IL SIGNIFICATO DEL 1° MAGGIO:
LA CLASSE LAVORATRICE NON HA PATRIA; SI MOBILITA A LIVELLO MONDIALE NELLO STESSO GIORNO!
Il 1° Maggio è l’emblema dei lavoratori. E’ l’emblema della lotta dei lavoratori a livello planetario.
Nasce e prosegue come giorno di lotta.
Nasce nel lontano 1886 a Chicago allorchè i lavoratori americani in quel giorno scioperavano duramente ed estesamente per ottenere la giornata lavorativa di 8 ore.
Da allora il 1° Maggio come giornata di lotta per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori dipendenti, si estenderà progressivamente e inesorabilmente a tutti i proletariati del pianeta.
Già nel 1890, quattro anni dopo il suo sorgere, il 1° Maggio viene dichiarato dalla 2° Internazionale giorno di mobilitazione mondiale dei lavoratori e in quell’anno a Londra il giorno di sciopero-manifestazione del 1° Maggio vedrà l’imponente partecipazione di ben 300 mila persone. Lo stesso giorno sciopereranno anche gli immigrati europei a Buenos Aires in Argentina, quelli in Australia e in Nuova Zelanda.
Nei primi anni del 900, saranno i giovani proletari delle nuove nazioni emergenti del Giappone, Iran, Turchia, India, che si uniranno alle manifestazioni del 1° Maggio.
Ai giorni nostri, dove il modo di produzione capitalistico si è esteso su tutto il pianeta, formando nelle varie nazioni strati estesi di proletariato, il 1° Maggio vede manifestazioni di lavoratori in tutto il mondo.
E’ il primo passo a livello spontaneo economico dell’indicazione di Marx: “Proletari di tutto il mondo unitevi!”
Naturalmente, bisogna assolutamente precisare, che la lotta spontanea per migliorare le condizioni di vita immediate dei lavoratori non è ancora la lotta politica cosciente rivoluzionaria per arrivare ad una società politica superiore comunista. La lotta di classe per migliorare le condizioni di vita immediata dei lavoratori nel sistema capitalistico è una lotta istintiva, spontanea, incessante, con vittorie e sconfitte, ma ineliminabile!
Ma questa lotta nella giornata del 1° Maggio mostra alla classe lavoratrice che è veramente una classe internazionale senza confini nazionali e mette in risalto come di fronte ai proletari ci sia un’altra classe sfruttatrice che è anch’essa internazionale.
E’ un primo passo, un piccolo primo passo, per creare una consapevolezza di interessi comuni della classe sfruttata!
- GUERRE CONTINUE TRA BORGHESIE -
GUERRE IN IRAQ , SIRIA, AFGANISTAN E LIBIA
COMMENTIAMO QUI UN ARTICOLO DEL PROFESSOR
Jeffrey D. Sachs, Director of The Earth Institute – Columbia University
Nell’ articolo apparso sul Sole 24 Ore il 21 gennaio, dal titolo ”Ecco come si vince la guerra contro l’islamismo radicale”, il prof. Jeffrey D. Sachs, economista e saggista statunitense, direttore dell’ Earth Institute presso la Columbia University di New York, tenta di dare una versione obbiettiva e realistica della causa dei fatti terroristici di Parigi - je suis Charlie Hebdo - portando i suoi approfondimenti e le sue riflessioni. Il suo è un tentativo di dare una visione non unilaterale, cioè vista dal lato occidentale, ma globale, cioè vista anche dal lato delle popolazioni arabe musulmane dei paesi mediorientali che subiscono le guerre: Iraq, Siria, Libia, Afganistan. Dalla sua analisi, J.D. Sachs giunge alla conclusione (come noi) che gli atti terroristici di Parigi del 7 gennaio non sono opera di fanatici religiosi, ma fanno parte di una più complessa guerra che avvolge la regione araba: “ Il terrorismo islamico è il riflesso, o meglio l'estensione, delle odierne guerre in Medio Oriente.” spiega . Guerra che le potenze occidentali (per i marxisti: le borghesie occidentali) stanno conducendo contro i loro nemici jiadisti (per i marxisti i Jiadisti rappresentano gli interessi delle piccole borghesie arabe locali ribelli) situati nelle zone povere dell’Iraq, della Siria e dell’Afganistan.
J.D. Sachs spiega che gli atti terroristici non sono fatti isolati, ma il modo povero con cui alcune popolazioni (per noi leggasi: piccole borghesie) conducono le loro guerre. Spiega: gli atti terroristici sono “un’azione di guerra, seppur una guerra fatta dai deboli invece che da stati organizzati ed eserciti ” . Vengono fatti apparire come atti di fanatici religiosi, in realtà sono fatti politici. Infatti Sachs precisa che ad ogni atto terroristico segue sempre un comunicato, che regolarmente viene sottaciuto dai media, comunicato che contiene tutte le motivazioni politiche del caso “ I terroristi stessi agiscono in termini politici, anche se raramente ci facciamo caso; le parole dei terroristi vengono tutt'al più riportate solo sinteticamente”. Nel caso specifico di - je suis Charlie Hebdo - “I terroristi di Parigi hanno fatto riferimento alle operazioni della Francia in Siria”.
Prosegue Sachs dicendo che in queste guerre le borghesie occidentali non ammettono mai le migliaia di vittime civili, “i danni collaterali” così definiti, che causano: “La morte è pervasiva, il più delle volte arriva per mano di bombe, missili e delle truppe di Stati Uniti, Francia e di altre potenze occidentali. E le vittime sono spesso innocenti, “danni collaterali” degli attacchi occidentali che colpiscono case, matrimoni, funerali e incontri della comunità”. Sachs tenta anche di portare delle cifre dei “danni collaterali”: “Qual è il messaggio per i musulmani dell'invasione dell'Iraq del 2003 guidata dagli Usa? Più di 100.000 civili iracheni – una stima molto contenuta – hanno perso la vita in una guerra basata su pretesti del tutto falsi. Gli Stati Uniti non si sono mai scusati, né tanto meno hanno riconosciuto il massacro di civili. Oppure prendiamo la Siria, dove secondo le stime sono recentemente morti 200.000 siriani, 3,7 milioni di siriani sono scappati dal Paese e 7,6 milioni sono sfollati all'interno del Paese per una guerra civile che è stata alimentata in gran parte da Usa, Arabia Saudita e da altre potenze alleate.
Sachs spiega che a noi occidentali sembra impossibile che queste cose accadano “Noi in Occidente dobbiamo riconoscere – molti non lo credono possibile – che i nostri leader distruggono vite musulmane ormai palesemente da un secolo, nelle infinite guerre e negli scontri militari istigati dalle schiaccianti potenze occidentali” , ma sottolinea che agli esperti del settore queste cose sono ben note: “Gli storici conoscono questa sordida storia, ma la maggior parte degli occidentali no”.
Incredibile è però la conclusione che ne trae come possibile soluzione di una così ripugnante situazione: “Per porre fine al terrore dell'Islamismo radicale bisognerà mettere fine alle guerre dell'Occidente per il controllo del Medio Oriente. Per fortuna l'Era del Petrolio sta gradualmente giungendo al termine”… “È tempo che l'Occidente consenta al mondo arabo di governarsi e di scegliere la propria strada senza interferenze militari occidentali”.
Il prof. Sachs sembra non rendersi neanche lontanamente conto che le guerre sono causate dagli affari e che anche le guerre che infiammano il Medio Oriente è lo scontro tra borghesie, padronati, tra ricchi, per l’accaparramento di fette di territori in modo da tener alti i guadagni, odierni e futuri. Forse qualcuno glielo dovrebbe spiegare. Se pensa che basti dire alle potenze occidentali: “ Se non volete il terrorismo islamico dovete andarvene dalla regione araba”, è chiaro che il prof. Sachs non ha assolutamente chiaro come funziona il sistema. Sarà sicuramente una persona seria, riflessiva, non di parte, ma non ha chiaro come funziona il sistema.
Per “mettere fine alle guerre”, come il prof. Sachs ardentemente desidererebbe, bisogna cambiare tutto il sistema, bisogna passare da un sistema basato sulla vendita dei prodotti per ottenerne un guadagno ad un sistema basato sulla distribuzione dei prodotti, cioè passare ad una società superiore.
Il professore dovrebbe approfondire di più anche nell’ambito del marxismo. Sul come è possibile e necessario arrivare a superare la società capitalistica.
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-SCONTRO TRA BORGHESIE-
UCRAINA : MERKEL -PUTIN
La guerra civile in Ucraina viene fatta apparire dai media (che ovviamente appartengono e sono diretti dai grandi industriali, dalle grandi banche) come uno scontro tra buoni e cattivi. I buoni sarebbero gli occidentali, vale a dire il Governo di Kiew, Obama, la Merkel, ecc. e i cattivi sarebbero i russi, vale a dire Putin, i separatisti, ecc.
Come sempre, all’approfondimento le cose risultano essere ben diverse. All’attenta analisi emerge invece essere uno scontro cinico tra padronati, tra borghesie, nell’eterna lotta tra di loro per il controllo delle aree di influenza, per tenere alto, al massimo livello, il guadagno, anche se questo costa una quantità di vite umane e distruzione di città. Alla borghesia questo poco importa.
Gli ultimi sviluppi della diaspora Ucraina vedono lo scorso 12 febbr. la concelliera Merkel e il presidente Hollande partecipare al vertice di Minsk, dove tentano di convincere Putin all’ennesimo accordo di cessate il fuoco per porre fine alla guerra civile del paese.
Sul problema Ucraina l’iniziativa tedesca è sempre stata molto attiva, fin dall’inizio della crisi, cioè dal febbraio dello scorso anno, quando poi è esplosa. Una iniziativa così attiva, fino al punto che Wieland su “Der Spiegel” del 5 gennaio di quest’anno lamentandosi scrive: “Mentre la Merkel e colleghi lavoravano perché l’ordine europeo non cada in rovina, gli asiatici costruivano il futuro” (qui Wieland si riferisce alla iniziativa del nuovo governo cinese, cioè della borghesia cinese, per costituire un’immensa area di libero scambio commerciale asiatica).
Nonostante che sul problema la Merkel e Putin nei mesi passati si siano incontrati più volte, gli scontri armati tra governo centrale ucraino e rivoltosi filorussi della regione autonoma del Donbass non sono mai cessati.
Nel precedente giornale di gennaio di “Der kommunistische Kampf” scrivevamo che notavamo la spregiudicatezza di Putin nell’ usare la guerra civile ucraina per creare tensioni, attriti, tra il governo tedesco e quello americano, cioè tra la borghesia tedesca e quella americana.
Come avviene questo? Spieghiamo: i separatisti con l’appoggio dei russi attraverso provocazioni militari fanno riesplodere le crisi. A questo il governo americano reagisce proponendo con decisione il rafforzamento militare del governo centrale ucraino in modo che sconfigga i ribelli. Il governo tedesco si oppone fermamente a questo perchè non vuole entrare in conflitto con i russi che appoggiano i ribelli, per non rovinare il buon rapporto affaristico – politico esistente che hanno con loro. Risultato: si crea una forte tensione tra i governi tedesco – americano sul come procedere ed è quello che Putin cerca.
Per noi cittadini queste cose sembrano molto strane, ma nei rapporti tra borghesie questo è la normalità.
E così anche all’inizio di febbraio di quest’anno si assiste all’ennesima crisi Ucraina, dove Obama di fronte al riaccendersi della guerra civile propone, da copione, di mandare più armi al governo centrale ucraino, la Merkel che decisamente dice no e tirandosi dietro Hollande propone l’ennesimo vertice con Putin per trovare una soluzione diplomatica.
Seguiamo la vicenda attraverso i giornali: “Die Zeit” del 2 febbr. 2015 “Conflitto Ucraina: GLI USA ESAMINANO LA CONSEGNA DI ARMI A KIEW. Kerry, Dempsey, Rice: l’alto rango dei politici Usa considerano l’idea di consegnare armi all’Ucraina. La forza di combattimento di Kiew in est Ucraina deve essere rafforzata anche con droni”. Il giornale “Die Welt“ sempre del 2 febbr: “ Gli Usa esaminano seriamente di consegnare armi all’Ucraina”.
La risposta dalla borghesia tedesca non si fa però attendere: “Die Zeit“ del 2 febbr: “Guerra in Ucraina. IL GOVERNO FEDERALE AMMONISCE CLI USA DI CONSEGNARE ARMI ALL’UCRAINA. L’Unione e l’SPD esortano il governo Usa: nuove armi possono incrementare ulteriormente la guerra ucraina. I separatisti vogliono mobilizzare 100.000 combattenti”. E il giornale “FRANKFURT ALLGEMEINE“ del 3 febbr: “La concelliera Merkel: “Noi non consegneremo nessun arma all’Ucraina”
Come si vede l’opposizione tedesca è netta e lo scontro tra i due governi forte!
Come reagisce il governo americano a questo? Dopo aver tentato, sceglie di non insistere: “FRANKFURT ALLGEMEINE” del 4 febbr. riporta: “Conflitto in
GRECIA: INGLORIOSA VOLTAFACCIA DEL GOVERNO SYRIZA -Il partito populista della piccola Borghesia Syriza-
TIPICO DEL PARLAMENTARISMO: TANTE PROMESSE, TANTE ILLUSIONI: NESSUN FATTO CONCRETO!
E’ proprio vero, di questi partiti della borghesia non ci si può proprio fidare! Il marxismo considera il parlamento uno strumento del padronato per controllare la popolazione, i lavoratori, il proletariato. Per dare loro l’impressione che attraverso il voto possano contare qualcosa, avere un peso. Solo però per dare l’impressione, in realtà non è così, non che la cosa sia vera! I partiti, i parlamentari devono promettere e ancora promettere, dare illusioni su dare illusioni: poi quello che sarà fatto sarà ben altro! Syriza non fa eccezione! Anche qui il marxismo trova la sua ennesima conferma (se ce ne fosse bisogno). Dopo aver promesso ai greci monti e mari contro i sacrifici, contro i tagli, per un minimo di vita migliore, il governo Syriza si trova miseramente a eseguire le direttrici del grande capitale, la famosa Troika: FMI, BCE e Commissione Europea. Dovrà mantenere tutte le drastiche misure contro i lavoratori su pensioni, tagli dei salari, aumento di tasse, diminuzione di personale, ecc. Forse cambierà qualche virgola per dare l’impressione di fare qualcosa. Vedremo la reazione dei lavoratori, del proletariato. Il marxismo è una grande scienza. Chi lo sottovaluta può trovarsi a non capire nulla di quello che succede e trovarsi allo sbaraglio. Meglio è, tenerlo in grande considerazione!
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Ucraina: L’AMERICA NON CONSEGNERA‘ NESSUNA ARMA A KIEW. La programmata consegna di armi all’Ucraina per combattere i separatisti crea preoccupazione negli Stati Uniti. Il dietrofront: per il momento non verrà fatta nessuna consegna, così si esprime la Casa Bianca.”
Il freddo gioco cinico dello scontro tra borghesie prosegue, non trova mai sosta!
Un gioco ripugnante di una società capitalistica marcia, che anche in questo caso costa la vita a diverse migliaia di persone.
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L’INTERNAZIONALISMO DI LENIN
IL CAPITALISMO DI STALIN
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Chiarezza nella differenza tra politica comunista di Lenin e la politica capitalistica del falso socialismo di Stalin
Dal punto di vista pratico il comunismo è la società superiore. E’ una società superiore perché i prodotti non vengono più venduti, ma distribuiti tra la popolazione. In questo modo sparisce la ricerca del massimo guadagno, spariscono le classi sociali, sparisce la concorrenza, che è la causa delle crisi economiche e sociali con enormi sprechi di produzione, concorrenza che è la causa delle guerre con ancora più enorme spreco di produzione e soprattutto di vite umane.
Per arrivare a questo bisogna però necessariamente arrivare ad una rivoluzione, perché la borghesia, cioè il padronato, cioè i ricchi, assolutamente si oppongono e si opporranno allo stravolgimento del sistema capitalistico, come è stato dimostrato nelle due esperienze di governo proletario della Comune di Parigi del 1871 e della rivoluzione bolscevica del 1917.
Dopo la conquista del potere da parte del proletariato in una nazione, realisticamente parlando, economicamente, non è possibile passare subito al comunismo, cioè alla distribuzione della produzione tra la popolazione, perché il mercato nazionale di un paese, in questo caso il paese dove il proletariato è arrivato al potere, non essendo autonomo nella produzione dei prodotti, è talmente intrecciato con le economie delle altre nazioni che obbligatoriamente deve commerciare (comperare e vendere) con esse e deve commerciare anche all’interno del proprio paese.
Facciamo degli esempi: quando si costruisce un’automobile c’è bisogno del ferro per la carrozzeria, il ferro viene estratto nelle miniere dell’Australia, Brasile e Cina e la bisogna comprarlo, c’è bisogno dei pneumatici, i cui maggiori produttori sono il Giappone, la Francia e gli Usa e la bisogna comprarli, c’è bisogno del vetro per i finestrini e bisogna comperarlo, c’è bisogno del carburante per farla viaggiare e quello lo si compera nei paesi arabi, e così via. Altro esempio: per costruire i mobili c’è bisogno del legno, il legno lo si può trovare soprattutto nei paesi nordici o in Africa o in sud America. Per costruire un frigorifero c’è bisogno dell’acciaio, quindi bisogna comperare il ferro, ecc. ecc, e così via per tutti i prodotti che usiamo giornalmente.
Questa è la situazione realistica in cui si viene a trovare un proletariato quando conquista il potere. Solo in un secondo momento, dopo una rivoluzione a livello mondiale o quasi sarà possibile passare al comunismo.
I bolscevichi con Lenin, avevano ben presente questo quando nel ’17 conquistano il potere in Russia. Infatti nei vari scritti dell’epoca Lenin e i bolscevichi non parlano mai di comunismo in Russia, ma di fase transitoria, con una economia a capitalismo di stato a gestione rivoluzionaria.
La rivoluzione in Russia viene quindi giustamente vista dai bolscevichi come inizio, un inizio di una rivoluzione internazionale che dovrà portare al
comunismo. Per arrivare alla rivoluzione internazionale è però necessario ricostituire l’Internazionale Comunista, in modo che anche gli altri proletariati delle altre nazioni facciano le rivoluzioni per giungere al potere e così unire le varie economie a gestione proletaria.
L’Internazionale Comunista viene perciò prontamente costituita dai bolscevichi nel 1919.
Lenin nei suoi testi precisa che se la rivoluzione europea non arriva presto, anche la rivoluzione russa è destinata a soccombere. Questo dovuto al fatto che, da una parte ci sono le pressioni esterne delle borghesie internazionali che fanno di tutto per far crollare l’economia russa, impedendo di vendere ad essa i prodotti di cui ha bisogno; dall’altra dovuto alle tensioni e proteste interne come conseguenza delle grandi difficoltà economiche in cui versa la Russia rivoluzionaria per la mancanza di prodotti dovuti appunto ai boicottaggi delle altre nazioni borghesi. Senza escludere poi i continui interventi militari armati che le varie borghesie perseguono per far crollare la rivoluzione.
La controrivoluzione
Sarà Stalin e la sua cricca ad incarnare la controrivoluzione in Russia, poco dopo la morte di Lenin. Attraverso lo slogan “ La costruzione del socialismo in un paese solo” verrà abbandonato il concetto di rivoluzione russa come inizio della rivoluzione internazionale (così da arrivare alla società superiore), per dichiarare la falsità che il “socialismo” o il “comunismo” già esiste in Russia e che bisognava rafforzarlo. Verrà abbandonato di conseguenza l’obbiettivo primario di favorire le rivoluzioni proletarie nelle altre nazioni e lentamente verrà sciolta l’Internazionale Comunista.
Togliendo questi punti fondamentali alla politica comunista, di fatto la politica di Stalin e della sua cricca diventa apertamente borghese, in questo caso chiaramente controrivoluzionaria. Dalla gestione proletaria rivoluzionaria temporanea a capitalismo di stato dell’economa russa di Lenin si passa alla gestione definitiva borghese a capitalismo di stato di Stalin. In altre parole, Stalin e suoi seguaci nascondendosi dietro lo slogan del “Socialismo in un paese solo” diventano i nuovi gestori borghesi statali dell’economia russa, sostituendosi ai capitalisti privati nella direzione degli affari, abbandonando definitivamente l’obbiettivo di arrivare alla società superiore.
Però la mistificazione, l’imbroglio del “ socialismo in un paese solo” non può cambiare la realtà delle cose e cioè che nella Russia di Stalin tutte le caratteristiche capitalistiche rimangono: il lavoro salariato, lo sfruttamento, i borghesi incarnati nei burocrati del partito finto “comunista”, la concorrenza, il commercio, le banche, gli interessi, i guadagni e non ultimo e meno importante le politiche di espansione e aggressione imperialistica staliniste (con le alleanze con il nazista Hitler prima e le alleanze con le potenze “imperialistiche” nemiche dopo).
Molti grandi dirigenti bolscevichi, conseguenti nel proseguire sulla via internazionalista comunista (di Lenin) perderanno la vita nel contrastare la politica controrivoluzionaria borghese di Stalin: da Zinov’ev a Kamenev, da Bucharin a Trockij.
Ma l’esperienza bolscevica e il sacrificio dei dirigenti bolscevichi antistalinisti non sono stati vani.
L’esperienza bolscevica con Lenin ha per noi un incalcolabile valore: ci ha mostrato e ci mostra la via maestra su cui ci dobbiamo dirigere e su cui dobbiamo proseguire. Il sacrificio dei dirigenti bolscevichi antistalinisti è un enorme insegnamento di come noi dobbiamo evitare che un altro Stalin sorga.
Dobbiamo impedire che nelle nostre fila personaggi come Mao o Castro spaccino “il comunismo o socialismo in un paese solo” cioè il capitalismo di Stato borghese per società superiore cioè per il vero comunismo.
Ormai l’esperienza accumulata è enorme e come comunisti scientifici abbiamo chiaro come procedere e cosa bisogna fare e cosa bisogna evitare. Adesso deve essere l’impegno quotidiano che ci deve far giungere all’obbiettivo.
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Punti fermi della scienza marxista
Riproponiamo qui al lettore un articolo tratto dalle dispense “Teoria e pratica del marxismo” edito da “Lotta Comunista” nel 1996.
L’INTERNAZIONALISMO PROLETARIO
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(…) Le lotte per i mercati infiammano le tensioni politiche. Le guerre commerciali e monetarie, quando non trovano una soluzione economica sfociano inevitabilmente nelle guerre militari.
Attraverso il mercato mondiale si legano quindi tra loro le sorti di tutti gli uomini: nell’economia come nella politica.
E’ col capitalismo, con la formazione del proletariato, che l’internazionalismo cessa di essere un semplice ideale, un sentimento di carattere solo morale, per divenire un rapporto, una possibilità ed una necessità; una forza sociale, materiale di una classe che necessariamente lotta, in tutto il mondo, contro il capitale; una “nuova potenza”, come la chiamano Marx ed Engels, che può determinare il movimento reale, il futuro dell’umanità.
L’internazionalismo dei marxisti non è quindi generica fratellanza tra gli uomini, ma si qualifica come internazionalismo proletario; al motto degli artigiani utopisti “tutti gli uomini sono fratelli” K. Marx sostituisce, per la Lega dei Comunisti, il motto “Proletari di tutti i paesi unitevi”; unione internazionale di una classe per la lotta contro la classe dominante.
Il proletariato non ha interessi nazionali, in senso strategico e storico. Il suo interesse storico è la soppressione del modo capitalistico di produzione che lo rende merce soggetta alle alterne vicende del mercato; appropriarsi dei mezzi di produzione, abolendone il carattere di capitale, per metterli al servizio dell’umanità anziché del profitto; sopprimere la concorrenza, quale cieca e caotica regolatrice della produzione, per passare alla regolazione cosciente secondo un piano. Solo allora potranno scomparire crisi e guerre.
Il comunismo non può realizzarsi su scala nazionale, ma solo mondiale, perché la produzione è internazionale. Il comunismo è reso possibile da questa internazionalizzazione della produzione e la spingerà al massimo grado.
Vale a dire: il capitalismo crea le condizioni per una società superiore, ma nello stesso tempo la impedisce: per questo l’internazionalismo è una battaglia, non una semplice questione teorica.
Limitasi a vedere l’interdipendenza mondiale porterebbe a pensare che una visione internazionalista si dovrebbe imporre spontaneamente. In realtà il permanere dei contrapposti interessi nazionali impone che la politica internazionalista debba essere il risultato una battaglia di classe, non una generica riflessione sui destini umani.
La nostra battaglia internazionalista è volta a dare coscienza ai lavoratori del fondamentale legame che li unisce, in quanto classe su scala internazionale e che li contrappone alla borghesia, quella del proprio paese e della propria azienda innanzitutto.
Partire dalle questioni concrete di ogni giorno, dall’atteggiamento da tenere nei confronti della propria azienda ( collaborazione col capitale per la lotta contro la “concorrenza” o difesa di classe nella prospettiva di un collegamento con i compagni di classe dei gruppi concorrenti nel proprio paese e all’estero), per arrivare alle questioni internazionali in cui è coinvolto l’imperialismo, con una sua puntuale denuncia. Allo spirito e all’ ”orgoglio” aziendale e nazionale contrapporre l’orgoglio e la coscienza di essere membri della classe che rappresenta il futuro dell’umanità.
Polarizzare oggi coscienze, schierare uomini sulle posizioni internazionaliste, consolidare attraverso il legame con il partito leninista l’impegno quotidiano e l’approfondimento strategico: questa la via obbligata e l’impegno di ciascun internazionalista. Solo lo sviluppo del partito internazionalista oggi potrà permettere di affrontare con possibilità di vittoria le battaglie decisive di domani: contro le guerre imperialiste, per la rivoluzione comunista
Punti fermi della scienza marxista
Proseguiamo qui nell’approfondimento del falso socialismo,
cioè del capitalismo di stato camuffato da “socialismo”
EX DDR – EX URSS – EX PAESI DELL’EST: NESSUN SOCIALISMO
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LA LOTTA DELLA CLASSE OPERAIA
CONTRO IL CAPITALISMO DI STATO
Il padronato e i falsi socialisti e comunisti ci hanno dato da intendere (e tutt’ora insistono nel farci credere) che nei ex Paesi dell’Est ( Urss, DDr , Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, ecc.) ci sia stato il socialismo o il comunismo.
Tutto falso! Il marxismo scientifico già dagli anni ’50 ha chiarito che in quei paesi non esisteva nessun socialismo, che era tutta una truffa per confondere i lavoratori e che la dominava il capitalismo ( di stato).
Se ci fosse stato il “socialismo “ o il “comunismo” come loro affermavano, non avremmo dovuto trovare in quei paesi tutte le leggi economiche affaristiche e di sfruttamento tipiche del capitalismo, ma avremmo dovuto trovare i lavoratori al potere che gestivano la società.
Andando a scorrere i giornali dell’epoca ci viene riportato ed evidenziato qual’era invece la realtà in questi paesi falsamente definiti “socialisti”: disoccupazione e sfruttamento, inflazione e concorrenza, banche e guadagni, produttività e sacrifici, scioperi e lotta di classe.
Non c’è ombra di dubbio: capitalismo!
In questo articolo ci soffermiamo sulla lotta che i lavoratori (super sfruttati) di quei paesi in quegli anni conducevano. Lotte particolarmente dure ed esplosive che venivano represse altrettanto duramente e brutalmente.
Riportiamo qui dati significativi:
E’ evidente, non esisteva nessun “socialismo “o “comunismo”! I lavoratori per difendere le loro condizioni di vita erano costretti, come i lavoratori dei paesi occidentali “non socialisti” a lotte e scioperi continui, vale a dire a proteste contro il carovita, scioperi contro l’aumento dei ritmi di lavoro, lotte contro la riduzione dei salari, occupazione delle fabbriche per la libertà di organizzazione, proteste per i morti causati dalle repressioni … ecc, ecc.
Come detto il padronato non ha interesse a pubblicizzare e a chiarire la sostanza dei fatti sociali e i falsi comunisti o ingenui falsi rivoluzionari non le sanno capire.
Spetta a noi comunisti, che usiamo l’analisi del marxismo scientifico, il compito di mettere in chiaro come veramente funziona la società.