NON SOTTOVALUTARE LA BORGHESIA!

CAPIRE BENE COME FUNZIONA LA SOCIETA’.

IL MARXISMO UN OTTIMO AIUTO PER CAPIRE.

 

Si tende a pensare che gli imprenditori, i ricchi, non si occupino di politica, ma pensino ad altro, ai loro affari, a far soldi,  a far la bella vita. Nei dibattiti televisivi, ma anche nelle discussioni che avvengono tutti i giorni nelle famiglie e così anche negli ambienti della sinistra, non si parla mai dei ricchi come soggetti politici, come elementi che si occupino delle vicende sociali o che abbiano simpatie partitiche. I ricchi sembra siano completamente estranei a questo ambiente.

Non è così.

In realtà gli imprenditori hanno un estremo interesse a seguire le vicende della politica. Per loro, assieme a far profitti, è la cosa più importante, fondamentale. E’ data dalla necessità che i vari governi, i vari parlamenti, elaborino in continuazione leggi che li permettano loro di guadagnare al massimo di fronte alla concorrenza e che, con vari stratagemmi, tengano le masse sfruttate sottomesse, tranquille, orientate. Un grosso impegno per questa piccolissima minoranza sociale (dominante) (più o meno l’1%).

Pensano però, sia nel loro interesse operare standosene nascosti, rimanere nell’ombra, non apparire. Per ottenere questo hanno elaborato espedienti estremamente efficaci, efficienti, che permettono loro, da dietro le quinte, di dirigere tutta la politica, tutta la società: far si che siano proprio i politici di mestiere ad occuparsi dei loro interessi. Questo ha il grande vantaggio come imprenditori di mettersi al riparo da eventuali reazioni sociali quando le cose vanno male, reazioni che invece di prendere di mira i ricchi borghesi, siano i politici a pagarne le conseguenze.

E ci riescono benissimo, perché appunto nessuno parla mai di loro nell’ambito politico.

Ovviamente i politici di professione devono tener ben segreto, non devono mai svelare di essere al loro servizio, anzi, con tutta la loro forza lo devono sempre assolutamente negare. Devono sostenere pubblicamente di operare per la collettività, per il benessere comune. I costosi giornali e tv che appartengono alla borghesia, le scuole e le università e tutto l’apparato sociale borghese si incarica poi di ripetere in continuazione questa versione borghese.

Quando poi i politici si “bruciano” di fronte alle masse lavoratrici sfruttate, cioè perdono credibilità e consenso nel loro compito nascosto di perseguire gli interessi padronali,  agli impresari indenni non rimane altro che sostituirli, riorganizzando la scena politica, riportando nell’ambito sociale nuove figure partitiche che ricomincino il lavoro tutto daccapo.

Se fossero i ricchi borghesi di persona ad esporsi in prima linea come politici rappresentanti dei propri interessi, diventerebbe subito chiaro ai lavoratori sfruttati come funziona il sistema, chi è che dirige, quali sono i reali interessi perseguiti, chi ne viene apertamente avvantaggiato e chi sfavorito.

Come i partiti siano realmente al servizio del sistema borghese lo si vede chiaramente osservando attentamente le leggi economiche che i vari governi emanano. E questo diventa ancora più chiaro nei momenti di crisi. Si osserva come le leggi (il tutto naturalmente accuratamente sottaciuto dai media) non tocchino mai le enormi ricchezze dei ricchi possidenti, ma siano sempre indirizzate a peggiorare  le condizioni di vita dei lavoratori per far lievitare i guadagni  degli impresari. Senza andare molto  lontano basti guardare cosa sta succedendo attualmente in Grecia, Spagna, Italia, ecc. Ma anche quanto accaduto in Germania sotto il governo socialdemocratico Schröder,  o in Gran Bretagna durante il governo laburista Tony Blair, o sotto il governo socialista Hollande in Francia, e così via.

Naturalmente per imporre, far accettare i forti peggioramenti ai lavoratori vengono montate artificiose campagne di stampa e tv adatte alla situazione con motivazioni semi inventate in modo che gli aggravamenti, a mala voglia, vengano subiti e digeriti.

Prendiamo per es. qui in Germania l’enorme estensione dei contratti di lavoro a termine che sta sconvolgendo la vita alle giovani generazioni. A suo tempo, la motivazione ufficiale per far accettare l’ampliamento di questo lavoro precario, presentata ed esaltata dai partiti e dai media come una grossa conquista, era che questa “riforma” doveva facilitare i giovani a trovare più posti di lavoro e più facilmente. Il risultato pratico di oggi invece (naturalmente ben studiato a priori) è che i giovani non solo non riescono a trovare posti di lavoro fissi, vista la possibilità per i padroni per legge, dopo 1 o 2 contratti a termine di poterli licenziare, ma i giovani devono anche accettare stipendi bassissimi altrimenti non vengono assunti. Una vera manna per gli imprenditori e un disastro per i giovani i quali si vedono davanti una vita di incertezza, un futuro di lavoro precario a stipendi miseri.  

Oppure possiamo prendere la legge che ha portato le pensioni a 67 anni. Anche qui la menzogna diffusa a suo tempo era che, visto che le casse pensionistiche erano in deficit e secondo la propaganda borghese questo deficit avrebbero dovuto pagarlo (chissà perché) le giovani generazioni (mai gli straricchi padroni), il problema sarebbe stato risolto con l’allungamento della vita lavorativa e i giovani sarebbero stati felici. Il risultato ovvio (anche qui naturalmente ben studiato in anticipo) è che oggi per i giovani è diventato molto più difficile trovar posto di lavoro, causa gli anziani colleghi lavoratori che devono rimanere a lavorare molti anni più a lungo. Anche qui grosso vantaggio per i padroni che non devono sborsare soldi in aggiunta per le pensioni dei dipendenti e hanno molti più giovani disoccupati a disposizione su cui scegliere per le assunzioni.

Sono solo due esempi, ma spiegano egregiamente come le leggi siano sempre a vantaggio dei padroni e come i lavoratori ne vengano sempre penalizzati nelle loro condizioni di vita.

Non ci si può permettere il lusso di prendere la politica superficialmente. Bisogna sempre, capire,  indagare.

E’ grazie all’approfondimento usando l’analisi marxista che noi attivisti possiamo arrivare a comprendere, criticamente e realisticamente, come funzioni questa società dietro la marea di notizie (spesso false) che la ricca borghesia quotidianamente diffonde.

 

Per noi l’analisi marxista: un aiuto eccezionale.

ELEZIONI IN SETTEMBRE-

SCHULZ NON CREDIBILE AGLI OCCHI DEI LAVORATORI.

MERKEL PUNTA SULLA SICUREZZA NAZIONALE

 

 

L’SPD-SCHULZ, DOPO AVER PORTATO I PEGGIORI AGGRAVAMENTI NELLA STORIA CONTRO I LAVORATORI, ADESSO PROPONE (e sono solo promesse elettorali) MIGLIORAMENTI MINIMALI DI FACCIATA.

 

 

L’uomo “nuovo”, la figura dalla “faccia pulita” Schulz non funziona. L’SPD è in calo continuo di voti. Anzi, sembra una mezza catastrofe.

Alle elezioni regionali nella Saarland, poi in Schleswig-Holstein e infine in Nordrhein Westfalen, dove si doveva misurare il “forte” consenso che il “nuovo” leader SPD Martin Schulz doveva raccogliere, è stato un fallimento. Addirittura in Nordrhein Westfalen, roccaforte SPD, dove da sempre il partito detiene la maggioranza, non solo non è aumentato, ma ha addirittura perso anche la maggioranza. Una vera debacle.

Eppure ai suoi esordi in marzo allorchè Martin Schulz sostituendo Sigmar Gabriel era stato eletto nuovo presidente della Socialdemocrazia, le preferenze popolari a livello nazionale erano schizzate alle stelle aumentando in poche settimane il grado di simpatia nazionale del 10% raggiungendo perfino la CDU-CSU al 35%.

L’entusiasmo dei suoi sostenitori era dovuto alle proposte elettorali che il nuovo presidente SPD proponeva: autocritica sull’Agenda 2010 introdotta proprio dall’SPD, e proposte articolate per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori.

LA COSA PERO’, EVIDENTEMENTE NON E’ RISULTATA CREDIBILE.  Le masse lavoratrici tedesche dopo il primo impatto di entusiasmo, riflettendo, hanno intuito che tutto questo non poteva essere verosimile, che doveva essere solo una mossa elettorale per raccogliere voti e che comunque tutto sarebbe proceduto per essi, come sempre nel peggiore dei modi.

Infatti, è proprio difficile credere che un partito come l’SPD che vuol apparire “operaio” o “dei lavoratori”, ma che dietro a se ha tutta una storia di tradimenti contro i lavoratori, a partire dalla famosa adesione alla guerra nel 1914, e che dal dopoguerra in poi ha contribuito a sostenere gli interessi della ricca borghesia tedesca fino ad arrivare ad introdurre personalmente con il governo SPD-Schröder  le disastrose misure contro i lavoratori dell’Agenda 2010 e che adesso partecipa disinvoltamente ai governi nella “Grosse Koalition” assieme al “nemico” CDU-CSU, possa improvvisamente cambiare l’animo e mettersi a lavorare per i lavoratori. Si è molto difficile crederlo. Effettivamente solo i suoi sostenitori più fiduciosi gli possono dar credito.

I lavoratori certamente si chiederanno: ma queste “grandi proposte” (che in realtà allo studio risultano poi essere veramente minimali) perché l’SPD le propone adesso che inizia la campagna elettorale, e non le porta avanti invece con forza ora mentre è al governo con la CDU-CSU?

E’ CHIARO: SCHULZ NON PUO’ ESSERE CREDIBILE, E I LAVORATORI LO INTUISCONO.

 

Tutta diversa  invece la campagna elettorale della Merkel CDU-CSU. La  coalizione Merkel sta puntando tutto sulla sicurezza. L’avevamo notato, e l’avevamo anche scritto, che nelle recenti elezioni in Olanda, Francia, e nelle citate votazioni regionali dei Länd tedeschi, visto l’ansia e la paura che le ondate di immigrazione stanno creando, i vari premier di centro o centro destra, Rutte in Olanda, Macron in Francia, e i candidati tedeschi regionali CDU-CSU,  avevano impostato le loro campagne elettorali per un controllo più accurato dei flussi migratori, per una regolamentazione dei problemi creati dagli immigrati, contro la criminalità, ecc. Con questa tattica i vari leader avevano potuto vincere le elezioni. Pensiamo che questa sarà anche la condotta elettorale che la CDU-CSU sfrutterà in questa campagna elettorale nazionale con voto finale a settembre. E non solo. Il partito della Merkel potrebbe anche accentuare la polemica contro la Turchia (come successo durante le elezioni regionali nella Saarland) per creare un sentimento di difesa nazionalista tedesco contro un Erdogan che attacca e demolisce la democrazia. 

A lato di questo, molto importante da segnalare, è l’affluenza alle urne in tutta Europa: è in forte calo, vale a dire che la delusione verso le istituzioni aumenta. Vedremo se la tendenza si manifesterà anche in Germania.

Per i lavoratori, per i giovani, che vinca un partito o un altro, non cambia assolutamente nulla. Cambia solo il nome di chi ha il compito di andare al governo per servire la borghesia e peggiorare le loro condizioni di vita. In qualsiasi caso i lavoratori, i giovani dovranno sempre lottare contro l’aumento dei contratti a termine, contro l’aumento dello sfruttamento e delle tasse, per la difesa delle loro pensioni, dei loro stipendi,.

Questo, e solo questo, è quello che può offrire la società capitalistica. Non altro.


 

_____________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

TRUMP-

 

LA GRANDE IMPRENDITORIA USA SEMBRA CERCARE UN INPEACHMENT CONTRO TRUMP

 

“La Casa Bianca è in una spirale discendente. Deve fare qualcosa al più presto per uscirne, per rimettere ordine e riportare le cose sotto controllo. Il caos che stanno creando produce una situazione preoccupante”. Chi parla non è il solito giornalista o oppositore politico, ma il presidente della Commissione Eteri del Senato, senatore Bob Corker, repubblicano dello stesso partito del presidente, e si riferisce naturalmente all’Amministrazione Trump.

Queste sono accuse che in continuazione vengono mosse contro il governo americano dalle catene di giornali e tv, strumenti portavoce degli intessi del grande capitale economico Usa.  

La grande imprenditoria, le grandi banche Usa, non vedono nel presidente Trump il loro rappresentante politico competente, valido, esperto, che possa perseguire con successo i loro interessi affaristici nel mondo, per cui cercano ogni appiglio, ogni occasione per attaccarlo, appunto attraverso i media di loro proprietà.

Per il marxismo, per i marxisti, un presidente, i governi, i parlamenti (anche se tutto il sistema cerca di nasconderlo) sono i rappresentanti degli interessi della ricca borghesia dominante (e questo è sotto agli occhi di tutti) che in questo modo riesce a mantenere il controllo sulla società, a conservare il suo potere.  

L’incompetenza di Trump (dal punto di vista dei ricchi borghesi) è infatti ben visibile nelle vicende internazionali e i suoi improvvisi giravolta non finiscono mai di sorprendere.

L’ultima novità (al momento dello scrivere) che ha destato notevole clamore nei media del mondo, è la nota uscita Usa dagli accordi di Parigi sul Clima, accordo voluto da Obama. Trump e il suo governo sostengono che questo accordo non porta nessun beneficio per il paese, essere un’intesa di facciata che porta solo spese per gli Usa. I governi di mezzo mondo non sembrano però essere di questo opinione. Anche l’imprenditoria americana è contro la posizione di Trump.

Ma gli inaspettati  giravolta dell’imprevedibile Trump non finiscono mai.  Sul Transatlantic Trade and Investment Partnership  (il famoso Ttip) assistiamo anche qui all’ennesimo cambio di rotta. Trump che ha sempre risolutamente sostenuto che questo futuro trattato è negativo per L’America, a fine maggio il suo ministro per il Commercio, Wilbur Ross, senza nessun preavviso, ha annunciato in una conferenza stampa che “gli Usa adesso sono pronti a riprendere i negoziati sul Ttip”. 

Altra giravolta eclatante da citare. Nel dopo vertice del G7 avvenuto a Taormina, Trump, con grande sorpresa di tutti, attacca duramente la Germania, fedele alleato europeo, etichettandola come “bad”, cattiva. Non era mai accaduto una cosa simile nella storia recente. Il motivo risiederebbe nel fatto che Berlino non paga il dovuto all’interno della Nato. Quella Nato, si noti, che Trump in campagna elettorale aveva definito essere superata, obsoleta, non più utile per la “Grande America”.  

Ma per le borghesie di mezzo mondo, concorrenti a quella Usa, l’instabilità politica di Trump dimostra essere un vantaggio. Colgono l’occasione, ne approfittano per sganciarsi un po’ dalla presa stringente della borghesia americana e cercare di accentuare le loro politiche autonome di interesse.

Il governo tedesco per esempio, subito dopo il citato scontro avvenuto con Trump a Taormina, affermando che “degli Usa non ci si può più fidare” ne approfitta per rimarcare il punto che per “l’Europa è tempo che persegua da sola la sua politica”, trovando eco negli altri governi UE che subito dichiarano essere più che d’accordo con la proposta tedesca. E questo non piace alla potente borghesia americana che per poter tener sotto controllo le borghesie concorrenti tedesca e giapponese non ha esitato ad entrare nella seconda guerra mondiale e vincerla.

Anche il governo cinese, rappresentante della potente borghesia statale cinese emergente, non si lascia scappare l’occasione per approfittare dell’incompetenza  del presidente. Immediatamente dopo la dichiarazione ufficiale dell’uscita degli Usa dagli accordi di Parigi sul Clima, il premier cinese Li Keqiang  è volato in Germania per incontrare la Merkel, per ribadire assieme che il progetto sul Clima procederà anche senza gli Usa. Con questa mossa il governo cinese cerca di accentuare la divisione tra Berlino e Washington e allo stesso tempo cerca di proporsi come nuovo leader credibile nell’ordine mondiale. Anche questo attivismo che sfugge al controllo americano non piace alla potente borghesia Usa. Proprio no.  

E al dunque diventa chiaro il perché i grandi gruppi americani attacchino duramente e in continuazione con i media e con i giudici il presidente. 

Da schema: da una parte gli attacchi mediatici del grande capitale industrial-finanziario Usa servono per orientare, spingere Trump e il suo staff affinchè perseguano una politica adatta ai loro interessi. Dall’altra le insistenti e continue accuse di presunti collegamenti dell’Amministrazione Usa con la Russia (il “Russiagate”) con la recente messa sotto indagine anche dello stesso Trump, con scandali a ripetizione, e (al momento dello scrivere) anche l’ultima denuncia mossa a Trump dagli stati del Maryland e Washington Dc per “Violazione della Costituzione” per perseguire “interessi personali”, sembrano proprio finalizzati da parte del grande capitale di trovare un appiglio per un impeachment  del presidente, come avvenuto a suo tempo con Nixon, e come sta avvenendo adesso in Brasile, per togliersi di mezzo il populista Trump. 

Tutto questo come si capisce bene, non ha niente a che fare con la lotta delle masse proletarie per la difesa dei propri interessi. Le messe lavoratrici in queste situazioni vengono influenzate dalla stampa e dalle tv della borghesia, ne vengono coinvolte,  dirette.  Questo, com’è evidente, appartiene allo scontro continuo all’interno del mondo della ricca imprenditoria finanziaria per il controllo del proprio stato.

Se Trump dovesse cadere e venire sostituito, il nuovo presidente Usa cambierà senz’altro la politica estera e quella interna, ma sarà sempre e comunque contro i lavoratori, come avvenuto con i presidenti precedenti e come avviene con tutti i governi di questo mondo.

 

 

CONFERMA CONTINUA DI COME I PARLAMENTI SIANO STRUMENTI DELLA BORGHESIA CONTRO I LAVORATORI

 

ANCHE IL NUOVO PARLAMENTO FRANCESE SI APPRESTA A VARARE NUOVI PEGGIORAMENTI PER I GIOVANI E PER I LAVORATORI

 

COME PRIMA AVEVANO FATTO IL “SOCIALISTA” HOLLANDE E PRIMA ANCORA IL “DESTRO”  SARKOSY e così via.

 

-Le chiamano riforme, per nascondere l’attacco contro i lavoratori-

 

Nella prima fase della campagna elettorale presidenziale in Francia, dove i candidati per l’elezione a presidente della repubblica erano 5 e solo i primi due più votati sarebbero passati al 2° turno, dove poi il presidente sarebbe stato definitivamente eletto, nel specificare il suo programma elettorale il candidato Macron era rimasto molto sul vago. Si identificava come l’uomo “nuovo e giovane” dove “la Francia avrebbe ritrovato la propria ‘grandeur’, garantendo ai francesi  la sicurezza, la difesa degli interessi economici, contro il terrorismo e per la lotta contro il cambiamento climatico”, si impegnava sulla “regolamentazione del problema disoccupazione, lavoro, pensioni”, e per una “moralizzazione della vita pubblica e politica”, per  “una riforma profonda del sistema scolastico”, ecc.  Una gamma di promesse elettorali del tutto generiche, molto articolate, così da toccare tutte le fasce sociali popolari per suggestionare gli elettori e prenderne i voti. Niente di straordinario, normalità, routine di slogan in campagna elettorale, così fan tutti i candidati elettorali. L’importante è rimanere sul vago, promettere, attaccare i concorrenti, apparire simpatici e cordiali. 

Questa tattica ha permesso a Macron (con il 24,1% dei voti), come alla sua concorrente Marine Le Pen (con il 21,30%) di superare il primo turno elettivo e così accedere al secondo e decisivo turno. 

In questa fase di attesa dopo la prima tornata, aspettando la 2°, per i media (la grande imprenditoria) si apriva la scelta quale candidato sostenere: se Emmanuel Macron, uomo dell’establishment ed ex ministro delle finanze nel governo Hollande, o la populista di destra Marine Le Pen. Senza indugi e apertamente i media dell’imprenditoria  si schieravano a favore dell’ex ministro delle finanze, invitando tutti gli elettori che prima avevano votato gli altri candidati non passati, a far muro contro la populista di destra. 

Per il candidato Macron a questo punto, con il sostegno forte e aperto dei grandi gruppi imprenditoriali attraverso i loro media, la vittoria si presentava più che scontata e certa, esattamente come avvenuto nel 2002, allorchè in una situazione analoga di scelta tra il candidato dell’establishment Jaques Chirac e il populista di destra Jan Marie Le Pen (padre dell’attuale Marine) i media sostennero senza esitazioni Chirac, portandolo facilmente alla vittoria con l’82,21% dei voti, contro il 17,79% di Le Pen padre (nel primo turno i voti erano stati 19,88% per Chirac, contro il 16,86% di Le Pen). 

Ed è in  questa fase di attesa, dove la vittoria per Macron è ormai più che scontata, che i media chiedono a gran voce all’ex ministro delle finanze di uscire allo scoperto, di non rimanere più sul vago, di dichiarare apertamente il suo “vero programma di governo” una volta eletto presidente. E Macron, sicuro della vittoria, senza ormai più problemi, presenta in una conferenza stampa “con orgoglio” -riferiscono i giornali- quello che fino allora non aveva mai detto, il suo vero e ben nascosto programma governativo. Eccolo nei punti più salienti: “taglio di 120.000 impiegati pubblici”, “aumento della spesa militare”, “maggiore flessibilità nei contratti di lavoro” (ossia aumento dei contratti a termine, meno contratto nazionale e più contrattazione aziendale), “riduzione delle imposte sul patrimonio immobiliare” (ossia meno tasse sui grandi immobili detenuti dai ricchi), “riduzione del costo del lavoro e dell’imposta sulle aziende” (cioè meno tasse per le imprese), “defiscalizzazione delle ore straordinarie” (ovvero incentivare il lavoratore a più ore straordinarie così da evitare nuove assunzioni), “il sistema pensionistico dovrà essere semplificato e unificato consentendo una modulazione d’uscita dal mondo dal lavoro fra i 60 e i 67 anni” (in altre parole in pochi anni i lavoratori si troveranno ad andare in pensione a 67 anni, come i lavoratori italiani ben conoscono). 

Una BOMBA CONTRO I LAVORATORI e vantaggi enormi per i ricchi imprenditori.

Il “vero” programma elettorale di Macron sembra la fotocopia delle misure governative anti lavoratori adottate dal governo SPD-Schröder in Germania che hanno portato alla famigerata “Agenda 2010”, o in Italia al programma “lacrime e sangue” del governo PD-Renzi, o a quello antioperaio del governo di estrema sinistra Syriza in Grecia, o a quello di destra Rajoy in Spagna, o al famigerato operato governativo del laburista inglese Toni Blair, e così via.  

Un attaccano concentrato europeo di notevole portata per un maggior sfruttamento dei lavoratori. 

E’ la linea antioperaia dettata dall’Unione Europea, ovvero dalla borghesia europea unita sotto la sigla EU, con i grandi imprenditori e banche tedesche in testa, linea che tutti i governi devono seguire senza esitare indipendentemente dal colore politico.

I lavoratori possono votare a destra, a sinistra, centro, estrema sinistra, ma il risultato è e sarà sempre lo stesso: i governi perseguono gli interessi della ricca borghesia dominante e lavorano contro i lavoratori. I partiti possono alternarsi al potere, ma non cambierà assolutamente nulla: i governi saranno sempre e comunque contro i lavoratori e per l’incremento dei profitti.

E’ la conferma impietosa della “dittatura della borghesia”, così ben espressa da Marx, che anche nella forma democratica, nascosta dietro ai partiti, ai governi, ai parlamenti, ai media, ai preti, opera.

Nell’attuale nuova situazione inedita, di una borghesia europea unita contro i lavoratori, può una lotta sindacale unita europea contro i padroni essere veramente efficace per salvaguardare le condizioni di vita delle masse lavorative  


 

______________________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

Riportiamo il volantino che abbiamo distribuito dopo i fatti degli atti di terrorismo avvenuti a Manchester e a Londra.

 

GLI ATTENTATI A LONDRA, A  MANCHESTER, BERLINO, PARIGI, ECC. NON FINIRANNO MAI FINCHE’ LE NAZIONI OCCIDENTALI CONTINUERANNO A BOMBARDARE I PAESI ARABI.

IL MOTIVO ULTIMO DEI BOMBARDAMENTI? 

SEMPRE QUELLO: IL PROFITTO

 

 

Viviamo in una situazione di incertezza continua. In qualsiasi momento potrebbe succedere il disastro di un attentato. Ovunque.

Tutto il mondo ne viene scosso e la risonanza mediale che ad ogni attentato ne viene data scuote l’animo delle persone.

 

Ma i media, tv e giornali e i politici, dicono tutta la verità e spiegano il perché di queste situazioni disastrose? 

Le potenze occidentali (quelle nazioni che si definiscono “civili”, “democratiche”, “dagli alti valori” e sempre “per la pace”) ogni giorno bombardano le città, i villaggi, le case di paesi arabi, in questi bombardamenti indiscriminati, i dati riportano, sono soprattutto i civili, bambini, donne, persone inermi (gli “effetti collaterali”, così definiti) che ci rimettono la vita.

Viene spiegato che questi eccidi (senza alcun senso logico) provocano la reazione delle popolazioni colpite, reazione che a sua volta trova le sue ragioni  nel colpire i “crociati” occidentali nelle loro popolazioni inermi così come i governi  occidentali  colpiscono le loro?

I media, i politici, spiegano che per fermare gli attentati bisogna assolutamente fermare le guerre, gli interventi militari delle potenze avanzate, anziché prender pretesto ad ogni attentato, come succede, per aumentare ancora di più i bombardamenti?

E’ ovvio che questa escalescion militare di guerra di bombardamenti, attentati come reazione, ancor più intensivi bombardamenti, ancor più attentati, non può che provocare una spirale mostruosa in cui sono le popolazioni innocenti di entrambi i fronti che ne subiscono le conseguenze.

E i media, tv e giornali, che vogliono apparire sopra le parti e dalla parte della giustizia, spiegano  le vere (e nascoste) ragioni dell’intervento militare dei paesi “civili” avanzati in quelle zone arabe?

Spiegano che ogni borghesia con i loro governi nascondendosi dietro “la lotta contro il terrorismo” cerca invece di espandere nel mondo le proprie zone di affari (chiamate “zone di influenza) e che per ottenere questo non si fanno nessun scrupolo, non esitano un secondo a fomentare guerre per spodestare, cacciare i concorrenti, prenderne i territori, causando morti infiniti, disastri, ecc?

Di tutto questo sui giornali e tv non se ne trova traccia. Come mai? 

Anche i media che “creano l’opinione” sono di parte. Anzi le costose tv e giornali sono le voci dei potenti gruppi affaristici, divisi in diverse aggregazioni di grandi banche, multinazionali, gruppi di imprese, ecc.

I quali cercano di influenzare, orientare, coinvolgere, le masse lavoratrici nei loro meschini interessi facendoli apparire come naturali, giusti, necessari.

Di giusto e necessario c’è solo il bisogno di un altro tipo di società dove tutto questo orrore sparisca.                               

PRECARIETA’:  PEGGIORAMENTO INTRODOTTO DAL PARLAMENTO SU VOLERE DELL’IMPRENDITORIA.

 

COME VIENE AGGRAVATA LA SITUAZIONE DEI GIOVANI

 

 

Riportiamo questo articolo di Emanuela Zerbinatti che descrive significativamente qual‘è la drammatica situazione in cui vivono i lavoratori italiani a contratto a termine. Questa condizione naturalmente la si può trasferire a fotocopia a qualsiasi altro lavoratore europeo.

 

 

LA SINDROME DEL PRECARIATO AFFLIGGE MILIONI DI ITALIANI E IN LOMBARDIA SI COMINCIA A CORRERE AI RIPARI.

Pubblicato da Emanuela Zerbinatti 

in Medicina, scienza e comunicazioneTe lo racconto io il lavoro

 
“Giusto per ribadire il concetto che se i politici a rischio esclusione elettorale sono sull'orlo di una crisi di nervi, i disoccupati e i precari italiani ci sono dentro fino al collo, è arrivato anche l'allarme lanciato dagli psicologi lombardi secondo cui ben 40 mila loro concittadini soffrirebbero di una nuova sindrome da crisi economica.
Stress, ansia, frustrazione, notti in bianco e depressione sono infatti le dirette conseguenze del vivere costantemente in uno stato di incertezza tra contratti di lavoro in scadenza, dubbi sul rinnovo e spettro della disoccupazione all'orizzonte. Una costellazione di sintomi che ha già un nome, "sindrome del precario" e un'estensione epidemica da far invidia al virus dell'influenza suina.

Gli esperti citano dati diffusi nelle scorse settimane dall'assessorato alla Salute del Comune di Milano in cui spiccano 47 mila lavoratori in difficoltà, l'80% dei quali (oltre 37 mila) con già problemi psicologici riconducibili a una sindrome da lavoro precario.
Si tratta di numeri che riportati su scala nazionale diventerebbero a sei cifre. Difficile infatti pensare che fuori dalla Lombardia le cose siano poi tanto diverse. Milioni di connazionali affetti da questa nuova sindrome che rischiano di rimanere anonimi e senza aiuto per la natura stessa del problema che impone di nascondere a se stessi e agli altri la sua esistenza.
A tracciare il loro identikit è Paola Vincinguerra, presidente dell'Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico) e direttrice dell'Uiap (Unità italiana attacchi di panico), parlando di persone che passano le notti in bianco e la mattina arrivano al lavoro con l'ansia e il cuore in fibrillazione perché ogni giorno potrebbe essere l'ultimo e la cattiva notizia può arrivare all'improvviso e da chiunque.
La sospettosità che ne deriva è infatti un altro elemento chiave della sindrome del precario: datori e superiori diventano nemici pronti a colpire e ogni collega è un potenziale traditore. Uffici e fabbriche vengono vissuti come fossero alternativamente campi di battaglia o palcoscenici in cui mettersi in mostra cercando di evitare il peggio. Il capo va accontentato sempre e comunque, ma una volta tornati a casa la rabbia repressa si sfoga. E a farne le spese sono le persone più care, amici e familiari.
E il fisico. Tachicardia, insonnia, tensione, dolori articolari, mal di testa sono infatti i primi sintomi.

Questo il ritratto del tipico precario del 2010, preoccupante soprattutto per il numero di persone a cui fa riferimento e la probabilità che più persone ne soffrano nello stesso luogo di lavoro. Dall'ultimo sondaggio online condotto dall'Eurodap sull'emergenza precarietà - sottolinea la psicologa e psicoterapeuta - è emerso che, "su 300 persone tra 25 e 55 anni, il 70% ha dichiarato di trovare proprio sul posto di lavoro la maggiore fonte di stress. Di questi, il 60% teme i colleghi mentre il 40% si dice completamente assoggettato al capo per paura di essere licenziato".
Oggi, insomma, "l'aria che si respira in ogni luogo di lavoro è totalmente artefatta e altamente conflittuale. La paura di perdere il posto dà luogo a dinamiche fortemente competitive, con richieste di prestazioni dei dipendenti da parte dei datori di lavoro che difficilmente possono essere disattese dai lavoratori terrorizzati di perdere la loro fonte di sopravvivenza", riflette Vinciguerra.
"La sindrome del precario sta mietendo decine di migliaia vittime - conferma la psicologa - Tra l'altro, dopo l'approvazione del Ddl sul lavoro che contiene norme sull'arbitrato per risolvere le controversie del lavoro stesso, i dipendenti si sentono ancora meno protetti", avverte.
"Secondo i dati forniti dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (Ispesl) - ricorda - il mal d'ufficio ha colpito 10 milioni di persone nel nostro Paese, con costi sociali importanti". L'esperta concorda con l'allarme lanciato nei giorni scorsi anche dall'assessorato alla Salute del Comune di Milano: "Si può purtroppo affermare che ormai esiste una vera patologia da lavoro precario a cui è fondamentale dare una risposta, organizzando un programma di prevenzione".
Con questo obiettivo si muove l'Eurodap, che "ha messo a punto un protocollo di 'Instant Therapy' di cui le prime tre sedute sono gratuite - precisa la specialista - per aiutare a prevenire i disagi psicologici che si stanno diffondendo troppo velocemente nel nostro Paese".

(Fonte: Adnkronos Salute)

Ai padroni naturalmente non importa assolutamente nulla se i dipendenti al lavoro stanno così male. Anzi, è un vantaggio per loro, perché in questa situazione di ricattabilità possono estorcere ai dipendenti più lavoro possibile, quindi  il maggior profitto possibile e poi licenziarli. I padroni hanno voluto con forza che i parlamenti europei varassero le leggi sul lavoro a termine.


 

______________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

RICORRENZA DEL 60° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DELL’UNIONE EUROPEA 

L’EUROPA BUONA “DELLA PACE ” CHE PARTECIPA  A TUTTE LE GUERRE IN CORSO. 

 

LA RELIGIONE AL SERVIZIO DELL’IMPERIALISMO EUROPEO

 

Una particolare attenzione merita il discorso  tenuto dal papa Bergoglio a Roma il 24 marzo 2017 di fronte ai capi di stato e di governo dell’Unione Europea in occasione del 60° anniversario della firma dei trattati di Roma che sancirono la nascita dell’ Europa unita.

Nel  discorso di apertura il papa Bergoglio non ha risparmiato elogi ad un’Europa definita piena di pregi e determinata nel bene a superare le sfide del futuro.

Per capire i contenuti del discorso riportiamo i tratti più significativi estraendoli dalla rivista ufficiale cattolica “Famiglia Cristiana” del 24 marzo.

Quando in quel lontano marzo del 1957 fu firmato il Trattato di Roma, spiega Bergoglio, “furono gettate le basi politiche, giuridiche e sociali della nostra civiltà” che hanno determinato “il più lungo tempo di pace degli ultimi secoli”. In quel progetto europeo erano “i giovani chiamati a realizzare le promesse dell’avvenire” guidati da un “appassionato impegno per il bene comune”.

Prosegue: “All’origine della civiltà europea si trova il cristianesimo, senza il quale i valori occidentali di dignità, libertà e giustizia risultano per lo più incomprensibili” (…) “l’anima dell’Europa rimane unita perché, oltre alle sue origini comuni, vive gli identici valori cristiani e umani, come quelli della dignità della persona umana, del profondo sentimento della giustizia e della libertà, della laboriosità, dello spirito di iniziativa, dell’amore della famiglia, del rispetto della vita, della tolleranza, del desiderio di cooperazione e di pace, che sono note che la caratterizzano”.

Dopo di che il papa affronta il problema della crisi. … Si è di fronte ad una “crisi economica, crisi della famiglia e dei modelli sociali consolidati, crisi delle istituzioni, crisi dei migranti”…. Che risposte ritiene di dare a questi problemi?: “Le risposte le ritroviamo proprio nei pilastri sui quali essi hanno inteso edificare la Comunità Economica Europea e che ho già ricordato: la centralità dell’uomo, una solidarietà fattiva, l’apertura al mondo, il perseguimento della pace e dello sviluppo, l’apertura al futuro” e cioè “riconoscere un bene più grande che porterà beneficio a tutti”, perché “i populismi fioriscono proprio dall’egoismo, che chiude in un cerchio ristretto e soffocante e che non consente di superare la limitatezza dei propri pensieri e guardare oltre”. E ribadisce: “L’Europa ha un patrimonio ideale e spirituale unico al mondo  che merita di essere riproposto con passione e rinnovata freschezza e che è il miglior rimedio contro il vuoto di valori del nostro tempo, fertile terreno per ogni forma di estremismo”“L’Europa ritrova speranza quando investe nello sviluppo e nella pace”.

Poi la conclusione: “Da parte mia non posso che assicurare la vicinanza della Santa Sede e della Chiesa all’Europa intera, alla cui edificazione ha sempre contribuito e sempre contribuirà”.

 

Un “Inno all’Europa” potremmo definirlo. Tutto è così bello, tutto così fantastico.

Tutt’altra cosa vedono i marxisti e tutto diverso viene vissuto dalle masse lavoratrici.

Non si capisce cosa intenda Bergoglio quando afferma che in quel lontano 1957, allorchè fu firmato il Trattato di Roma “furono gettate le basi politiche, giuridiche e sociali della nostra civiltà” che hanno determinato “il più lungo tempo di pace degli ultimi secoli”,  visto che l’Europa, solo parlando degli ultimi tre decenni ha visto nel ’91 una guerra in Croazia benedetta a suo tempo da papa Wojtyla,  poi guerre in Bosnia, Jugoslavia, Kosovo, Macedonia. 

Le nazioni europee hanno poi partecipato nel 2001 con gli Usa alla guerra di Afghanistan,  all’invasione dell’ Iraq e poi negli ultimi anni alle guerre in Siria, Libia, Mali. Non ultimo da dimenticare, la guerra in Ucraina.  

Sarebbe questo “ più lungo tempo di pace degli ultimi secoli” di cui Bergoglio parla?

 

Poi il papa vede nell’Unione Europea “gli identici valori cristiani e umani, come quelli della dignità della persona umana, del profondo sentimento della giustizia e della libertà, della laboriosità, dello spirito di iniziativa, dell’amore alla famiglia, del rispetto della vita, della tolleranza, del desiderio di cooperazione e pace, che sono note che la caratterizzano”. Difficile trovare conferme in queste affermazioni. Difficile vedere il “desiderio di cooperazione e pace”, il “rispetto della vita”, il “profondo sentimento della giustizia e della libertà”  nelle centinaia di migliaia di morti per ogni guerra, soprattutto civili, bambini e donne, nelle immani distruzioni, disperazioni, fame e povertà che le numerose guerre europee hanno causato,.

 

Proseguendo, Bergoglio poi sostiene che i populismi non sono le proteste delle masse lavoratrici sottoposte ad uno sfruttamento sempre più intenso, disoccupazione, aumento della precarietà giovanile, bassi stipendi, ecc. come ormai quasi tutte le fonti specialistiche riconoscono, ma afferma che “i populismi fioriscono proprio dall’egoismo (…) che non consente di superare la limitatezza dei propri pensieri”.

A questo punto la conclusione de capo religioso non può che essere scontata : “Da parte mia non posso che assicurare la vicinanza della Santa Sede e della Chiesa all’Europa unita”… Plateale.

E’ evidente che la chiesa è un tutt’uno con la borghesia, in un gioco di squadra per il massimo sfruttamento delle masse lavoratrici.

Non chiarendo le contraddizioni del sistema e da cosa queste sono causate contribuisce all’assoggettamento del lavoratore sfruttato e al mantenimento di questa società con tutte le sue enormi disfunzioni e guerre.

Ha proprio ragione Marx quando afferma che: “le religioni sono l’oppio dei popoli”. L’oppio è quella sostanza che fa vedere cose che non esistono, e in questo caso è appunto “l’Europa della pace, dei valori umani, della civiltà …”

 _____________________________________________________________________________________

 

 

MARX E L’OPPIO DEI POPOLI

 

“La religione è l’oppio del popolo. La vera felicità del popolo esige l’eliminazione della religione in quanto illusoria felicità. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla propria condizione è l’esigenza di rinunciare ad una condizione che ha bisogno dell’illusione”    (Marx – “Per la critica della filosofia del diritto di Hegel”)

 

“Il riflesso religioso del mondo può scomparire, in genere, solo quando i rapporti della vita pratica quotidiana presentano agli uomini giorno per giorno relazioni chiaramente razionali tra di loro  e tra di loro e la natura. La figura del processo vitale e sociale, cioè del processo materiale di produzione, si toglie il suo mitico velo di nebbie solo quando sia, come prodotto di uomini liberamente uniti in società, sotto il loro controllo cosciente e condotto secondo un piano.”   (Marx – “Il Capitale, libro primo)

 

ENGELS E IL MATERIALISMO

 

Per il materialismo dialettico “la natura esiste indipendentemente da ogni filosofia; essa è la base sulla quale siamo cresciuti noi uomini, che siamo pure prodotti della natura; oltre alla natura e agli uomini non esiste nulla, e  gli esseri più elevati che la nostra fantasia religiosa ha creato, sono solo il riflesso fantastico del nostro proprio essere”

                                                   (Engels – “Ludwig Feuerbach”)


 

_____________________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

COME STALIN HA FATTO RIPIOMBARE LA RIVOLUZIONE PROLETARIA RUSSA NELLA POLITICA BORGHESE 

 

LA RIVOLUZIONE RUSSA DOVEVA ESSERE L’INIZIO DELLA RIVOLUZIONE INTERNAZIONALE. QUESTO ERO LO SCOPO, NON ALTRO.

 

 

I bolscevichi guidati da Lenin lottavano per una società socialista internazionale. Per giungere a questo obbiettivo il loro impegno  era cominciato già dall’inizio del 1900 allorchè Lenin scrive il “Che fare”.

Per i bolscevichi  giungere al potere nel paese Russia era concepito come prima rivoluzione per rompere “l’anello debole” della catena capitalistica così da favorire le rivoluzioni nelle altre nazioni borghesi e poi giungere al socialismo.

Tutta la loro lotta era finalizzata a questo, concepita solo per questo e non per altro.

E per loro era indiscutibile, come afferma ripetutamente Lenin nei suoi scritti, che nel ristretto mercato della nazione Russia nessun socialismo fosse possibile. Solo più rivoluzioni potevano permettere questo tipo società superiore.

Arrivando al potere, Stalin cambia radicalmente questa politica, questa prospettiva.

I bolscevichi avevano svolto il loro compito di fare la rivoluzione in Russia, ma purtroppo le altre sperate rivoluzioni non erano seguite. Di conseguenza si era creata una situazione di attesa, aspettando che gli altri proletariati europei si riorganizzassero per sferrare, al successivo momento rivoluzionario favorevole, il loro attacco. 

In questo situazione di attesa, Stalin come dirigente della rivoluzionaria Russia, decide che è arrivato il momento di prestare più attenzione ai problemi interni alla nazione, anzichè dedicarsi all’organizzazione dei partiti rivoluzionari nel mondo, come invece era prioritario sotto direzione Lenin. L’organizzazione dei partiti rivoluzionari era vista da Lenin e dai capi bolscevichi assolutamente come necessaria. Stalin non è d’accordo e non solo cambia questa prospettiva, ma decide addirittura che la Russia rivoluzionaria adesso è già il “socialismo”.  Un non senso visto il mercato ristretto e il permanere di tutte le leggi capitalistiche. Ma Stalin va anche oltre, scioglie addirittura  l’Internazionale Comunista voluta e fondata da Lenin, ritenendola non  più necessaria.

Naturalmente su questo stravolgimento di politica Stalin troverà l’opposizione ferma della maggioranza dei dirigenti bolscevichi e dei capi rivoluzionari europei.

Per consolidare la sua politica Stalin allontanerà allora progressivamente dal governo i dirigenti bolscevichi a lui contrari (in seguito fatti poi anche eliminare).  Anche i delegati operai che dirigevano le fabbriche verranno lentamente sostituiti con membri del partito a lui fedeli, così da avere il controllo diretto delle imprese e soffocare così ogni opposizione. 

Se si abbandona la politica rivoluzionaria internazionale e si fa la scelta borghese, come Stalin ha fatto, diventa del tutto ovvio poi muoversi solo e sempre nell’ambito affaristico ed essere diretti dalla legge del profitto. E diventa inevitabile venir inglobati nel perfido gioco imperialistico dello scontro tra nazioni nella lotta cruenta tra borghesie per la conquista di nuove sfere di influenza, cioè per la conquista di nazioni. In questa logica di conquista Stalin vedrà conveniente allearsi con l’acerrimo nemico politico, il nazista razzista Hitler per spartirsi la Polonia, poi aggredito da Hitler stesso cercherà aiuto  e si alleerà con i nemici Inghilterra e Stati Uniti.

In tutte queste giravolte borghesi, il controrivoluzionario Stalin continuerà la farsa di farsi osannare come  “comunista” per poter meglio ingannare e coinvolgere il proletariato russo.

Un’esperienza la rivoluzione/controrivoluzione russa, sia nel bene che nel male, piena di insegnamenti per noi rivoluzionari.

Ci chiarisce una miriadi di aspetti come una rivoluzione può essere condotta, ma anche come una controrivoluzione può avvenire.

.

LE DOMANDE CHE PIU’ SPESSO CI VENGONO RIVOLTE

___________________________________

 

Nell’ex DDR e Unione sovietica esisteva il socialismo?

Indipendentemente da come una nazione si autodefinisce, che si definisca socialista o comunista, esiste un metodo scientifico semplice, riconosciuto in tutto il mondo, infallibile, per capire se in quel paese esiste veramente il socialismo o no. E il metodo consiste in questo: SE I PRODOTTI VENGONO VENDUTI PER TRARNE UN GUADAGNO allora siamo in regime di  capitalismo, SE INVECE I PRODOTTI NON VENGONO VENDUTI, MA SUDDIVISI EQUAMENTE TRA LA POPOLAZIONE allora si parla di socialismo, comunismo. Perciò nell’ex Urss, ex DDr, ecc. e adesso Cina, Cuba ecc. dove i prodotti vengono venduti per trarne un guadagno, si parla, senza ombra di dubbio, di capitalismo.

Perciò il crollo dell’ex Urss e dei suoi paesi satelliti non è stato il crollo del socialismo, perché in quelle nazioni non esisteva nessun socialismo, ma il crollo di alcuni paesi capitalistici, a capitalismo di stato per l’appunto.

Si può senz’altro affermare che il “Socialismo in un paese solo” stalinista non è altro che una delle tante forme di “Nazionalismo borghese” .

 

Ma che cos’è veramente il socialismo?

Il socialismo sono i lavoratori al potere che gestiscono lo stato, dirigono le fabbriche e la società. I ricchi borghesi vengono espropriati delle aziende e mandati a lavorare ricevendo uno stipendio uguale a tutti gli altri lavoratori.

Nel socialismo la produzione non viene più venduta, commercializzata come succede adesso per trarre profitto, ma nella nuova organizzazione sociale, i prodotti vengono suddivisi tra la popolazione per il benessere comune seguendo il criterio “da ogn’uno secondo le sue capacità, ad ogn’uno secondo i suoi bisogni”.

 

La rivoluzione è possibile?

La società  capitalistica presenta un’enormità di contraddizioni visibili a tutti e nel suo sviluppo procede a cicli in cui si alternano lunghi momenti in cui la rivoluzione non è possibile, a corti ma intensivi momenti, in cui la rivoluzione è possibile.

Nei lunghi cicli di espansione con relativo benessere, in cui le contraddizioni non sono così acute e sono relativamente limitate, la borghesia che domina la società può senza grossi problemi controllare il proletariato.

Ma ben diversa si presenta la situazione quando arrivano i corti ma particolarmente intensivi momenti in cui gli affari producono crisi acutissime con guerre. In queste situazioni il proletariato viene portato a condizioni estreme con immani distruzioni , fame, innumerevoli morti. E’ in queste situazioni, come ben visto da Marx e confermato più volte dalla storia, che si creano le condizioni materiali perché il proletariato in massa possa reagire contro la propria borghesia, combattere e arrivare  alla rivoluzione.

 

Ma se le masse sono così apatiche, com’è possibile la rivoluzione?

Il capitalismo si muove a cicli. Non bisogna farsi ingannare dal momento in cui si vive. Certo, adesso è così, viviamo in un momento di relativo benessere e la gente non pensa certo alla rivoluzione, questo è normale. Ma  non è sempre stato così e non sarà certo sempre così. Chi si interessa di politica, a chi piace la politica, deve avere la consapevolezza profonda che la società capitalistica è in continuo movimento: lunghi momenti di espansione con relativo benessere che si alternano a corti, ma intesivi momenti, di crisi, anche molto gravi, che si possono trasformare in guerre. Tutto questo non dipende dalla volontà delle persone, ma dal movimento oggettivo del sistema affaristico.  La gente comune queste cose non le conosce, ma noi che ci interessiamo di politica, le dobbiamo conoscere. Alla gente comune, che adesso sta vivendo un lungo momento di benessere, sembra impossibile che possano ritornare ancora momenti terribili ed è normale che pensi che la situazione non si modificherà mai più in negativo e rimarrà sempre così. Ma noi marxisti scientifici, esperti del ciclo capitalistico e quindi di realtà, sappiamo benissimo che il mondo degli affari è controverso e orribile e che causerà ancora situazioni terribili. E’ il ciclo capitalistico individuato a suo tempo da Marx e da Engels e confermato mille volte dalla realtà. E noi sappiamo  benissimo che la gente oggi è tranquilla e non pensa alla rivoluzione e ad una società superiore, semplicemente perché la situazione è tranquilla, ma se la situazione cambiasse e si modificasse , si esasperasse, anche le persone si modificheranno e una volta arrivati all’ esasperazione cominceranno in massa a pensare alla società superiore. E quello sarà il momento della rivoluzione! Esattamente come hanno fatto a suo tempo i bolscevichi con successo.” 

 

Perché non siete in parlamento?

La grande borghesia industriale e finanziaria, che è una piccolissima minoranza della popolazione, l’1%, ha l’enorme problema di controllare la gran massa del proletariato, che in alcune nazioni arriva ad essere anche l’85% della popolazione attiva.

Per arrivare a questo enorme controllo ha bisogno di strumenti adeguati. I media, cioè i giornali e le tv e poi le scuole, le università, il clero, ecc. svolgono egregiamente questo compito. Ma lo strumento migliore, per eccellenza, viene svolto dal Parlamento.

Il parlamento serve al padronato per dare l’impressione al proletariato attraverso il voto, di poter decidere sulla conduzione della vita politica ed economica del paese, di aver un ruolo.

Il trucco, il gioco di prestigio dei ricchi nell’uso di questo strumento, consiste nel fatto di far votare il lavoratore facendolo scegliere su una vasta gamma di partiti dei quali il lavoratore conosce poco o crede di conoscere. Partiti che invece, chi direttamente, chi indirettamente, nascostamente, lavorano per il padronato e fan finta di polemizzare tra di loro. Dopo il voto, per il fatto che i parlamentari rimangono in carica 4 o 5 anni e in questo periodo non possono più essere ritrattati, il lavoratore che li ha votati non è più in grado di controllarli e quindi i partiti, slegati da chi li ha votati, possono prendere qualsiasi decisione, seguendo le indicazioni e gli interessi dei ricchi imprenditori da cui direttamente o indirettamente dipendono.

Il  lavoratore che con il voto è convinto di essere stato determinante, in realtà non svolge nessun ruolo. Gli è stato buttato solo fumo sugli occhi per attirarlo in una scelta che con i suoi interessi nulla ha a che fare.


 

________________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

 Punti fermi della scienza marxista

Riproponiamo qui al lettore un articolo tratto dalle dispense “Teoria e pratica del marxismo” edito da “Lotta Comunista” nel 1996.

 

MERCE E DENARO:

Le basi della società capitalistica       

  (parte terza)

 

LA MONETA

(denari romani)
(denari romani)

(segue da “Il plusvalore”)  … Abbiamo visto come viene determinato il valore di una merce, sulla base del tempo di lavoro, ma il valore non viene espresso in questi termini.

Non si dice: questo libro vale 1 ora di lavoro, ma: vale 10 kg di pane, oppure un grammo d’oro ecc. Analogamente in fisica il peso è determinato naturalmente, può essere espresso solo nel confronto con un altro corpo, ad es. con un blocco di ferro posto sull’altro lato della bilancia.                                        

Dato che il valore delle merci è definito dalla quantità di lavoro socialmente necessario che contengono, esso potrà apparire solo nell’atto sociale dello scambio.                          

Passando dal periodo in cui lo scambio è ancora accidentale, semplice, effettuato sotto forma di baratto presso i popoli primitivi, ad una società in cui lo scambio è diventato ormai la regola e riguarda un’infinità di prodotti, diventa necessaria una merce in cui tutte le altre merci possano esprimere il loro valore di scambio particolare.                                                                                                                     

Una merce diventerà quindi l’equivalente generale, l’incarnazione generale del valore, perché essa è immediatamente scambiabile con tutte le altre merci ed è immediatamente accettata in cambio di qualsiasi altra merce.

In questa forma la parte di equivalente generale può essere svolta da qualsiasi merce: può essere il bestiame, ma potrebbe essere il sale, il grano, il riso, ecc. 

Lo sviluppo storico ha selezionato alcune merci specifiche che man mano hanno assunto come proprio compito sociale quello di rappresentare il valore, e questo posto è stato storicamente conquistato da una merce particolare, l’oro, che assume la forma di denaro.

Da ciò risulta come esso non sia stato una “invenzione” dell’uomo (e men che meno del demonio); non è neppure (il denaro inteso come oro) un semplice segno del valore. Il denaro è una merce, la merce oro, e il suo valore è determinato come quello di tutte le merci, sulla base del tempo di lavoro necessario per produrlo. Ciò che lo differenzia dalle altre merci è che il suo valore d’uso è essere valore di scambio: se l’auto serve per viaggiare, il pane per mangiare, ecc. l’oro serve per misurare il valore di tutte le altre merci; è l’incarnazione del lavoro umano in genere e come tale metro di tutti i valori.

Questo è possibile anche per le particolari caratteristiche dell’oro che lo rendono adatto a questo scopo, tra le altre:

1-        è particolarmente inalterabile nel tempo, come tutti i metalli nobili.

2-        è divisibile e componibile a piacere: in polvere o mediante fusione, e quindi può misurare qualsiasi valore.

Come già detto, il valore di una merce è data dal tempo di lavoro necessaria per produrla; è quindi una grandezza determinata. Il suo prezzo è l’espressione del valore in denaro in oro, e come tale può apparire solo nel rapporto di scambio, nel mercato. Qui possono esserci altri fattori che influenzano il rapporto di scambio (ad es. la legge della domanda e dell’offerta). Da qui la possibilità che il prezzo differisca dal valore.

L’analisi svolta da Marx nel 1° libro del Capitale sono fatte nell’ipotesi prezzo = valore.

Così come si è venuta storicamente a determinare, la funzione del denaro è di mediare lo scambio delle merci. Quando questo diviene generalizzato, lo scambio immediato, cioè il baratto, non è più tecnicamente possibile. Quello che Marx chiama il ricambio organico sociale, quel processo presente in ogni società, per cui i prodotti del lavoro umano passano da chi li ha creati a chi li usa, avviene con la mediazione del denaro. Lo scambio delle merci avviene quindi nella forma M-D-M [merce-denaro-merce]. (…). Il processo definitivo è definito circolazione delle merci.

In tutte queste operazioni il denaro funge da mezzo di circolazione e in quanto tale può essere anche sostituito da semplici segni. Come scala dei valori e dei prezzi il denaro deve essere oro, cioè una merce reale che contenga lavoro, ma come mezzo di circolazione può essere sostituito anche da cartamoneta garantita dallo Stato con le sue riserve auree; è quello che è avvenuto nei negli ultimi secoli.

Così dunque si sono formati storicamente gli elementi di base su cui si è potuta sviluppare la società capitalistica: la merce e il denaro. (…). I valori di queste merci a loro volta possono variare per molteplici motivi che sfuggono al controllo delle persone (un cattivo raccolto, una innovazione tecnologica, la scoperta di una miniera, ecc. [che alzano od abbassano i prezzi- ndr.]). Tutto questo spinge i produttori a ritenere le merci dotate di una vita propria, come qualcosa di divino o al più una forza della natura.

E’ quello ch Marx chiama il feticismo della merce. Questo carattere di feticcio (cioè divino, impenetrabile all’intelletto umano) che il borghese da alla merce viene esteso a maggior ragione al denaro e poi al capitale.

Lo scopo del marxismo è svelare al di sotto dei rapporti tra cose i reali rapporti tra le persone, i rapporti sociali.

Ciò permette, oltreché di non diventare “schiavi” del dio oro, di capire scientificamente il capitalismo, le contraddizioni che ciclicamente produce (crisi economiche, pauperismo, disoccupazione, ecc.) e di “immaginarsi … un’associazione di uomini liberi che lavorino con mezzi di produzione comuni e spandano coscientemente le loro forze lavoro individuali come una sola forza lavoro sociale” (Il Capitale – 1,1,4) 

Punti fermi della scienza marxista

 Proseguiamo qui nell’approfondimento del falso socialismo,

cioè del capitalismo di stato camuffato da “socialismo”

_______________________ 

 

ex UNIONE SOVIETICA - ex DDR e il FALSO SOCIALISMO

LE STATALIZZAZIONI NELL’ATTUALE SOCIETA’ CAPITALISTICA NON SIGNIFICANO COMUNISMO

 

(ma capitalismo di stato)

 

F. Engels - ”Antidühring” 1878

 

“Di recente però, da quando Bismarck si è dato a statizzare, ha fatto la sua comparsa un certo socialismo falso, e qua e la è persino degenerato in una forma di compiaciuto servilismo, che dichiara senz’altro socialista ogni forma di statizzazione”.

 

 

 

Il socialismo sono i lavoratori al potere che gestiscono lo stato, dirigono le fabbriche e la società. I ricchi borghesi vengono espropriati delle aziende e mandati a lavorare ricevendo uno stipendio uguale a tutti gli altri lavoratori.

Nel socialismo la produzione non viene più venduta, commercializzata come succede adesso per trarre profitto, ma nella nuova organizzazione sociale, i prodotti vengono suddivisi tra la popolazione per il benessere comune seguendo il criterio “da ogn’uno secondo le sue capacità, ad ogn’uno secondo i suoi bisogni”.

E’ il concetto ufficiale di socialismo o comunismo universalmente riconosciuto.

Un tipo di società quindi completamente diversa da quella attuale, affaristica.

Gli stalinisti, i maoisti, hanno invece un'altra idea di socialismo. Per loro è sufficiente che nell’attuale società venga attuata la statalizzazione delle fabbriche e dei servizi per dire che si è già nel socialismo, anche se l’economia continuala funzionare con la concorrenza, la vendita, il profitto, la classe operaia. In questo tipo di società, per essere effettivamente socialismo, affermano, al governo deve dirigere un partito che sia “comunista”. Seguendo questo criterio, le  organizzazioni staliniste e maoiste riconoscono nella Cina, Cuba e ancora prima nell’ex Unione Sovietica e nell’ex DDr sia esistito ed esista il “comunismo”. Cosa che i marxisti invece negano.

Due concezioni completamente diverse, com’è evidente, opposte di società socialista.

Le riassumiamo viste dal nostro punto di vista: per noi marxisti il socialismo sono i lavoratori al potere che dirigono le fabbriche e la scomparsa del mercato affaristico; per gli stalinisti il socialismo è l’attuale società, con le fabbriche statalizzate dirette da un partito che si definisce “comunista”.

____________________________________

 

Entriamo meglio nel dettaglio e chiariamo ulteriormente la nostra posizione.

Siamo perfettamente d’accordo con Engels quando asserisce (come citato nel titolo) che la statalizzazione di un’azienda o più aziende in un sistema sociale capitalistico-affaristico non può essere socialismo, è “falso socialismo”. Perché non modifica assolutamente niente nel sistema portante della società del profitto, della concorrenza, della vendita, della classe operaia stipendiata, che assolutamente rimangono, anche se il partito che gestisce il potere si autodefinisce “comunista”, come accade adesso in Cina o Cuba. Anche in questi paesi è la dittatura del profitto che dirige tutto la società, e questo per noi si chiama “capitalismo”, capitalismo di stato per l’appunto. Se vogliono, gli stalinisti e i maoisti possono già trovare i loro sconfusionati predecessori già nel lontano 1878 (come nel sottotitolo) allorchè Engels correttamente definisce il loro pensiero “degenerato”. L’azienda statalizzata nella società borghese, diretta da specialisti in economia, anche se essi si ritengono “comunisti”,  svolgerà sempre e comunque le stesse funzioni di una qualsiasi altra azienda privata: produrre guadagno.

L’evidenza di tutto questo è sotto gli occhi di tutti, la si può facilmente trovare nelle aziende statali cinesi, dove i guadagni delle imprese e delle banche sono alle stelle e contemporaneamente si attua un brutale sfruttamento dei lavoratori sottopagati, il tutto documentato da resoconti ufficiali, statistiche, dati, ecc.

E se queste aziende statali ad un certo momento diventano non più redditizie (esattamente come accade a quelle private) anch’esse non possono sfuggire alle inesorabili leggi del capitale: subiscono ristrutturazioni per ritornare in attivo, avvengono  licenziamenti, ecc. oppure avviene la chiusura, come sta succedendo attualmente in Cina. Se poi il rinnovo tecnologico dei macchinari delle fabbriche a livello nazionale addirittura tarda a venire o non avviene, com’è accaduto nell’ex Unione Sovietica e paesi satelliti, allora la concorrenza delle fabbriche internazionale più competitive le fa crollare tutte assieme, tirandosi dietro nel disastro tutta la nazione.

All’interno del mercato capitalistico dove regna la ferrea legge del profitto non c’è spazio per “socialismo” o “isole di socialismo”. O socialismo o capitalismo! Non c’è scelta.

In diverse forme, molti hanno teorizzato il “socialismo” all’interno della società capitalistica (Gramsci, Stalin, Bukarin, Mao, Dühring, Castro) e tutti hanno subito l’inevitabile sconfitta.

Se  si vuol parlare di socialismo bisogna  assolutamente parlare di un’altra realtà sociale.



ALLEGATO

 

Ripresentiamo alla lettura un articolo del gennaio 2015, visto il forte interesse che l’argomento raccoglie tra i giovani.

 

 

ATTUALITA’ DEL MARXISMO

 

 

 

"La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressi ed oppressori sono sempre stati in contrasto fra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta".

(Marx-Engels, Manifesto del partito comunista - 1848)

 

 

 

Siamo abituati a vivere il giorno per giorno. Difficile pensare che tutto sia in movimento, che ci sia stata un’evoluzione della società e che la società possa cambiare ancora.

Eppure è così.

Come Darwin nella evoluzione delle specie ha dimostrato, e gli scienziati d’oggi confermano, che la natura è in continua evoluzione, così Marx ed Engels  comprovano  che anche la società ha subito lo stesso percorso.

Engels in collaborazione con Marx, chiarisce nella “Dialettica della natura” come l’essere umano, per risolvere i suoi problemi di sopravvivenza e socialità si sia organizzato nel tempo in diversi tipi di società. Tipi di società dove, a parte il comunismo primitivo, dove l’essere umano viveva nelle tribù, cacciando e coltivando la terra e dove tutto veniva suddiviso tra i membri della tribù stessa, regnava lo scontro tra  classi per l’appropriazione della produzione.

Nelle società schiavistiche (egiziana, assiro-babilonese, greco-romana, ecc.) gli schiavi dovevano lavorare al servizio dei loro padroni ( che avevano diritto di vita e di morte su di  loro)  in cambio di un  minimo indispensabile per la sopravvivenza (a livello di animali).

Nel Medio Evo i servi della gleba erano contadini che appartenevano, assieme alla terra, al nobile. Coltivavano la terra per se stessi ma dovevano dare una parte del raccolto al nobile e al clero (la famosa decima).

Nel capitalismo il salariato non appartiene a nessuno, è libero. Vende la sua forza lavoro in cambio di un salario.

Questa suddivisione in classi ha sempre portato a fortissimi scontri e rivolgimenti sociali.

Perché? Il meccanismo è sempre stato lo stesso: gli oppressi, gli sfruttati, una volta diventati la maggioranza della popolazione, dovuto ai meccanismi della specializzazione del lavoro, hanno cominciato ad aspirare a migliori condizioni di vita ed ad una società superiore,  ribellandosi contro la classe opprimente.

Esempio, gli schiavi: perché dare tutto quello che veniva prodotto  nel campo, nella fattoria, al piccolo padroncino per ricevere in cambio il minimo indispensabile per la sopravvivenza (trattati proprio come animali) quando erano loro a produrre il tutto? Un enorme passo sociale in avanti per loro è stato quando non più schiavi hanno potuto, come servi della gleba,  lavorare il campo, la fattoria del nobile, tenersi la produzione e 

 

 

darne solo una parte al nobile e al clero.

Per gli artigiani nel Medio Evo (progenitori dell’odierna borghesia): nelle botteghe delle città,  come  conseguenza della specializzazione del  lavoro la produzione aumentava  facendo diminuire i prezzi con conseguente aumento della domanda di merci: perché non produrre di più,  aumentando i dipendenti?  Dipendenti, vale a dire persone libere che lavorino in cambio di un salario, invece di  rimanere legate al nobile per lavorare la terra? Perché non avere uno stato grande dove le merci possano essere commercializzate liberamente, invece dei piccoli feudi dei nobili?

Per il contadino nel tardo Medio Evo: nelle città la manifattura si sviluppava cercando manodopera: perché non essere libero di vendere la propria forza lavoro in cambio di un salario e migliorare la propria condizione anziché rimanere legato alla terra del nobile dove la vita è molto povera?

Tutti questi cambiamenti sono stati degli enormi passi in avanti per l’umanità e sono costati enormi sforzi, enormi battaglie, per poter passare da un ordinamento all’altro.

Adesso si pone la domanda: l’umanità si fermerà alla società capitalistica?

Marx da scienziato dice: NO! Assolutamente NO! Anche la società capitalistica si evolverà. Esattamente come Darwin dimostra che l’evoluzione delle specie proseguirà.

Il proletariato diventando nel mondo la classe maggioritaria della popolazione avrà bisogno di un altro tipo di società.

Il proletariato non avrà più bisogno dell’imprenditore, privato o pubblico che sia (ridotto a piccola minoranza nella popolazione) per gestire la produzione. Una produzione che potrà essere organizzata non vendendo i prodotti per trarne un guadagno, ma suddividendo i prodotti tra la popolazione. Mettendo così fine alle crisi, alle guerre (con enorme inutile distruzione di vite umane e produzione), allo sfruttamento, alle classi.

Non sarà però ne semplice ne facile, come la storia dimostra.

Marx spiega che le enormi crisi capitalistiche mettono e metteranno in moto, come reazione, masse enormi di proletari inferociti. Queste masse desiderano una vita decente, dignitosa, normale. La società capitalistica questo non glielo può dare. La società superiore, la società comunista, non è e non sarà un bel sogno, sarà una necessità.

 

„Der kommunistische Kampf“ – gennaio 2015


 

_________________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

ALLEGATO

Riproponiamo al lettore un articolo sul concetto realistico di cos’è l’Europa, articolo apparso sul nostro giornale di marzo 2014.

 

 

L’UNIONE EUROPEA OVVERO 

L’UNIONE DEL PADRONATO EUROPEO

 

 

 

Più volte la borghesia ha tentato di riunire il mercato europeo.

Il primo tentativo è stato con Napoleone.

A fine 800 la Francia era in forte sviluppo e cercava, creando una forza europea continentale, di contrapporsi ad un imperialismo inglese che aveva colonie in mezzo mondo. La forza economica francese e il genio di Napoleone non sono però bastate ad avere il sopravvento sulle altre borghesie.

Il secondo tentativo  di riunificazione europea è stato portato dalla borghesia tedesca con Hitler..

Dopo la riunificazione germanica attuata dalla Prussia con la guerra del 1870, l’industria tedesca aveva avuto un forte impulso e l’intero mercato europeo, occupato e tenuto stretto dalle altre nazioni, non lasciava spazi per gli affari accresciuti della borghesia tedesca in forte espansione. Quindi il padronato tedesco cercherà con le armi, nel primo conflitto mondiale di ottenere quei territori necessari per permettergli di continuare ad avere guadagni lucrosi. 

La sconfitta del 1918 fermerà momentaneamente i suoi propositi.

Ed è appunto con Hitler che il padronato tedesco ci riprova una seconda volta. Questa volta la forza militare è maggiore e meglio attrezzata di prima, quella messa in campo nella prima guerra mondiale.

La borghesia americana con il suo intervento massiccio militare, ma soprattutto economico, a sostegno degli alleati farà fallire l’intervento tedesco. Con la vittoria gli Usa si assicureranno che non venga a formarsi una borghesia unica europea, che sarebbe stata una concorrente troppo pericolosa  per gli affari e per i guadagni americani nel mercato globale.

Per il padronato tedesco il risultato è, che con la sconfitta non solo non riesce a riunire il mercato europeo, ma si ritrova addirittura con la stessa Germania divisa!

Il problema di una Europa unita però è sempre stato ben presente nei gruppi industriali e finanzieri europei. E’ una questione vitale di

 

 

sopravvivenza nella giungla della concorrenza tra potenze nel mercato globale. Chi è più grande e forte economicamente è avvantaggiato rispetto ai piccoli. E’ la legge inesorabile del capitale.

Dopo la seconda guerra mondiale sono le borghesie tedesca – francese –italiana che, riprovando,  instaurano accordi economici per la creazione del mercato unico europeo (MEC). Il processo però è  lungo e lento.

Con la riunificazione tedesca del ‘89 e il crollo Urss del ’91 l’integrazione  trova un forte impulso. Nel ’92 viene stipulato il trattato di Maastricht e nel 2002  avviene l’introduzione dell’euro.

Da allora la riunificazione europea subisce un nuovo forte rallentamento.

Nei 10 anni successivi all’introduzione dell’euro il fatto più significativo è  l’accordo  che regola per legge le banche a livello europeo conclusosi l’anno scorso in dicembre.

C’è da chiedersi come mai dopo lo slancio degli anni 90, quando l’unione politica e militare europea sembrava quasi a conclusione, il processo di unificazione abbia subito un tale rallentamento.

Vien da pensare che il padronato americano, forte della vittoria della seconda guerra mondiale sui due fronti europeo e asiatico, tolleri una Europa unita solo  sul piano economico e finanziario, cioè dal loro punto di vista un’Europa “debole”, ma non la voglia “forte”, cioè unita politicamente e tantomeno  militarmente.

Si deduce che l’imperialismo americano può vedere, nel gioco di potenze  globali,  in un’Europa economica e finanziaria unita  un contrappeso da porre alle nuove potenti borghesie emergenti, soprattutto asiatiche, che hanno una  stazza continentale. Ma sembra chiaro che nel rapporto con gli europei il padronato americano vuole avere un ruolo predominante e dirigente, sia politico che, in particolar modo militare.

 

 

„Der kommunistische Kampf“- Marzo 2014



Email

Visits

Social

Blog

Home