SCONTRO BORGHESE TRA PARTITI DELL’ESTABLISHMENT E PARTITI DI PROTESTA

ELEZIONI EUROPEE :

PREVISTO AVANZAMENTO PARTITI POPULISTI EUROSCETTICI E RAZZISTI

LA PROTESTA SI ESPANDE IN EUROPA?

 

 

 

Tutti i sondaggi di previsione sono concordi: alle prossime elezioni europee i “populisti saranno in forte crescita” mentre si registrerà una “considerevole crisi dei partiti tradizionali”. Detto in parole semplici, ci sarà un incremento dei partiti protestatari euroscettici sia di dx razzisti, ma anche euroscettici di sx e di centro, mentre si registrerà una regressione dei partiti governativi tradizionali dell’establishment filo Unione Europea.  

Se questo aumento dei partiti euroscettici a Bruxelles raggiungerà la maggioranza, sostengono i populisti, essi potranno contrastare la politica dell’unione finanziaria europea che le grandi banche e industrie europee tutt’ora stanno conducendo e che i partiti tradizionali fino ad adesso si sono incaricati di prendere in carico. Addirittura alcuni commentatori politici si sbilanciano nel dire che se ciò avverrà sarà “la più grande trasformazione politica che l’Europa dal dopoguerra abbia mai conosciuto”. A nostro avviso questo non sarà un cambiamento così “epocale” come citato, ma certamente sarà acclamato come notevole “trasformazione” dalla stampa borghese.   

A guidare questa “trasformazione euroscettica” i populisti pongono in prima fila gli italiani della Lega e M.5 Stelle al governo in Italia, che assieme agli euroscettici di dx francesi guidati dalla Le Pen e quelli di sx di Melanchon, agli spagnoli di Podemos, gli olandesi del PVV di Geert Wilders, ai tedeschi di dx dell’AfD e centristi dei Grùnen, ai greci di Tsipras e ai popolari austriaci dell’Övp, daranno l’assalto al parlamento europeo di Strasburgo.

Ciò che accomuna tutti questi partiti eterogenei molti diversi tra loro, come noto è l’aspra critica all’Unione Europea. Le misure e le leggi emanate in quest’ultimo decennio dalla UE e poi recepite e diffuse dai vari governi europei hanno colpito duramente i giovani, i lavoratori, le famiglie proletarie e gli anziani, favorendo invece dall’altra parte smisuratamente i ricchi proprietari europei, i banchieri, gli impresari. E le reazioni contro queste misure hanno cominciato ad emergere prepotentemente,con i duri scioperi francesi, le proteste greche, i populisti euroscettici al governo in Italia e Austria. E sono appunto questi partiti critici populisti che si sono presi il compito di rappresentarne la protesta parlamentare.

Molti pensano che i partiti razzisti di dx come i francesi della Le Pen, la Lega in Italia, L’AfD in Germania, il PVV in Olanda o l’Övp in Austria prendano i voti solo dallo loro politica contro gli immigrati. Non è proprio così, questo è vero solo in parte. In realtà oltre che essere partiti razzisti, sono anche partiti fortemente avversi alla UE e molti lavoratori e giovani penalizzati dalle misure europee vedono in queste organizzazioni un argine di difesa ai loro interessi e perciò anche per questi motivi li votano. Al momento in cui scriviamo (metà aprile) è difficile dire quanto sarà effettivamente la rabbia e la protesta che bolle e che poi si esprimerà col voto europeo di fine maggio.  

Di sicuro è che noi marxisti, rivoluzionari, siamo certamente dalla parte delle giuste e legittime proteste della classe lavoratrice sfruttata e contro le misure UE e lottiamo per questo. Siamo però di certo convinti che i partiti euroscettici populisti che questa protesta col voto raccolgono, siano partiti opportunisti e trasformisti. Vale a dire chiaramente che sono organizzazioni borghesi del sistema, che lo accettano con tutti i compromessi, le porcherie e gli inganni che la società borghese richiede, e  sono sempre pronti a rinunciare a quello che hanno ottenuto, come la storia ci insegna.

 

Votando questi partiti protestatari i lavoratori pensano di trovare una soluzione ai loro problemi. Ma si dovranno presto ricredere (come sempre). L’esperienza insegna che sono solo le dure, continue e grandi lotte (questa volta a livello continentale europeo) con scioperi e manifestazioni sindacali che possono fermare i capitalisti e portare risultati concreti a favore dei salariati. I partiti opportunisti populisti dalle mille giravolte alla fine si sono sempre adeguati e schierati a fianco del sistema, di cui fanno parte.


 

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-COSA ACCADE DIETRO LE QUINTE NELLO SCONTRO TRA BORGHESIE-

HUAWEI, NORD STREAM 2, NATO, SPESA MILITARE 

LA BORGHESIA TEDESCA SOTTO RICATTO TRUMP

PRESSING CONTINUO AMERICANO SULLA GERMANIA PERCHE’ SI STACCHI DA RUSSIA E CINA. 

OVVIAMENTE TUTTO QUESTO NON HA NIENTE A CHE FARE CON I LAVORATORI

“Poi incassiamo soldi dalla Mercedes e BMW”

 

Nell’estate dell’anno scorso abbiamo assistito allo scontro di Trump contro la Germania dove il presidente furioso minacciava di alzare i dazi doganali in America sulle importazioni dell’acciaio e delle auto tedesche. Il fine delle intimidazioni Usa era costringere e ottenere dal governo dell’imperialismo di Berlino tutta una serie di richieste. In primis che la Germania pagasse per intero le quote tedesche per le spese militari NATO (con relativi arretrati) cosa che Berlino da molto tempo paga solo in parte. Poi che la Große Koalition aumentasse la quota delle sua spesa militare nazionale dall’attuale 1,2% al 2% del Pil. Il presidente americano pretendeva poi con forza che la Germania e la UE lo seguissero nelle sue ritorsioni contro l’Iran con le note forti sanzioni. Un Iran dove anche l’imperialismo tedesco ha diversi interessi e che se avesse seguito gli Usa nelle sanzioni questi interessi sarebbero stati inevitabilmente compromessi.         

La prima reazione del governo della borghesia tedesca e della UE intera è stata di tentare di opporsi al forte diktat del presidente Usa, sia sugli aumenti della spesa militare che sulle sanzioni contro l’Iran (ovviamente per salvaguardare gli affari che i paesi UE hanno nel paese arabo). Ma in seguito, constatando che se Trump avesse veramente attuato l’aumento dei dazi sulle merci europee in America (e chissà quant’altro ancora) questo avrebbe provocato enormi danni alle imprese e agli affaristi europei, la Große Koalition e la UE insieme, hanno ceduto al pressing americano e eseguito ciò che Trump pretendeva.  

E’ stato così che sotto il ricatto dell’innalzamento dei dazi in Usa, per il governo borghese della Grosse Koalition è iniziato un cedimento dopo l’altro alle pressioni di Trump. 

E’ ovvio che tutto questo non ha assolutamente niente a che fare con gli interessi dei lavoratori, riguarda solo la lotta tra imperialismi per la spartizione delle varie quote dei grossi affari capitalisti tra le multinazionali e banche mondiali. I lavoratori ovviamente in queste faccende non hanno alcun ruolo, e com’è evidente, a loro tutto viene imposto.     

Quindi la Große Koalition sulla questione quote Nato, come sull’aumento considerevole della propria spesa militare, ha dovuto cedere e sottostare all’imposizione americana. La stampa riporta come solo per il 2019 il governo tedesco abbia programmato (sotto pressione Trump) per la prima volta dal dopoguerra un incremento di spesa militare del 12% - un record per l’imperialismo tedesco - incremento che poi ovviamente proseguirà, anno dopo anno.       

Anche sulla questione Iran la Große Koalition ha dovuto abbassare la testa ed accettare la volontà Usa. Come risaputo, con molto clamore l’anno scorso Trump ha unilateralmente disdetto “l’accordo sul nucleare” con l’Iran siglato in precedenza nel 2015 da Obama. Ma Trump non si è limitato solo a questo, ha preteso poi, usando sempre lo strumento del ricatto dei dazi, che anche gli alleati europei lo seguissero nel disdire a loro volta l’accordo con il paese arabo e ne interrompessero i rapporti commerciali. Dopo una prima debole resistenza UE, le multinazionali europee sono state costrette a sospendere ogni affare commerciale con il paese arabo, perché in caso contrario non avrebbero più avuto il permesso da Trump di proseguire i loro lucrosi affari che già hanno in America con perdite notevoli di interessi. L’effetto è stato che grandi ditte tedesche come Siemens, Daimler, ecc, (e molte altre ditte europee) hanno dovuto lasciare l’Iran.   

E’ ovvio a questo punto che Trump con lo strumento del ricatto riesce a costringere tutti i governi europei a sottostare a tutte le sue imposizioni. E adesso Trump ha esteso lo scontro contro “i nemici” russi e cinesi anche su  altri settori dell’economia.     

Come LA QUESTIONE HUAWEI –  Nel suo intento di contrastare e isolare l’imperialismo cinese, dopo i noti dazi contro Pechino, il presidente americano ha intrapreso anche una battaglia nel settore telefonico contro il colosso cinese Huawei. Il pretesto della battaglia (com’è norma nel capitalismo giustificare un attacco) è l’accusa alla multinazionale cinese di svolgere attività di spionaggio (attraverso il cellulare Huawei di rubare alta tecnologia agli Usa). Stando agli specialisti il vero scopo invece di questa mossa sarebbe il tentativo da parte Usa di arrivare ad escludere il colosso cinese Huawei in America e Europa dalla futura nuova rete telefonica 5G (5° Generazione) che sostituirà sul pianeta l’attuale 4G (4° Generazione), un affare mastodontico per le imprese del settore. Trump pretende che anche l’Europa lo segua e accetti la sua decisione. Al momento la Merkel sembra non acconsentire all’ingiunzione Usa, ma la sua posizione rimane molto altalenante (per es. nei primi mesi dell’anno la Merkel si è espressa - per via dello spionaggio - scettica nel permettere a Huawei di accedere alla rete 5G in Germania, e di pensarne, in linea con Trump, ad una sua esclusione. Ma adesso, fine marzo e aprile, sembra averci ripensato e di ritenere utile per gli interessi europei la rete 5G cinese).     

DISPUTA NORD STREAM 2 – Anche sulla realizzazione del nuovo gasdotto russo Nord Stream 2 lo scontro Germania-Trump è notevole. Il Nord Stream 2 è il nuovo lungo impianto che deve portare il gas dalla Russia alla Germania. Si aggiunge allo Stream 1 russo già esistente e operante. Il Nord Stream 2 Trump non lo vuole, assolutamente no. Nel suo obiettivo di isolare anche il concorrente Russia pretende che la Grosse Koalition lo abbandoni (attualmente è in fase di costruzione) e che Berlino si rifornisca di gas dall’America, anche se il gas americano costa molto di più di quello russo.   

In questo caso il motivo della dura opposizione Trump al Nord Stream 2 russo è che la Germania approvvigionandosi ancor più di gas dalla Russia (come detto, già lo fa con lo Stream 1) ne diventerebbe “sempre più dipendente e quindi ancor più ricattabile da parte di Mosca”. Il governo di Berlino sostiene invece di non vedere questo “pericolo”, ribadendo la “sua indipendenza nelle scelte in un progetto che è squisitamente economico”. Attualmente la Merkel sembra aver convinto tutti gli europei della validità di accettare il nuovo gasdotto russo e di sostenerla. Ma si attende la replica di Trump che probabilmente userà ancora una volta il ricatto dell’aumento dei dazi per costringere gli alleati alle sue scelte politiche.   

Ai nostri occhi di persone comuni, di proletari, tutte queste dispute sembrano assurdità, illogicità. Sono invece normalità nel mondo capitalista. Per determinare gli equilibri e i fronti di lotta (e di guadagno) internazionali tra i colossi borghesi.   

CONTRASTI TRA BORGHESIA EUROPEA E AMERICANA-

ACCORDO MERKEL - MACRON

SU ESERCITO EUROPEO: DOVRANNO POI FARE

I CONTI CON TRUMP

LA BORGHESIA EUROPEA TENTA DI ARMARSI AUTONOMAMENTE. NEL VERTICE DI AQUISGRANA SIGLATA INTESA TRA FRANCIA E GERMANIA SU PUNTI COME: ESERCITO EUROPEO, MAGGIORE INTEGRAZIONE ECONOMICA EU, RICHIESTA SEGGIO ONU PER GERMANIA, INDIPENDENZA ESPORTAZIONI ARMI. 

 

In novembre dello scorso anno, all’affermazione di Merkel davanti al parlamento di Strasburgo di voler “costituire un esercito europeo” autonomo, Trump infuriato rispondeva dall’America che era meglio che gli europei “pagassero per intero le loro quote NATO” invece che pensare a queste cose. Trump contro l’esercito europeo” mette in chiaro (così come tanti altri giornali) la rivista Merkur.de il 12 febbraio. Non è solo Trump che è contro l’esercito europeo, affermiamo noi, ma anche tutti i presidenti americani suoi predecessori lo sono sempre stati. Per il fatto che nelle sporche guerre tra capitalisti che di continuo sconquassano questa società l’imperialismo tedesco ha perso la 2° guerra mondiale e da allora gli americani vincitori hanno imposto ai perdenti la loro NATO, ossia un esercito sovranazionale da loro diretto, al quale anche le borghesie sconfitte come Germania e Giappone devono sottostare ed eventualmente, con beneplacito Usa, servirsene.  

 

Angela Merkel esige l’esercito europeo – ma ottiene risposta negativa da Trump

 

Allora perché questo vertice di Aquisgrana tra Germania e Francia, dichiarato “storico”, con rivendicazioni da parte dei due presidenti Merkel e Macron di un “Esercito europeo” svincolato dalla NATO, unito ad altre dichiarazioni di “più autonomia europea”, ecc?

In realtà le altisonanti affermazioni di autonomia militare hanno preso velocità in Europa negli ultimi tempi da quando Trump, dopo la sua elezione, ha cominciato ad imporre alle borghesie europee sue alleate, i suoi diktat per coinvolgerle contro Iran, Russia e Cina. E’ da allora che i governi tedesco e francese, entrati in fibrillazione, hanno cominciato con forza a rivendicare la propria autonomia militare. Perché da questi diktat americani le multinazionali europee ne saranno fortemente danneggiate e perderanno molti affari (e quindi molti soldi) e perciò si oppongono.   

Quindi nello scontro tra borghesie la reazione, la risposta europea è stata proprio l’organizzare in gennaio questo vertice tra Merkel e Macron per controbattere a Trump. Per cercare di dare uno strappo alla situazione di sottomissione militare agli Usa e impostare un processo autonomo e comune tra i due imperialismi europei. Con l’obiettivo poi, come sempre, di farsi seguire anche dalle altre borghesie europee.          

In verità è la prima volta nella storia del continente che viene espressa così chiaramente la volontà di un “esercito europeo unito”, tema principale del Vertice. Volendo esplicitare concretamente cosa significhi questa “autonomia militare europea”, detto in parole semplici sarebbe: gli imperialisti europei vogliono essere automi nelle loro decisioni di far guerre, di compiere disastri e massacri per i propri interessi in giro per il mondo, non volendo, com’è tutt’ora, essere condizionati e diretti dagli americani.  

Il vertice naturalmente, oltre al tema militare, ha trattato anche altre questioni importanti per le borghesie europee, come “una maggiore integrazione, sia economica, che a livello di scambio di funzionari a livello intergovernativo”, “rendere la legislazione delle imprese più unitaria”, “più collaborazione”, “più appoggio reciproco”, ecc. [da notare: nessun accenno al miglioramento europeo dei salari, delle pensioni, a meno precarietà giovanile europea, meno tasse sugli stipendi, e così via]. 

Vi è stata l’intesa anche sull’argomento di una “maggiore indipendenza europea nell’esportazione di armi”, come a sottolineare che anche in questo campo non si vuol più essere condizionati dagli americani, ma “indipendenti”. Sconcertante per noi proletari questa affermazione di “libertà di esportazione di armi”, che suona così ipocrita in bocca a governi che si dichiarano baluardi della “pace”, della “democrazia”, “della civiltà” ecc. [ in realtà i dati dicono che gli imperialismi tedesco e francese, assetati di guadagni, sono già in vetta nella classifica mondiale di vendita di armamenti (cosa tenuta alquanto in ombra)].

Altro elemento di scontro europeo con gli Usa è stata la richiesta congiunta tedesca-francese di un seggio permanente tedesco all’ONU. Organismo il cui assetto politico rispecchia ancora lo schema uscito dalla 2° guerra mondiale.

Alcuni commentatori (borghesi) ritengono di vedere in questo accordo di Aquisgrana un risultato piuttosto “blando”, “debole” per l’Europa. In quanto Francia e Germania “potevano fare di più”, soprattutto a livello di integrazione politica europea. Intendendo come Macron e Merkel avrebbero potuto decidere per un maggior slancio europeo soprattutto in politica estera, oggi ritenuta piuttosto retorica. E di porre all’ONU anche la richiesta di un seggio Unico Europeo anziché solo per la Germania.

Come reagirà il collerico presidente dell’imperialismo americano Trump a fronte di queste decisioni europee? … E’ attesa la sua risposta.

Queste sono tematiche che riguardano ovviamente gli interessi dei capitalisti, è chiaro.  

Noi invece come lavoratori e studenti, come proletari, come classe contrapposta a quella degli sfruttatori e dei guerrafondai, in Europa dobbiamo lottare uniti e determinati sui nostri interessi di classe: contro il lavoro precario e per più salario, meno sfruttamento, e per l’indipendenza politica della nostra classe stessa.


 

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ELEZIONI EUROPEE:

PROMESSE ELETTORALI

CDU E SPD,  PER FERMARE

LA CRESCENTE PROTESTA  POPULISTA

E’ NOTO, LE PROMESSE ELETTORALI SERVONO PER VINCERE LE ELEZIONI, NON PER ESSERE MANTENUTE.

 

Ecco, è ripartita la campagna elettorale, ed è ripartita come sempre la solita fase delle promesse, delle critiche al sistema, delle reciproche accuse tra partiti, ecc. LA SOLITA SCENEGGIATA quindi. All’arrivo delle elezioni è proprio prassi che tutti i politici si scaglino contro gli altri partiti, per poi a elezioni passate, a messinscena finita, smettere e ritornare tutto a come prima. L’attuale tornata elettorale sulle europee non può che rispecchiare quindi il consueto schema.  

E il tema caratterizzante oggi tutte le elezioni in Europa ovviamente non può che essere anche in Germania il tema infuocato “dell’immigrazione”, la questione che avvampa tutto l’attuale scontro sociale europeo. La causa del fenomeno migranti è noto, sono i forti spostamenti di popolazioni dovuti alle guerre e le situazioni di povertà presenti sul pianeta. E in fase elettorale il calcolo politico opportunista per ogni partito è schierarsi da una parte o dall’altra per accaparrarsi i voti di chi tra la popolazione ha paura del fenomeno immigrati o chi invece ne vorrebbe l’accettazione e l’integrazione.

Anche la questione pro o contro l’Europa è uno dei fattori tuonanti nell’attuale tornata elettorale. Con uno scontro senza precedenti. Visto la preannunciata avanzata degli euroscettici al parlamento di Strasburgo.  

La CDU-CSU sotto l’incubo della probabile esplosione dei contestatari chiarisce subito che sul tema immigrazione la sua politica sarà  “il giusto bilanciamento tra umanità e ordine, con centri di transito, hotspots in Africa, standard di asilo europeo unificati, e molto di più” (Sputnik 25.3.2019). Per quanto riguarda la posizione sull’Europa è Manfred Weber che per  tutto il partito CDU-CSU precisa: “Entro il 2030 vogliamo avere l’esercito europeo e adesso iniziamo con la difesa cybernetica. Vogliamo togliere  l’unanimità [al parlamento europeo n.d.r.] in politica estera, per es. per quanto riguarda la Cina, e arrivare al principio della maggioranza. Questi sono i pilastri per proseguire sullo sviluppo europeo” (Sputnik, ibidem). Nello stesso articolo Weber dopo aver ribadito che la CDU-CSU vuol “diventare in Germania con distanza il più forte partito” sottolinea con forza: “Vogliamo dirigere l’Europa. Vogliamo costruire l’Europa”. Queste le posizioni elettorali CDU-CSU.

L’SPD nel suo sito ufficiale internet a caratteri cubitali posta invece il suo slogan elettorale: “Uniamoci! E facciamo l’Europa forte!”. Questo dovrebbe avvenire, secondo gli opportunisti dell’SPD, attraverso maggiori investimenti nelle “infrastrutture, così possiamo abbattere le differenze”, e che “le grandi multinazionali paghino le tasse. Questo riguarda tra le altre anche Amazon, Facebook e Co.” Altro tema importante per l’SPD è che “il clima e l’Ambiente non possono avere nessun limite”. Poi arrivano i discorsi sulla “pace”,sull’incentivare i “talenti nei concorsi”, e così via. Per queste elezioni europee, nel suo sito ufficiale l’SPD stranamente nel programma non affronta il bollente tema degli immigrati, ma siamo sicuri che nei comizi il tema troverà ampi spazi di dibattito e scontro.   

Per i Grünen (i Verdi) che in questa elezione sono i favoriti ed è previsto un balzo in avanti, l’Europa dovrà essere naturalmente “Ecologica, democratica e sociale”. La loro posizione sugli immigrati (dal loro sito ufficiale) è: “Vogliamo che vengano puniti i commenti di odio messi in internet. Così che le morti nel Mediterraneo finiscano, creiamo vie legali per i fuggiaschi e stabiliamo una legge per gli immigrati”.  

Tutte queste posizioni a favore dell’Europa dovranno naturalmente poi scontrarsi contro la forte ondata di protesta euroscettica che sta investendo l’intera Europa, dall’Italia alla Francia, dalla Spagna alla Grecia, e che sicuramente in qualche misura influenzerà anche l’opulenta Germania.

Ed è appunto contro tutte queste posizioni europeiste che si schiera la xenofoba AfD. Nel suo protestatario programma propone (sempre dal sito ufficiale AfD) contro una forte Europa unita, “Un’Europa delle Nazioni” con “Una riforma dell’Unione Europea” stessa, dove si rigetta una EU senza confini tra le nazioni aderenti e non si vuole un “proprio governo” che legifera unitamente, ma si auspica invece che “gli stati devono essere sovrani” e si prevede perfino la “DEXIT”, cioè “L’uscita [della Germania n.d.r.] come ultima opzione”.   

Queste in sostanza le posizioni dei principali partiti su “Europa” e “immigrazione”.

Ma naturalmente anche altre tematiche sono presenti nel dibattito elettorale.

Qui i partiti si azzuffano facendo finta di scontrarsi sulla cosiddetta  “riforma dello stato sociale”, nelle tematiche principali dell’Hartz IV con chi propone eventuali modifiche e chi invece lo vuole come l’attuale, la questione dei “Jobcenter per stabilire chi tra i partiti ne propone il miglior funzionamento, poi il salario minimo,  e altro ancora.

Da come gli argomenti vengono presentati si capisce chiaramente che i partiti si erano messi d’accordo già da

prima sui temi sociali interni su cui polemizzare. Avrebbero potuto per es. come successo in altre occasioni    elettorali, darsi battaglia (sempre in sceneggiata, naturalmente) sulla corruzione o l‘inefficienza statale, sul problema del prezzo degli affitti o sugli armamenti o gli interventi armati all’estero, sulla spesa militare o l’esercito europeo, sul rapporto con Trump o con  gli affari con la  Cina emergente, ecc, ecc. Invece no, in questa tornata elettorale europea i temi scelti su cui tutti (ma proprio tutti) i partiti litigano sono quelli descritti.

Vogliamo entrare brevemente nello specifico per evidenziare le diverse posizioni.

SPD: “Pagamenti” (Bürgergeld): in sostanza i socialdemocratici sostengono che il sussidio dell’Hartz IV deve essere prolungato fino a 3 anni e che i giovani e le persone sopra 58 anni su questo istituto devono venir meno sanzionati ed essere più agevolati. In più devono essere aumentati gli incentivi per chi si vuole riqualificare. “Assicurazione di base per i bambini” (Kindergrundsicherung): devono essere facilitati tutti i pagamenti riguardanti in varie forme il sostentamento dei bambini. “L’ufficio a casa” (Homeoffice):agevolare e aiutare il lavoro digitale fatto a casa e renderlo ufficiale per legge. Infine la “Limitazione delle ore straordinarie” (Zeitkonten).

CDU: i Cristiani Democratici rispondono proponendo con Whittaker che venga promosso un “pacchetto di misure” (Maßnahmenbündel) in modo che i disoccupati possano trovare velocemente un posto di lavoro senza modificare l’Hartz IV. La “qualificazione” deve venir rafforzata e i nei “Jobcenter” i responsabili devono avere meno assistiti da seguire così da essere più efficienti.

FDP: il dirigente del partito Christian Lindner si impegna invece contro la “povertà degli anziani”(Altersarmut) in particolare contro le ingiuste “pensioni minime” (Grundrente). Poi si esprime per una “modernizzazione” delle sicurezze dei disoccupati (Grundsicherung für Arbeitslose) e prospetta che “i sussidi sociali” (Sozialleistungen) siano aumentati.

E’ evidente, com’è prassi, grandi parole e grandi promesse opportuniste, studiate a tavolino solo per raccogliere più voti possibile. Se si pensa poi che la cifra di spesa che verrebbe erogata per i miglioramenti sociali promessi (sempre che poi vengano mantenuti) non è niente in confronto alle enormi somme che la grande finanza e grande industria tedesca ogni anno guadagna (cioè che son meno di “briciole” per i lavoratori) si capisce bene la messinscena dove in realtà tutto il guadagno nazionale rimane come sempre nelle tasche dei grandi imprenditori e banchieri e per i salariati niente.

Ma i partiti tradizionali per la prima volta dovranno fare i conti con il forte malcontento che sta emergendo in tutta Europa contro l’l’Unione Europea per le misure contro i lavoratori che da sempre emana. Vedremo che segnale ne uscirà.

 

LA FARSA DELLE ELEZIONI SERVE QUINDI AI PARTITI BORGHESI per creare nebbia, creare confusione tra le file dei proletari in modo che non capiscano come funziona la realtà. Il compito dei marxisti invece è chiarire questi trucchi dei borghesi e lottare per una società superiore. 


 

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- LE GUERRE INFINITE DEL CAPITALISMO-

ANCHE IN LIBIA MASSACRI E SPARTIZIONE, VOLUTO DALLE POTENZE “CIVILI-AVANZATE”

GLI IMPERIALISMI ITALIANO E FRANCESE SOSTENGONO LE OPPOSTE

FAZIONI IN GUERRA PER IL CONTROLLO DEL PETROLIO LIBICO

 

 

 

L’abbattimento del dittatore Muammar Gheddafi in Libia non ha prodotto quella decantata “democrazia” che tanto si voleva far credere. Ne è sorta invece (come sempre) una interminabile e sanguinosa guerra civile, fomentata, voluta e guidata dalle potenze “civili avanzate” europee per mero interesse, nella loro reciproca lotta per assicurarsi le quote di petrolio e gas che il territorio libico produce.

Nello scontro tra predoni imperialisti è la Francia in questo caso che nel 2011 ha visto l’occasione nella soppressione del rais Gheddafi di spodestare gli italiani già presenti nel paese per introdurre i propri interessi, sfruttando l’onda delle proteste e le rivolte di quelle che sono state poi chiamate “le primavere arabe”. L’obbiettivo francese è prendere sotto il proprio controllo i lucrosi giacimenti di petrolio e gas delle regioni della Tripolitania e della Cirenaica, zone sotto controllo essenzialmente delle aziende dell’imperialismo italiano. E questo è stato il motivo (mascherato dal condurre una lotta contro la feroce dittatura del rais libico) dell’intervento militare nel 2011 diretto dai francesi con compartecipazione inglese e americana. 

Durante le proteste popolari, prima dell’intervento militare stesso, i francesi con la scusa di abbattere il dittatore libico, avevano già pianificato e poi costituito in Libia un fronte armato di svariate milizie etniche locali (che in seguito prenderanno il nome di LNA – Esercito Nazionale Libico) con il preciso scopo (adesso è chiaro) di conquistare tutto il territorio libico.   

La reazione degli italiani per fermare i francesi è stata di costituire all’inizio del 2016 un governo di unità nazionale con a capo il premier Serraj con sede a Tripoli, sostenuto da forti milizie locali (la Settima Brigata e la Brigata di Misurata) il tutto sotto l’egidia dell’Onu e l’approvazione delle forze internazionali. Ma l’operazione non ha avuto il successo voluto. Un certo generale Haftar (adesso molto popolare) sostenuto dai francesi e dall’Egitto e leader delle milizie raccolte intorno alla citata LNA si è rifiutato di accogliere il nuovo esecutivo, costituendo invece nella parte orientale della Libia un altro governo con sede a Tobruk in contrapposizione a quello di Serraj, dividendo praticamente il paese in due.

E’ in questo periodo -fine 2016- che si presenta, con il pretesto di combattere i terroristi dell’Isis, anche l’intromissione dell’imperialismo russo con il suo presidente Putin, che si schiera dalla parte del generale ribelle Haftar.

Con l’appoggio adesso anche dei russi, il generale dissidente di Tobruk può prendere nuovo slancio e con diversi pretesti cominciare la sua espansione verso ovest nel territorio controllato dai filogovernativi di Tripoli di Sarraj. In contemporanea ad altri attacchi militari pianificati congiunti, Haftar da una parte avanza dall’est verso Ovest, mentre altre milizie ribelli dirette dall’ex leader Khalifa Ghwell cominciano ad combattere invece in alcuni quartieri della capitale stessa Tripoli come diversivo. Il risultato è una ulteriore dilatazione delle milizie haftariane sul territorio libico.   

ISIS E’ nel 2014 che in Libia compare anche lo Stato Islamico, occupando le città di Derna e Sirte sulla costa libica. Ma l’iniziativa congiunta contro di esso di tutte le forze di guerra occidentali in campo  (bombardamenti americani compresi) fa si che i militanti dell’Isis siano velocemente sconfitti.  

Attualmente la situazione (metà aprile) vede il generale ribelle filo francese-russo Haftar arrivato nella sua espansione alle porte della capitale Tripoli combattere per conquistare la capitale stessa e accaparrarsi e annettersi così tutto il paese. Nella sua operazione è sostenuto segretamente, oltre che dall’Egitto, dalla Russia che ha bloccato una risoluzione ONU contro Haftar, e dalla Francia che a sua volta ha arrestato una condanna dell’Unione Europea contro di lui. Di contro però il ribelle Haftar ha l’Unione Europea stessa, l’ONU e gli Usa che sostengono apertamente il governo Serraj. Mentre i combattimenti intorno a Tripoli stanno attualmente infuriando, le diplomazie sono all’opera per trovare una soluzione alla diaspora libica, per cui al momento la situazione rimane tutta aperta. Ma la situazione si potrebbe complicare in quanto diverse fonti riportano la presenza diretta di soldati francesi nell’esercito di Haftar durante la recente conquista della città di Garian vicina alla capitale.

Il caso ha voluto che anche un paio d’anni fa trovasse eclatante conferma come l’esercito francese fosse direttamente coinvolto nella guerra a sostegno del generale dissidente, allorchè vicino a Bengasi un elicottero delle milizie di Haftar è stato abbattuto e 3 soldati francesi vi hanno perso la vita. A questo punto Parigi ha dovuto ammettere pubblicamente l’ingerenza .

I giornali riportano anche come il governo francese non si lasci scappare occasione per cercare di strappare all’Italia i contratti di estrazione del greggio e come Parigi abbia già tentato 2 volte, dopo la caduta del rais Gheddafi, di far togliere il permesso di estrazione del petrolio libico all’azienda italiana Eni che lo gestisce, per sostituirla con la propria francese Total. Ma fin’ora senza successo.  

E’ in questo situazione di scontro tra borghesie in Libia che l’anno scorso in novembre il governo italiano ha promosso un incontro tra tutte le parti in causa nella guerra civile libica. Ossia delle potenze internazionali più il presidente Serraj, il generale Haftar e i leader dei paesi arabi

 

vicini (Turchia, Egitto, Algeria, Tunisia) per trovare un accordo stabile (naturalmente con lo scopo di preservare gli interessi dell’imperialismo italiano). L’esito stando ai commentatori, non è stato così positivo come gli italiani speravano, visto che nessuna delle parti in causa ha preso impegni e nulla di scritto è stato concordato e visto l’attuale attacco dell’esercito di Haftar alla capitale Tripoli stessa.     

Analizzato in questa luce, anche noi pensiamo che la diaspora politica nata tra Italia e Francia, con la presa di posizione ufficiale a favore dei “gilet gialli” francesi più volte espressa dal Vicepresidente del Consiglio italiano Luigi di Maio contro il governo Macron e l’accusa alla Francia di “colonizzare” il nord Africa con la moneta FCFA  (franco delle colonie africane francesi) riportata con grande rilievo dai giornali italiani e francesi, non sia una mossa elettorale qualsiasi, ma possa essere interpretata e collegata come violenta risposta di rivalsa dell’imperialismo italiano contro la condotta aggressiva di Macron nella vicenda libica contro l’Italia.

Il capitalismo può offrire momenti di pace certo, ma per i capitalisti la guerra può essere un valido strumento per procedere sulla strada per più profitti.

Da sempre i marxisti affermano:

 

I CAPITALISTI NON POSSONO VIVERE SENZA GUERRA!


 

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 - CONTRO MADURO

- CONTRO GUAIDO’

CONTRO TUTTI I GOVERNI BORGHESI CHE SFRUTTANO LE MASSE PROLETARIE PER I PROPRI SPORCHI GIOCHI CAPITALISTI

  

 

4 febbr. 2019

Innanzi tutto lo scontro di Guaidò contro Maduro non è una battaglia sostenuta dai lavoratori che lottano per difendere i loro interessi come le televisioni vogliono far apparire mettendo in risalto le proteste, gli scontri, ecc. In realtà gli scontri e le proteste esistono già da molto tempo e solo adesso Guaidò le utilizza per motivi politici,  sfruttando il malcontento popolare - a cui in verità non interessa risolvere – per cercare di accaparrarsi la nazione.

Infatti nella lotta per conquistarsi o tenersi il Venezuela si fronteggiano addirittura due schieramenti capitalistici internazionali: da una parte il presidente Maduro al governo sostenuto dai militari venezuelani con appoggio di Russia (dove le tv russe mandano in onda i servizi delle manifestazioni pro Maduro) e Cina. Dall’altra l’oppositore Guaidò diretto e supportato da Usa e Europa (dove le tv mandano invece in onda le proteste contro Maduro). Le masse venezuelane vivono invece in una situazione dove una parte di essa beneficia un relativo benessere, e l’altra, composta da una massa di disagiati che da alcuni anni sono i protagonisti delle violente proteste contestatarie. 

Cosa ha creato una così catastrofica situazione in Venezuela? La spiegazione la si può certamente trovare nel saliscendi del prezzo del petrolio. Il Venezuela vive praticamente sulla vendita dell’oro nero, nel cui sottosuolo si stima esista il più grande bacino petrolifero al mondo e la cui economia ne dipende interamente.

Per capire la situazione d’oggi bisogna però risalire a Chàvez, ex presidente venezuelano populista antecedente Maduro. Chàvez era arrivato al governo del Venezuela nel 1999 quando il prezzo del petrolio stava salendo ed era addirittura arrivato poi a quota 120 dollari al barile. Con i notevoli proventi ricavati dalla vendita di esso aveva impostato il suo potere favorendo soprattutto il ceto militare, cooptando nel suo governo i generali più significativi delle forze armate. Assicurandosi così la fedeltà e la sicurezza dell’esercito al suo governo e mettendosi al riparo da eventuali colpi di stato. Poi una parte consistente dei proventi petroliferi l’ha rivolta per legarsi tutto l’apparato statale, e il resto ai contadini e alle varie categorie della popolazione attraverso varie forme di incentivi e sussidi vari.

Tutto è andato bene fino al 2015, allorchè Obama per interessi di politica internazionale (per piegare Iran e Russia) attraverso l’Arabia Saudita ha fatto crollare il prezzo del petrolio. Da questa data il Venezuela è precipitato in una crisi profonda. Il prezzo del greggio che prima era arrivato (come detto) anche a 120 dollari al barile, adesso crollato a 40 dollari ha prodotto come conseguenza il forte ribasso dei guadagni petroliferi. E’ da allora quindi che Nicolàs Maduro, figlioccio politico di Chàvez e che l’ha sostituito alla direzione del paese, non ha più le finanze sufficienti per sostenere il tenore sociale antecedente la crisi. 

In questo contesto di forte calo di entrate finanziarie la politica di Maduro è stata quella innanzi tutto di salvaguardare i privilegi dei militari, così da continuare a garantirsi la stabilità e proteggersi da eventuali reazioni militari. Poi sempre di salvaguardare gli stipendi dell’enorme apparato statale venezuelano in modo di averne il sostegno. Infine, il restante alla popolazione. Quindi in questa situazione di forte crisi una parte consistente di cittadini si è visto drasticamente diminuire il tenore di vita, e questa è quella parte di popolazione che da alcuni anni protesta duramente e che le cronache mostrano continuamente.

Oggi l’imperialismo americano ha deciso - per suoi interessi - di inserirsi in questa crisi venezuelana.  L’intervento di Trump a sostegno di Guaidò nasce dal fatto che la politica internazionale del presidente Usa è di attaccare frontalmente quelli che considera gli avversari-nemici dell’America: Iran, Russia, Cina, ecc. Attaccare non militarmente, ma politicamente ed economicamente: con l’Iran ha disdetto l’accordo sul nucleare e rintrodotto contro il paese dure sanzioni; contro la Russia ha rafforzato le sanzioni economiche penalizzanti; contro la Cina ha alzato notevolmente i dazi sulle merci cinesi importate in America con l’intento di creare problemi allo sviluppo del paese. Trump si è mosso poi anche contro la Turchia con sanzioni economiche, Turchia che è alleato Usa nella Nato, ma colpevole di spostarsi troppo sul fronte opposto Russia-Cina.   

E adesso per Trump è arrivato il turno anche del Venezuela. Il presidente Maduro è accusato di stringere legami sempre più stretti con lo schieramento filo russo-cinese avverso, e di incrementare con questi paesi sempre più i rapporti commerciali-politici-militari. Nella vendita del petrolio venezuelano Maduro poi ha ormai quasi escluso di usare come moneta commerciale il dollaro. Questo i ricchi americani non lo possono tollerare. Quindi Trump interviene. 

Per quanto riguarda le posizioni di scontro interno al Venezuela Maduro è il presidente eletto, mentre il parlamento è in mano alle opposizioni. Ed è appunto Guaidò, oppositore di Maduro, il presidente del parlamento. Quindi il contesto interno politico risulta di forte instabilità. 

Sostenendo l’oppositore Guaidò lo scopo Usa è estromettere Maduro dal potere e togliere quindi il Venezuela dallo schieramento Russia, Cina, Iran, ecc. per spostarlo con il fedele Guaidò su Usa-Europa. Certamente il fine non è quello di aiutare le masse affamate, già messe in miseria da Maduro, come le tv vogliono far credere. 

In questa diaspora borghese, Maduro come presidente, attaccato dal fronte Guaidò-Usa,                                                                       …. segue  →

 

si sente però molto forte e sicuro, perché può contare sul sostegno delle forze armate venezuelane, i cui vertici di generali, come già accennato, siedono copiosi nel suo governo. E’ per questo motivo che Guaidò con Usa-Europa cercano di spodestarlo non militarmente, ma attraverso nuove elezioni anticipate, cosa che Maduro naturalmente rifiuta.

La domanda quindi che ci si pone è: se Trump sa che Maduro è sostenuto dai militari e quindi non c’è nessuna possibilità di sfruttare colpi di stato per spodestarlo, se sa che le elezioni anticipate non sono possibili perchè Maduro le rifiuta, in più, possiamo noi aggiungere, se è chiaro che della sorte delle masse che protestano nessuno ne è veramente interessato e sono solo pretesti, per quale motivo Trump ha fomentato tutto questo caos venezuelano che non ha via d’uscita?

Nello sporco gioco borghese una ipotetica risposta potrebbe risiedere: la provocazione di Guaidò di autoeleggersi presidente, aggiunto alle forti proteste di massa, potrebbe provocare una reazione dell’esercito filo Maduro causando un bagno di sangue tra gli oppositori. Quindi Trump troverebbe in questo il motivo, il pretesto, si sentirebbe autorizzato internazionalmente a intervenire militarmente per “difendere la democrazia”, “la libertà”, ecc. del popolo venezuelano e rovesciare Maduro.

Ma anche in questa ipotesi sorgerebbe per gli Usa un problema di non poco conto: dietro a Maduro a suo sostegno ci sono i russi di quella volpe di Putin. I quali potrebbero (con la scusa di difendere i propri interessi in Venezuela) altrettanto intervenire  militarmente a favore di Maduro contro gli americani se questo da loro venisse attaccato. Se questo accadesse la crisi venezuelana si trasformerebbe in un catastrofe con conseguenze imprevedibili, perciò non molto conveniente per Trump.

Quindi da una visuale borghese non si capisce come mai Trump si sia infilato nel vespaio venezuelano. Forse come diversivo per motivi politici interni in America?

O come diversivo per ottenere qualcos’altro dai russi o cinesi in altre parti del pianeta? Difficile dire. Forse il tempo ci potrà dirà qualcosa, come spesso accade.

Sicuro è che in queste tragiche situazioni è la classe lavoratrice che ne viene coinvolta, trascinata e utilizzata in disastri e interessi che non la riguardano. Ed è quella poi che ne paga le forti e tragiche conseguenze. Quindi come sempre con decisione:

 

  CONTRO MADURO E CONTRO GUIDO’

CONTRO TUTTI I GOVERNI DELLA BORGHESIA !


 

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“Ma che cos’è in realtà l’Europa?”

 

Europa:  unione  delle borghesie europee.

L’Unione Europea viene presentata come l’unione dei popoli europei: niente di più falso.

L’Unione europea è la necessità dei padronati europei di unirsi tra di loro per tener testa alla concorrenza di altre grandi potenti borghesie. Nel ’51 quando in Europa si forma la “CECA”, cioè il trattato che istituisce “La Comunità europea del carbone e dell’acciaio” lo scopo del padronato europeo era di essere concorrenziale contro gli Stati Uniti. Nel frattempo le cose sono notevolmente cambiate ed oggi le borghesie europee si trovano di fronte anche altri giganti economici da battere: la Cina. E altre grandi imprenditorie si stanno profilando all’orizzonte: India, Brasile, Indonesia, ecc. 

In queste operazioni borghesi di unione (e scontro)  i lavoratori (che non hanno patria) ne vengono inevitabilmente trascinati, coinvolti: pro o contro. Ieri in ben 2 guerre mondiali di scontro, oggi per l’unione.

La fase di Unione Europea, dopo il trattato costitutivo di unione siglato a Maastricht 25 anni fa, è ancora in forte rallentamento e il suo compimento definitivo sembra essere ancora molto lontano.

Il motivo di questo non completamento EU è, a nostro avviso, perché la potente borghesia americana, che ha vinto la 2° guerra mondiale, non lo permette. Nello scontro tra potenti borghesie sul pianeta, in quello che si sta profilando il futuro scontro contro la potentissima borghesia cinese e i suoi alleati nei BRICS (Brasile, india, Russia e Sud Africa), il padronato americano ha sicuramente bisogno di alleati come gli europei e i giapponesi (già suoi alleati nella NATO).  Ma gli americani, a nostro avviso, nell’organizzandosi per il futuro scontro,  in questa alleanza con le borghesie europee e giapponese vogliono mantenere un ruolo dirigenziale, trainante, come già dal dopoguerra nella NATO hanno. E un’Unione Europea definitivamente unita, forte, con un proprio governo e un proprio esercito unito metterebbe sicuramente in discussione il ruolo di dirigenza/direzione Usa nella coalizione. Perciò la borghesia americana sta permettendo un’Unione Europea “debole”, con solo un’unione monetaria e finanziaria (che più di tanto non la disturba), ma senz’altro non permette (almeno per il momento) un’unione politica e tantomeno militare.

 

 

“Perché non votate, perchè siete astensionisti?”

 

Parlamento strumento della borghesia per il controllo sul proletariato. Astensionismo tattico.

La grande borghesia industriale e finanziaria, che è una piccolissima minoranza della popolazione, l’1%, ha l’enorme  problema di controllare la gran massa del proletariato, che in alcune nazioni arriva ad essere anche l’85% della popolazione attiva.

Per arrivare a questo enorme controllo ha bisogno di strumenti adeguati. I media, cioè i giornali e le tv e poi le scuole, le università, il clero, ecc. svolgono egregiamente questo compito. Ma lo strumento migliore, per eccellenza, viene svolto dal Parlamento.

Il parlamento serve al padronato per dare l’impressione al proletariato attraverso il voto, di poter decidere sulla conduzione della vita politica ed economica del paese, di aver un ruolo.

Il trucco, il gioco di prestigio dei ricchi nell’uso di questo strumento, consiste nel fatto di far votare il lavoratore facendolo scegliere su una vasta gamma di partiti dei quali il lavoratore conosce poco o crede di conoscere. Partiti che invece, chi direttamente chi indirettamente, nascostamente, lavorano per il padronato e fan finta di polemizzare tra di loro. Dopo il voto, per il fatto che i parlamentari rimangono in carica 4 o 5 anni e in questo periodo non possono più essere ritrattati, il lavoratore che li ha votati non è più in grado di controllarli e quindi i partiti, slegati da chi li ha votati, possono prendere qualsiasi decisione, seguendo le indicazioni e gli interessi dei ricchi imprenditori da cui direttamente o indirettamente dipendono.

Il  lavoratore che con il voto è convinto di essere stato determinante, in realtà non svolge nessun ruolo. Gli è stato buttato solo fumo sugli occhi per attirarlo in una scelta che con i suoi interessi nulla ha a che fare.

Si sta notando però che sempre più lavoratori istintivamente percepiscono questa discrepanza, questa inganno e come nei decenni il numero dei votanti stia sempre più calando.

Che posizione dobbiamo tenere come partito rivoluzionario di fronte a questo strumento sofisticato della borghesia?

Possiamo usarlo (oltre agli altri sistemi organizzativi di sviluppo del partito di cui disponiamo) entrando nel parlamento e sfruttarlo come ulteriore aiuto per lo sviluppo del partito, usandolo come “cassa di risonanza” per la diffusione delle idee comuniste? In altre parole, nella piena consapevolezza che con il parlamento il proletariato e il partito rivoluzionario non possono ottenere nulla,  lo si potrebbe però sfruttare come eco perché le idee comuniste possano raggiungere più lavoratori possibili, come fatto dai bolscevichi e dai socialdemocratici rivoluzionari tedeschi e come consigliato da Lenin nella 3° Internazionale.

Oppure usare l’astensionismo parlamentare?

Per noi la scelta dipende dalla situazione in cui ci si trova e si opera.

Ai tempi di Marx e dei suoi socialdemocratici e di Lenin e dei suoi bolscevichi i partiti rivoluzionari erano costretti alla clandestinità e oltre ai sistemi organizzativi interni propri per lo sviluppo del partito, l’aiuto dell’uso del parlamento borghese come “cassa di risonanza” poteva tornare molto utile per diffondere le idee comuniste in quei momenti di dura clandestinità.  

Ma al giorno d’oggi la situazione sotto questo aspetto è notevolmente cambiata e i partiti rivoluzionari, almeno nelle nostre nazioni, per il momento, non sono costretti alla clandestinità o semiclandestinità e lo sviluppo dei partiti rivoluzionari è tranquillamente possibile senza entrare nel parlamento e sfruttarlo.

Oggigiorno entrare in parlamento come partito rivoluzionario pone un grosso problema: essere in parlamento  e allo stesso tempo denunciarlo come efficace strumento della borghesia contro i proletari appare e rimane una forte contraddizione agli occhi del lavoratore. Una forte contraddizione che crea una notevole confusione nella testa di chi vuole capire, vuole unirsi a noi e combattere contro il capitalismo per una società superiore. Rimanere coerentemente al di fuori dello strumento borghese parlamentare diventa perciò, agli occhi di chi è contro il sistema, logico, chiaro. E questo facilita l’avvicinamento e la formazione di chi vuole impegnarsi contro il sistema. 

Adoperare perciò i normali metodi di sviluppo del partito rivoluzionario usati dai socialdemocratici e dai bolscevichi e nello  stesso tempo rimanere fuori dalle aule parlamentari, diventa in questo momento e in questa situazione secondo noi, la scelta politica tattica migliore, più efficace.

E l’attuale esteso, enorme, partito rivoluzionario extraparlamentare Lotta Comunista in Italia, che con molto successo sta usando i sistemi organizzativi coerentemente astensionisti è la conferma che la scelta funziona. Scelta che ha permesso al piccolo gruppo dei fondatori di Lotta Comunista quale era negli anni ’50 di arrivare ad estendersi su tutta la penisola italiana e negli anni 2000 di aprire circoli anche in Europa.

Anche per noi quindi, l’astensionismo diventa la scelta più idonea, coerente, di successo, su cui proseguire.


 

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ALLEGATO

AD OGNI TORNATA ELETTORALE EMERGE SEMPRE CON FORZA LA DOMANDA CHE COSA SIA LO “STATO” E CHE RUOLO SVOLGE NELLE SOCIETA’. PER APPROFONDIRE LA QUESTIONE PORTIAMO ALLA RIFLESSIONE DEL LETTORE QUESTO ARTICOLO DEL MARZO 2014.

 

 

 

LO STATO, ESPRESSIONE DELLA CLASSE DOMINANTE

 

Spesso ci facciamo la domanda: come mai i politici dicono una cosa e poi ne fanno un’altra? Perché le leggi colpiscono sempre i lavoratori e mai i ricchi?

Cerchiamo ad approfondire la questione.

Scrive Engels nell’Antidühring: “Lo stato moderno, qualunque ne sia la forma, è essenzialmente una macchina capitalistica, uno Stato dei capitalisti, il capitalista collettivo ideale”.

Per capire cosa ha che fare il comportamento dei politici e quanto dice Engels intervistiamo Mario B. attivista politico internazionalista in Italia che ci illustra la questione.

Dom :- trovi un collegamento con ciò che dice Engels e la società dei giorni nostri?

Risp: - “un po’ tutti si lamentano che i politici di  dx, sx ecc. non sono coerenti. Penso che quando i lavoratori vanno a votare non abbiano ben chiaro come funziona il meccanismo. Se i politici, tutti, e sottolineo “tutti”, non sono coerenti  il motivo c’è, non è un caso.”

Dom : -spiegati meglio.

Risp : -“I politici dicono sempre che loro lavorano per il bene della Nazione, del Paese, del popolo ecc.

Ma dobbiamo approfondire: chi sono  la Nazione, il popolo? Certo, la Nazione, il popolo sono i lavoratori, il proletariato. Ma non solo: ci sono anche i ricchi, gli industriali, i magnati della finanza ecc.

Questi hanno un sacco di soldi e nella loro testa ne vogliono fare sempre di più. Se andiamo ad approfondire scopriamo che loro posseggono i giornali, le tv, le squadre di calcio e quant’altro.

I lavoratori invece non posseggono niente, non possono, col loro stipendio riescono, chi più e chi meno, a mantenere la loro famiglia, se è possibile si comperano l’appartamento ecc.

 

Con i giornali e le tv i ricchi influenzano e dirigono l’opinione pubblica. E poi fanno grosse donazioni di denaro ai partiti. Ovviamente le donazioni non le fanno per niente,  senza uno scopo.”

Dom:  - E questo secondo te condiziona la politica?

Risp:  -“I partiti, tutti, presentano i loro candidati da votare. In campagna elettorale promettono tante belle cose. Ma cosa sappiamo noi veramente di loro, delle loro vere intenzioni?

Ultimo esempio la campagna elettorale appena svolta in novembre: SPD e CDU-CSU si sono affrontati accanitamente uno contro l’altro. Dopo le elezioni si sono però messi assieme nella Grande Coalizione. Sapeva chi andava a votare, di dx o sx, che sarebbe poi finita così? Nessuno! Probabilmente i partiti si erano già messi d’accordo prima

Dom: - I politici tengono quindi nascoste le loro vere intenzioni?

Risp: -“Certo! Lo si vede bene  quando arriva una crisi economica. Chissà perché, i politici di tutti gli schieramenti, in tutti i Paesi, chiedono sempre sacrifici solo ed esclusivamente ai lavoratori.

Non ai ricchi. Perché?

In Germania gli industriali, gli economisti, le tv, i giornali, i politici ecc, dicono che il Paese deve essere più concorrenziale. E come si traduce questo in pratica? Che i ricchi devono rinunciare alle mega ville o agli Yacht?  No! I lavoratori dipendenti devono avere meno aumenti salariali, i giovani in futuro si dovranno accontentare di trovare posti di lavoro sempre meno fissi e più a tempo determinato  e ai padroni viene data la possibilità di assumere persone per 3 mesi a stipendio bassissimo. E questo avviene non solo in Germania, ma ancor di più in Grecia, Spagna, Italia dove sono io, Portogallo ecc, in ogni Nazione, senza eccezione. I politici di tutte i Paesi si comportano tutti allo stesso modo!

 A questo punto dobbiamo porci la domanda: ma da che parte stanno realmente? Ed ecco che l’affermazione di Engels: “Lo stato moderno,qualunque ne sia la forma,è una macchina essenzialmente capitalistica” ci da la risposta. Allo Stato appartengono senz’altro anche i partiti. Direi che l’affermazione di Engels del 1878 è più che mai attuale. Siamo nel capitalismo e politici lavorano senza dubbio per i ricchi. Naturalmente lo devono assolutamente negare!

 

“Der kommunistische Kampf” – marzo  2014


 

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ALLEGATO

LA STAMPA UFFICIALE RIPORTA CHE L’UNIONE EUROPEA E’ L’UNIONE DEI “POPOLI” EUROPEI.

PER I MARXISTI NON E’ COSI’.  PER APPROFONDIRE LA TEMATICA PORTIAMO ALLA RIFLESSIONE DEL LETTORE QUESTO ARTICOLO DEL NOSTRO PRIMO NUMERO DI GIORNALE

DEL MARZO 2014.

 

Punti fermi della scienza marxista

L’UNIONE EUROPEA OVVERO

L’UNIONE DEL PADRONATO EUROPEO

Più volte la borghesia ha tentato di riunire il mercato europeo.

Il primo tentativo è stato con Napoleone.

A fine 800 la Francia era in forte sviluppo e cercava, creando una forza europea continentale, di contrapporsi ad un imperialismo inglese che aveva colonie in mezzo mondo. La forza economica francese e il genio di Napoleone non sono però bastate ad avere il soppravvento sulle altre borghesie.

Il secondo tentativo  di riunificazione europea è stato portato dalla borghesia tedesca con Hitler..

Dopo la riunificazione germanica attuata dalla Prussia con la guerra del 1870, l’industria tedesca aveva avuto un forte impulso e l’intero mercato europeo, occupato e tenuto stretto dalle altre nazioni, non lasciava spazi per gli affari accresciuti della borghesia tedesca in forte espansione. Quindi il padronato tedesco cercherà con le armi, nel primo conflitto mondiale di ottenere quei territori necessari per permettergli di continuare ad avere guadagni lucrosi. 

La sconfitta del 1918 fermerà momentaneamente i suoi propositi.

Ed è appunto con Hitler che il padronato tedesco ci riprova una seconda volta. Questa volta la forza militare è maggiore e meglio attrezzata di prima, quella messa in campo nella prima guerra mondiale.

La borghesia americana con il suo intervento massiccio militare, ma soprattutto economico, a sostegno degli alleati farà fallire l’intervento tedesco. Con la vittoria gli Usa si assicureranno che non venga a formarsi una borghesia unica europea, che sarebbe stata una concorrente troppo pericolosa  per gli affari e per i guadagni americani nel mercato globale.

Per il padronato tedesco il risultato è, che con la sconfitta non solo non riesce a riunire il mercato europeo, ma si ritrova addirittura con la stessa Germania divisa!

Il problema di una Europa unita però è sempre stato ben presente nei gruppi industriali e 

finanzieri europei. E’ una questione vitale di sopravivenza nella giungla della concorrenza tra potenze nel mercato globale. Chi è più grande e forte economicamente è avvantaggiato rispetto ai piccoli. E’ la legge inesorabile del capitale.

Dopo la seconda guerra mondiale sono le borghesie tedesca – francese –italiana che, riprovando,  instaurano accordi economici per la creazione del mercato unico europeo (MEC). Il processo però è  lungo e lento.

Con la riunificazione tedesca del ‘89 e il crollo Urss del ’91 l’integrazione  trova un forte impulso. Nel ’92 viene stipulato il trattato di Maastricht e nel 2002  avviene l’introduzione dell’euro.

Da allora la riunificazione europea subisce un nuovo forte rallentamento.

Nei 10 anni successivi all’introduzione dell’euro il fatto più significativo è  l’accordo  che regola per legge le banche a livello europeo conclusosi l’anno scorso in dicembre.

C’è da chiedersi come mai dopo lo slancio degli anni 90, quando l’unione politica e militare europea sembrava quasi a conclusione, il processo di unificazione abbia subito un tale rallentamento.

Vien da pensare che il padronato americano, forte della vittoria della seconda guerra mondiale sui due fronti europeo e asiatico, tolleri una Europa unita solo  sul piano economico e finanziario, cioè dal loro punto di vista un’Europa “debole”, ma non la voglia “forte”, cioè unita politicamente e tantomeno  militarmente.

Si deduce che l’imperialismo americano può vedere, nel gioco di potenze  globali,  in un’Europa economica e finanziaria unita  un contrappeso da porre alle nuove potenti borghesie emergenti, soprattutto asiatiche, che hanno una  stazza continentale. Ma sembra chiaro che nel rapporto con gli europei il padronato americano vuole avere un ruolo predominante e dirigente, sia politico che, in particolar modo militare.

 

“Der kommunistische Kampf” – marzo  2014  



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