-CRISI UCRAINA- 

L’INTERESSE DELL’IMPERIALISMO AMERICANO

A GUASTARE I RAPPORTI  TRA BORGHESIA TEDESCA E RUSSA

DIVIDERE LE BORGHESIE EUROPEE

 

 

La esasperata contesa interna in Ucraina nasce dal fatto che una parte sempre maggiore della borghesia ucraina vuole staccarsi dall’egemonia russa e  fare  affari  con le grandi imprese europee soprattutto tedesche e l’altra parte che vede  invece lauti guadagni  rimanendo collegati all’imperialismo russo. Negli anni lo scontro tra le due fazioni  è  degenerato  al punto tale da  arrivare quasi alla guerra civile. Per risolvere il problema si sono mosse le diplomazie  internazionali e il 21 febbraio di quest’anno i giornali riportavano che era stato trovato un accordo  tra le parti e che questo accordo vedeva la firma dell’ex presidente ucraino filorusso Yanukovschi,  i rappresentanti dell’opposizione ucraina e ministri degli esteri tedesco, francese e polacco. E che durante tutta la trattativa la Merkel era stata in costante contatto telefonico con Putin in modo che tutte le parti fossero concordi.

Una accordo non facile, perché l’Ucraina è  sempre stata considerata  dal padronato russo fin da tempi lontani come “proprio giardino”,  cioè quasi parte integrante della Russia stessa e quindi assolutamente da non  perdere.  Per la borghesia tedesca  invece  che una parte consistente di affaristi ucraini vogliano staccarsi dalla Russia e fare affari con lei diventa un boccone prelibato, un’occasione per allargare il suo mercato affaristico estero. Questo però comporterebbe  lo scontro con i russi e  il padronato tedesco  non vuole avere contrasti, visto che  le due borghesie dopo la caduta dell’ex Urss hanno instaurato ottimi rapporti.  Si può capire quindi quanto sia stato difficile  trovare il compromesso.

I giornali  riportavano  inoltre, che dopo la firma tutti si erano dichiarati soddisfatti, anche il presidente americano Obama da Washington.

Certamente nell’accordo  era contenuto il punto che le basi militari della Crimea sarebbero rimaste in gestione ai russi.

Tutto sembrava andare per il meglio, tanto che il 23 febbraio, dopo la fuga dall’Ucraina del presidente filorusso Yanukovschi i giornali riportavano le dichiarazioni tranquillizzanti concordi della Merkel e di Putin che dicevano che la parola d’ordine era “Preservare l’unità dell’Ucraina”, come dire che non era assolutamente prevista alcuna divisione del Paese .

Improvvisamente il 26 febbraio però, pochi giorni dopo l’accordo,  il presidente  Putin metteva in mobilitazione l’esercito russo in Crimea e  contemporaneamente usciva con un comunicato in cui Mosca “avvertiva gli altri Stati a stare attenti e non cercare vantaggi unilaterali nel Paese [Ucraina]”. In altre parole, la dirigenza russa superallarmata, denunciava che qualcuno non stava rispettando gli accordi e che se ne stava approfittando.

In pratica si stava mettendo in forse o addirittura si pensava di togliere ai russi le basi militari  situate in Crimea.

 Il giorno dopo Gianandrea Gaiani sul quotidiano italiano “Il sole 24 Ore” cerca di far luce sulla faccenda,  di  spigare l’importanza delle basi e del perché della mobilitazione militare russa: “Mosca non può permettersi di perdere la base  di Sebastopoli, indispensabile per contenere la presenza Nato nel mediterraneo e sostenere il regime siriano. Per dimensioni e infrastrutture [la base militare di] Sebastopoli non è inoltre rimpiazzabile (almeno non in breve tempo) da altri porti russi sul Mar Nero”. E nell’ articolo successivo del 1 marzo Gaiani da ulteriori chiarimenti: “Non c’è dubbio che in termini geostrategici il passaggio di Kiev nell’orbita occidentale rappresenti un incubo per Putin, che vede in prospettiva un ulteriore

 

 

                                                                                                                                                         (segue pag.2)

 

 

- DOPO LA PESANTE SCONFITTA ELETTORALE-

IL PRESIDENTE FRANCESE HOLLANDE CAMBIA IL GOVERNO

MANUEL VALLS SOSTITUISCE AYRAULT ALLA GUIDA DELL’ESECUTIVO

 

I padronati francese e tedesco sono determinati e indissolubilmente uniti nel dirigere l’integrazione europea. Integrazione che non significa solo politica o militare, ma anche economica.

I vari Governi devono poi far si che questa volontà-esigenza padronale si realizzi.

Nell’Ue è in corso un adeguamento  tra i Paesi  membri che riguarda le regole economiche. Si vogliono regole come quelle introdotte dai governi Schröder all’inizio degli anni 2000  e che prendono il nome di “Riforme” e “competitività”.

Cosa intende il padronato con queste sigle? Per dirla con le parole dell’OCDE si  intende maggiore flessibilità del mercato di lavoro, cioè più lavoro precario, cioè meno lavoro stabile, più contratti a termine e più libertà di licenziamento;  si intende riduzione della pressione fiscale, cioè meno tasse per gli industriali;  si intende razionalizzazione della burocrazia, che significa meno assistenza sociale e  riforma delle pensioni, cioè peggioramento e allungamento dell’età pensionabile.

Tutto il padronato europeo  è d’accordo  su queste regole ed esige che vengano introdotte in tutti i paesi aderenti, ciò vale anche per la Francia. E ciò vale anche per Hollande  e il suo  governo  che è diretto dal suo delfino Ayrault.

Durante il suo mandato il governo Hollande – Ayrault  è stato accusato ripetutamente dai giornali ( cioè dalla voce degli  industriali che li posseggono) e dagli economisti di essere troppo morbido nel realizzare queste “ Riforme” e questa “competitività”,  che come abbiamo visto sono molto penalizzanti per i lavoratori dipendenti.

Ciò che è stato fatto fin’ ora in Francia è poco.

Secondo l’Economist : “ comparate alle misure prese in Spagna attualmente, o in Germania nel passato, le riforme francesi sono timide”.

Il governo Hollande – Ayrault  per la borghesia francese ed europea deve fare molto di più in questa direzione.

L’attacco portato dai giornali,  per spingere  Hollande  ad accelerare , ha fatto si che il suo consenso pubblico crollasse.

Hollande aveva potuto vincere le elezioni del 2012 perché aveva promesso al suo elettorato di sinistra che avrebbe migliorato le condizioni di vita dei lavoratori. Adesso sotto la spinta del padronato con i suoi giornali e tv  è costretto a dire che si impegnerà a fondo sulle “riforme”, è costretto a rimangiarsi tutto,  a dire il contrario di quanto promesso   e mostrare veramente da che parte sta.

La delusione dell’elettorato di sinistra francese sul suo voltafaccia è stata ed è grande, enorme. E le elezioni comunali francesi del marzo di quest’anno hanno drasticamente evidenziato quanto grande questa delusione sia. Le preferenze al partito socialista sono crollate al punto tale che il governo diretto dal delfino di Hollande  Ayrault ha dato le dimissioni. Al suo posto Hollande ha messo, a detta dei giornali, il duro e pragmatico ex ministro dell’interno Manuel Valls che dice, si impegnerà a fondo nel realizzare le “riforme”.

Dal punto di vista padronale un successo. Si sono liberati di un governo che non era così incisivo come loro volevano nell’attuare  i loro interessi sul taglio delle pensioni, sull’aumento della precarietà, nel taglio della spesa sociale . Ciò che invece a suo tempo il tedesco Schröder aveva eseguito egregiamente.

Adesso con il governo Valls il padronato francese ed europeo avrà di nuovo la possibilità di avere un governo più incisivo. 

Si prospettano tempi duri per i lavoratori dipendenti francesi.

 


 

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    (segue da pag 1: Crisi Ucraina: l’interesse dell’imperialismo americano….)

 

spostamento a est dei confini con la Nato e Ue e teme la prossima destabilizzazione della Bielorussia, ultimo alleato di ferro del Cremlino in Europa”.

Gaiani coglie in pieno l’importanza strategica della Crimea.

E questo spiega  la decisione  dell’imperialismo russo di prendere possesso militarmente della penisola  con la scusa di difendere la popolazione a maggioranza russofona, mettere al sicuro le basi e non correre rischi,  per poi attraverso un referendum darne la legittimità internazionale e fare l’annessione .

La mobilitazione militare russa diventa però un’ottima occasione per i vertici della borghesia americana per gridare all’invasione, alla violazione dei diritti internazionali e cominciare un’azione di ritorsione contro il concorrente.

E il 28 febbraio Obama entra ufficialmente in scena minacciando sanzioni contro i russi.

E qui comincia la diaspora internazionale Ucraina.

L’effetto immediato è che l’ottimo rapporto tra il padronato tedesco e quello russo che aveva permesso di arrivare all’accordo,  si lacera improvvisamente. La Merkel, pur cercando in tutti i modi di attenuare la tensione contro Putin deve però schierarsi con la Nato contro la Russia.

Le Nazioni dell’Ue, cioè le borghesie Ue, se prima con i loro politici avevano seguito a distanza il problema Ucraina e avevano plaudito l’accordo, adesso devono prendere ufficialmente posizione: si dividono come già successo molte volte nel passato e si lacerano. I giornali riportano: “Europa divisa tra falchi e colombe!” e “alla dura posizione americana che mira ad isolare Mosca con tutti i mezzi possibili, si contrappone la cautela dell’Unione Europea, dove ai falchi della nuova Europa si contrappongono le colombe tedesche che hanno convinto anche Francia e Gran Bretagna” (Il Sole 24 Ore, 4 marzo).

Da un accordo che sembrava un capolavoro ad una guerra di tutti contro tutti.

È  tipico del padronato americano, che ha vinto la seconda guerra mondiale, cercare di tenere deboli e divise le borghesie concorrenti con cui prima o dopo,  causa la concorrenza internazionale,  causa l’ emergere di nuovi forti imperialismi concorrenti come Cina, Brasile, India, Indonesia ecc. ne dovrà fare i conti.

Con questo metodo,  tenere il più possibile debole le altre borghesie, l’imperialismo americano dopo la seconda guerra mondiale ha praticamente annullato in politica estera il padronato giapponese. Questo è  immobilizzato sotto il tallone americano:  praticamente non riesce a mobilitare  l’ esercito per i suoi interessi nelle contese imperialistiche internazionali, ne riesce a sviluppare una sua politica monetaria nella zona asiatica (come l’euro in Europa). Anche in  Europa il padronato  americano fa sentire il suo forte peso: sta frenando il processo di Unione delle borghesie europee, che sta durando un’eternità e non se ne vede di certo la fine e gli americani sfruttano tutte le occasioni possibili per introdursi nelle questioni che riguardano i padronati  europei e mettere li uni  contro gli altri. Si può citare al proposito la guerra del Kosovo contro la Serbia del 99. Anche problematiche che non riguardano direttamente il territorio Europa vengono utilizzate per far litigare i padronati europei: prima guerra del Golfo contro l’ Iraq nel 91, guerra Afganistan 2001, seconda guerra Iraq 2003, guerra Libia 2011, guerra Siria 2013 fino alla questione attuale , come detto, dell’Ucraina. Se si va a vedere in tutte queste occasioni le nazioni europee, singolarmente o a gruppi, hanno assunto posizioni diverse, non c’è mai stata  unità.

Ovviamente non esistono borghesie buone o cattive. Tutte sono alla ricerca del massimo guadagno e rivestono, a seconda del bisogno, la maschera del lupo o dell’agnellino.

Chi pensa che nell’attuale società capitalistica  tutto sommato si può anche andar bene, deve ben riflettere su questo. L’unica cosa certa in questa società è l’insicurezza. Non si sa mai cosa può succedere domani. Ne sanno qualcosa i lavoratori, i giovani delle  Nazioni che improvvisamente, dalla sera alla mattina si sono trovate nel bel mezzo di una crisi e si sono trovati,  loro, a subirne tra forti proteste, le conseguenze. Improvvisamente quello che avevano prima o  è stato modificato  in peggio o è stato messo in forse.

Questo lo si è visto ripetutamente nel passato e lo vediamo quotidianamente nel presente.

-POLITICA INTERNA-

 

SALARIO MINIMO ORARIO

DI 8,5 euro

 

IL TENTATIVO SPD DI RECUPERARE VOTI

DOPO L’ENORME PERDITA DI CONSENSI DOVUTA AI GOVERNI SCHRÖDER

 

 

 

Il salario minimo orario esiste già in Europa, non è una novità. In Inghilterra è di 9,53 euro e in Francia di 7,60.

Il padronato può sopportare senza problemi questa spesa e continuare tranquillamente ad avere guadagni enormi.

Adesso viene inserita anche in Germania e a volerlo fortemente è l’SPD. La stessa SPD che durante i governi socialdemocratici Schröder del 1998 e del  2002 ha introdotto leggi che hanno peggiorato notevolmente le condizioni dei lavoratori dipendenti: l’età pensionabile è stata portata a 67 anni; i salari e gli stipendi sono stati talmente frenati da diventare inferiori a quelli francesi;  è stato dilatato notevolmente il lavoro precario giovanile a scapito del posto fisso.

Come conseguenza di queste misure molto penalizzanti l’SPD ha subito nelle tornate elettorali seguenti una perdita notevole di  preferenze di voto, tanto che la CDU-CSU ha potuto vincere senza tanti problemi.

Le richieste SPD del salario orario minimo e l’età pensionabile a 63 anni vengono viste  come  misure, come tentativi atti a recuperare fiducia e fermare l’emorragia di voti.

Sembra però che non sia servito a molto, visto che la CDU-CSU alle ultime elezioni di novembre 2013 hanno preso il 42,5 % dei voti e l’SPD solo il 25,6.

Una sfiducia evidentemente molto profonda, guadagnata, da cui l’SPD sembra non potersi risollevare.

 

Anche per il padronato tedesco il salario orario minimo non è un problema e al di la delle proteste di facciata ( ma neanche poi tante) il risultato finale è che anche l’accordo CDU-CSU SPD  sul salario minimo ha permesso il formasi di un governo di Grande Coalizione, vale a dire un governo esteso e quindi molto stabile che permetterà alla borghesia di affrontare le prossime problematiche internazionali e nazionali con una solida base governativa.

 

 


 

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FORTI SCIOPERI IN BRASILE

 

IL PIU’ CHE VENTENNALE SVILUPPO ECONOMICO FA SCOPPIARE LE RIVENDICAZIONI ECONOMICHE SALARIALI DEI LAVORATORI DIPENDENTI -

 

 

 Le tv mostrano grandi scioperi e grandi manifestazioni.

I manifestanti intervistati dicono che il  Brasile non è solo samba e ballo come si crede nel mondo, ma anche cultura, dignità di vita e che lottano per condizioni di vita migliori: uno stipendio decente , ritmi di lavoro meno bestiali e per ridurre le ore di lavoro giornaliere.

Quello che sta succedendo in Brasile sta succedendo anche   in Tahilandia   dove  a centinaia di migliaia scioperano.

E’ la conseguenza dello sviluppo capitalistico in quelle zone.

In Brasile l’economia cresce enormemente permettendo guadagni astronomici al padronato. Ai lavoratori dipendenti invece  solo lavorare duramente anche 10 ore al giorno con salari che rimangono bassissimi.

E’ un processo di boom economico che dura ormai da più di due decenni e la sopportazione dei lavoratori è arrivata al limite. Indipendentemente dai governi, dx, centro o falsa sx, che si susseguono i salariati vedono  che i ricchi diventano sempre più ricchi e a loro non vengono date neanche le briciole.

Perciò scoppiano gli scioperi e le azioni di lotta.

Questo è un processo che tutti i Paesi industrializzati  hanno passato e passano nel loro momento di forte sviluppo economico.

Marx spiega il fenomeno degli scioperi: “La grande industria agglomera in un solo luogo una folla di persone sconosciute le une alle altre. La concorrenza le divide nei loro interessi, ma la difesa del salario, interesse comune che esse hanno contro il padrone, le riunisce in un’unica idea di resistenza e coalizione”. E Lenin precisa: gli scioperi sono “un fenomeno economico naturale” nel sistema capitalistico.

Infatti la storia è piena di questi eventi rivendicativi che accompagnano lo sviluppo capitalistico. Al proposito possiamo citare le lotte in Inghilterra all’inizio del 800,  dove  Engels nel suo libro “La situazione della classe operaia in Inghilterra”  descrive  magistralmente fatti esattamente uguali a quelli che succedono adesso in Brasile;  possiamo citare gli scioperi americani di fine 800 con i martiri di Chicago e  l’instaurazione del 1° Maggio ; le lotte dei socialdemocratici tedeschi guidati da Bebel  e  Liebknecht   padre;  le lotte dei lavoratori francesi e italiani nel secondo dopoguerra (il 68); negli anni 80  famose sono le lotte estremamente dure dei lavoratori coreani;  negli anni 2000  hanno dovuto battersi  duramente  i salariati indonesiani.

Adesso tocca ai lavoratori  degli ultimi paesi emergenti.

Tutti lottano e hanno lottato per migliori condizioni di vita: innalzare il salario, ridurre l’orario di lavoro, ritmi di lavoro meno pesanti,  ridurre il lavoro infantile.

Naturalmente i ricchi, nonostante gli astronomici guadagni non cedono facilmente. Quindi si può ben capire che le lotte sono dure, durissime e molto lunghe negli anni, ma alla fine le masse salariate ottengono i risultati.

Nel capitalismo il concetto dei  ricchi  è che i lavoratori devono solo lavorare e stare zitti. Naturalmente dicono tutto il contrario.

Presentiamo qui il volantino che abbiamo diffuso.

 

            -        CRISI UCRAINA  –

 

UNA BORGHESIA DIVISA IN DUE

CHE LOTTA PER IL CONTROLLO DEL GOVERNO COINVOLGE VIOLENTEMENTE I LAVORATORI

 

 

Dopo il crollo del falso socialismo in Urss nel 91,  socialismo che in realtà non era che un Capitalismo (di Stato) gestito da una borghesia statale (partito) di cui Putin era un personaggio di primo piano,  l’Ucraina  ha avuto governi che si sono alternati tra essere filo occidentali o filo russi. Cosa succedeva: una parte della borghesia ucraina vedeva buoni affari collegandosi con i ricchi occidentali (industriali, banchieri ecc.) mentre l’altra parte di affaristi  vedeva buoni guadagni rimanendo legati ai nuovi capitalisti privati russi che altro non erano i che vecchi dirigenti del vecchio  falso partito comunista russo,  come Putin.

In questa lotta cruenta per il controllo del governo ucraino le due fazioni hanno coinvolto attraverso giornali, televisioni, politici, economisti preti e quant’altro i lavoratori dipendenti.

Ai lavoratori, ai giovani  e alla popolazione è stato fatto intendere che se parteggiavano per una parte o per l’altra il loro futuro sarebbe stato migliore: se avessero seguito gli affaristi filo occidentali c’era la possibilità di forti guadagni con conseguenti buoni stipendi, altrettanto veniva promesso ai lavoratori che avessero seguito i filo russi.

E’ noto che i lavoratori dipendenti ucraini, come quelli moldavi, sono tra i più poveri d’Europa, a milioni  emigrano in cerca di una vita un po’ più decente. Si può quindi immaginare l’effetto che false promesse possono provocare su persone in queste condizioni.

Che i lavoratori parteggino per questa o l’altra fazione della borghesia, alla fine, come altre situazioni hanno dimostrato (vedi Sudafrica)  non ha alcun senso, riceveranno, dopo dure battaglie salariali, solo le briciole dei lauti guadagni che gli affaristi di questa o l’altra fazione faranno.

Infatti, quali sono le prime misure del  Governo ucraino filooccidentale fatte dal premier Jazenjuk per pagare il prestito di 18 miliardi dato dal IWF all’Ucraina il 27 marzo? Far pagare ai ricchi più tasse sugli Yacht o sulle mega ville? Certo che no! Le prime misure sono tagli ai posti di lavoro dei dipendenti pubblici e taglio delle pensioni particolari!

Il padronato di tutte le nazioni coinvolge continuamente i salariati nelle sue politiche  borghesi, salariati che da queste politiche  nulla hanno a che fare e che non ne trarranno  mai benefici  ma solo sfruttamento.

E’ importante aver chiaro questo.

E’ importante approfondire e capire come realmente le cose accadono per non farsi coinvolgere negativamente e non farsi prendere in giro.

Con l’aiuto della scienza marxista è possibile capire. Aderendo e organizzandosi nel partito internazionalista è possibile essere indipendenti e lavorare per una società superiore.

 

                                                                                                                                                                      Aprile 2014


 

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Punti fermi della scienza marxista

Riportiamo un articolo del giornale Lotta Comunista del 1997.

 

L’IDEOLOGIA

NAZIONALISTA

 

 

Nella prefazione all’edizione italiana del “Manifesto“ 1893 Engels sostiene che il regno della borghesia non è possibile senza l’indipendenza nazionale. La formazione degli Stati nazionali e dell’ideologia nazionale è strettamente collegata alla genesi del capitalismo, un processo che inizia con il capitalismo mercantile delle città italiane del XV secolo.

Quando la borghesia diventa protagonista pone quella che per lei è la questione fondamentale: il mercato. Per accelerare lo sviluppo economico spezza progressivamente le barriere feudali, tende ad unificare territori sempre più vasti. Si rafforzano i vincoli nazionali; lo sviluppo politico delle nazioni e la loro unificazione in Stati nazionali è spesso accompagnata dal nazionalizzarsi della stessa coscienza religiosa: l’organizzazione delle Chiese tende a rendersi indipendente dalla Curia romana; la lingua latina viene sostituita nel culto delle lingue nazionali.

La questione nazionale, la battaglia per costituire gli Stati nazionali è una caratteristica dell’età moderna, si presenta all’ordine del giorno quando la borghesia comincia a svilupparsi trasformando la società.

Con il feudalesimo la questione nazionale non si poneva.

“In tutto il mondo,  il periodo della vittoria definitiva del capitalismo sul feudalesimo fu connesso con movimenti nazionali. La base economica di tali movimenti consiste in questo: per la vittoria completa della produzione mercantile è necessario la conquista del mercato interno da parte della borghesia, l’unità politica dei territori la cui popolazione parli la stessa lingua, la soppressione di tutti gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo di questa lingua e al suo fissarsi nella letteratura. La lingua è il mezzo più importante per le relazioni tra gli uomini: l’unità della lingua e il suo libero sviluppo costituiscono una delle condizioni più importanti per una circolazione delle merci realmente libera e vasta che corrisponda al capitalismo moderno, per un raggruppamento – libero e vasto- della popolazione in classi diverse, ed è infine la condizione per lo stretto collegamento del mercato con ogni padrone o piccolo padrone, con ogni venditore o compratore.

Ecco perché ogni movimento nazionale tende a formare uno Stato nazionale che meglio corrisponda a queste esigenze del capitalismo moderno. Spingono a formare tale Stato i fattori economici più profondi: ecco perché in tutta l’Europa occidentale – o meglio, in tutto il mondo civile – lo Stato nazionale è lo Stato tipico, normale, del periodo capitalistico.” [Lenin: “Sul diritto delle nazioni all’autodecisione”] 

L’ideologia nazionalista, che al sorgere del capitalismo poteva avere un ruolo progressivo perché frantumava i localismi feudali, assume oggi un ruolo profondamente reazionario e di conservazione in quanto strumento di divisione (se non di guerra) per un proletariato che non ha alcun interesse nazionale da difendere.

 

Punti fermi della scienza marxista

 

IL FALSO SOCIALISMO

DELL’EX DDR

 

 

 

I comunisti internazionalisti hanno sempre avuto le idee chiare su che cos’ è il comunismo o  socialismo e cos’è il capitalismo.

A tal proposito riportiamo uno scritto di Arrigo Cervetto del dicembre 1965: “Noi marxisti abbiamo sempre detto, che la natura sociale [la struttura economica] di un Paese è data dai rapporti di produzione predominanti in quel Paese. I rapporti di produzione esistenti  nell’Urss,  Polonia, Ungheria, [Repubblica Democratica Tedesca] ecc. erano e sono rapporti di produzione capitalistici e quindi non potevano e non possono dar vita che a manifestazioni tipiche del capitalismo”.

Come si può ben vedere non c’erano dubbi per i marxisti scientifici che i Paesi cosiddetti  “socialisti” fossero capitalisti.

In Germania però l’opinione pubblica era (e lo è ancora)  convinta che nella DDR ci fosse il socialismo e che con il crollo del muro sia  crollato anche il comunismo.

Niente di più sbagliato.

L’ex DDR, come l’ex Urss ecc. era un  Paese a Capitalismo di Stato, come ben spiegato da Cervetto nel 1965 ed è stata appunto la concorrenza capitalistica internazionale a farla fallire.

Per i marxisti scientifici il crollo di  queste nazioni a falso socialismo è stata senz’altro una conferma che la loro analisi concreta  su cosa era comunismo o non era, era giusta, più che giusta!

Per chi si sentiva di sinistra invece e sentimentalmente era convinto, ma non aveva ben approfondito, che nell’ex DDR  ci fosse il socialismo, il crollo del muro è stato un momento di grande delusione, grande sconforto.

Per il padronato e tutti i suoi servitori è stata l’occasione per gridare alla sconfitta del comunismo, alla sua inferiorità , alla sua non praticità.

In realtà è crollato un grande equivoco.

Le leggi capitalistiche erano ben presenti nell’ex DDR:

 

-          Vi era la produzione di merci

-          Le merci venivano vendute all’interno del paese e all’esterno.

-          Nelle aziende vi erano i dipendenti che in cambio di lavoro venivano pagati con un               salario.

-          Le banche facevano prestiti con interessi, guadagni ecc.

-          Il commercio funzionava con la compravendita, con dipendenti, guadagni ecc.

 

Nel comunismo tutti questi elementi non ci sono. Vi è una produzione generalizzata e organizzata che viene distribuita.

Il grande equivoco su cui si è tanto speculato era che il Capitalismo di Stato presente nell’ex DDR,  veniva spacciato per socialismo perché a dirigerlo non c’erano i capitalisti privati, ma un partito.

Per capire bene si può fare un parallelo con il capitalismo di Stato della chiesa: la chiesa ha molti capitali,  affari, banche ecc. ma a dirigere questi affari non sono singoli capitalisti privati, bensì dei burocrati clericali, che si possono paragonare ai burocrati statali di un partito.

Poi anche il fatto che ci fosse una forte assistenza sociale veniva equivocata e spacciata per socialismo. Però l’assistenza  sociale e gli ammortizzatori sociali sono presenti  in tutte le nazioni. Solo che nei paesi a Capitalismo di Stato era senz’altro più elevata ed è stata uno dei motivi (certamente non il solo e certamente non il più importante) del perché non hanno retto la concorrenza capitalistica  internazionale e sono falliti.

Sempre bisogna cercare di capire e approfondire. Altrimenti veniamo influenzati da concetti che sono l’esatto contrario di quello che dicono di essere.

 

 



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