Analisi sulla guerra in Ucraina: una guerra tra imperialismi.

PUTIN, NELLA TRAPPOLA

DI BIDEN MINACCIA L’USO DELL’ATOMICA

LO SCOPO E’ COSTRINGERE WASHINGTON AL COMPROMESSO

 

 

 

 

Come già sottolineavamo subito dopo l’inizio del conflitto nell’interessante articolo “La guerra in Ucraina sta rafforzando notevolmente l’imperialismo americano sulla scena internazionale” (Der kommunistische Kampf” - 3 maggio 2022), l’establishment Putin che dirige l’imperialismo Russia non ha chance in questa guerra, è nella trappola dell’ultrapotente imperialismo USA, che sfruttando il conflitto Ucraina ne approfitta nello scontro tra capitalismi, armando massicciamente gli ucraini, per portare il concorrente russo ancora una volta alla disfatta. 

In questo conflitto, che da subito si è delineato come un conflitto tra Russia e Stati Uniti (che armano e finanziano gli ucraini) agli americani è chiaro che se continueranno a sostenere l’esercito ucraino, alimentando così la continuazione della guerra, l’esercito russo non potrà reggere a molto, sarà inevitabilmente sconfitto, fino al ritiro completo dalle zone occupate nel paese. Per l’establishment di Mosca questo significherà la disfatta militare totale.  

Se poi a questo si aggiungono le durissime sanzioni economiche-finanziarie imposte da americani e europei, che lentamente stanno portando l’economia russa in una recessione economica profonda, si ha il quadro completo, in questa contesa armata  tra capitalisti per rubarsi il mercato Ucraina, del disastro in cui anche la popolazione russa è stata portata, e delle enormi difficoltà in cui si è infilato il governo imperialista Putin.  

Naturalmente con la sconfitta militare e il tracollo economico il vero obbiettivo dei capitalisti di Washington è quello di spazza via anche l’attuale dirigenza Putin-Medvedev-Lavrov. Così che venga sostituita da un governo russo meno aggressivo sulla scena internazionale (forse con il noto oppositore Navalny).    

Ed è precisamente per raggiungere il crollo e dimissioni della leadership Putin, a nostro avviso, (ma anche secondo altri commentatori) che gli USA assieme agli europei ignorano e rifiutano (e lo fanno dire pubblicamente al presidente ucraino Selenski) tutte le proposte e i gridi di mediazione provenienti da tutto il mondo e soprattutto dallo stesso governo russo. Non interrompendo il flusso continuo di armi all’esercito ucraino e proseguendo nelle dure sanzioni economiche contro Mosca.   

E questo spiega come mai Putin, avendo chiaro l’intenzione americano di abbatterlo, stia disperatamente cercando aiuto dal presidente turco Erdogan e di quello cinese Xi Jinping per una mediazione di fine guerra. Una mediazione che però non sia il ritiro totale dall’Ucraina, ma di mantenere sotto controllo russo una parte dei territori già occupati, presumibilmente Crimea e Donbass, da presentare poi all’interno della Russia come una vittoria e non essere costretto alla dimissione, al tracollo.

Poiché Washington rifiuta categoricamente questa proposta di Mosca e verosimilmente al contrario pretende il completo ritiro russo, Crimea compresa (come sempre Selenski ufficialmente dichiara) il che significherebbe la totale disfatta militare-politica russa con seguenti dimissioni del suo governo, Putin, secondo molti osservatori, per evitare la catastrofe gioca disperatamente l’ultima carta a sua disposizione: minaccia l’uso dell’atomica e ha indetto il referendum farsa nel Donbass per l’annessione dei territori ucraini conquistati militarmente, così da crearsi, com’è noto, il pretesto in Russia per imporre ai giovani riservisti di andare in guerra.  

Ma al governo imperialista di Washington e quelli europei è chiaro che la minaccia  dell’atomica è un bluff e la costrizione dell’entrata in guerra di 300.000 riservisti russi è l’ultima chance senza speranza del governo Putin. Poiché diversi esperti militari sottolineano che in questa atroce e sanguinosa guerra in Ucraina ciò che fa la differenza non è il numero di soldati, ma l’alta tecnologia delle armi impiegate. E le armi a disposizione dell’esercito ucraino fornite soprattutto dagli americani, ma anche dagli europei, sono di sicuro di altissima tecnologia, in netto contrasto con quelle russe molte delle quali obsolete. La sconfitta militare russa appare quindi inevitabile e solo una questione di tempo. Così come il tracollo economico russo, dato anch’esso come questione di tempo.        

Perciò in questo scontro banditesco interimperialista, USA e europei, guardando il futuro in questa prospettiva, sicuri della vittoria, proseguono decisi nel finanziare e nell’armare gli ucraini perchè la guerra prosegui. L’imperialista Putin l’ha iniziata, gli altrettanto imperialisti americani e europei la continuano. E’ così che il perverso sistema capitalistico funziona.  Tutta normalità nel repellente sistema. 

Una guerra dove giovani proletari russi e ucraini (che prima erano amici) dopo essere stati sfruttati nelle fabbriche, ora come soldati vengono utilizzati come carne da cannone, gli uni contro gli altri, per gli sporchi interessi dei capitalisti. E’ la stessa tragica storia che si ripete, ogni volta, come in tutte le altre guerre.  

Nei conflitti il marxismo non si schiera mai dalla parte di uno dei belligeranti capitalisti, siano essi, come in questo caso, Ucraina o Russia o americani, ma sempre e solo dalla parte dei proletari sfruttati, trascinati nella guerra. Ossia con i lavoratori russi e ucraini indistintamente, contro i propri capitalisti russi e ucraini. Veri responsabili del disastro guerra.

Per il marxismo esiste una sola via d’uscita alle orribili guerre capitalistiche:

 

CONTRO LA GUERRA RIVOLUZIONE!

 

I SOLDATI UCRAINI E RUSSI COMBATTONO E SI FANNO UCCIDERE SOLO PER GLI INTERESSI DEI CAPITALISTI.

DOPO AVERLI SFRUTTATI NELLE FABBRICHE VENGONO UTILIZZATI ADESSO DAI CAPITALISTI DI ENTRAMBI I FRONTI IN GUERRA COME “CARNE DA MACELLO” PER RAGGIUNGERE I LORO SCOPI.

 

PER LORO A GUERRA FINITA RIMARRA’ SOLO - COME SEMPRE - OLTRE ALLE MUTILAZIONI PER LE FERITE, IL DURO E MALPAGATO LAVORO, SFRUTTAMENTO, PRECARIETA’, E ANCHE IN MOLTI CASI DISOCCUPAZIONE E MISERIA.

 

Si, come in tutte terribili le guerre anche in questa, tra Russia e Ucraina, sono i giovani soldati russi e ucraini che a loro insaputa ne pagano il tragico prezzo, si fanno uccidere per gli interessi dei ricchi dei loro paesi.  

Perché anche in questa guerra, come in tutte le altre, come scrive Lenin in “Guerra e Rivoluzione”, la causa sicuramente “non è perchè due popoli che prima vivevano in pace, improvvisamente ora uno attacca l’altro e l’altro deve difendersi”. Questo certamente no. Il perché anche di questo tragico conflitto è nello scontro di interessi tra multinazionali: grandi complessi industrial-finanziari russi contro quelli europei, in contesa tra di loro per rubarsi il “mercato Ucraina” (così lo chiamano). Che per imporsi non hanno alcun problema a farsi la guerra l’un l’altro, visto che controllano i governi dei propri paesi. Trascinando nell’ennesima tragedia le popolazioni coinvolte, loro malgrado.  I capitalisti sanno essere in certe situazioni di concorrenza, estremamente violenti e guerrafondai pur di eliminare un concorrente, come la storia ripetutamente ci dice.

Ma i giovani proletari russi e ucraini di entrambi i fronti che si combattono e si uccidono a vicenda, cos’hanno a che fare con questa spartizione di mercati? NIENTE. Assolutamente niente. I vantaggi che anche da questo ulteriore massacro per il “mercato Ucraina” usciranno, andranno ancora una volta a riempire le tasche dei superricchi, non certo quelle dei poveri giovani combattenti proletari. Il loro scopo, anche in questo ennesimo e inutile conflitto, è essere utilizzati come “carne da macello”.

Una storia questa dell’allargamento verso est delle multinazionali europee, iniziata nel lontano 1989, quando i potenti complessi industriali europei strapieni di capitali (ottenuti naturalmente dall’intenso sfruttamento dei salariati) dopo aver nei decenni precedenti investito a lungo e massicciamente  nei paesi nell’est Europa del “Patto di Varsavia” sotto controllo Unione Sovietica (Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, ecc.) riescono a far cadere “il Muro”, e di seguito portare questi stati da sotto influenza russa nella sfera europea. Come conseguenza l’Unione Sovietica si sfascia e al suo posto si installa l’attuale “Federazione Russa”. 

Da allora son passati un paio di decenni e queste multinazionali, la cui accumulazione di capitali non conosce sosta, hanno cominciato a investire anche nei paesi della cosiddetta “vicina Russia”: ossia Ucraina, Bielorussia, ecc. Dove anche qui trovano la possibilità di ulteriori enormi capitali. E come prassi nello scontro tra capitalisti, esattamente come successo in precedenza per Polonia, Ungheria, ecc. manovrano  per  avere anche il controllo politico di questi stati, portarli nell’area europea.

Ma questi sono stati di storico e strettissimo controllo Russia, ossia delle multinazionali russe. Che dopo la caduta del muro e aver perso i paesi nell’est Europa dell’ex “Patto di Varsavia” adesso non tollerano di perdere anche l’Ucraina e domani, verosimilmente, anche la Bielorussia e altri stati ancora sotto la loro influenza. Ed ecco lo scontro: quello terribile, quello armato, prassi e logica nello scontro interimperialista.     

C’è da rimarcare che le multinazionali europee per arrivare all’obiettivo di conquista politica di un nuovo stato hanno logicamente i loro sistemi già molte volte sperimentati. Ossia: con i loro mezzi di informazione - tv, giornali, ecc. – riescono con il tempo a creare nel paese un sentimento filo europeo e anti russo, il tutto accompagnato da grossi finanziamenti a organizzazioni e partiti che accolgono questo indirizzo politico. Fino al punto che le idee e i partiti filoeuropei diventano nel paese la maggioranza o quasi.  

E’ in questa nuova situazione di ascesa dell’influenza Europea che in Ucraina è scattata la reazione della Russia, cioè delle multinazionali russe, che si vedono soffiar via anche questo mercato. Con conseguente rabbiosa reazione militare. (Paradossalmente in Russia questa guerra Ucraina viene mistificata come guerra santa marxista, nel senso di una guerra contro l’oppressione dei paesi capitalisti occidentali privati rivali, che nella loro persistente espansione vogliono addirittura arrivare a destabilizzare la Russia stessa).   

Ed ecco la guerra capitalista, quella vera, sanguinosa: prima nel 2014 il massacro per il Donbass, e ora quello per l’intero paese Ucraina. E i salariati nel mezzo a subirne le tragiche conseguenze.

A prescindere  dall’esito del conflitto e da chi vincerà, sarà logico per i lavoratori dipendenti che lavorare per un'azienda filo-russa o filo-occidentale non farà assolutamente alcuna differenza. Dovranno sempre duramente lavorare e  lottare contro padroni sfruttatori europei o russi. Perché, proprio come afferma Marx “il lavoratore non ha patria”. E la causa delle guerre, tutte, va sempre ricercata nelle spartizioni capitaliste, mai nelle popolazioni, è chiaro.

Ma nessun politico o mezzo di informazione o professore chiarisce questo.

E cioè che la “patria” non è una cosa astratta, ma concreta: sono i capitalisti che controllano e dirigono la nazione. Per cui i militari che uccidono e si fanno uccidere lo fanno solo per gli interessi di questi capitalisti. E naturalmente nessuno dice ai giovani combattenti che a guerra finita, mentre le banche a lungo festeggeranno, a loro aspetterà un futuro duro: sfruttamento, precarietà, miseria.

Solo i marxisti spiegano il  tremendo meccanismo capitalista.

Il capitalismo è una società che deve essere assolutamente superata, solo così l’umanità potrà godere finalmente della prosperità  prodotta e beneficiare la vita serena tanto desiderata. 


 

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LE PROFONDE RAGIONI DELL'INVASIONE DELL'UCRAINA DELL’IMPERIALISMO RUSSO

 

 

 

 

Con il crollo dell'Unione Sovietica negli anni novanta l'Ucraina è sprofondata  in una profonda recessione economica, che misurata in termini di PIL (prodotto interno lordo) ha fatto perdere al paese il 59% del suo potere economico. Solo nel 1999 l'Ucraina è riuscita a riprendersi parzialmente e a registrare una crescita economica positiva del 5,6%. In questa ripresa lo sviluppo delle singole regioni è avvenuta  a ritmi diversi.

Delle 24 regioni ucraine, sono le economie della Regione di Kiev e le quattro regioni industriali orientali di Donetsk, Dnipropetrovsk, Charkiv e Zaporizhzhya che assieme rappresentano oltre la metà della produzione economica dell'Ucraina. Mentre la frammentazione della produzione agricola nel centro e nell'ovest e l’industria nell'est e nel sud-est dell'Ucraina rimangono un retaggio dell'epoca sovietica. In questa tempo anche i partner commerciali dell'Ucraina rispecchiano l’eredità del passato.

Nel 2010 la Russia è per l’Ucraina, con il 26% di beni esportati, il partner commerciale più importante, dove esporta macchinari, motori e attrezzature, treni, tram, metalli e prodotti chimici. La quota ucraina di esportazioni verso l'intera CSI (Comunità degli Stati Indipendenti) è in questo momento del 36%. Le fonti energetiche sono importate: il gasdotto "Fratellanza" (in russo Братство, Bratstvo) rifornisce l'Ucraina di gas naturale russo creando una fiorente industria. Fino a questo momento l'economia ucraina è saldamente integrata nella Comunità economica eurasiatica, composta dai Paesi della CSI.

Accordo di associazione e cambio di potere

Il forte orientamento dell'economia ucraina verso lo spazio post-sovietico con le alleanze commerciali già esistenti ha protetto fino a questo momento in gran parte il mercato ucraino dagli influssi occidentali. Ma l’Unione Europea vuole ridurre le barriere commerciali e allineare gli standard e i quadri giuridici, e si mette in moto preparando un accordo di associazione con l'Ucraina. Oltre alla cooperazione economica, l'Ucraina dove allinearsi politicamente alla UE per creare così le basi per l'ingresso nell'Unione.

Viktor Yanukovych ha ricoperto la carica di presidente proprio nel periodo in cui era prevista la firma dell'Accordo di associazione. Nonostante il sostegno iniziale del suo governo all'accordo con la UE, Yanukovych il 21 novembre 2013 poco prima del suo avvio, ha sospeso l'Accordo.

Si ritiene che sia questa sorprendente inversione di rotta che ha innescato le violente proteste di Maidan a Kiev nel gennaio 2014, che alla fine, nel seguente  febbraio 2014, hanno portato al colpo di Stato e alla sostituzione del governo filo-russo con uno filo-UE.

La risposta russa al cambio di potere è stata immediata con l'annessione della Crimea e i conflitti armati nell'Ucraina orientale (regione del Donbass, in particolare Donetsk e Lugansk) dove il governo centrale ucraino ha combattuto i movimenti separatisti sostenuti dalla Russia. Numerose fabbriche nel Donbass sono così passate sotto il controllo dei separatisti o sono state distrutte.

Nella nuova situazione il commercio estero ucraino è stato quindi ristrutturato in modo sostanziale. Le barriere commerciali e le sanzioni introdotte di recente hanno ridotto notevolmente gli scambi con la Russia e le esportazioni verso la CSI sono diminuite del 48% nel 2016. Allo stesso tempo all'Ucraina è stato concesso, già dal giugno 2014, l'accesso al mercato interno dell'UE in larga misura esente da dazi, il che ha portato a un aumento del 7% delle esportazioni verso l'UE (2016) e la tendenza è in crescita. 

Lotta per i mercati

L'esempio dell'Ucraina mostra le strategie e i metodi dei due gruppi di interesse, la UE e la Russia. La UE [carica di capitali - ndr] usa il "soft power", cioè cerca di aprire il mercato ucraino attraverso la diplomazia, le istituzioni internazionali, i media e la formazione dell'opinione, la cultura e anche attraverso incentivi economici, e lo fa con successo. Dall'altra la Russia, che senza i suoi soliti mezzi militari non è riuscita a mantenere l'Ucraina nella sua sfera d'influenza. Per cui è ricorsa al suo solito “Hard-Power“  (potere duro) usando l’esercito  per annettere la penisola di Crimea e controllare il Donbass. A ciò sono seguiti 8 anni di guerra nel Donbass tra ucraini e i separatisti del Donbass.

Questa guerra, tra Ucraina e Russia, si è intensificata poi nel febbraio 2022 e si è estesa a tutto il territorio ucraino e che ora si è concentrata nella parte orientale del Paese.

Gli interessi economici dei capitalisti sono le ragioni di questa guerra. La guerra è solo uno dei tanti mezzi politici dei capitalisti per imporre i loro interessi. Morte e miseria per i proletari sono le conseguenze.

                                                                                                      De. Pu.

 

“Fridays for Future” nel panico.

IL RITORNO DEI GOVERNI

ALLE CENTRALI

A CARBONE E NUCLEARI

“Causa la minaccia della crisi energetica un certo numero die centrali a carbone devono essere messe in funzione dalla riserva – con i corrispondenti effetti sulle emissioni CO2. Resistenze da parte del movimento per il clima“

                                                                                  TAGESSCHAU.com  09.08.2022

 

 

 

Abbiamo sempre messo sull’avviso gli attivisti del “Fridays vor Future” che il problema del cambiamento climatico non può essere risolto nel capitalismo. Abbiamo loro spiegato che già nel passato enormi movimenti ecologisti si erano battuti per contrastare il problema inquinamento e cambiamento climatico, ma non aveva portato a niente. Hanno dovuto cedere e poi sono svaniti. Un tale problema, come tanti altri in questa società affaristica, può trovare soluzione solo con l’abbattimento del capitalismo stesso e la sua sostituzione con una società superiore. Naturalmente questa nostra posizione, per loro totalmente shoccante e controcorrente, è sempre stata accompagnata dai dovuti chiarimenti.

Molti di loro sorridevano ironici all’esposizione delle nostre argomentazioni. Adesso non più.

Adesso tra di loro vige il panico, lo sgomento, la depressione, preludio della prossima amara disfatta e uscita di scena. Esattamente come successo ai precedenti movimenti ecologisti del passato.  

In questo momento l’uso del carbone e dell’energia nucleare serve per far funzionare le fabbriche e le città. E soprattutto serve ai capitalisti che dirigono le nazioni per ottenere profitti.  Non è che perché centinaia di migliaia di ragazzini vanno a protestare nelle piazze, il mondo capitalista si ferma o si trasforma. Questo è ingenuità, totale ingenuità. Il sistema capitalista segue comunque sempre le sue ferree leggi del profitto, anche se questo significa inquinamento,  degrado ambientale o, immani distruzioni come nelle guerre.   

E ora il vero capitalismo si mostra tutto nella sua dura realtà. Il carbone e il nucleare ritornano prepotentemente alla ribalta. Dopo una iniziale ubriacatura ecologica in cui i governi europei si sono cimentati nel trucco di promettere di ridurre l'uso del carbone e dell'energia nucleare nel corso dei decenni, stiamo assistendo a una svolta decisiva. Ora è la corsa affannosa a riaprire centrali a carbone e nucleari che dominano le pagine dei giornali, con la prospettiva di costruirne anche molte altre nuove. Il motivo: la realtà capitalistica. E’ la guerra in Ucraina che si incarica di riportare il “Fridays for Future” dal sogno alla realtà.

L’attuale guerra in Ucraina sta evidenziando come partiti ecologisti e verdi presenti nei vari parlamenti europei che prima erano fermamente contrari all’energia atomica e a carbone, diano adesso il loro assenso affinchè l’energia nucleare possa essere addirittura considerata “verde”  offrendo così il via a ulteriori costruzioni di nuove centrali e non si oppongono più al carbone. E altri partiti che prima  erano pacifisti votano adesso per interventi di sostegno militare alla guerra in Ucraina. Questo accade nella “verde” e “pacifista” Germania, ma anche in Francia, Inghilterra, Spagna e a seguito in tutti i paesi UE.  

Chi è rimasto fermo contrario alle riaperture delle centrali sono gli spontanei e sognatori ragazzini del “Fridays for Future”, che nella delusione della caotica realtà capitalistica, per protestare ora si incollano ai quadri nei musei, si sdraiano nelle piazze, occupano strade e ferrovie. Con la giovane “Greta”, che prima, da sempre presente di persona a tutte le manifestazioni ecologiste, ora constatando chiaramente il fallimento del suo “sogno”, è totalmente scomparsa dalla scena, motivando, che adesso devono essere gli “altri” attivisti a proseguire nella “lotta”.  Un più che prevedibile flop totale. 

E’ importante essere esperti, avere una analisi concreta e realista per non perdersi in obiettivi che come vicoli ciechi non hanno nessuna possibilità di uscita, come appunto la lotta contro il cambiamento climatico. L’abbiamo sempre detto e ripetuto, fino alla nausea.

Il futuro dell’umanità non è, e non potrà mai trovarsi nel controverso disarticolato sistema capitalistico, ma in una società superiore pianificata e equilibrata, senza più sottostare alle leggi del perverso sistema commerciale. Noi lottiamo con estrema sicurezza per questo.


 

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L’UNIONE EUROPEA CONTRO I GIOVANI

 

QUALE FUTURO PER I GIOVANI ?

PIU’ LAVORO PRECARIO !

E’ L’UNIONE EUROPEA (organizzazione sovranazionale della borghesia europea) CHE PREME SUI GOVERNI DEI PAESI MEMBRI PER L’ESPANSIONE DEL LAVORO ATIPICO GIOVANILE. E’ IL VERO MOTIVO PER CUI IN GERMANIA E IN EUROPA IL LAVORO PRECARIO AUMENTA COSTANTEMENTE. 

 

 

 

 

“Il lavoro atipico si espande sempre più!” E' il grido d'allarme del sindacato DGB. E questo, aggiungiamo noi, nel totale silenzio dei media (segretamente diretti dagli imprenditori).

 

Ma seguiamo cosa DGB nell’articolo “La Ue in lotta contro il lavoro precario dei rapporti di lavoro?” del 30 aprile 2019  riporta: Il lavoro precario ha portato ad un drastico aumento dello stipendio minimo. Questo, in Germania è più diffuso rispetto agli altri stati dell’Europa occidentale. 1,2 milioni di occupati guadagnano così poco che dipendono anche dall‘Hartz IV (aiuto statale), ciò dovuto anche al fatto che una parte di essi non riesce a trovare un impiego a tempo pieno“.  Poi prosegue: “Più di un terzo degli occupati europei lavorano nelle diverse forme del lavoro atipico, cioè hanno impieghi che offrono loro o pochi o nessun diritto, nessuna protezione, sicurezza, o introito minimo. Nonostante questa alta quota [di lavoro atipico n.d.r.] la tendenza è in costante aumento. In certi paesi alcune di queste forme di lavoro sono diventate talmente dominanti che vengono considerate addirittura “normali”. Così per esempio in Olanda il 62% degli occupati lavora in Part-time, in Italia il “lavoro autonomo fasullo” è all’ordine del giorno e in Polonia si sono addirittura affermati i “contratti su commissione” che non sono soggetti al diritto del lavoro. Questo comporta che in Polonia il 20% degli occupati non ha nessun diritto al salario minimo,  alle ferie, non si applicano gli orari pieni di lavoro, cioè non vengono pagati gli straordinari, e una grande parte degli occupati non ha le assistenze sociali“.  

Una panoramica europea della situazione lavorativa tutt’altro che tranquillizzante per un giovane che cerca lavoro. Ma al contrario, tutt’altra prospettiva si offre agli imprenditori, che grazie a queste strozzanti atipiche condizioni di lavoro permette loro di ottenere fiumi di guadagni che si aggiungono a quelli già percepiti. Una situazione di forte angoscia quindi per i giovani tedeschi ed europei.

Ma nonostante i continui e forti gridi d’allarme dei sindacati europei e di molti osservatori, da dove arriva il controverso lavoro atipico/precario e soprattutto, come mai si espande sempre più? Tra le tante ricerche condotte è senz’altro il “Rapporto Schirdewan” del 5 febbraio 2020 che dopo aver accuratamente indagato espone la causa di questa piaga sociale: il responsabile è lUNIONE EUROPEA.  E’ L’UNIONE EUROPEA CHE E’ FERREA CONTRO I LAVORATORI !

Ecco cosa emerge dal suo “Rapporto”:

DAL 2011 AL 2018 LA COMMISSIONE EUROPEA HA COSI’ “RACCOMANDATO”  AGLI STATI MEMBRI:       

 

Per 105 volte  - AUMENTARE L’ETA’ PENSIONABILE.

Per 63  volte   - RIDURRE LA SPESA SANITARIA.

Per 50  volte   - FRENARE LA CRESCITA DEI SALARI.

Per 38 volte - RIDURRE LA SICUREZZA SUL LAVORO – RIDURRE LE TUTELE OCCUPAZIONALI - AUMENTO DEI LAVORI ATIPICI E I LICENZIAMENTI – DIMINUIRE LA CONTRATTAZIONE NAZIONALE COLLETTIVA CON I SINDACATI.

 

MAI MISURE PEGGIORATIVE CONTRO BANCHE E IMPRENDOTORI! 

 

E’ evidente quindi il ruolo determinante della UE nel dirigere i governi aderenti, marionette indipendentemente dai partiti che li compongono, contro i lavoratori per favorire gli imprenditori.

Visto la spinta EU-governi è logico quindi ipotizzare che il lavoro precario nei paesi UE nel futuro non troverà freni nella sua espansione, si propagherà sempre più. A meno che i sindacati europei attraverso dure ed estese lotte non stravolgano la situazione a favore dei lavoratori.     

Paradossalmente molti “osservatori” che avvisano della pericolosità dell’aumento del lavoro precario si rivolgono ai governi perché venga fermato. Un’evidente UTOPIA, come fermamente sosteniamo. Non si accorgono, non hanno capito che i governi, strumento dei capitalisti, sono proprio loro che incentivano i lavori atipici con una moltitudine di leggi e leggine.      

Come dimostra il passato, le masse lavorative per migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro possono contare solo sulle loro dure ed estese lotte sindacali. Perciò, o si metteranno im moto in questo senso con lotte, o dovranno sottostare ai continui peggioramenti portati avanti in sincronia di imprenditori- Unione Europea-governi. Il resto sono solo inutili ciance. 

 

 

 

NELL’OMBRA LE MULTINAZIONALI DIRIGONO I GOVERNI.

MA NON APPAIONO MAI

 

 

 

 

 

Il sistema capitalistico è impostato in modo che i capitalisti possano diventare sempre più ricchi. Tutto ruota assolutamente attorno a questo. Ed è tutto organizzato in modo che questo risultato sia raggiunto. Il ruolo delle masse sfruttate è sopportare tutte le disfunzioni di tale meccanismo e subire i sacrifici del caotico sistema.

Se ci si pone la domanda: com’è possibile che in un sistema strapieno di contraddizioni e problemi e con una parte della società che vive sotto il reddito minimo, i superricchi miliardari capitalisti non ne paghino mai le conseguenze, i costi, le spese? La risposta la troviamo nel marxismo: i miliardari non pagano mai i costi delle disfunzioni e dei problemi e al contrario accumulano sempre più miliardi perché in questa società sono aiutati dallo stato. O forse è meglio precisare: controllano lo stato e si fanno proteggere da esso. In altre parole: lo stato è al servizio dei capitalisti. Non appare essere così, perché sembra non esserci alcuna connessione tra ricchi e politica, ma è questo che spiega in realtà il perché i miliardari diventano sempre più miliardari.

Apparentemente lo stato, votato dalle masse, sembra indipendente, staccato dai capitalisti. Ma è appunto solo apparenza, è un gioco di prestigio. Le masse proletarie votano partiti e politici che in realtà, di nascosto, vengono sovvenzionati di continuo da multinazionali, grandi banche e imprese. Politici che dopo essere stati eletti non potendo più essere ritrattati da chi li ha votati, in silenzio si possono mettere al servizio degli interessi di queste grandi complessi multinazionali che li finanziano, e come marionette eseguire gli ordini da essi impartiti. E questo chiarisce il perché in campagna elettorale i partiti si impegnano in una moltitudine di promesse per raccogliere voti e una volta eletti fanno tutto diverso.

E’ il fatto, dai giornalisti nei dibattiti televisivi, nei telegiornali e sui media, di non dar mai risalto, di tener nascosto che i ricchi ricevono continui vantaggi dai governi, e viceversa, che i partiti ricevono di continuo finanziamenti da banche-imprese, che sembra che i capitalisti quasi non esistano. Così come i media non creano e non si impegnano mai in campagne mediali per far pagare le disfunzioni e i problemi sociali ai multimiliardari. La verità è evidente: sono tutti d’accordo. Socialmedia, politici e ricchi nell’ombra agiscono in perfetta sintonia

Il sistema è organizzato e studiato in modo che, non citando mai i capitalisti, giornalisti, partiti e media, in quella che viene definita la “lotta per una società più giusta”, spostano quotidianamente l’attenzione delle masse su problematiche e disfunzioni sociali spesso molto secondarie, per poi chiedere l’aumento di tasse o sacrifici vari ovviamente non ai ricchi, ma al cittadino comune. Una tattica molto evidente, se si osserva nei dibattiti televisivi e nei telegiornali, dove i ricchi non vengono mai citati come responsabili.

Ma ogni tanto emergono fatti eclatanti che confermano senza dubbio l’obbedienza dei governi alle multinazionali. Noto è quanto accaduto nella diaspora per la liberalizzazione dei brevetti dei vaccini anti-Covid in Europa. Qui il governo tedesco Merkel composto da democristiani e socialdemocratici si è battuto fino allo spasimo contro la liberalizzazione del brevetto del vaccino anti Coronavirus, cosa che avrebbe fatto perdere milioni di profitti alla multinazionale tedesca Pfizer-BioNTech, ma avrebbe salvato milioni di vite nei paesi arretrati, in quanto i governi dei quei paesi il vaccino lo avrebbero potuto produrre da se, senza pagarne gli altissimi costi di brevetto. A missione riuscita, nelle interviste, la Merkel sorridente e evidentemente soddisfatta, affermava senza vergognarsi di aver fatto la cosa giusta e positiva (ovviamente non citando intendeva: giusta e positiva per la Pfizer-BioNTech). 

Anche come vengono finanziati i partiti parlamentari e soprattutto le loro campagne elettorali è un segnale chiaro per capire la sottomissione dei governi ai capitalisti nascosti nell’ombra. Anche qui, esistono mille sistemi occulti che fan si che le grandi imprese, senza apparire, possono far giungere fiumi di denaro ai partiti parlamentari. Denaro, senza il quale essi non potrebbero mai vincere le elezioni e arrivare al governo.

Senza parlare poi dell’informazione borghese. Informazione che ha il compito di influenzare e orientare  l’opinione pubblica. Dove costosissime (in milioni/miliardi) tv e giornali private in proprietà di multimiliardarie imprese sovranazionali, con una moltitudine di giornalisti alle loro dipendenze che devono sottostare e scrivere a favore degli interessi e della politica del proprietario, orientano e confondono le masse. Anche qui nell’informazione quotidiana, di proposito, non viene mai citato chi sono i proprietari delle testate  giornalistiche - televisive  e quali siano gli interessi che perseguono. Facendo apparire come se i giornalisti che scrivono, nelle loro opinioni e scritti ne siano totalmente liberi e indipendenti.

Le tv di stato: esse sono gestite da partiti che, come sopradetto, costantemente occultamente, vengono abbondantemente sovvenzionati da banche e imprese, per cui anche nell’informazione pubblica essi ne devono tener conto e sottostare al loro servizio, per non interrompere il flusso di denaro che dai finanziatori arriva.

Tutti questi aspetti, fondamentali per i capitalisti nel gestire la società nell’ombra senza apparire, evidenziano in modo chiaro come la società capitalistica non potrà mai essere al servizio delle masse proletarie, e perché, nonostante tutti i problemi quotidiani che affliggono il sistema, i ricchi senza sosta diventano sempre più ricchi.


 

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COSA SI INTENDE PER IMPERIALISMO?

 

 

 

Per imperialismo si intende un paese al suo massimo livello capitalistico.

 

Quando un paese dal sistema economico-sociale medioevale entra nel sistema capitalistico tutta l’organizzazione collettiva cambia.

La società medioevale come sistema era una società dove imperavano i feudatari, che erano i proprietari sia delle terre che dei contadini (servi della gleba) che le lavoravano e non le potevano abbandonare, dove la produzione non veniva venduta e solo una piccola parte di essa veniva scambiata. Di ciò che veniva prodotto una parte rimaneva alla famiglia del contadino, una parte andava al signore proprietario, e una parte (la decima) andava alla chiesa. La società capitalistica mercantile è tutt’altro tipo di organizzazione sociale: i prodotti vengono venduti e non più scambiati, il contadino e l’operaio sono liberi di andare a lavorare dove vogliono per uno stipendio, il contadino proprietario può vendere la sua terra a chi vuole, in questo tipo di società il commercio si espande velocemente e sul territorio si sviluppa la prima industria.

Nella prima fase di sviluppo capitalistico di una nazione le merci prodotte dall’industria sono merci di prima necessità, molto semplici, “merci a basso contenuto tecnologico” le definisce Marx, e sono merci rivolte soprattutto al mercato interno nazionale: parliamo di vestiario, alimenti, mobilia, suppellettili, settore immobiliare molto semplice, e adesso possiamo anche aggiungere frigoriferi, lavatrici, tv, ecc. 

In seguito però avviene una trasformazione nelle nazioni capitalistiche, un salto di qualità capitalistico. Ad un certo grado di sviluppo, dopo aver accumulato un’enormità di capitali, si radica nel paese un esteso sistema creditizio di banche e una parte di industria comincia a tralasciare di produrre merci di prima necessità, a basso contenuto tecnologico, cominciando a produrre ed esportare sul mercato internazionale capitali, cioè prodotti ad alta e altissima tecnologia: parliamo di vendita di interi sistemi industriali, centrali elettriche e nucleari, treni super moderni, navi e aerei altamente tecnologizzati, aeroporti, porti marittimi, armi molto sofisticate. Esattamente come fanno le potenze avanzate. 

In questa nuova situazione di elevato sviluppo capitalistico il compito delle banche e del sistema creditizio non è più solo prestare denaro all’interno della propria nazione come avvenuto in precedenza, ma soprattutto prestare enormi crediti all’estero ai paesi capitalisti arretrati in via di sviluppo. I quali con questi crediti possono comperare dagli industriali dei paesi altamente industrializzati gli impianti industriali sopracitati, le centrali elettriche e nucleari, le infrastrutture, ecc. cioè tutto ciò di cui hanno bisogno per estendere nel proprio paese il sistema capitalistico. La restituzione dei crediti alle banche creditrici da parte degli industriali dei paesi arretrati avviene poi ovviamente attraverso il plusvalore ottenuto dagli industriali dallo sfruttamento (spesso brutale) dei lavoratori impiegati nelle proprie aziende della propria nazione. 

 

E’ questa fase strutturale di capitalismo avanzato al massimo livello che viene definita IMPERIALISMO.

 

Imperialismo, dove le gradi potenze industrial-finanziarie adottano anche una particolare politica estera: per la vendita dei propri prodotti sul mercato internazionale esse si creano delle proprie aree chiamate “zone di influenza”. Cioè stabiliscono rapporti preferenziali con governi di nazioni in via di sviluppo amiche dove poter vendere i propri prodotti e ostacolarne invece la vendita ai concorrenti. Questo tipo di politica viene definita POLITICA IMPERIALISTA

Tutto ciò (giustamente è da sottolineare) è quanto rilevato da LENIN nel suo testo del 1917 “L’IMPERIALISMO FASE SUPREMA DEL CAPITALISMO”, dove già in quel periodo chiarisce quali sono i caratteri che contraddistinguono un imperialismo: 

 

 

Cinque sono le caratteristiche fondamentali dell'imperialismo:

 

1) concentrazione della produzione e del capitale che porta alla formazione dei monopoli;

2) la fusione/simbiosi del capitale bancario e del capitale industriale e la conseguente formazione di un'oligarchia finanziaria.

3) l'esportazione di capitale;

4) la ripartizione del mondo fra i gruppi monopolistici internazionali;

5) la ripartizione dell'intera superficie terrestre fra le grandi potenze imperialistiche.

 

 

E’ ovvio che è più che mai importante aver chiaro, conoscere bene il capitalismo, in tutti suoi aspetti. E’ importante per non venir manipolati, strumentalizzati e coinvolti nelle avventure spericolate e nelle azioni militari che i capitalisti, anche europei, con i loro governi conducono per la conquista e la ripartizione dei mercati internazionali.

Avere una autonomia valutativa del funzionamento del capitalismo è fondamentale per giungere ad una società superiore.

 

1969  CONFLITTO   UNIONE SOVIETICA  CONTRO   CINA: CAPITALISTI STALINISTI IN GUERRA  TRA  DI  LORO.

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DUE NAZIONI A CAPITALISMO DI STATO IN GUERRA TRA 

 DI LORO PER I CINICI INTERESSI BORGHESI

 

E’ COSI’ CHE GLI STALINISTI AL POTERE INGANNANO LE MASSE PROLETARIE: DEFINENDOSI “MARXISTI” “COMUNISTI”.  SONO INVECE GUERRAFONDAI CAPITALISTI.

 

 

 

Nella politica comunista per la realizzazione di una società superiore DUE PAESI PROLETARI RIVOLUZIONARI NON SI FANNO MAI LA GUERRA L’UNO CONTRO L’ALTRO! Questo assolutamente non appartiene alla politica  comunista.

Al contrario nella vera politica comunista due paesi proletari SI UNISCONO dopo la rivoluzione!  SI UNISCONO PER PROMUOVERE E ORGANIZZARE ALTRE RIVOLUZIONI, con le quali poi ulteriormente unirsi e realizzare la rivoluzione globale. Questa è la vera, corretta, politica marxista seguita dall’Internazionale.

E’ tra paesi capitalisti che invece è normalità scontrarsi, competere tra loro, anche militarmente per rubarsi i mercati, farsi le guerre.  

Quindi l’Unione Sovietica stalinista era senza dubbio un paese capitalista-imperialista. Un imperialismo che nello scontro tra potenze, sottomettendo altre borghesie nel Patto di Varsavia (vedi repressione Berlino nel ’53, in Ungheria nel ’57, Praga nel ’70) ingaggiava anche guerre imperialiste nel mondo, come l’invasione dell’Afghanistan nel 1979. E come la guerra contro la Cina maoista nel 1969. Esattamente come tutte le altre potenze capitaliste occidentali.  

E la Cina: ugualmente capitalista. Che, nella sua politica borghese nell’arena mondiale, non solo nel 1950 in Corea ha mosso una cruenta guerra contro gli Stati Uniti, ma nel ’69 (come sopra) si è scontrata militarmente anche con la Russia stalinista, e nel ’79 anche contro l’altrettanto stalinista Vietnam. Qui, un massacro tra stalinisti rivali.

E’ chiaro, non c’è dubbio: tutto questo non ha nulla a che spartire con il marxismo.  

La cosa però molto pericolosa è  che gli stalinisti, capitalisti nazionalisti al potere in Cina, Vietnam, e nell’ex Unione Sovietica, nel loro procedere borghese si definiscono “marxisti”, “comunisti”, ingannando le masse di tutto il mondo. Un grosso problema politico.

Sono sempre loro, da pericolosi mentitori, che sfruttando senza tanti problemi i propri lavoratori proletari, li scagliano nelle guerre contro altri proletari.

E’ evidente che c’è urgente bisogno di chiarezza.

Il compito dei marxisti, dei veri marxisti, è quindi più che mai necessario: smascherare questi impostori, e chiarire cosa sia il VERO MARXISMO e la VERA POLITICA COMUNISTA, per il futuro dell’umanità.

 

 


 

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La visione marxista del mondo

La filosofia materialista

 

Accanto all'economia politica e al socialismo scientifico, il materialismo può essere considerato come uno dei tre pilastri della visione del mondo marxista.

Idealismo. L'idealismo, con i suoi principali rappresentanti tedeschi Fichte, Schelling e Hegel, presuppone che la realtà oggettiva abbia la sua origine nello spirito e che la materia che ci circonda sia quindi solo un'illusione della nostra coscienza. A causa della sua vicinanza ideologica al cristianesimo, l'idealismo può essere descritto come un residuo della visione del mondo feudale medievale dell'Occidente. Di conseguenza, anche la sua funzione sociale deve essere valutata se si assume che ogni idea o concezione è sempre l'idea di una certa classe sociale e quindi rappresenta i suoi interessi, di cui la rispettiva classe stessa può essere più o meno consapevole. Proprio come la visione del mondo feudale cristiana, l'idealismo borghese può essere considerato come un'ideologia fortemente reazionaria che cerca di mantenere le condizioni sociali esistenti, poiché queste sono vantaggiose per l'esigua minoranza dei proprietari dei mezzi di produzione, ma un notevole svantaggio per la stragrande maggioranza dei lavoratori sfruttati. Per questo motivo è della massima importanza per il proletariato e la sua avanguardia, i comunisti, avere una buona comprensione di entrambe le visioni del mondo per essere consapevoli delle loro rispettive implicazioni sociali. Pertanto, nel seguito, si presenterà brevemente il materialismo marxista, e allo stesso tempo si attirerà l'attenzione sul pericolo del cosiddetto materialismo volgare (Feuerbach), un'ideologia borghese reazionaria che purtroppo influenza troppo spesso inconsapevolmente anche frange di comunisti.

Come accennato in precedenza, il principale punto di scontro tra idealismo e materialismo è la questione dell'origine della realtà oggettiva e quindi del rapporto tra natura e spirito, materia e coscienza, essere e pensiero. Friedrich Engels scrive: “Coloro che affermavano la determinazione dello spirito sulla la natura, cioè alla fine presumevano una creazione del mondo di qualche tipo [...] formarono il campo dell'idealismo. Gli altri, che consideravano la natura come determinante, appartenevano alle varie scuole del materialismo.“1  Così, in contrasto con l'idealismo, il materialismo dialettico presuppone che la realtà oggettiva sia essenzialmente materiale, cioè che la materia, sia nel tempo che nelle cause, origini la coscienza in quanto suo prodotto, nel senso di particolare forma altamente organizzata della materia. 

Pertanto, la coscienza o mente sorge ed esiste solo come proprietà di certi organismi materiali altamente evoluti, cosicché ogni processo e pensiero psichico, così come lo conosciamo ora, può essere descritto come un processo neurofisiologico. (Pertanto, il materialismo non dove essere frainteso come una negazione dell'esistenza della coscienza e dello spirito, ma piuttosto la considera come una proprietà della materia, che non può esistere senza di essa. Come esempio, per illustrare questo punto, si può citare la moderna tecnologia informatica. Anche se si parla di hardware e software in una macchina informatica, nessuno affermerebbe seriamente che il software possa funzionare indipendentemente dall'hardware. Piuttosto, il concetto di software è da intendersi come un'astrazione, poiché in senso stretto esso consiste solo in un circuito specifico di numerosi transistor, così come la coscienza può essere ridotta a una connessione di neuroni attraverso le loro sinapsi).  In sintesi, Vladimir Lenin scrive: “1. Il mondo fisico esiste indipendentemente dalla coscienza dell'uomo ed è esistito molto prima dell'uomo, prima di qualsiasi esperienza umana; 2. La psiche, la coscienza, ecc., è il prodotto supremo della materia (cioè del corpo), è una funzione di quel pezzo di materia particolarmente complicato chiamato cervello umano.2  La coscienza dipende quindi dai suoi prerequisiti materiali e quindi i rispettivi contenuti della coscienza dipendono anche dagli effetti del mondo materiale esterno, in modo che questi possano essere descritti come immagini più o meno fedeli di oggetti esterni.

 

A questo punto è di grande importanza fare una netta distinzione tra il materialismo marxista e il suddetto materialismo volgare antistorico, che fu coniato, tra gli altri, da Ludwig Feuerbach e di cui si occupò il giovane Karl Marx nelle sue famose “Tesi su Feuerbach ”. Contrariamente al volgare materialismo, l'essere materiale dell'uomo non consiste solo nella sua organizzazione biologica, ma piuttosto nel suo essere sociale. “È soprattutto essere sociale, pratica sociale, produzione e riproduzione di ciò che è necessario alla vita, influenza attiva sulla natura esterna, lavoro socialmente realizzato e organizzato. Solo in questo processo di vita sociale si sviluppa la coscienza specificamente umana degli individui [...]. La coscienza è quindi sempre socialmente condizionata”.3   Marx sintetizza: "Non è la coscienza delle persone che determina il loro essere, ma piuttosto il loro essere sociale che determina la loro coscienza".4  La filosofia marxista è quindi indicata anche come materialismo monistico e quindi elimina praticamente il dualismo dell'idealismo, che esiste tra spirito e materia, poiché tutto ciò che è spirituale può essere ridotto alla sua base materiale e può essere descritto da esso. La realtà oggettiva, inclusa la società umana, può quindi essere descritta come un'unità che rappresenta una connessione universale di vari fenomeni e processi materiali che si muovono secondo leggi intrinseche, e la cui unità si basa su questa materialità.5   Nel corso di questi processi di movimento, le forme superiori di movimento della materia si sviluppano da quelle inferiori, così che ciascuno di questi stadi di sviluppo è connesso con quello precedente e le forme qualitativamente diverse della materia si trasformano l'una nell'altra secondo determinati parametri quantitativi. rapporti (fisico in chimico, inorganico in organico). Naturalmente, questo vale anche per la coscienza come prodotto del cervello umano, in cui la materia in una forma di organizzazione altamente organica diventa cosciente di se stessa dopo un lungo processo di sviluppo. A ulteriore differenziazione dal materialismo volgare, va anche sottolineato che il concetto marxista di materia deve essere inteso come un concetto 

filosofico che non è affatto identico alla definizione scientifica di materia. Il concetto di materia è quindi un'astrazione a cui arriviamo trascurando le differenze qualitative nelle cose e raggruppandole come corporalmente esistenti. La materia in quanto tale, contrariamente alla materia specifica, esistente, non è da intendersi come qualcosa che esiste nei sensi, così come la frutta in contrasto con mele, pere, ecc.

Di fronte a una posizione soggettivo-idealistica, il cosiddetto empiriocriticismo, Lenin dà una chiara definizione del concetto di materia: "Il concetto di materia non esprime altro che la realtà oggettiva che ci viene data nella nostra percezione".7  Pertanto, "l'unica proprietà della materia, la proprietà di essere realtà oggettiva, è di esistere al di fuori della nostra coscienza".8  Inoltre, il concetto di movimento è di grande importanza per la definizione del concetto marxista di materia. La realtà oggettiva può quindi essere descritta come materia in movimento, per cui anche qui, contrariamente al volgare materialismo, il movimento della materia non è ridotto alle leggi della meccanica classica. Engels distingue cinque forme fondamentali di 

movimento: meccanico (cambio di posizione); il fisico (movimento delle molecole); la chimica (movimento degli atomi); il biologico (la vita); sociale (società umana).9  Più alta è la forma di movimento della materia, meno importante è il cambiamento meccanico, con un ruolo crescente del cambiamento qualitativo. Di conseguenza, per la filosofia marxista, il movimento è un attributo intrinseco della materia, che abbraccia tutti i cambiamenti ei processi in atto “dalla mera locomozione al pensiero”.,10  Anche in questo caso vale che il movimento delle nostre idee, percezioni, ecc. corrisponde al movimento della materia al di fuori della nostra coscienza. Secondo Lenin, la separazione del movimento dalla materia equivarrebbe quindi alla separazione del pensiero dalla realtà oggettiva e significherebbe quindi il passaggio dalla parte dell'idealismo.11   Queste affermazioni sul rapporto tra movimento e materia corrispondono anche alle moderne conoscenze scientifiche, come la conservazione dell'energia di Meyer e Helmholtz, che afferma che l'energia e la materia non possono essere né distrutte né create, ma solo trasformate, così come “l'energia - formula di massa” -  La teoria di Einstein - secondo cui tutta la massa è associata all'energia e tutta l'energia è collegata alla massa.

In conclusione, va sottolineato che il fatto che Marx, Engels e Lenin abbiano coerentemente separato la loro filosofia materialista dall'idealismo di ogni tendenza e sfumatura non significa che abbiano con ciò liquidato come insignificanti le conquiste dei filosofi idealisti. Piuttosto, li consideravano dal loro punto di vista storico-concreto e riconoscevano che il socialismo scientifico, nonostante la base reazionaria dell'idealismo, non sarebbe stato possibile senza la teoria dialettica dello sviluppo e il metodo di pensiero da esso sviluppato.

In tutto ciò, è importante notare che la filosofia materialistica non deve essere considerata fine a se stessa, poiché l'essenza della filosofia (latino: amore per la sapienza) consiste proprio nello sforzarsi di superarla per giungere infine alla 

cercata “sapienza“. Come scrive Marx: “I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modo diverso. Si tratta ora di cambiarlo”.13   Il materialismo filosofico è quindi non solo uno strumento di conoscenza della realtà, ma al tempo stesso uno strumento per cambiarla. Proprio come nel capitalismo l'idealismo serve alla minoranza della classe che possiede i mezzi di produzione, così il materialismo serve alla maggioranza delle masse lavoratrici come mezzo per superare questo sistema sociale e costruire un ordine sociale superiore in cui le persone, libere dallo sfruttamento minoritario, possono servire il loro obiettivo storico, mettendo in primo piano gli interessi della maggioranza e diventando così in primo luogo veramente umani. Poiché il materialismo costituisce il fondamento filosofico e teorico-metodico di tutto il marxismo, la sua visione materialistica della storia così come dell'economia politica e del socialismo scientifico, esso deve essere distinto non solo dall'idealismo, ma anche strettamente dal materialismo volgare non dialettico e antistorico, poiché anche se le differenze all'inizio possano sembrare minime, l'incuria in quest'area può avere effetti devastanti sull'intera ideologia comunista. E poiché noi, come comunisti dichiarati, viviamo ancora in un ordine sociale capitalista, dobbiamo ammettere che siamo soggetti all'influenza permanente delle opinioni e delle idee individualistiche borghesi che crescono da questa base economica e sono progettate per preservarla. Quindi, se vogliamo raggiungere un ordine sociale superiore, siamo chiamati a controbilanciare questa influenza adottando la corretta visione materialistica del mondo, applicandola coerentemente nella pratica politica e imparando a usarla come arma nella lotta di classe.

 

1  Friedrich Engels. Ludwig Feuerbach. MEW Band 21. S. 275.

2 W. I. Lenin. Materialismo e Empiriocriticismo. LW Band 14. S. 226.

3 Josef Schleifstein. Introduzione allo Studium di Marx, Engels e Lenin. München 1972. S.44

4 Karl Marx. Prefazione alla Critica dell'economia politica. MEW Band 13. S. 9.

5 Friedrich Engels. Anti-Dühring. MEW Band 20. S41.

6 Friedrich Engels. Dialettica della Natura. Ebd. S. 519

7  W. I. Lenin. Materialismo e Empiriocriticismo. LW Band 14. S. 267.

8  Ebd. S.260.

9  Friedrich Engels. Dialettica della Natura. MEW Band 20. S. 354.

10 Ebd.

11 W. I. Lenin. Materialismo e Empiriocriticismo. LW Band 14. S. 267.

13 Karl Marx. Tesi su Feuerbach. MEW Band 3. S. 7.

                      

 

                                                                                                                                                                       Do. Pa.


 

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COME MAI LA GUERRE

NON SMETTONO MAI?

 

L’ORRORE DELLE GUERRE :

PRESENZA COSTANTE NELLA SOCIETA’

CAPITALISTA DEL PROFITTO

 

L’obbiettivo di un maggior profitto porta certo a dei momenti, anche lunghi, di benessere per alcuni strati sociali, ma come altra faccia della medaglia è anche causa di terribili sconvolgimenti, crisi e guerre. Anche le guerre hanno l’obbiettivo finale del maggior profitto, nel senso di abbattere militarmente le borghesie concorrenti  per poter poi estendere gli affari.

Certamente le guerre non rientrano nelle aspettative delle persone comuni, le quali ne entrano in contatto vedendone  gli orrori nei documentari e nelle foto provenienti dai paesi dove esplodono.

Molti vorrebbero non esistessero e vedendo queste immagini  ne rimangono molto scossi e il cuore comincia a soffrire e a battere forte e ci si domanda se un domani potremmo essere anche noi coinvolti in queste tragedie.  E’ naturale sperare  di no.

Ma le guerre esistono e non finiscono mai. Finita una se ne apre subito un’altra, se non due.

E poi arriva la domanda: è questa la società più giusta o quella a cui noi aspiriamo? E poi: è possibile fare qualcosa per cambiare tutto questo?

I sostenitori del capitalismo frustrati ci spiegano che queste situazioni sono eccezioni, non sono la regola. La regola è “la pace e il benessere ”nella nostra società. E se queste guerre sopravvengono è solo per necessità, per riportare la democrazia nei paesi, i grandi valori, la pace, la civiltà.

Noi marxisti naturalmente siamo di tutt’altro parere (e pensiamo sia realistico).

La  società capitalista, la dittatura capitalistica, non è modificabile. Tanto meno migliorabile. Segue un suo percorso inevitabile.

La ricerca di un profitto, di un guadagno, muove inevitabilmente tutto il meccanismo societario con i suoi industriali, banche, i suoi partiti e governi. Pace e guerra, ricchezza e povertà, abbondanza e fame, appartengono allo stesso sistema, rappresentano più facce della stessa medaglia che nessuno può fermare, ne controllare.

O si cambia tutto il meccanismo o il meccanismo ti dirige, ti travolge.

Guerre in Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Mali, con tutti i loro morti, distruzioni, disperazioni, continueranno e si ripeteranno continuamente in questa società “di pace e benessere”.

Già il passato è stato devastato da guerre mondiali che hanno causato decine e decine di milioni di morti.

E’  questa la società che vogliamo?

La storia ci dimostra che una via d’uscita c’è. La rivoluzione bolscevica russa del ’17 è l’unico esempio che abbiamo in cui una guerra è stata fermata. Gli storici della borghesia non citano mai questo fatto di incredibile rilevanza, preferiscono nasconderlo.  A  noi però è ben chiaro.

Certamente i politici e gli esperti borghesi cercano di rassicurarci dicendo che oggi esiste la grande “Europa buona”, che tiene la situazione sotto controllo. “Europa buona” che sta partecipando a tutte le guerre in corso ed è stata voluta da industriali e banchieri assetati di profitto e “ottimi” guadagni.

E gli orrori dei bambini che muoiono sono sempre la, con i loro grandi occhi che ci guardano, a poche centinaia di chilometri  da “l’Europa buona”.  Molto difficile credere a questi politici.

Tutto e il contrario di tutto, potrebbe accadere da un momento all’altro nella società dove il profitto detta la sua dittatura.

I marxisti pensano che una società diversa, senza profitto sia possibile,  addirittura necessaria.

Bisogna però impegnarsi per imporla.                                                                                                                          

 

                                  Da  “Der kommunistische Kampf”   Maggio 2017

 

 

CHE COS’E’ VERAMENTE

IL CAPITALISMO E PERCHE'

VALE LA PENA LOTTARE PER IL COMUNISMO?

 

IL CAPITALISMO NON E’ SOLO BENESSERE,

MA  ANCHE CRISI,  GUERRE,  DISTRUZIONI,

DISPERAZIONE,  FAME,   POVERTA’  OLTRE

CHE SFRUTTAMENTO

 

Molti sono convinti che questa sia la società del benessere.

Ma, come tutti sappiamo, questa società è basata sugli affari e gli affari sono un brutto mostro. A momenti van bene, a momenti van male. Tutti sappiamo che sono estremamente imprevedibili.

La caratteristica degli  affari è che ad un certo punto si trasformano in crisi e poi ancora peggio in guerre e poi da guerre si ritrasformano  nuovamente in affari e così via. Un ciclo inarrestabile, ineliminabile nella società capitalistica.

Engels dice che l’unica cosa sicura nella società capitalistica è l’insicurezza e la storia è strapiena di conferme, di queste insicurezze, imprevedibilità.

Per esempio:  chi l’avrebbe detto all’inizio dell’anno scorso che in Ucraina sarebbe scoppiata la guerra?  Nessuno!

Chi l’avrebbe detto, sempre all’inizio dell’anno scorso, che in Iraq, sotto il controllo della megapotenza militare americana, i combattenti dello Stato Islamico avrebbero dichiarato guerra non solo agli americani, ma al mondo intero? Nessuno!

E ancora, chi l’avrebbe detto che dalle tanto acclamate “Primavere Arabe”, salutate da tutto il mondo come il trionfo della democrazia sul dispotismo, sarebbero scaturite guerre civili in Libia, Siria, Jemen, ecc.?   Ancora nessuno!

E ancora, chi l’avrebbe detto che la crisi economica avrebbe duramente colpito Grecia, Spagna, Portogallo, Italia, ecc.? ...

E stiamo parlando dei fatti più recenti!

Ci  soffermiamo a pensare e riflettere su questo?

E adesso, cosa ci riserva il futuro? Chi saranno i futuri predestinati delle prossime catastrofiche imprevedibili  crisi? 

Nel mondo degli affari niente è sicuro. Neanche il benessere, come ben vediamo.

E’ la vendita dei prodotti per trarne un guadagno la causa di tutto. E’la vendita dei prodotti che rende tutto così estremamente non sicuro …..

Tutto questo potrebbe essere evitato? Certo che potrebbe essere evitato!

 

SOLO QUANDO IL SISTEMA SARA’ CAMBIATO E  I PRODOTTI NON SARANNO PIU’ VENDUTI E COMMERCIATI, MA  SARANNO SUDDIVISI EQUAMENTE TRA LA POPOLAZIONE  SI POTRA’ INTERROMPERE QUESTA ANGOSCIANTE INSICUREZZA! SOLO COSI’ POTRANNO SPARIRE LE CAUSE  CHE PRODUCONO LE CRISI, LE GUERRE, LE DISTRUZIONI, LE DISPERAZIONI E TUTTE LE DISFUNZIONI DOVUTE  AL SISTEMA IN CUI VIVIAMO E SI POTRA’ GARANTIRE IL BENESSERE PERMANENTE  A CUI TUTTI NOI GIUSTAMENTE  ASPIRIAMO.

BENESSERE  CHE LA PRODUZIONE MONDIALE POTREBBE GARANTIRE GIA’ DA ADESSO, PER TUTTI!

MA PER OTTENERE QUESTO CI VUOLE UNA RIVOLUZIONE!

 

ECCO PERCHE’ VALE LA PENA LOTTARE PER UNA SOCIETA’ SUPERIORE COMUNISTA!

                                       

                               da "Der kommunistische Kampf"   Ottobre 2015

 


 

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ALLEGATO

LA STAMPA UFFICIALE RIPORTA CHE NELL’EX DDR E UNIONE SOVIETICA REGNAVA IL “SOCIALISMO” DI MARX. PER I MARXISTI NON E‘ VERO, QUESTA E‘ UNA MENZOGNA. PER CHIARIRE QUESTO ARGOMENTO RIPORTIAMO AL LETTORE QUESTO ARTICOLO DELL’OTTOBRE 2016.

 

 

 

Punti fermi della scienza marxista

Proseguiamo con l’approfondimento sul falso socialismo, cioè il capitalismo di stato travestito da “socialismo”

 

1991: CROLLO ex URSS e paesi satelliti:

NESSUN   CROLLO   DEL   SOCIALISMO,

MA   CROLLO   DI   NAZIONI   BORGHESI

A   CAPITALISMO   DI   STATO

  

cioè nazioni in cui gli affari capitalistici venivano condotti da partiti anziché da imprenditori privati

 

Il crollo dell’Urss, dell’ex DDR ecc. è stata l’occasione per il padronato, nemico acerrimo del comunismo e aspramente contro l’emancipazione politica dei lavoratori, per gridare al crollo del comunismo. Un’occasione irripetibile per la borghesia per gridare come il comunismo sia irrealizzabile, un’utopia, solo un sogno, come i fatti concreti dimostrino che un tale tipo di società non può reggere.

Dire che nell’ex Urss e nei suoi paesi satelliti esisteva il comunismo era però una mistificazione, come è una mistificazione dire adesso che in Cina, Cuba, Nord Corea esiste il comunismo. 

In Europa e in giro per il mondo esistono decine e decine di migliaia di attivisti marxisti, operai, impiegati, studenti, casalinghe, pensionati, (che mai appaiono in tv o sui giornali) che come persone specializzate in politica e questioni sociali, spiegano concretamente perché  paesi che si definiscono “comunisti”, come la Cina, Cuba, ecc (e nel passato l’Urss, la DDr  ecc.) comunisti  proprio non lo sono. Come siano paesi capitalistici, a capitalismo di stato, dove, anziché gli imprenditori privati, è un partito (che impropriamente si definisce “comunista”) che conduce gli affari capitalistici. Spiegano come questi paesi, con il comunismo non abbiano niente a che spartire, visto che sul loro territorio i prodotti vengono commercializzati e venduti per trarne un guadagno come in un qualsiasi paese “capitalista occidentale”. E chiariscono, che se in questi paesi esistesse veramente il socialismo o comunismo, come loro vorrebbero far credere, i prodotti verrebbero suddivisi equamente tra la popolazione, cosa che nei paesi citati assolutamente non avviene.  

Il Capitalismo di Stato (o gli affari capitalistici condotti da un partito) è una delle varie forme di stato (sovrastrutture, per dirla con Marx) che caratterizzano la società capitalistica, esattamente come lo è la Democrazia o il Fascismo.

Questo spiegano le decine di migliaia di operai marxisti, impiegati, studenti, pensionati, che come detto, mai appaiono in tv, ne sui media. 

E chiariscono che l’ex Urss, l’ex DDr, ecc. come paesi capitalistici qual’erano, erano di conseguenza, come qualsiasi altro paese capitalista, sottoposti alla dura legge della concorrenza. E la terribile concorrenza impone avere fabbriche sempre competitive sul mercato, impone ristrutturazioni, impone aver sempre macchinari nuovi e sofisticati all’altezza della situazione. ALTRIMENTI SI SOCCOMBE!

Ma i partiti burocratici borghesi non “comunisti” al potere nell’ex Urss, ex DDr, ecc. che gestivano l’economia capitalistica non avevano fatto tutto questo, non avevano rinnovato ne l’economia ne la finanza, ne tantomeno ristrutturato le fabbriche e la naturale conseguenza è stata perciò l’inevitabile invecchiamento delle fabbriche, per poi  diventare obsolete, quindi  da non poter più reggere la concorrenza del terribile mercato, e  poi l’inevitabile crollo.   

Stranamente dai giornalisti e dai politici, dagli intellettuali e dai professori, ecc. che vengono ritenuti grandi esperti in politica, economia e socialità, non si sente mai una parola su tutto questo! Ignorano completamente questa realtà! E poi, mai e poi mai citano i criteri concreti, realistici di distinzione tra socialismo e capitalismo, continuando ad affermare falsamente che nell’ex Urss, ex DDr, ecc. esisteva  il “comunismo”, diffondendo anche concetti errati su cosa sia il socialismo.

E’ chiaro! La borghesia, il padronato, i ricchi con a seguito tutti i loro sostenitori, non hanno interesse che i lavoratori sfruttati si emancipino e prendano coscienza. Non hanno interesse che vengano a capire come funziona veramente il sistema con il suo continuo sfruttamento e  le sue enormi contraddizioni. Perché se i lavoratori prendono coscienza, al primo grosso problema sociale potrebbero rivoltarsi, ribellarsi contro il sistema e lottare per una società diversa.

Perciò per il padronato è importante, per mantenere il dominio, che le notizie che i media diffondono siano di comodo al sistema. Notizie  che spesso con la vera verità poco hanno a che fare.

 

 

“Der kommunistische Kampf” – ottobre  2016  


 

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ALLEGATO da “Der kommunistische Kampf“ – Aprile 2017

 

 

 

 

PERCHE’ SIAMO LENINISTI

E NON STALINISTI

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In Russia dopo la rivoluzione del ’17:

LENIN   PARLA   DI   “CAPITALISMO DI STATO”,

MENTRE STALIN DI “SOCIALISMO”. PERCHE’?

DOVE   STA   LA   DIFFERENZA?

                   E  CHI  HA  LA GIUSTA VISIONE?

 

 

Dopo la rivoluzione di ottobre, Lenin afferma che nella Russia i bolscevichi assieme al proletariato rivoluzionario al potere stanno conducendo una economia non “socialista”, ma a “capitalismo di stato”.

 

 

Lenin: “ Il nostro capitalismo di Stato si differenzia assai sostanzialmente dal capitalismo di Stato dei paesi che hanno governi borghesi, proprio perché da noi lo Stato non è rappresentato dalla borghesia, ma dal proletariato, che ha saputo conquistarsi la piena fiducia dei contadini ”

 

                    Lenin  “Lettera alla colonia russa nel nord America”    novembre 1922 

 

 

Perché Lenin afferma questo?

 

 

Lenin:

“Comunismo possibile solo dopo rivoluzione internazionale”

“Quando abbiamo iniziato a suo tempo la rivoluzione internazionale, lo abbiamo fatto non perché fossimo convinti di poter anticipare lo sviluppo, ma perché tutta una serie di circostanze ci spingeva ad iniziarla. Pensavamo: o la rivoluzione internazionale ci verrà in aiuto e allora la nostra vittoria sarà pienamente garantita, o  faremo il nostro modesto lavoro rivoluzionario, consapevoli che, in caso di sconfitta, avremo giovato alla causa della rivoluzione e la nostra esperienza andrà a vantaggio di altre rivoluzioni.

Era chiaro per noi, che senza l’appoggio della rivoluzione mondiale la vittoria della rivoluzione proletaria era impossibile. Già prima della rivoluzione e anche dopo di essa pensavamo:  o la rivoluzione scoppierà subito, o almeno molto presto negli altri paesi capitalistici più sviluppati, oppure, nel caso contrario, dovremo soccombere.”

 

                                                                                                                     Lenin   1921                  

 

L’obbiettivo finale della rivoluzione e del proletariato russo quindi, come chiaramente espresso da Lenin, non era certo il “capitalismo di stato” vigente in quel momento rivoluzionario, che era solo una fase, un momento di passaggio, di transizione inevitabile. L’obbiettivo finale  esplicitamente dichiarato è:  “La rivoluzione internazionale!”.

Perché secondo Lenin, solo la rivoluzione internazionale può portare a quella società superiore, cioè al socialismo.

 

 

Lenin:   «L’espressione ‘Repubblica sovietica socialista’ significa decisione del potere sovietico di attuare il passaggio al socialismo, ma ciò non significa affatto riconoscere che l’attuale sistema economico è socialista»

 

                                                                         Lenin in “Sull’imposta in natura”, 1921 

 

 

Lenin: “Non si è trovato un solo comunista, mi pare, il quale abbia negato che l’espressione ‘Repubblica socialista sovietica’ significa decisione del potere sovietico di attuare il passaggio al socialismo (attraverso il capitalismo di Stato, “anello intermedio fra piccola produzione e socialismo”) ma non significa affatto che l’attuale sistema economico sia socialista”.

 

                                                                          Lenin. discorso alla NEP, 1920

 

 

Lenin ripeterà un’infinità di volte, fino alla noia il concetto che il “capitalismo di Stato” rivoluzionario russo non significa “socialismo”.

La rivoluzione russa è quindi nella politica leninista – bolscevica e del proletariato russo solo l’inizio di tutta una serie di rivoluzioni.

 

    Stalin però non è di questo parere.

 

 

Stalin: “Teoria del socialismo in un paese solo”

«Prima si considerava impossibile la vittoria della rivoluzione in un solo paese, perché si riteneva che per vincere la borghesia fosse necessaria l’azione comune del proletariato di tutti i paesi avanzati o almeno della maggior parte di essi. Oggi questo punto di vista non corrisponde più alla realtà. Oggi bisogna ammettere la possibilità di una tale vittoria [del socialismo in un solo paese, n.d.r.] perché il carattere ineguale, a sbalzi, dello sviluppo dei diversi paesi capitalistici nel periodo dell’imperialismo, lo sviluppo delle catastrofiche contraddizioni interne dell’imperialismo che generano delle guerre inevitabili, lo sviluppo del movimento rivoluzionario in tutti i paesi del mondo, tutto ciò determina non solo la possibilità, ma l’inevitabilità della vittoria del proletariato in singoli paesi.»

                                                                                                                 Stalin  1925    

 

Per Stalin dunque, al contrario di Lenin, il “socialismo in un paese solo” diventa possibile.

Stalin applica una svolta, un radicale cambio di politica improvviso. Come mai questa differenza rispetto a Lenin e, in sostanza, rispetto a Marx?

A questo punto ci si pone il problema di chiedersi che cos’è allora “il socialismo”.

Il concetto universalmente riconosciuto di socialismo (o comunismo) è che è un tipo di società dove: “da ogn’uno secondo le sue capacità, ad ogn’uno secondo le sue necessità” e questo è possibile solo se i prodotti in quel tipo di società non vengono più venduti, commerciati per trarne un guadagno, ma vengono suddivisi tra la popolazione per il benessere comune. Di conseguenza spariscono le classi sociali, sparisce lo sfruttamento, il guadagno, le banche, la concorrenza, ecc.

Ma dopo la rivoluzione russa dell’ottobre, nel tipo di società che i bolscevichi e il proletariato rivoluzionario russo si trovavano a gestire, è noto che i prodotti venivano ancora venduti, commercializzati e non venivano suddivisi tra la popolazione. Di conseguenza continuava a rimanere il proletariato anche se gestiva le fabbriche, la concorrenza, il guadagno, le banche, i sindacati, ecc.

Tutto questo era inevitabile perché l’economia in un singolo paese (o più paesi assieme) è parte di un mercato globale dove per produrre un singolo prodotto, gli elementi che compongono il prodotto (materie prime, macchinari per produrla, pezzi vari, tecnologie, ecc) provengono da un’infinità di nazioni che intercommerciando tra di loro in un continuo vendere-comperare, permettono all’economia di proseguire. La mancanza di parte di questi elementi inevitabilmente, com’è logico che sia,  blocca la produzione non “autosufficiente”  della singola nazione, che di conseguenza velocemente si indirizza verso la rovina, con relative reazioni sociali che ben si possono immaginare.   

Queste elementari basi economiche erano del tutto note ai capi bolscevichi e a Lenin, che infatti ripetutamente precisa “ciò non significa affatto riconoscere che l’attuale sistema economico è socialista» .

In questa consapevolezza diventa perciò chiaro il perchè del “Comunismo possibile solo dopo rivoluzione internazionale” . La “Rivoluzione internazionale”  diventa quindi la necessità che permette al mercato di diventare così esteso da essere completamente autonomo nella produzione dei beni.

Stalin quando afferma “Oggi bisogna ammettere la possibilità di una tale vittoria” (cioè del “socialismo in un singolo paese”) tace volutamente cosa significhi realmente socialismo nelle sue basi economiche.

E naturalmente tace anche di proposito dell’esistenza di una “fase transitoria” inevitabile a “capitalismo di stato”, come ripetutamente afferma Lenin, come prima fase per poi proseguire verso la “Rivoluzione internazionale” e quindi al socialismo.

A questo punto diventa chiaro che Stalin approfitta del “capitalismo di stato”, cioè della statalizzazione dell’economia raggiunta dai bolscevichi  e dal proletariato russo attraverso la Rivoluzione, per elaborare la sua tesi che questa statalizzazione improvvisamente diventa “il Socialismo” ,  anche se tutte le leggi economiche operavano capitalisticamente.

Anche il fatto che il proletariato russo rivoluzionario fosse al potere viene astutamente usato da Stalin per sostenere che anche per questo motivo si era già in regime  di “socialismo”. Fondamentale per Stalin era tener nascosto che operavano ancora le leggi capitalistiche.

La “rivoluzione internazionale” perseguita dai bolscevichi e da Lenin diventa quindi, nel concetto staliniano, superflua, non più lo scopo finale. E sparisce di conseguenza anche l’obbiettivo di socialismo come suddivisione dei prodotti per il bene comune.

Stalin, per poter poi imporre queste sue tesi, questo suo inganno, dovrà arrivare ad eliminare, anche fisicamente, quasi tutti i capi bolscevichi, veri comunisti, che naturalmente erano a lui contrari. 

Si può quindi tranquillamente affermare, che se l’economia russa sotto Stalin non era socialista,( e non lo era,) ma capitalista, questa economia avrebbe subìto, come logica, tutte le contraddizioni di una qualsiasi altra economia capitalista.

E infatti questo è quello che è avvenuto. 

Stalin, nella lotta di concorrenza capitalistica per allargare la sua sfera di influenza, (come qualsiasi borghese imperialista) si alleerà nel 1938 con l’odiato  nemico nazista Hitler per conquistare e poi spartirsi la Polonia perpetrando massacri inauditi. Poi quando nel (‘41 ?) Hitler gli invade la Russia, Stalin si alleerà con gli odiati imperialisti occidentali Gran Bretagna e Usa, prima sempre ripudiati ed etichettati come briganti e banditi, per poi a guerra vinta, assieme a loro spartirsi imperialisticamente sia la Germania sconfitta, che il resto dell’est Europa.  In questa sua politica nazionalista imperialista, Stalin e la sua cricca continueranno a farsi chiamare “comunisti”, “compagni”, a mantenere la terminologia marxista, in modo da preservare la fiducia  dei lavoratori.

Altri partiti nazionalisti  più tardi, per cogliere la fiducia delle masse, si definiranno “comunisti”,  seguendo l’esempio stalinista del  capitalismo di stato nel cosiddetto “socialismo in singolo paese”. Stiamo parlando di Mao Ze Dong che in Cina nel (?) porterà a termine la rivoluzione borghese contadina.  L’economia borghese  condurrà la Cina  in uno sviluppo capitalistico vertiginoso di durata più che decennale, portando  il paese a diventare una delle potenze imperialistiche più forti al mondo qual è attualmente. Anche la rivoluzione a Cuba sarà di marchio stalinista con nulla a che vedere  con il comunismo.

Subito dopo la rivoluzione del ’17 Lenin afferma che “o la rivoluzione [ negli altri paesi - n.d.r.] scoppierà subito (…) oppure nel caso contrario dovremmo soccombere”. Certo Lenin non poteva sapere, ne immaginare, che proprio lo stalinismo sarà la forma politica controrivoluzionaria che farà “soccombere” la rivoluzione russa. Sarà proprio lo stalinismo l’agente controrivoluzionario che farà scomparire l’obbiettivo della “rivoluzione internazionale” come mezzo per arrivare al socialismo e dichiarerà la statalizzazione  delle imprese in regime capitalistico come “socialismo”.  Sarà proprio lo stalinismo che trasformerà la politica internazionalista rivoluzionaria in politica borghese nazionalista, con l’ unico scopo di portare profitti alle imprese statali russe.

 

 

 



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