quando Trump ha annunciato che avrebbe aumentato i dazi Usa contro la Turchia al 30% sull’alluminio e al 50% sull’acciaio. Dazi che avevano subito un primo innalzamento già il 13 marzo. La motivazione ufficiale di Washington per tale penalizzazione veniva presentata come la reazione Usa all’arresto da parte della polizia turca del pastore americano Andrew Brunson accusato dal governo turco di aiutare il terrorismo. Come succede spesso in politica, il  pretesto non è altro che una scusa per nascondere il vero motivo: il deterioramento delle relazioni politiche tra i due paesi. Infatti, da tempo si nota un progressivo ma forte avvicinamento della Turchia verso la sfera d’influenza russa e il distanziamento da quella Usa. Il governo della borghesia turca negli ultimi tempi sta appunto cercando di giocare rischiosamente su due tavoli, quello con gli occidentali con l’adesione alla Nato, e quello con Cina e Russia per gli affari economici e le alleanze in Siria.

Spostamento che si evidenzia perché Ankara, ignorando le proteste Usa, ha accettato la costruzione del gasdotto russo Turkish Stream, che oltre a portare gas in Turchia, veicola il prodotto energetico russo anche verso l’Europa, lasciandolo passare sul suo territorio. Emblematico è anche il fatto che recentemente il presidente Erdogan ha inoltrato la richiesta ufficiale di adesione ai paesi BRICS, il fronte dei paesi emergenti diretto da Cina e Russia. Poi senza tanti problemi il governo turco ha accettato di acquistare dalla Russia il sistema di difesa antiaereo missilistico S-400 provocando le ire americane. E non ultimo ha stabilito di non aderire alle sanzioni di Washington contro l’Iran. Questo ha fatto imbestialire, com’è evidente, Trump e alleati, e fatto scattare le sanzioni Usa dei dazi.

Erdogan e il suo governo rivendicano la propria autonomia economica e politica, ma è chiaro che i paesi Nato in questo contesto non lo possono accettare.   

Il fallito tentativo di colpo di stato militare del 2016 in Turchia era stato appunto interpretato allora dalla nostra organizzazione (vedere articolo “Ipotesi sulle cause del fallito colpo di stato in Turchia – Reazione dei militari per il troppo avvicinamento della Turchia alla Russia?” – ‘Der kommunistische Kampf’ Oktober 2016) come la reazione dei militari turchi per fermare questo sempre più stretto legame che si stava costituendo tra le due borghesie russa e turca.  A quel tempo la nostra ipotesi sembrava quasi fantapolitica, adesso sempre più specialisti del settore si domandano se effettivamente dietro agli allora silenziosi militari golpisti turchi non ci fosse stato lo zampino americano per fermare il crescente collegamento tra Putin e Erdogan.  

Ora, con l’ulteriore inasprimento dei dazi Usa contro Ankara si è allargata a dismisura la crepa nelle relazioni tra Usa e Turchia. Il presidente Erdogan super incollerito per l’attacco, accusa apertamente Washington di manovrare per mandare in rovina l’economia turca che attraversa un periodo ottimale e di forte sviluppo. E avverte che se gli Stati Uniti proseguiranno in questa loro politica distruttiva il governo turco sarà costretto a cercare “altri interlocutori” politici internazionali. Intendendo con ciò che potrebbe abbandonare il fronte Nato per collegarsi alla coalizione Cina-Russia-Iran.

Sono eventi di non secondaria importanza nella scena internazionale degli schieramenti tra borghesie.

Nel comportamento di Trump è diventato ormai più che evidente che in tutte le sue recenti e clamorose mosse contro Cina, Russia, Iran, Venezuela, e adesso anche contro Ankara, il governo americano cerca di creare una divisione profonda tra paesi occidentali e i paesi emergenti “ribelli” sopracitati con l’intento di isolarli. Washington non accetta assolutamente che vengano messi in discussione gli interessi sul pianeta della potente borghesia americana uscita vincitrice dalla seconda guerra mondiale e tutt’ora ancora determinante.

Il comportamento aggressivo statunitense provoca naturalmente grossi problemi anche agli imperialismi alleati, come Germania, Francia, Italia, ecc che hanno rapporti commerciali con i paesi emergenti sotto attacco americano. Alleati degli americani che certamente si troveranno sempre più in difficoltà se Trump proseguirà su questa politica.

L’attacco di Trump contro Erdogan comincia ad essere effettivamente molto pesante. I dazi sono una misura che, secondo gli esperti, se la borghesia turca non troverà presto altri sbocchi dove vendere i propri prodotti (verso la Cina per es.) metterà veramente l’economia del paese in ginocchio. Perché l’acciaio e l’alluminio assieme al carburante sono elementi fondamentali per il funzionamento di un’economia industriale.

Erdogan e l’establishment turco appaiono però sicuri del fatto loro, sembrano non preoccuparsi più di tanto dell’attacco Usa e dichiarano di non voler cedere. Per ostacolare le misure americane stanno usando, esattamente come il governo borghese cinese, il vecchio metodo -classico in queste circostanze- della svalutazione della propria moneta in modo da abbassare i prezzi della vendite delle merci all’estero e compensare così le perdite finanziarie dovuto all’aumento dei dazi.

E questo spiega perché, in concomitanza con l’annuncio di Trump delle date dell’aumento dei dazi (vedere grafici sopra) il renminbi cinese e la lira turca hanno subito improvvisamente forti svalutazioni (il 10 agosto Trump ha annunciato le misure doganali Usa contro Ankara e subito dopo -“i tempi tecnici”- il 12 agosto è avvenuta la svalutazione turca).

Con le due forti e improvvise svalutazioni i media si sono scatenati a gridare alla caduta in crisi  delle economie cinese e turca. Come se le svalutazioni fossero state l’effetto dei “mercati”. In realtà, al contrario sono state proprio le due banche centrali cinese e turca, volutamente a svalutare le proprie monete. La causa delle crisi non era quindi il panico di reazione dei mercati internazionali, come fatto apparire dalla stampa.

L’establishment turco intanto avverte ufficialmente che non si vuole piegare alla volontà americana e sfidando gli Usa ha annunciato contromisure verso prodotti americani. Il vice presidente turco Fuat Oktay ha comunicato l’aumento dei dazi del 140% sull’import di alcool americano, del 120% delle tariffe sulle auto Usa e del 60% sul tabacco. Mentre in contemporanea Erdogan va ripetendo che intende non  slacciare, ma  “intensificare i rapporti con la Russia”,.

Nelle tensioni tra le due borghesie si prospetta quindi di logica un aggravamento 


 

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-CONTROINFORMAZIONE  RUSSA-

IL SITO RUSSO SPUTNIK

LA VERSIONE DEI FATTI INTERNAZIONALI VISTI DALLA BORGHESIA IMPERIALISTA DI MOSCA

 

 

I mezzi d'informazione europei affermano che i media delle altre nazioni influenzano le popolazioni a seconda degli interessi nazionali. Che chi vive in quei paesi non sono autonomi nel pensare, ma sono condizionati, gestiti e pilotati dai governi del posto. E’ vero.

Quello che però non viene detto,  è che anche a noi europei tocca la stessa sorte, ossia veniamo influenzati, diretti, pilotati, dagli interessi dei governi e media borghesi in cui viviamo. 

 

Nel capitalismo in ogni nazione i mezzi di informazione portano sempre una propria versione dei fatti. Tradotto in analisi marxista: gli imprenditori, la borghesia di ogni nazione, attraverso i costosi giornali e tv che possiede e dirige, può influenzare, pilotare, coinvolgere con la propria versione dei fatti la propria popolazione, il proprio proletariato. In altre parole, i mezzi di informazione non sono altro che strumenti con cui la voce dalla classe dominante in un determinato paese giunge alla popolazione.

E ovviamente questo accade anche nei paesi europei.

Ne consegue che le borghesie sul pianeta - visto che, tutte sono in concorrenza tra di loro - daranno una miriade di versioni su un singolo fatto a seconda degli interessi in gioco.

Discutendo quotidianamente, si avverte però che le persone che si interessano di politica si rendono poco conto di questa realtà. E rimangono sorpresi e si stizziscono, non accettano il fatto che anche in Europa si sia influenzati dalla stampa borghese. Ingenuamente credono di essere autonomi nel pensare, giudicare, agire. Sono convinti di essere scollegati dagli interessi e dai giochi della propria borghesia.  Naturalmente non è così.

 

FATTI CHE A NOI SEMBRANO NORMALI, TROVANO INVECE ALTRE VERSIONI NEI MEDIA ALL’ESTERO.

 

Il sito russo SPUTNIK  può essere un utile strumento per questo approfondimento.

Quindi, come riporta Wikipedia, Sputnik è il portale di diffusione di notizie del governo russo nelle lingue europee, (tedesco, inglese, francese, italiano, ecc) con lo scopo di spiegare nei paesi occidentali, come “controinformazione”, qual è la verità russa, naturalmente ritenuta quella “giusta e corretta” nell’interpretazione dei vari fatti internazionali.

 

Prendiamo alcuni esempi: il confronto è molto stimolante.

 

-         Siria

Mentre per la stampa occidentale il presidente siriano Assad è un sanguinario che opprime il proprio popolo, è crudele con gli oppositori e stermina i nemici in guerra con i gas ed è causa dell’attuale guerra civile in Siria e di tutte le atrocità conseguenti, la versione di Sputnik nell’articolo“Assad ha vinto e l’America se ne deve andare – The National Interest” del 19 sett. 2018 è di tutt’altra ottica. Assad è presentato come persona seria e legittimo presidente della Siria ed è visto come il vincitore dell’attuale guerra civile, mentre gli americani come gli intrusi che se ne devono andare: «La politica di Washington in Siria è il caos puro» afferma Sputnik, «E’ del tutto evidente come il governo Usa in Siria proceda come inconseguente». Poi prosegue: «… già in marzo il presidente Trump aveva chiarito «lasceremo la Siria e la lasceremo presto», invece adesso Washington dice che gli iraniani e i loro governanti se ne devono andare dalla Siria, in modo che in Siria “un governo stabile e libero” possa essere insediato, il quale possa essere accettabile “per tutti i siriani e la comunità internazionale”».

Sul tema “ribelli” a Idlib, per i media occidentali questi miliziani vengono descritti come “gruppi radicali” che vogliono instaurare la “democrazia” e la “libertà” in Siria. Per Sputnik invece «I ribelli di Idlib sono principalmente jihadisti salafiti sostenitori di Al-Qaida o addirittura appartenenti a questa organizzazione terroristica» che per scopi politici vengono sostenuti dagli Stati Uniti. Si può constatare come la versioni russa sui vari punti sia nettamente l’opposto da quella americana- europea.

GERMANIA

Trump chiede ai paesi alleati Nato di essere coerenti, di far fronte unico contro i nemici e di non concedere compromessi ai paesi considerati “ribelli e pericolosi”.

In questo articolo “Quanto pazzesca è diventata la politica tedesca?” Sputnik affronta la spinosa questione dove gli Usa pretendono da Berlino che partecipi alla rappresaglia militare contro Damasco qual’ora il governo siriano bombardi con i gas i miliziani oppositori di Assad a Idlib che resistono all’esercito governativo siriano Il portale russo dopo aver precisato che la Germania sta per essere trascinata in una situazione analoga “come nel 1999 quando nell’attacco illegale della Nato contro la repubblica federale Jugoslava, i tornado tedeschi si apprestarono a partecipare ai bombardamenti”, inoltre Sputnik afferma che il governo tedesco assolutamente tace, cioè  “non menziona gli annunci realistici del governo russo, che un tale intervento di attacco chimico sarà inscenato dai miliziani di Idlib per ottenere l’intervento degli Usa e dei sui alleati”. E sottolinea il fatto che “nel dibattito del Bundestag del 12 sett. anche la cancelliera ha difeso il piano d’attacco militare tedesco [contro la Siria n.d.r.] e ne ha respinto tutte le critiche – sebbene lei ancora nell’aprile di quest’anno aveva preso un’altra posizione. E nonostante che in un recente sondaggio il 70% dei tedeschi intervistati si siano espressi contro l’intervento armato”. Prosegue poi Sputnik che anche Gauland (AfD) si è schierato contro la decisione della Merkel perchè “contraddittoria, quando il governo da una parte dice di voler combattere le cause che generano i rifugiati, e dall’altra con l’intervento di guerra in Siria causerà nuovi ragioni di fuga”.

In pratica il portale russo Sputnik fa capire ai tedeschi che il loro governo non è onesto e leale come sembra, e che senza motivo vuole muovere guerra alla Siria e ai suoi alleati. E addirittura va contro la volontà del popolo tedesco che al 70% si è espresso contro l’intervento armato.

STATI UNITI  E  RUSSIA

La stampa occidentale dipinge Putin come un politico criminale, il quale non ha scrupoli nei suoi metodi per raggiungere gli obbiettivi espansionistici e ordina massacri addirittura con l’uccisione di bambini. I mezzi di informazione russi naturalmente ribaltano la versione affermando che sono proprio gli occidentali a causare i conflitti e a commettere i genocidi nelle zone di guerra. Come sostegno della propria tesi Sputnik riporta l’opinione del tedesco Lafontaine, dirigente della Linke, che riprova l’opinione russa.

Nell’articolo di Sputnik del 9 maggio «”Le bombe Usa uccidono bambini in tutto il mondo” Lafontaine risponde alla Bild-giornale» possiamo leggere: «“Si può giocare allegramente con Putin al Football nei Campionati mondiali, mentre lui in Siria uccide i bambini con le bombe?”- Questo chiedeva in Russia il reporter della Bild Heiko Niedderer a molti politici e giocatori della nazionale tedesca tre mesi prima dei Campionati Mondiali di calcio. Oskar Lafontaine (74) commentava su Facebook: “Rispondo come politico e domando a Bild: “Si può richiedere dai propri giornalisti a contratto di lavoro, il sostegno del Patto Atlantico e la solidarietà nella libera comunità dei valori con gli Stati Uniti d’America, mentre loro da decenni uccidono bambini in tutto il mondo?»

TURCHIA 

Mentre in Germania, Europa e America il presidente turco Erdogan trova la versione di un despota che “si è indirizzato contro la democrazia per decidere autonomamente nella società turca”, “attraverso un referendum ha trasformato il sistema politico turco in un presidenzialismo, così da avere più poteri”, “l’indipendenza della giustizia non esiste più e la libertà dei media non è più presente”, e “Erdogan ha portato la Turchia nel mezzo di una crisi economica” e si prosegue su questi toni, gli articoli del sito russo Sputnik non si occupano quasi mai di come il presidente turco dirige la politica interna del suo paese. E’ la politica estera che interessa al sito della borghesia di Mosca. Nell’articolo di Sputnik “Danza tra Russia, EU e Isis – critica alla visita statale di Erdogan” del 28 sett. il presidente turco viene descritto nel suo diplomatismo estero, come un politico spericolato e cinico che nell’incontro a Berlino del 28 sett. cerca l’approccio con la Merkel. Freddo e cinico perché il presidente turco che intrattiene ottimi rapporti commerciale e militari con la Russia sa perfettamente, che benché Trump lo critichi e lo attacchi continuamente per questo suo rapporto con Putin , l’America ha bisogno della Turchia nella Nato. Quindi il presidente turco ne approfitta sia per intrattenere affari con i paesi UE, sia con Putin, vedendone la convenienza. Tutt’altra musica invece suona Sputnik su Erdogan nel successivo articolo del 20 sett. col titolo: “Il segretario generale delle Nazione Unite: l’accordo Putin-Erdogan salva milioni di vite” (si riferisce all’accordo Turchia-Russia su Idlib in Siria). Qui Erdogan assieme a Putin diventa invece l’eroe del momento, perché il sito russo Sputnik come portavoce del governo di Mosca esalta tutto quello che il presidente Putin assieme ai suoi alleati compie.

 


 

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MA, LA RIVOLUZIONE E’ POSSIBILE?

 

 

Rivoluzione possibile per arrivare alla società superiore.

 

La società  capitalistica presenta un’enormità di contraddizioni visibili a tutti e nel suo sviluppo procede a cicli in cui si alternano lunghi momenti in cui la rivoluzione non è possibile a corti, ma intensivi momenti, in cui la rivoluzione è possibile.

Nei lunghi cicli di espansione con relativo benessere, in cui le contraddizioni non sono così acute e sono relativamente limitate, la borghesia che domina la società può senza grossi problemi controllare il proletariato.

Ma ben diversa si presenta la situazione quando arrivano i corti ma particolarmente intensivi momenti in cui gli affari producono crisi acutissime con guerre. In queste situazioni il proletariato viene portato a condizioni estreme con immani distruzioni , fame, innumerevoli morti.

E’ in queste situazioni, come ben visto da Marx e confermato più volte dalla storia, che si creano le condizioni materiali perché il proletariato in massa possa reagire contro la propria borghesia, combattere e arrivare  alla rivoluzione.

Ma perché la rivolta contro i ricchi, perché la rivoluzione abbia successo, ci deve essere nel paese dove il proletariato insorge, la presenza,  già da tempo, di una organizzazione rivoluzionaria sufficientemente estesa che con i suoi quadri rivoluzionari, vale a dire con i suoi esperti in politica rivoluzionaria, possa condurre la  rivolta alla presa del potere, come la rivoluzione russa dell’ottobre con successo ha dimostrato.

Senza il partito rivoluzionario, cioè senza la presenza ramificata di questi esperti, anche se le condizioni materiali per la rivoluzione sono presenti, la rivoluzione stessa non è possibile, come spesso già visto.

 

 

 

 

PERCHE’ SIETE MARXISTI E NON STALINISTI?

 

 

Lenin rivoluzionario – Stalin controrivoluzionario.

 

Volutamente, dai mass media, dagli intellettuali borghesi, dagli esperti politici, dai professori nelle università e nelle scuole, ecc. Stalin viene presentato come naturale prosecuzione di Lenin.

Assolutamente non vero!

Totale è la differenza tra la politica internazionalista rivoluzionaria di Lenin e quella nazionalista borghese controrivoluzionaria di Stalin.

Per Lenin e i bolscevichi la rivoluzione russa dell’ottobre doveva essere l’inizio di una rivoluzione mondiale per poi giungere al comunismo. Per Stalin con la sua teoria del “socialismo in un paese solo” la rivoluzione d’ottobre era già il comunismo. Un grande imbroglio e una grande menzogna da parte di Stalin , come ripetutamente scriviamo sul nostro giornale, perché se in Russia dopo la rivoluzione ci fosse stato il socialismo, i prodotti sarebbero stati  suddivisi tra la popolazione anziché venir venduti come avveniva. Come giustamente e ripetutamente Lenin affermava, in  Russia dopo la rivoluzione il proletariato al potere si trovava in una fase di transizione, che aspettando le altre rivoluzioni.  gestiva un momentaneo capitalismo di stato.

Il padronato, i ricchi, con i loro servitori, non hanno interesse a chiarire questi semplici, chiari, realistici concetti basilari.

Il padronato ha tutto l’interesse invece a creare confusione, in modo che il lavoratore non capisca come  funzioni la società capitalistica e arrivi alla sua emancipazione e poter così  lottare per spezzare le sue catene per giungere  alla sua liberazione.

E per ottenere questa confusione politica i ricchi si fanno aiutare da politici, giornalisti, economisti, intellettuali, professori, preti, ecc.

Molto strano che queste persone, che si definiscono di grande e alta cultura e onestà, si definiscono al di sopra delle parti, non riescano  nei loro studi, nelle loro ricerche a vedere e trovare cose sul funzionamento della società capitalistica che invece migliaia e migliaia di attivisti normali operai marxisti, lavoratori dipendenti, con impegno, con ricerca e approfondimento riescono a trovare. Si, molto strano!

 



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