aggiornato al 18.02.2024

 

 

Come deve essere condotta una rivoluzione?

LA RIVOLUZIONE PROLETARIA E’ SEMPRE

UNA QUESTIONE MILITARE, MAI SINDACALE

PERCHE’ LA BORGHESIA IMPEDISCHE, SEMPRE, CON  BRUTALI REPRESSIONI

L’ ASCESA DEL PROLETARIATO AL POTERE

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MA QUAL’E’ IL MOMENTO GIUSTO PER GUIDARE UNA RIVOLUZIONE 

E CON QUALI STRUMENTI VA DIRETTA?

 

Su segnalazione di alcuni compagni abbiamo leggermente integrato il testo precedente,

per meglio e correttamente chiarire il concetto di presa del potere proletario.

 

La rivoluzione proletaria è sempre una questione militare. Questo deve essere sempre ben chiaro agli attivisti rivoluzionari. Perché nei momenti rivoluzionari quando le masse lavorative  si esprimono per uno stato proletario, la borghesia non ha nessun scrupolo nel sopprimere con tutti i mezzi, anche militari, i proletari, massacrandoli, affinchè non giungano al potere. Di conseguenza, la rivoluzione proletaria se vince militarmente ha successo, se perde svanisce, non avviene e la dittatura borghese continua a persistere. Non esiste una via di mezzo, assolutamente. Non ci è permesso essere ingenui.   

Le due esperienze storiche rivoluzionarie proletarie al riguardo, la Comune di Parigi del 1871, e l’ottobre russo 1917, hanno potuto aver successo proprio perché i rivoluzionari hanno vinto militarmente sulla borghesia, non per altre ragioni. In tutte le altre esperienze storiche di tentativi rivoluzionari i rivoluzionari hanno sempre perso perché non sono giunti, per diversi motivi, al raggiungimento di una vittoria militare. Quindi alla fine, è questo il nodo cruciale di tutto. 

La nostra politica comunista è articolata in modo di attendere che si creino le condizioni favorevoli per le rivoluzioni, nel frattempo è assolutamente necessario impegnarsi con tutte le proprie forze per la costituzione delle indispensabili organizzazioni/partiti rivoluzionari di esperti militanti che nel momento propizio capitalistico catastrofico dovranno dirigere le rivoluzioni, esattamente come in Russia i bolscevichi hanno pianificato e poi eseguito con successo.        

Ma nel momento rivoluzionario, quando nel capitalismo deflagrano al massimo le sue terribili contraddizioni, con inaudite crisi economiche e sociali, in presenza di guerre, fame, distruzioni, morti a non finire, con le masse proletarie infuriate che cominciano a ribellarsi, e con l’organizzazione rivoluzionaria sufficientemente estesa per essere pronta a guidare l’insurrezione, contro l’oppressione armata dei capitalisti che non vogliono lasciare il potere alle masse lavoratrici, quand’è il preciso momento per la presa del potere? Come riconoscere il giusto attimo?  

L’esempio dato dai bolscevichi è senz’altro il più preciso, il più chiaro. 

Nel 1914, con l’inizio della guerra (1° Guerra mondiale) e il configurarsi dell’appuntamento rivoluzionario, i bolscevichi in Russia hanno cominciato a spingere per la costituzione dei

“Consigli” (Soviet). Ossia organismi politici popolari votati dalle masse in contrapposizione al parlamento russo (Duma), corrotto e sotto stretto controllo dello Zar e dei capitalisti russi. Con il proseguo della guerra questi organi spontanei “Consigli/Soviet” si sono poi diffusi sia su tutto il territorio, cioè nelle città, quartieri, fabbriche e campagne, ma, importantissimo e fondamentale, intelligentemente sono stati costituiti anche nell’esercito. Esercito che nelle guerre, non è più formato da ristrette élite di fanatici com’è ora, ma da milioni di giovani, costretti controvoglia ad arruolarsi e combattere, figli di famiglie operaie e contadine. Perciò milioni di giovani militari controvoglia, che vivono e risentono fortemente le contraddizioni del capitalismo.    

In questi Soviet-Consigli nell’ambiente militare, fondamentali per la futura rivoluzione proletaria per sconfiggere la violenza armata della borghesia, i giovani bolscevichi in Russia, anch’essi costretti ad arruolarsi, cautamente, ma efficacemente hanno potuto fare propaganda rivoluzionaria.    

Essendo che il disastro della guerra proseguendo, determinava l’inasprirsi delle contraddizioni economiche-sociali, aumentando in Russia l’opposizione spontanea al conflitto, le masse trovavano nei “Consigli”, sia in quelli sul territorio (città, quartieri, fabbriche, campagne) che in quelli nell’esercito, il loro giusto referente politico, togliendo potere al corrotto parlamento (Duma). Ma fu soprattutto grazie alla contemporanea intensa attività di dissenso che gli attivisti bolscevichi in Russia ovunque intensamente svolgevano, che l’opposizione alla guerra aveva preso forma politica, producendo l’effetto nelle città, nelle fabbriche, nei quartieri e nell’esercito di una loro forte espansione come numero.

Fino al punto che verso la metà del ’17 i bolscevichi, da poche migliaia com’erano all’inizio della guerra, erano diventati ora diversi milioni diventando maggioranza nei “Consigli” (Soviet).

Il momento della presa del potere si stava avvicinando quindi molto velocemente.

Cosa mancava ancora ai bolscevichi per essere “sicuri” che la presa del potere potesse avvenire in sicurezza?   

Dovevano essere sicuri che, oltre ad avere la maggioranza nei “Consigli” popolari sul territorio, avere anche la maggioranza negli indispensabili “Consigli” nell’esercito e di conseguenza il controllo dell’esercito. In modo che quando i “Consigli” sul territorio avrebbero dichiarato la Rivoluzione, con la costituzione del nuovo Governo Proletario, la fine della guerra e l’emanazione di leggi anticapitalistiche, l’esercito ancora sotto controllo e diretto dai capitalisti non si sarebbe rivoltato contro la rivoluzione, la sconfiggesse, uccidendo tutti i rivoluzionari soffocando il governo proletario. 

Perciò, quando verso la fine del ’17 i dirigenti bolscevichi si sono sentiti sicuri che anche i “Consigli” dell’esercito si erano definitivamente schierati per la rivoluzione e che l’avrebbero sostenuta e difesa, impedendo ogni tentativo controrivoluzionario dei generali tutti fedeli allo Zar, hanno potuto allora dare il via libera alla conclusione del processo rivoluzionario con l’assalto al Palazzo d’Inverno per la definitiva presa del potere. 

Alla fine, è evidente, contro la dittatura dei capitalisti è l’esercito che ha l’ultima parola in una rivoluzione. Ne determina la vittoria o la sconfitta. E noi dobbiamo aver molto chiaro questo punto determinante.

Chi nei tentativi rivoluzionari ha sottovalutato, o ingenuamente, a questo fondamentale aspetto della violenza della borghesia e della sua dittatura armata non pensato, ne ha sempre pagato l’insuccesso molto duramente, e con il sangue. 

Prendiamo per esempio la positiva rivoluzione della “Comune di Parigi del 1871. E’ stata una rivoluzione, in un certo senso, “spontanea”, cioè non pianificata. L'esercito francese

in guerra contro la Prussia era stato sconfitto dai prussiani che avevano messo sotto assedio Parigi. A questo punto il governo francese aveva armato la popolazione parigina per difendere la città. Invece che combattere contro i tedeschi la popolazione in armi guidata dai rivoluzionari Blanquisti si rivolta contro il governo borghese parigino dichiarando il potere proletario. E’ in questo momento che l’ex governo borghese francese ora insediatosi a Versailles smette di combattere gli invasori, rivolta l’esercito contro la Comune di Parigi. Sarà un massacro, una repressione violenta borghese bestiale. Dopo aver sconfitto gli insorti parigini, i militari avendo ricevuto l’ordine di fucilare tutti coloro che nelle mani presentavano dei calli, fucilavano per le strade tutti quelli considerati nemici. Ne furono uccisi a migliaia senza distinzione. Un insegnamento della brutalità della borghesia che si ripeterà poi sempre contro i rivoluzionari. 

Un altro esempio: la rivolta Spartachista tedesca del gennaio 1919. Dove i due dirigenti rivoluzionari Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg a capo dell’insurrezione, nei decenni  

precedenti avevano sottovalutato la formazione di un proprio partito, fondamentale per poi, nel momento rivoluzionario, guidare alla rivoluzione le masse (le masse hanno sempre bisogno di esperti per condurre positivamente una lotta o una rivoluzione). Sbagliando, Liebknecht e Luxemburg avevano fatto affidamento sulla spontaneità rivoluzionaria delle masse nel momento rivoluzionario per la presa del potere: una evento impossibile. Mancando perciò le cellule rivoluzionarie su tutto il territorio e quindi anche nel fondamentale esercito, fu facile per la violenta e sanguinaria borghesia, con l’aiuto dei riformisti opportunisti Socialdemocratici, scagliare i militari contro gli spartachisti insorti, sconfiggerli e massacrarli.      

Un’altra significativa esperienza di mancata rivoluzione che poi possiamo analizzare è l’occupazione delle fabbriche in Italia nel 1920. Un tentativo di rivolta glorioso, ma senza dubbio insufficiente - visto che la borghesia nella sua dittatura non esita nei momenti critici ad usare anche la repressione militare per sopprimere la maggioranza proletaria - che senza il supporto dell’esercito è rimasto sterile, senza alcuna possibilità seria di presa del potere, esaurendosi poco dopo da sola. Per questo motivo non è molto conosciuta nell’ambiente marxista internazionale.

Tutte queste sono esperienze che dimostrano inequivocabilmente come l’esercito contro l’oppressione dei capitalisti sia indispensabile nel determinare l’esito di una rivoluzione. La borghesia lo sa, e come ripetuto, lo dobbiamo aver stampato bene nella testa anche noi.

LA “QUESTIONE SINDACALE”. E qui vorremmo mettere l’accento sul “ruolo del sindacato” in quello che è un processo rivoluzionario.    

Ci sono partiti e organizzazioni marxiste, anche molto estese, che nella loro attività politica danno molto, troppo risalto all’aspetto sindacale. Teorizzano che nel momento rivoluzionario il sindacato possa svolgere un peso determinante nel processo Rivoluzione.

Non è sicuramente così. Il sindacato può essere  certo di “aiuto” nel momento rivoluzionario, ma sicuramente non determinante. Chi è determinante è, e può solo essere, l’organizzazione rivoluzionaria, il partito rivoluzionario, che deve guidare le masse proletarie al potere contro la repressione armata borghese.  E la vittoria è in relazione a quanto esso è esteso sul territorio, alla preparazione teorica dei suoi quadri, alla loro competenza politica, all’esperienza pratica dei suoi attivisti. Questo e solo questo è decisivo nel processo rivoluzionario. Il resto è relativo. 

In un paese può esistere un sindacato “forte”, fortissimo, ma nella Rivoluzione senza il partito rivoluzionario con i suoi esperti militanti, questo non conta niente, assolutamente niente. Le esperienze pratiche parlano chiaro (vedi occupazione fabbriche in Italia 1920).

In questa fase controrivoluzionaria, perdere tempo, denaro, energie di molti bravi attivisti per incentivare, promuovere e gestire incontri intersindacali tra aziende europee, come qualche grande organizzazione rivoluzionaria oggi è impegnata, è un controsenso nella politica internazionalista e naturalmente controproducente, soldi buttati al vento e attivisti sprecati. Soldi e bravi attivisti che dovrebbero invece venire impiegati per promuovere i più che necessari contatti, incontri, lotte su punti comuni tra organizzazioni marxiste europee, creare un coordinamento intereuropeo di marxisti. E non per improduttive riunioni sindacati. Perché questo è il “compito” di un partito rivoluzionario.  E’  qui  che siamo nel giusto campo politico.

Perché bisogna aver sempre presente che il sindacato è un organismo borghese di difesa immediata degli interessi della classe lavoratrice, e che questo è il suo scopo, e non altro. Gestito a tutti i livelli, anche alla base, da attivisti e dirigenti antirivoluzionari, corrotti, opportunisti, nazionalisti e spesso anche stalinisti. Motivo per cui il sindacato storicamente dal punto di vista rivoluzionario non ha mai prodotto niente, non produce niente e non potrà mai produrre qualcosa. E’ per questo motivo oggettivo, che a logica i grandi Marx, Engels, Lenin, nel loro agire si sono sempre spesi per le organizzazioni rivoluzionarie, ma mai per i sindacati. Il loro operare è sempre stato caratterizzato, senza prevaricare, ma con lucida analisi, dalla ricerca del contatto e delle lotte comuni con i vari partiti rivoluzionari, considerando sempre la sostanza e avendo chiaro gli obbiettivi da raggiungere, se si analizza il grande operato sia di Marx che di Lenin. E giustamente, perché sono solo le organizzazioni politiche che nella storia possono determinare i cambiamenti, non certo i sindacati. 

La priorità assoluta dell’attività rivoluzionaria va quindi assolutamente indirizzata, concentrata, al massimo raggiungimento dello scopo Rivoluzione. Il resto, anche l’attività sindacale, segue di conseguenza come relativo. 

E’ con estrema sicurezza che ci impegniamo in questo compito storico. Che ci porterà senza dubbio ai risultati voluti.       

   

                                                                                 26 settembre 2022  -    Claudio Piccoli


 

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IL GIORNALE, STRUMENTO DI LOTTA POLITICA

A CHE COSA SERVE UN GIORNALE COME IL NOSTRO, RIVOLUZIONARIO? 

QUAL’E’ LO SCOPO DI UN GIORNALE? 

 

 

Il giornale, come lo sono i libri, le riunioni, l’analisi, le manifestazioni, i volantini, ecc. è uno dei tanti mezzi di lotta politica. Nella nostra quotidiana lotta comunista abbiamo bisogno di molti strumenti per, alla fine, poter battere la borghesia.

Ma, nell’impostare un giornale, la domanda chiave è: qual è lo scopo preciso che si vuol raggiungere con questo strumento di battaglia: Informazione? Agitazione? Chiarimento di idee? Contatto? Autofinanziamento? Collegamenti?

In sostanza, ogni tipo di giornale viene studiato e organizzato per raggiungere un preciso o più precisi obiettivi.

 

Anche il nostro giornale “Der kommunistische Kampf” persegue quindi dei determinati fini. Il primo e fondamentale: è indirizzato a favorire il primo contatto con i giovani interessati al marxismo e alla lotta contro il capitalismo. Quindi è stato costituito sulla psicologia politica dei giovani. Su questa base nella pratica bisogna rispondere a precise esigenze: a quali argomenti politici, temi, lotte, un giovane interessato al marxismo può essere attratto? Qui perciò bisogna capire bene, sperimentare e muoversi di conseguenza. E, in che forma deve essere scritto un articolo e quanto deve essere lungo per, alla meglio, essere compreso da un giovane attratto al marxismo? Infine: a chi deve essere diffuso il giornale e come deve essere diffuso?  Questi i criteri fondamentali di impostazione.

Poi “Der kommunistische Kampf” ha un secondo importante fine: elevare la professionalità politica degli attivisti. Cosa si intende con questo? La diffusione del giornale è 

un elemento fortissimo per spingere l’attivista diffusore a dare alle numerose domande poste durante la diffusione, risposte politiche corrette e coerenti. In questo sforzo si professionalizza moltissimo.

Altro fattore di formazione altrettanto efficace che il giornale svolge: far si che tutti gli attivisti (ma proprio tutti) vi scrivano gli articoli. Fattore fondamentale per favorire di continuo la formazione politica.

Su questi criteri per gli scopi prefissati dobbiamo dire che il nostro “Der kommunistische Kampf” sta funzionando, e bene. Gli interessati lo leggono volentieri e quando i ragazzi tedeschi vengono ai colloqui o alle riunioni (ancora molto piccole) soddisfatti, pongono sempre un sacco di domande politiche.

Ma per essere efficaci come organizzazione rivoluzionaria un giornale non basta, abbiamo bisogno di più giornali. Un secondo giornale di studio, di analisi molto approfondita è perciò assolutamente necessario. Un giornale che dia un’analisi molto più specifica rispetto a “Der kommunistische Kampf”.

Questo secondo giornale, in programma, sarà rivolto solo al giro ristretto interno degli attivisti, e non usato per il primo contatto.  In questo tipo di giornale di studio, gli articoli lunghi e complessi in esso contenuti, possono essere compresi bene dagli componenti dell’organizzazione, accelerando così la professionalità politica di cui hanno bisogno. Anche questo giornale sarà scritto da tutti i militanti, non escludendo nessuno, perché questo, nella formazione politica è assolutamente necessario.

Nella nostra organizzazione leninista non esiste e non esisterà mai una elite politica che si occuperà esclusivamente di scrivere gli articoli mentre tutti gli altri ne rimangono esclusi e il loro compito è di diffonderli. Non ha senso politico. Chi scrive diffonde e chi diffonde scrive. Perché è solo così, dove tutti sanno studiare e scrivere articoli e poi diffonderseli e organizzare, che si può arrivare a dare agli attivisti una professionalità di prim’ordine e completa, che in caso di attacco della borghesia ogni militante è in grado di riprodurre l’organizzazione.

Questi due giornali sono quindi gli impegni prioritari della nostra organizzazione.

Poi avremo bisogno di un giornale per la diffusione nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle piazze e così via. Questo altro giornale di primo contatto sarà “Der kommunistische Kampf” con l’aggiunta di articoli per i lavoratori, le masse, ecc.

Naturalmente i vari giornali svolgeranno anche il ruolo di garantire l’autofinanziamento.

Questo insieme di giornali è stato usato con esito positivo, molto positivo dai bolscevichi, e che noi oggi riteniamo indispensabile per lo sviluppo e il corretto funzionamento dell’organizzazione rivoluzionaria leninista. Su questa base il successo è senz’altro garantito.                                       

                                                                                7 luglio 2022  -  Claudio Piccoli


 

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GUERRA IN UCRAINA

CONTRO LA GUERRA CAPITALISTA

LOTTA COMUNISTA GUIDA NELLE PIAZZE

LA LOTTA INTERNAZIONALISTA

 

           15  marzo 2022

“Contro tutti i nazionalismi, la nostra patria è il mondo intero”, “Contro la guerra proletari di tutti i paesi unitevi”, “Lotta internazionalista contro tutti gli imperialismi, da quello di Mosca, a quello di Washington, a quello europeo, che partecipa attivamente a questa nuova spartizione del mondo tra vecchi e nuovi imperialismi”.  

Queste le ferme posizioni internazionaliste gridate nelle citta da Lotta Comunista contro la guerra capitalista in Ucraina, In città come Genova, Milano, Torino, Brescia e tante altre dove l’adesione alle manifestazioni pubbliche da essa organizzate è stata molto partecipata.  

 

Il mondo è governato da capitalisti senza scrupoli, responsabili di guerre e catastrofi che non trovano mai fine. C’è bisogno di non lasciare in mano le piazze ai tanti pacifisti, ai nazionalisti, europeisti, stalinisti e preti, ma che si sviluppi una intensa risposta internazionalista che porti con forza all’interno delle masse stesse che protestano le vere cause e i veri responsabili dei tanti disastri sociali.

E Lotta Comunista in questo compito non si fa attendere, è in prima fila. E tra pacifisti tonti e ingenui, europeisti filo Ucraina, nazionalisti di vari stampi, stalinisti pro imperialismo russo, alza decisa le bandiere dell’internazionalismo contro tutti i capitalismi, per l’unità della classe lavoratrice. E chiama  alla lotta di classe il proletariato per la rivoluzione internazionale. 

Un evento significativo e importante che caratterizza la ferma presa di posizione dell’internazionalismo in queste situazioni di catastrofici e sanguinosi scontri tra borghesie.   

Probabilmente anche questa ennesima guerra capitalistica di Ucraina sarà destinata a evolversi in una lunga carneficina con atrocità a non finire, quindi è molto importante essere presenti, visibili con la lotta di classe nelle piazze pubbliche contro le posizioni opportuniste delle organizzazioni borghesi. Lotta di classe per l’abolizione del perverso sistema borghese, sempre promossa dai grandi del comunismo e sempre perseguita dal movimento operaio e dalle organizzazione rivoluzionarie, che ovviamente non si nascondono.

Ora il proseguo di Lotta Comunista, grande organizzazione marxista, sarà ovviamente continuare con intensità l’opposizione alla guerra, far sentire con forza la voce internazionalista. Certo con proteste e dimostrazioni di piazza, ma anche i presidi pubblici possono essere efficaci, e anche organizzare sit in pubblici con altre forze politiche in modo che nelle discussioni le posizioni internazionaliste penetrino all’interno della classe, porta sempre vantaggi.

 

E’ QUESTO IL COMPITO DEI RIVOLUZIONARI, PER L’ABBATTIMENTO DEL PERVERSO SISTEMA CAPITALISTA E L’INSTAURAZIONE DI UNA NUOVA SOCIETA’ SUPERIORE.


 

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     4 dicembre 2021                                      Lotta Comunista:

 

 

Vinta la battaglia di Genova  ….   persa quella europea.

 

                                                                           (articolo “Lotta comunista” novembre 2021)

                                                      (articolo “Der kommunistische Kampf” agosto 2019)


 

 

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QUI BERLINO:  DIBATTITO SULLO SVILUPPO DEL LENINISMO IN EUROPA  

 

Analisi di futura situazione rivoluzionaria:

SENZA RIVOLUZIONE EUROPEA LA RIVOLUZIONE ITALIANA SARA’ DESTINATA A FALLIRE.

 

IL NECESSARIO SVILUPPO DEL LENINISMO IN EUROPA: 

RICHIAMARE IL PARTITO ALLE SUE RESPONSABILITA’. 

 Aprite gli occhi compagni … aprite gli occhi …

 

 

       

            07 settembre 2020     

 

Noi leninisti , stiamo tutti lavorando per la rivoluzione internazionale. E’ chiaro.  

Nel prossimo momento rivoluzionario, cioè quando l’economia capitalistica a livello mondiale crollerà, causando crisi immani con enorme distruzione di fabbriche, causando guerre, fame, disperazione, ecc. e le masse salariate esasperate reagiranno contro i capitalisti, si aprirà una nuova fase di rivoluzioni proletarie. In questa fase il compito dei partiti rivoluzionari sarà di guidare le masse proletarie disperate alla conquista del potere.

Nella futura situazione catastrofica-rivoluzionaria l’Italia potrà essere un territorio da dove la rivoluzione internazionale potrà partire per poi espandersi in tutta Europa e successivamente  su tutto il pianeta.

E’ nel nostro genoma leninista il concetto però che la futura rivoluzione potrà estendersi a livello internazionale solo se organizzazioni rivoluzionarie saranno presenti nei vari territori nazionali. Altrimenti diventa impossibile. Queste organizzazioni devono essere composte da rivoluzionari esperti e competenti. E nel momento catastrofico-rivoluzionario dovranno essere sufficientemente estese su un territorio nazionale per poter far si che le rivolte delle masse possano trovare una guida estesa per giungere al potere.

Ora, se nel futuro ciclo rivoluzionario, l’organizzazione rivoluzionaria sarà presente e  sufficientemente estesa solo sul territorio italiano, va da se, che non si può pensare ad una rivoluzione internazionale. Ma nemmeno ad una rivoluzione europea. In altre parole, se i presupposti rimarranno come gli attuali, con la presenza del partito leninista limitata solo sul suolo italiano, per logica, nel futuro ciclo rivoluzionario, la rivoluzione avverrà solo nell’area dove l’organizzazione rivoluzionaria sarà presente, cioè nella penisola italiana.

E’ su questi presupposti che oggi come leninisti rivoluzionari dobbiamo ragionare.  

 

FUTURA RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE IN ITALIA

Presupponendo che certamente la rivoluzione nel prossimo momento catastrofico-rivoluzionario avvenga in Italia, una volta preso il potere, che situazione si troverà ad affrontare l’avvenuta rivoluzione in Italia?

Ovviamente tutte le borghesie si mobiliteranno per sopprimerla. Ed ecco che la rivoluzione in Italia si troverà in una situazione dove l’esercito l’europeo si attiverà per abbatterla. Ma non solo. Potrebbe anche succedere che la rivoluzione partita dall’Italia si trovi di fronte militarmente anche la NATO come esercito che velocemente la vorrà  spazzar via. Significa che i rivoluzionari italiani si troveranno a combattere non solo contro le armate europee, ma anche contro quelle americane, canadesi e assieme loro forse anche gli alleati giapponesi, messicani e chissà quant’altri. Perciò, realisticamente, la futura rivoluzione in Italia non avrà nessuna speranza di poter porre una lunga resistenza.

 

RIVOLUZIONE EUROPEA  

Tutt’altra situazione si presenterebbe se l’organizzazione rivoluzionaria leninista nel futuro momento catastrofico-rivoluzionario fosse già presente sufficientemente su tutto il suolo europeo, o perlomeno in alcuni stati fondamentali di esso, come Francia e Germania. Ecco che allora lo scenario si capovolgerebbe, a favore dei rivoluzionari.  

Si perché, con l’organizzazione rivoluzionaria estesa su tutto il suolo europeo (o quasi) ecco che nel futuro ciclo di rivoluzioni, la rivoluzione internazionale partendo dal territorio italiano si propagherebbe velocemente in tutta Europa, e per i capitalisti diverrebbe estremamente difficile (non impossibile, ma sicuramente molto difficile) su tale immensità territoriale poterla reprimere, soffocare.

 

TUTTO CHIARO, TUTTO LOGICO.

Il problema è, come detto, che manca l’organizzazione rivoluzionaria estesa su tutto il suolo europeo.

E’ Lotta Comunista l’unica organizzazione rivoluzionaria con posizioni giuste, corrette (che tiene ben ferme e salde) che è riuscita a diffondersi sufficientemente in una nazione. Però come sappiamo, solo sul suolo italiano. Sul resto d’Europa le organizzazioni rivoluzionarie sono totalmente assenti.  E non saranno certo il piccolo circolo di Parigi collegato a Lotta Comunista, sorto 20anni fa e da allora fermo, e neanche quello di Atene di L.C, sorto 30 anni fa e anche quello da allora fermo, che domani nel futuro ciclo di rivoluzioni, potranno guidare le enormi masse proletarie francesi e greche alla rivoluzione. E naturalmente neppure i piccoli nuclei di L.C. a Valencia e a San Pietroburgo.

Quindi è da prender atto che, escludendo l’Italia, la presenza rivoluzionaria nel resto d’Europa è equivalente a ZERO (e le dirigenze di Lotta realisticamente dovrebbero render noto questo agli attivisti). 

Questi piccoli circoli o nuclei esteri di Lotta Comunista fermi da decenni, confermano purtroppo come la grande organizzazione leninista italiana non abbia un metodo organizzativo di espansione fuori Italia che funzioni.

Perciò gli attivisti di Lotta Comunista che tanto si impegnano quotidianamente per la futura  rivoluzione europea, si devono render ben conto, aver ben chiaro, che il loro quotidiano super

attivismo internazionalista in Italia, tutto il loro super lavoro, non sta dando (e non darà) nessun sbocco oltre i confini italiani. E che rimanendo così, dovranno mentalmente afferrare il concetto, rimanendo isolati, che nel futuro catastrofico momento rivoluzionario nessun altro proletariato, ma proprio nessun altro, verrà in aiuto della rivoluzione italiana. Essendo, com’è logico, che verranno a mancare le avanguardie europee che potranno guidare le altre rivoluzioni europee.

 

OGGI QUINDI L’ESPANSIONE DEL PARTITO ALL’ESTERO SI PONE COME QUESTIONE PRIORITARIA ! ASSOLUTAMENTE DA NON PRENDERE SOTTOGAMBA!

 

E’ LA SFIDA EUROPEA DI NOI LENINISTI.

 

Il problema è che le dirigenze di Lotta Comunista negano esista un problema di “allargamento del partito leninista all’estero, sul suolo europeo”. Affermano invece che “tutto funziona bene”. Anche di fronte all’evidente fallimento, all’evidente non funzionamento del metodo impiegato a Parigi, Atene, Valencia, ecc. i vertici continuano a sostenere che il “metodo di espansione leninista italiano sta funzionando e può funzionare benissimo anche all’estero”.

Ma mentre tra la base di L:C. a sempre più attivisti aumentano i dubbi e diventa sempre più  chiaro l’insuccesso del radicamento fuori Italia (almeno così ci scrivono i compagni dei circoli) sembra siano solo le dirigenze di Lotta a non accorgersi de problema (o forse lo rifiutano) ( sta 

accadendo in Lotta forse la storia del “Re nudo”?). Perciò i vertici si oppongono categoricamente all’uso, alla sperimentazione di altri sistemi.    

Preferiscono insistere invece con forza sul concetto “rafforzarsi in Italia per rafforzarsi in Europa”. Cioè il partito si deve rafforzare sempre più in Italia in modo da attirare “avanguardie” di altre nazioni, le quali, vista la forte espansione, si rivolgano a Lotta Comunista.

Un’illusione, come abbiamo già avuto modo di scrivere e come la realtà quotidiana da decenni conferma. Un’illusione che non può funzionare perché le dirigenze di Lotta non capiscono le psicologie che muovono le giovani avanguardie dei vari paesi, le loro mentalità, i loro bisogni di strumenti adatti alle loro diverse situazioni. Le dirigenze di Lotta pensano sempre in modo meccanicistico e pensano di poter dirigere meccanicamente il mondo da Genova (seduti su comode poltrone, ripetendo la frase "insistete!"). Prima o poi però, si dovranno anche loro piegare alla dura realtà.  

 

Noi leninisti di Berlino affermiamo che per diffondere il leninismo all’estero bisogna prendersi le proprie dure e dolorose responsabilità. I militanti, gli attivisti leninisti solo con il proprio trasferimento all’estero e usando sul luogo poi i metodi organizzativi più idonei, giusti, i corretti contatti e i giusti giornali (bisogna studiarsi la situazione in ogni nazione) possono espandere il leninismo. Uno sforzo notevole, ma non certo impossibile.

 

 

                Qui Berlino.

 

LA NECESSARIA SPERIMENTAZIONE PER LO SVILUPPO DEL LENINISMO.

 

Come detto, Lotta Comunista ha mandato degli attivisti qui a Berlino.

E non è per niente bello qui a Berlino vedere questi attivisti leninisti con posizioni serie, 

corrette, giuste (uguali alle nostre) girare a vuoto inconcludenti, sconsolati, perder tempo distribuendo volantini e un giornale incomprensibile (“ma non si capisce niente!” han esclamato un paio di miei attivisti tedeschi) che ovviamente nessuno legge, e che, oltre ad essere incomprensibile è anche completamente inadatto per la situazione tedesca. Dove invece come sottolineato, al di la di tante parole meccanicistiche, nella nuova situazione la sfida esige essere competenti, psicologici, e ben preparati se si vuole essere vincenti.   

 

Il movimento rivoluzionario internazionale ha bisogno, estremo bisogno (e di questo bisogna prenderne seriamente atto) che l’estesa organizzazione Lotta Comunista con le sue giuste e corrette posizioni di successo in Italia, trovi i sistemi più giusti e idonei per espandersi all’estero - e soprattutto sul suolo europeo - il più presto possibile e non si fossilizzi solo in Italia. E’ un fattore essenziale per la rivoluzione internazionale.  

Quindi li abbiamo invitati più volte qui a Berlino gli attivisti di Lotta – spiegando loro che il metodo da loro usato non funziona – li abbiamo esortati a collaborare con noi e sperimentare il nostro METODO DI LENIN. Metodo che loro non conoscono  e quindi non possono sapere se può funzionare o meno (e questo vale per tutto l’apparato del partito). Giusto da vederne la differenza e valutarne la validità - e magari con il loro aiuto si potrebbe prendere uno slancio notevole. Ma il rifiuto è sempre stato totale e netto. Naturalmente (purtroppo) su indicazione della dirigenza.  Andando a perdere così ulteriore tempo prezioso (… un peccato).  

 

Quindi anche qui a Berlino è facile prevedere come questi attivisti usando meccanicisticamente l’usuale sistema organizzativo italiano (come già avviene attualmente ad Atene e a Parigi, ecc.) gireranno a vuoto per anni, decenni senza poter concludere qualcosa. Con la conferma ancora una volta che su questi presupposti meccanicisti Lotta Comunista non avrà nessunissima possibilità purtroppo di portare le proprie notevoli giuste e corrette posizioni all’estero. Si perché, al di là delle enunciazioni retoriche di sviluppo del partito in Europa nelle conferenze e ai primi maggio, nei titoloni sul giornale e sui volantini, questo insuccesso è ormai fisso e chiaro (e sembra che solo i vertici di Lotta Comunista non se ne accorgano).

 

NON E’ BELLO VEDERE UN PARTITO, UN GRANDE PARTITO, NON CERCARE ALTRE SOLUZIONI A FRONTE  DEL PROPRIO INSUCCESSO.

 

Ma lasciamo come sempre ai compagni dei circoli riflettere su ciò e giudicare, tirarne le giuste conclusioni e muoversi nella giusta direzione.   

Sarebbe importante però che le dirigenze spiegassero bene ai militanti e agli attivisti, che, come detto, tanto si impegnano ogni giorno e si danno da fare (come noi) per la rivoluzione internazionale e quella europea, cosa succederà invece se la rivoluzione avverrà solo sul suolo italiano. Cosa aspetta loro un domani qualora la rivoluzione si limitasse solo all’Italia. E’ un presupposto scientifico essenziale per avere un’idea chiara di come si costituirà la situazione nel momento rivoluzionario.

Perché sarà proprio in questo momento sociale-economico catastrofico rivoluzionario, a rivoluzione avvenuta in Italia, che tutte le borghesie si concentreranno per attaccare ferocemente e violentemente soffocando e massacrando la rivoluzione in Italia. E che diventerà evidente in questa situazione di massima disperazione la grave responsabilità dei dirigenti di Lotta Comunista, che immensa e prepotentemente emergerà la responsabilità dei vertici del partito di non aver assolutamente cercato, prima, altre soluzioni per estendere lo sviluppo del partito sul continente europeo. …

[… e  non si dica poi che la cosa non è stata detta, discussa, scritta e ripetuta fino alla nausea …]

 

Da Berlino, la Redazione  e Claudio Piccoli

 

P.S.  L’IMPORTANZA DI UN GIORNALE COMPRENSIBILE.

Riguardante il nostro sito internet stiamo notando (dalle visualizzazioni e dalle mail che riceviamo) come vi sia un continuo e costante interesse da parte dai compagni dei circoli per il nostro giornale. Come l’attenzione verso i nostri articoli, argomenti e chiarificazioni sia forte.

Mantenendo salde le posizioni con una esposizione leggibile - come a suo tempo fatto da Lenin e i suoi bolscevichi - questa è una grande soddisfazione per noi, e una grande conferma contro chi sosteneva - e sostiene - che con questa impostazione di giornale ciò non sia possibile.

Ringraziamo i compagni dei circoli che ci scrivono, per i commenti, a volte anche critici, ma i più di apprezzamento, interessanti e talvolta anche costruttivi.   

 


 

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I LIMITI DI LOTTA COMUNISTA?

 

DOPO IL FLOP ESTERO, LOTTA COMUNISTA

SI RENDE RIDICOLA CON “GLI ANGELI ROSSI”.

     

 

       10 maggio 2020

 

Disfattismo rivoluzionario significa inserirsi massicciamente nelle lotte in Francia sia sindacali che di piazza a sostegno dei lavoratori francesi contro lo sfruttamento, il precariato, contro l’aumento delle tasse, ecc. In Italia a sostegno significa organizzare manifestazioni sindacali di solidarietà, collegamento di lotta, ecc. ecc.

 

 

Disfattismo rivoluzionario significa contro le guerre organizzare proteste, manifestazioni continue - o inserirsi in altre - coinvolgendo altri gruppi politici, associazioni, creando coordinamenti del momento o permanenti. Guerre di cui il capitalismo ne è strapieno, come in Libia, Siria, Yemen, Sudan, Ucraina, Afganistan, ecc. ecc. 

 

 

Disfattismo rivoluzionario significa essere contro il nazionalismo catalano e contro il governo spagnolo - per l’unità di tutti i lavoratori. Essendo i nazionalisti catalani e il governo spagnolo entrambi espressioni di frazioni di borghesie,  contro di esse organizzare e coinvolgere altre organizzazioni con manifestazioni, proteste, sia sul suolo italiano che spostandosi andando ad inserirsi anche nelle proteste sul suolo catalano-spagnolo, mobilitando attivamente l’organizzazione a sostegno dell’internazionalismo durante le manifestazioni.

 

 

 

 

Disfattismo rivoluzionario significa sostenere i duri scioperi e le proteste proletarie contro il carovita in Cile e in Iran, contro il duro sfruttamento e contro le dure repressioni attuate dai vari governi-regimi capitalisti. Organizzando meeting, raduni, manifestazioni varie, coinvolgendo altre organizzazioni  politiche, sindacati, ecc. a sostegno dei lavoratori in lotta, ecc. 

 

 

 

 

Disfattismo rivoluzionario significa inserirsi massicciamente e organizzati nelle proteste “Friday for Future e portare all’interno e far sentire le posizioni leniniste, ossia che “solo in un’altra società può essere risolto il problema ecologico”.

 

 

Disfattismo rivoluzionario significa essere contro il nazionalismo indipendentista dei curdi e contro i regimi siriano, turco, iraniano, per l’unità dei lavoratori che non hanno patria. Organizzando Sit in, tazebao, proteste, inserirsi in manifestazioni, ecc. coinvolgendo sempre altre organizzazioni, associazioni, sindacati.

 

 

Disfattismo rivoluzionario significa inserirsi in forza nelle varie mega proteste contro i G7 e portarvi all’interno le posizioni leniniste contro gli opportunisti e i capitalisti, contro lo sfruttamento, contro il precariato, ecc.

 

 

Disfattismo rivoluzionario significa contro il governo borghese italiano organizzare di continuo proteste nei luoghi di lavoro e nelle università. Creare coordinamenti nelle varie manifestazioni, coinvolgendo o aggregando, contro il precariato, stipendi bassi, contro le alte tasse sui salari, ecc. ecc.

 

 

Disfattismo rivoluzionario è denunciare come i capitalisti durante l’imperversare dell’infezione coronavirus - per non perdere profitti - facciano pressioni enormi sui vari governi perché i lavoratori tornino a lavorare anche se il contagio è ancora molto attivo aumentando il rischio di infezione e morti tra i dipendenti.

 

 

In altre parole   disfattismo rivoluzionario significa entrare nella lotta politica viva contro il sistema, fare politica rivoluzionaria viva, entrare nelle contraddizioni del capitalismo, esattamente come facevano i bolscevichi condotti da Lenin.

 

 

Cosa fa invece Lotta Comunista?

 

Per qualche euro in più  … porta a casa la spesa alle vecchiette.  Ricevendo gli elogi e il plauso di numerosi giornali della borghesia (sich!).  

 

 

 

                     Forse le dirigenze di Lotta dovrebbero rivedere, riaggiustare un po’ il loro attivismo politico.

 

                                                                                                                                                                                                                                          da Berlino, la Redazione 

 

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P.S     31 maggio 2020

 

           I compagni hanno per caso visto che anche il giornale dell'estrema destra si congratula di Lotta Comunista?

 

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                  31 ottobre 2019

 

Lotta Comunista ha mandato di nuovo degli attivisti qui a Berlino, i quali si sono messi in contatto con noi.

Gli attivisti proseguiranno con il lavoro tradizionale di Lotta Comunista di un solo giornale, noi continueremo

con il metodo di Lenin e i bolscevichi  di più giornali.

 

                                                                                                                                  da Berlino, Claudio Piccoli

 

 

- se si è dei veri rivoluzionari e si vedono delle modifiche da introdurre che possono migliorare l’organizzazione rivoluzionaria, cioè

l’espansione dell’organizzazione rivoluzionaria, abbiamo il dovere di proporre e sperimentare con forza questi miglioramenti-modifiche, che il partito (con entusiasmo) dovrebbe sostenere -

 

 

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     9 agosto 2019

RIFLESSIONI E RAGIONAMENTI SUL MANCATO SVILUPPO DEL PARTITO LENINISTA IN EUROPA

IL  20ennio PERDUTO DI LOTTA COMUNISTA

E IL FLOP DI BERLINO

 

LE DIRIGENZE DI LOTTA COMUNISTA PREFERISCONO BRUCIARSI L’EUROPA, PIUTTOSTO CHE SPERIMENTARE

NUOVI METODI DI ESPANSIONE 

 

 

 

         

 

Il partito bolscevico ha usato diversi metodi per espandersi, metodi che Lotta Comunista  oggi non usa. Ma che permisero a Lenin, loro capo e fondatore, di sviluppare un partito rivoluzionario in 15 anni e che da zero è potuto arrivare alla rivoluzione del ’17.

Avevano più giornali nazionali, alcuni dei quali (come la Pravda) di primo acchito, d’attacco, di battaglia, scritti in modo semplice, da diffondere come primo contatto, e altri di analisi e studio (come l’attuale giornale Lotta Comunista).  

Come tattica pratica, detta di “disfattismo rivoluzionario” i bolscevichi si inserivano nelle lotte altrui (anche se organizzate da partiti e movimenti opportunisti borghesi) dove proprio Lenin ne era maestro, per portarci all’interno le posizioni rivoluzionarie comuniste disfattiste e possibilmente influenzare le lotte stesse. Ma cosa fondamentale, per conquistare giovani manifestanti protestatari e indirizzarli alla causa comunista.

Sapevano tenere contatti continui con le altre organizzazioni politiche (come faceva Lenin per es. con i menscevichi, i socialisti, o gli anarchici) e i bolscevichi aderivano, assieme alla frazione socialdemocratica radicale tedesca di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, alla 2° Internazionale opportunista. Per, da una parte continuare a portarvi all’interno le posizioni rivoluzionarie e conquistare nuovi adepti, dall’altra costituire momentanei raggruppamenti politici dove su alcuni punti comuni dar battaglia all’opportunismo stesso.   

Esempi famosi di questa efficiente tattica di intervento di “disfattismo rivoluzionario” politico di Lenin possiamo citarne i più famosi. Celebre è l’intervento di Lenin al Congresso della 2° Internazionale di Stoccarda del 1907, dove assieme alla Luxemburg e Martov (menscevico) fecero approvare una risoluzione dove si affermava che “in caso di guerra i comunisti si impegnavano a far cadere il sistema capitalistico”.    

Altro evento famoso di “disfattismo” è la nota partecipazione di Lenin e Trotskij alla riunione di Zimmerwald in Svizzera contro la guerra. La riunione non era stata organizzata dai rivoluzionari o dai comunisti come si potrebbe aspettarsi, bensì da opportunisti svizzeri capeggiati da R. Grimm aderenti alla 2° Internazionale interventista, ma essi contrari alla guerra. Lenin e Trotskij ne hanno visto la possibilità di intervenirvi e sfruttarla per la causa rivoluzionaria facendo approvare il noto documento contro la guerra.  

I dirigenti di Lotta Comunista, rigidi come sono nel rifiutare contatti politici a tutti i livelli con tutti e tutto, avrebbero partecipato alla corrotta e nazionalista 2° Internazionale o alla riunione di Zimmerwald organizzata dagli opportunisti svizzeri per portarvi le posizioni rivoluzionarie disfattiste? Da come adesso si pongono in tutte le situazioni politiche in giro per l’Europa noi siamo sicuri di no. Ma lasciamo ai compagni dei circoli giudicare.

 

Ma non solo.

IL FLOP DI BERLINO    

Forse non tutti sanno che recentemente Lotta Comunista è intervenuta con due iniziative a Berlino. Ovviamente usando sempre i propri metodi di lavoro soliti.     

Sono apparsi nelle università 2 serie di volantini (da noi visti per caso) firmati il primo “Bulletin des Internationalismus” (nome con cui LC si firma anche sul suo sito internet tedesco) e il secondo “Junge Internationalisten” (con le tipiche tematiche di L.C. e come punto di riferimento sempre la stessa persona) dove si invitava (foto a lato) a partecipare a due riunioni distinte: la prima nell’ottobre 2018, l’altra nel gennaio 2019. Nessuno ha visto (e nessuno ci ha  riportato di aver visto) come lavoro di invito alcuna diffusione del giornale. Non sappiamo l’esito di partecipazione perché noi, come detto, siamo venuti a saperlo dopo.

Dei due fatti importante da comunicare ai compagni dei circoli e che ci ha enormemente sorpresi e stupiti è che durante questa attività L.C. non ha preso nessun contatto con noi leninisti berlinesi, pur sapendo benissimo che siamo attivi nelle università. Noi gli attivisti di Lotta Comunista non li abbiamo mai ne visti ne sentiti, pur essendo noi sempre in diffusione e ben visibili fuori dalle università. Non si sono ne presentati (ciao, siamo di Lotta Comunista) ne ci hanno mai contattati.

Allora la domanda politica: perché questo comportamento? Perché evitarci? Qual è il significato politico di questo voler ignorarci? Abbiamo lo stesso obbiettivo rivoluzionario e le stesse posizioni leniniste (e si suppone che tra leninisti si voglia collaborare) perché allora non incontrarci? Almeno per parlare e confrontarsi, e magari fare anche qualcosa di utile assieme. Invece niente, assolutamente niente.  

Fatto sta, che dopo queste due iniziative la presenza di Lotta Comunista a Berlino è svanita, sparita, non si è più visto nulla e nessuno. Evidentemente il lavoro fatto non ha dato

nessun risultato. In pratica, il classico metodo di lavoro di L.C. a Berlino (come noi sottolineiamo) non ha prodotto nulla e gli attivisti se ne sono andati a … mani vuote.

Gli attivisti sono spariti:  delusi? Scoraggiati? O … giovani mandati allo sbaraglio?  Sicuramente un flop! Certo un flop. Perché il lavoro d’approccio è senz’altro sbagliato. Quindi tempo perso.

Ma forse no. Perchè per noi un effetto positivo l’iniziativa di L.C. a Berlino l’ha certamente avuta: gli attivisti che l’hanno condotta hanno potuto constatare di persona e potranno riportare che, fuori penisola, i metodi di lavoro tradizionali di L.C. non funzionano e devono essere modificati. 

La domanda politica su cui riflettere quindi è: ignorare tutto e tutti, è questo il sistema che le dirigenze di Lotta Comunista intendono quando affermano di voler recuperare il famoso “ritardo europeo del partito leninista?    

Se è questo, allora Berlino si conferma come l’ennesimo insuccesso. Complimenti!  

Per caso i vertici di LC si sono rassegnati e non volendo modificare i loro metodi organizzativi hanno forse deciso di aspettare il momento rivoluzionario per estendere il partito fuori Italia? Allora bisogna ricordare con forza alle dirigenze e ai militanti che tale comportamento d’attesa non è mai stato nella logica rivoluzionaria, ne del grande Marx, ne dell’altrettanto immenso Lenin, e pare di capire neanche del tenace fondatore e grande Cervetto. I quali si sono sempre spesi e prodigati nei lunghi momenti controrivoluzionari per tessere costantemente contatti e creare reti rivoluzionarie. 

Il flop di Berlino, l’insediamento solo italiano, rafforzano purtroppo in noi sempre più la convinzione che, visto il partito fermo a Parigi da 20anni e ad Atene da 30, le dirigenze di L.C. non hanno la minima idea di come operare e sviluppare il partito leninista fuori Italia.

 

ALTRA SITUAZIONE DA CHIARIRE.

Visto da qui da Berlino, è così incomprensibile, disarmante vedere come le dirigenze spendano soldi e tempo nell’organizzare riunioni europee sindacali di azienda o di categoria a Genova, cercandone con insistenza i contatti, promuoverne le iniziative. Cose che, se dal punto di vista di incentivo alla costituzione del sindacato europeo sono certamente positive, dal punto di vista pratico di colmare il “ritardo del partito leninista in Europa” (cosa decisamente primaria e super fondamentale per noi rivoluzionari) non servono assolutamente a nulla. Perché è noto che le varie dirigenze sindacali straniere che partecipano a queste iniziative a Genova sono burocrati sindacali super opportunisti, appartenenti a più svariati partiti più che mai corrotti (come l’SPD tedesca per es.) ai quali della rivoluzione e del leninismo non gliene importa assolutamente niente. Anzi se possono lo contrastano aspramente e attivamente (e come il passato dimostra, dove hanno ucciso i rivoluzionari). E le dirigenze di L.C. san perfettamente che è così.  

Incomprensibile, perché appunto dall’ALTRO LATO, come l’illuminante fatto di Berlino dimostra (Berlino dove prima del nostro arrivo, nessuno - ma proprio nessuno - conosceva Lotta Comunista) i vertici di L.C. si ostinano a rifiutare tutti i contatti politici-rivoluzionari sovranazionali, compresi noi leninisti.

Potrebbero invece per es. (seguendo i metodi di Marx e Lenin) promuovere aggregazioni antistaliniste e antinazionaliste a livello europeo (e oltre), organizzando manifestazioni internazionaliste contro, per es, il nazionalismo di Maduro e Guaidò, o contro il nazionalismo catalano e spagnolo, oppure contro il nazionalismo curdo e turco, ecc. Oppure, visto la stazza di L.C, il partito potrebbe promuovere una giornata di lotta europea in tutte le università europee contro il lavoro precario giovanile, ecc. Poi inserirsi nelle varie contestazioni europee, e così via (come idee, spunti).  

Non far questo, rifiutare ogni lotta e ogni contatto politico-rivoluzionario, ostinarsi all’isolazionismo italiano-genovese, tutto questo appare ai nostri occhi politici così assurdo, così incomprensibile. E grave è la responsabilità delle dirigenze di L.C. per il ritardo europeo del partito. Ma lasciamo anche qui i compagni dei circoli riflettere e dare il giudizio su queste ottusità che non servono a niente, ma che spiegano amaramente perché Lotta Comunista rimane strettamente rinchiusa nei confini italiani, assolutamente isolata e perché da molto tempo, troppo tempo, non riesce ad uscirne.

Lo SVILUPPO -  anche di un partito - presuppone, com’è di logica, massima elasticità, ricerca, osservazione attenta, e sperimentazione. Così funzionano sviluppo e scienza! Se i vertici di Lotta Comunista non si incamminano al più presto su questa strada il loro destino sarà segnato. Non esisterà nessuna  possibilità di partito europeo (se non qualche circolo qua e la) com’è ormai oggi più che mai dolorosamente chiaro. E fra 20 o 30 anni ci ritroveremo noiosamente a ridiscutere sempre di queste stesse cose, proprio come 20anni fa.    

IL VENTENNIO PERDUTO DI LOTTA COMUNISTA, appunto. E adesso possiamo aggiungere anche i  FLOP ESTERI  (forse anche quelli che non conosciamo) di Lotta Comunista.  

Criticare i sovranisti italiani è facile. Forse le dirigenze di LC dovrebbero meglio guardare all’interno di se stessi e vedere se tutto in casa propria va bene.

Perché il problema grave e serio è che, con insistenza e ottusità  SI CONTINUA A PERDERE TEMPO PREZIOSO PER LA COSTITUZIONE DEL PARTITO EUROPEO.  

 

                                                               Claudio Piccoli

                                                                                                       attivista di Lotta Comunista per 40 anni

                                                                                                                   ed ora in attività a Berlino con

                                                                                                                    "Der kommunistische Kampf"

 

P.s. Naturalmente si ribadisce ai compagni che l’articolo è un contributo alla riflessione e al dibattito sullo sviluppo del partito rivoluzionario, dibattito che non deve mai mancare. 



 

 

 

              

 

LOTTA COMUNISTA:

FORTE E INFLUENTE ORGANIZZAZIONE MARXISTA IN ITALIA.

IN ITALIA LA SUA FORZA,

MA ANCHE IL SUO LIMITE

 

 

 

 

Riteniamo utile pubblicare alcune lettere - con relative risposte - che ci sono pervenute  via e-mail  riguardanti il  precedente  articolo di aprile “LOTTA  COMUNISTA  NON  FARA’  LA  RIVOLUZIONE  EUROPEA” ,    come contributo  al  dibattito  dello  sviluppo del  partito  leninista in Europa.

 

 

  

 

 

1 settembre 2018 

 

“SIAMO ANCORA TROPPO POCHI PER L’ESTERO”

Ciao Claudio Piccoli,

sono L(…) di Milano. Ti scrivo perché ho letto il tuo articolo “Lotta Comunista non farà la rivoluzione europea”, che da una parte mi ha sorpreso e dall’altra ho trovato interessante.  (…) … sviluppare il partito in Europa è una cosa che ritengo fondamentale (…) … perciò ho ritenuto necessario parlarne con un dirigente del circolo che mi ha detto che “siamo ancora troppo pochi in Italia” per mandare attivisti all’estero e quindi quello che tu proponi non è ancora realizzabile (…).

 

Grazie L(…) di averci scritto …  

… così posso avere l’occasione di chiarire questo argomento. La frase “Siamo ancora pochi per mandare attivisti all’estero” ha una lunga storia nel partito che si protrae fino ai giorni nostri. Mi dispiace deluderti compagna, ma purtroppo questo non è il motivo del mancato sviluppo del partito leninista in Europa. Nel senso che per chi dirige Lotta Comunista non è il numero dei militanti il punto di svolta per mandare attivisti all’estero. Poiché i militanti di L. C. potrebbero essere anche il doppio, o il triplo di quelli attuali, o addirittura anche 10 volte tanti, ma chi dirige Lotta Com. non manderebbe comunque compagni all’estero. Se ti informi bene con le dirigenze del partito (come a suo tempo anch’io ho fatto) scopriresti che Lotta è del parere che non si deve assolutamente mandare leninisti italiani all’estero. Per principio. Assolutamente è contraria di programmare lo sviluppo del partito in Europa (o altro) con questo tipo di espansione. Perché per le dirigenze di Lotta C. è imperativo che devono assolutamente essere i comunisti esteri, i gruppi marxisti di altre nazioni che devono rivolgersi a Lotta Comunista e venire a lei, e non il contrario. O così o niente. Sembra un paradosso, ma i dirigenti di L.C.  “lo sviluppo del partito leninista in Europa”  lo intendono così.  Informati bene e vedrai.

Ma non è ancora tutto, purtroppo.

Qual’ora un gruppetto di marxisti esteri si rivolgesse a Lotta Com. perché d’accordo e condividente le posizioni di L.C. e volesse collaborare con essa, i dirigenti di L.C. allora pretenderebbero di essere loro a scrivere il giornale per i nuovi arrivati attivisti esteri. In altre parole, ai militanti leninisti di un’altra nazione che volessero cooperare con L.C. non verrebbe permesso di scriversi il proprio giornale. A loro spetterebbe certamente il compito di diffonderlo, ma non di scriverlo. A scriverlo sarebbero sempre e comunque i dirigenti italiani. Se questo è il criterio imperativo di L.C., capisci bene compagna, che nessun gruppo all’estero, piccolo o grande che sia, permetterebbe mai che qualcun altro scriva per loro. Anche questo non senso spiega perché L. C. non trova gruppi in Europa che aderiscono, e perché il partito leninista non si espande. Informati bene e senti cosa ti dicono.   

Io invece sono di tutt’altro parere. Per me invece è ovvio, e la mia esperienza qui a Berlino lo dimostra, che in ogni nazione gli attivisti, i militanti e i dirigenti leninisti abbiano una loro autonomia, la necessità di formarsi, crescere, fare le proprie esperienze, ricerche, temperarsi, per diventare competenti nel dirigere l’organizzazione rivoluzionaria internazionale. Naturalmente tutto questo in stretto contatto e coordinamento in un’unica organizzazione sovrazionale (come la III internazionale) così da preservare a livello globale l’unità delle posizioni leniniste, e confrontarsi tra organizzazioni anche nelle inevitabili diverse interpretazioni delle tattiche sui fatti quotidiani. Un futuro movimento leninista internazionale non potrà che essere, senza ombra di dubbio, unito sui principi e nelle posizioni di base da una parte, e flessibile nella tattica e nelle interpretazioni dei fatti dall’altra. Esattamente come nella III Internazionale di Lenin. Al contrario, pensare ad un futuro movimento leninista internazionale composto da più partiti di varie nazioni dove, come pensa attualmente la dirigenza Lotta Comunista, i leninisti italiani scrivono il giornale per tutte le organizzazioni internazionali, penso proprio sia utopia pura, un mondo che non esiste e non esisterà mai (e la conferma ce l’abbiamo sotto gli occhi tutti).

Si può aggiungere che Marx, Engels, Lenin, non si sono mai sognati di scrivere i giornali di organizzazioni comuniste di altre nazioni. Per loro fondamentale era che nella collaborazione internazionale tra i partiti rivoluzionari le posizioni fossero corrette. Cioè avere le stesse posizioni, lottare per gli stessi obiettivi, usare gli stessi metodi organizzativi.  

La persistente posizione dei dirigenti di Lotta Com. spiega l’attuale forte isolazionismo europeo e internazionale in cui L.C. da 20anni si è cacciata e da cui non riesce ad uscirne. E’ altrettanto facile prevedere che se manterrà questi presupposti di sviluppo estero, fra 20anni il partito sarà nelle stesse condizioni di oggi  e che sempre fra 20anni ci troveremo a discutere delle stesse cose di oggi, come 20anni fa. Un peccato!

Ci auguriamo che l’organizzazione cambi velocemente posizione così che la ripetizione nelle riunioni e sul giornale di impegno di “sviluppo del partito leninista in Europa” non sia più una frase vuota e retorica com’è oggi.

Grazie di averci scritto compagna, e verifica quanto ho scritto. Sarei molto felice di sbagliarmi.

Un cordiale saluto internazionalista.

Claudio Piccoli.

 

“Siamo in contatto con altri partiti in Europa”

Ciao compagni di Berlino.

Seguo il vostro sito già da tempo (…) e leggo il vostro giornale via web regolarmente. (…) … però dite che il partito non è presente nel resto d’Europa. A me sembra che i circoli in Francia, Spagna, Russia, Grecia, Brasile siano un buon inizio. (…) A me risulta poi che il partito ha buoni contatti con molti gruppi in giro per il mondo e mi dicono che soprattutto a Londra si sta costruendo qualcosa di buono. (…)

 

Ciao compagno.

Fa piacere sentire che sei molto attivo in Lotta Comunista e che trovi interessante e coerente anche il nostro giornale leninista di Berlino. (…)

(…) … riguardo i contatti, io personalmente non riesco a confermarti “il partito con buoni contatti all’estero”, visto che la mia esperienza qui a Berlino dice purtroppo tutt’altro. E’ stato uno shock per me constatare, quando ho cominciato qualche anno fa la mia attività qui di diffusione sulle università berlinesi, venendo così in contatto con tutte le varie organizzazioni marxiste, che nessuno aveva mai sentito parlare di ‘Lotta Comunista’. Anche tra gli attivisti marxisti più anziani di queste organizzazioni (soprattutto trotzkiste) nessuno conosce la parola “Lotta Comunista”! mi chiedevano: “forse intendi Rifondazione Comunista!”

‘Come mai?’ mi sono domandato.

Anche a me, in Italia nei lunghi decenni della mia attività nel partito mi era sempre stato detto che i contatti con le organizzazioni marxiste all’estero erano numerosi e constanti.

Ma qui ho scoperto, purtroppo, che nessuno conosce L.C.!  Un’amara sorpresa!  Conoscono Bordiga, Gramsci, Rifondazione Comunista, Toni Negri, ecc. ma di Lotta Comunista nessuno ha mai sentito parlare. Come mai? E Berlino non è Cannicatì, paesotto del sud Italia. Ma la capitale europea. Ma allora la domanda: questi contatti internazionali ci sono o non ci sono?

E’ qui che è cominciato a venirmi qualche dubbio.  

Stando qui in Germania la forte percezione a cui si arriva dopo un po’ di attività politica è che sembra proprio, ahimè! che L.C. le relazioni con le altre organizzazioni non le cerchi, non le interessino. Non gli interessa avere collegamenti politici con qualcuno. Questa è l’unica spiegazione che ci si può dare.

A riguardo il  “buon inizio di sviluppo europeo del partito” con i circoli di Parigi, Valencia, Atene, ecc. a cui tu ti riferisci, non posso altro che rimandarti ai concetti di mancata moltiplicazione, di quanto scritto nell'articolo “Lotta Comunista non farà la rivoluzione europea”. Alcuni dei circoli menzionati esistono già da parecchio tempo. Quello di Parigi per es. già da 20anni (credo che tu lo sappia già) e quello di Atene da più di 30. Il problema come detto, è che non si riproducono.

Per quanto riguarda Londra, io personalmente è da più di 20anni che sento dire nel partito che “con la capitale inglese abbiamo contatti molto buoni e promettenti” ma a tutt’oggi sento ancora gli stessi discorsi.   

I dirigenti di L.C. ripetono in continuazione che tutto va bene, che l’insediamento europeo procede. In realtà penso non sia così. Come sai, nell’articolo “Lotta Comunista non farà la rivoluzione europea” che tu assieme agli attivisti del tuo circolo avete letto, spiego il mio punto di vista del perché di tale stop europeo, e cosa, soprattutto in base alla mia esperienza qui a Berlino, il partito dovrebbe modificare per proseguire nella sua espansione extra Italia. Temo però compagni, ho la netta sensazione che i vertici L.C. non prendano seriamente, sottovalutino il problema e siano più concentrati sullo sviluppo del partito sul territorio italiano (dove, bisogna dirlo, va molto bene) che per il resto d’Europa. Spero proprio che focalizzino il problema in fretta, prima che sia troppo tardi.

Compagno, grazie per il tuo interessamento e un augurio di buon proseguimento di attività a te e ai compagni del circolo.

Saluti internazionalisti. Claudio Piccoli

 

 

“SVILUPPARSI IN ITALIA PER SVILUPPARSI ALL’ESTERO”

Salve redazione, vi scrivo da Genova.

Ho letto l’articolo -LC non farà la rivoluzione in Europa- e non sono d’accordo con voi. (…) … penso sia importante svilupparsi in Italia perché un grande partito leninista può diventare così forte attrazione ed esempio per tutti quelli che fanno politica rivoluzionaria in Europa e vogliono costruire un partito veramente internazionale. (…) … quando vedono che un partito in Italia come Lotta Comunista è forte, che organizza scioperi e difende la classe operaia, allora può essere un forte richiamo anche per partiti rivoluzionari che si danno da fare fuori Italia. Per me questo è il sistema giusto per svilupparsi nel mondo. (…)

 

Ciao compagno,

come vedi è sempre con molto interesse che si segue la questione dello sviluppo del partito in Europa e fuori. (…)  Da sempre le dirigenze di L.C. sostengono che “il Partito si deve rafforzare in Italia” così da diventare un “forte richiamo” per le organizzazioni marxiste estere.

Questa impostazione di sviluppo estero ha naturalmente una sua logica e un suo ragionamento. Però, bisogna chiarirlo, ci devono essere dei presupposti ben precisi perché lo sviluppo fuori Italia con questo sistema possa funzionare. Ossia che la forza e l’estensione del partito e le sue azioni possano essere reclamizzate all’estero, propagandate negli altri paesi in modo che chi ne è interessato ne venga a conoscenza e si possa coalizzare a Lotta Comunista. Se questo non avviene, se nessuno fuori Italia sa, è a conoscenza della forza del partito rivoluzionario Lotta Comunista, è ovvio, questa potenza rimane ignorata, sconosciuta.

La domanda è: chi potrebbe reclamizzare L.C. fuori Italia? Far conoscere le sue battaglie, i suoi scioperi guidando il sindacato, la sua forza numerica, il suo primo maggio, le sue partecipate conferenze? La borghesia con i suoi mezzi di informazione certamente no, questo si sa. La stampa capitalista non ha certo interesse a far pubblicità a chi gli mette i bastoni tra le ruote. Lo si vede bene in Italia, dove i media ignorano Lotta Comunista. E lo si vede ancor più all’estero dove le masse non sanno neanche che esiste. Potrebbe farlo se stessa, ma per sua scelta preferisce spendere energie minime per questo (a Berlino per es. – lo scrivevo anche ad altri compagni - L.C. è completamente sconosciuta tra i marxisti). Per cui la sua notorietà rimane ovviamente all’interno della penisola.

Seguendo questa politica di dare la preferenza di concentrarsi preferibilmente in Italia Lotta Comunista potrebbe diventare paradossalmente numerosissima nella penisola e contemporaneamente essere totalmente sconosciuta negli altri paesi, e di conseguenza non essere di attrazione per nessuno. … finchè, (come successo ai bolscevichi), non farà la rivoluzione in Italia. Allora si, è chiaro, tutto cambierà. Ma fino a quel momento con questo sistema, questo è il mio parere, L.C. dovrà scordarsi il radicamento europeo..

A meno che, si potrebbe obbiettare (e questo non è da escludere) improvvisamente, per qualche inaspettato motivo, Lotta Comunista diventi famosa in Europa. Certo, anche questa potrebbe essere un’ipotesi. Però, com’è adesso evidente, questo non è l’attualità.

Perciò,in questa situazione, come procedere al radicamento europeo?

E’ stato appunto in questa discussione che circa 20anni fa, quando nasceva il circolo di Parigi, mentre il partito si organizzava per diventare così forte e famoso da diventare attrazione in Europa, che proponevo in contemporanea all’attesa, che venissero sperimentate le mie tesi contenute nell’attuale articolo “L.C. non farà la riv. europea” ad alcuni vertici di L.C. - tra cui anche ad uno dei fondatori-. La mia ipotesi era: intuendo che molto probabilmente nessuno sarebbe venuto a conoscenza di noi fuori Italia, era venuto il momento di mandare attivisti giovani italiani fuori in Europa per fondare circoli, usando più giornali come fatto a suo tempo dai bolscevichi (non usandone uno solo come attualmente in It.), si scrivessero i loro giornali, ecc. ecc.    

Il mio stupore forte di allora fu nel vedere che, i vertici LC con cui discutevo, senza neanche porsi il problema se la mia proposta poteva funzionare o no, rifiutavano categoricamente. Rifiutavano senza portarmi esempi (come era consuetudine fare nel partito) per dimostrare che il mio progetto non poteva funzionare perché già sperimentato, ecc. Era un NO secco, perché  “il partito la pensa così!”.   Si può immaginare  il mio sbalordimento …   

A distanza di 20anni tutto conferma quello che allora supponevo e proponevo. Tutto purtroppo è ancora fermo ad allora: il circolo di Atene, quello di Parigi e Nizza. Certo, poi se ne sono aggiunti uno a Valencia, uno in Russia e l’ultimo in Brasile. Meglio di niente, sicuramente, ma insignificanti dal punto di vista rivoluzionario e forte testimonianza di un metodo di espansione internazionale che non funziona.

L’esperienza qui a Berlino dice che, se usata in grande scala può funzionare egregiamente e dare finalmente slancio allo sviluppo del partito in Europa. Almeno, la mia proposta è, il partito lo potrebbe sperimentare,. Mi sembra però che le dirigenze L.C. siano ancora molto lontane dall’essere aperte e elastiche per  lanciarsi in una sfida fuori dai loro schemi organizzativi. Preferiscono sempre la politica di “diventare più forti in Italia per poi espandersi all’estero”.  … aspettando … proprio non si sa che cosa. Perdendo così occasioni e tempo prezioso.   

Grazie di averci contattato, compagno.

Un augurio di buon lavoro a tutti voi e un cordiale saluto.                                         

                                                                                                                                             Claudio Piccoli.



 

 

 

 

 

 

STUDIO E ANALISI DI UNA GRANDE ORGANIZZAZIONE RIVOLUZIONARIA

LOTTA COMUNISTA NON FARA’ LA RIVOLUZIONE EUROPEA

LA RIVOLUZIONE IN ITALIA CERTAMENTE SI,

MA QUELLA EUROPEA ASSOLUTAMENTE NO.   UN VERO PECCATO!

 

 15  aprile 2018

 

Lotta Comunista farà certamente la rivoluzione in Italia. Le sue posizioni corrette, il suo comportamento pratico coerente, il suo numero consistente di attivisti, tutto lascia pensare, come ai tempi dei bolscevichi, che Lotta Comunista guiderà la rivoluzione in Italia quando il momento giusto giungerà. E come l’Ottobre rivoluzionario del ’17 sarà un evento eccezionale, dirompente, progressivo e fantastico. E’ l’unica organizzazione esistente che sia in grado di poter far questo. E con orgoglio lo affermiamo al mondo.

Ma, .. anche una grande organizzazione come Lotta Comunista ha un suo problema. Non riesce ad uscire dall’Italia, non riesce a superare la barriera nazionale. Vale a dire che, nonostante la sua enorme consistenza numerica (e in continua ascesa) nella penisola italiana, non riesce ad espandere la sua presenza oltr’alpi. Negli altri paesi europei Lotta Comunista è praticamente inesistente.   

E’ da tempo, da decenni ormai, che i dirigenti del partito parlano, nelle riunioni e sul giornale, della necessità di sviluppare l’organizzazione in Europa e come esempio da seguire per un futuro partito leninista europeo, con orgoglio citano sempre il circolo di L.C. a Parigi (oltre agli altri piccoli circoli come a Nizza, quello a Valencia in Spagna, o quello in Grecia e uno in Russia).

Ma bisogna essere realisti. E’ da più di 20 anni che esiste l’importante circolo di Parigi (che forse fra 10anni, o fra 20, diventeranno 2). Ma per pensare ad un qualcosa che possa portare ad una rivoluzione in Francia bisogna contare su almeno 150 circoli nella nazione. Senza una così consistente ed estesa presenza sovvertitrice in Francia non è possibile ottenere nulla.

A questo punto la cruda, ma realistica domanda: come può dopo più di 20 anni dalla sua nascita il circolo di Parigi rimanere l’unico circolo nella capitale? E come mai i circoli operai non si estendono a decine (o centinaia) sul territorio francese o in tutta Europa come dovrebbe essere? Eppure, da come ne parlano i responsabili del partito nelle riunioni e sul giornale, sembra che l’insediamento leninista europeo sia in normale attuazione e senza grossi problemi.

Qualcosa non funziona nello sviluppo del partito leninista europeo? E’ tutto a posto? La strategia è quella giusta?  

Siamo purtroppo convinti di no.

Vista da Berlino la politica estera comunista di Lotta Comunista appare (è duro da affermare) come non funzionante, un fallimento (con i fatti che purtroppo stanno lì a dimostrarlo). Un vero flop!   … Peccato!

Se all’interno dell’Italia il partito appare sano, numeroso, esteso, vivace e in continuo allargamento, cioè il partito rivoluzionario più grande d’Europa e sicuramente del mondo (da tenersi ben stretto) fuori Italia però è il deserto più totale nello sviluppo di Lotta Comunista. In altre parole il partito si trova totalmente isolato nel contesto europeo e internazionale.

Quindi, se l’espansione interna italiana prosegue senza sosta, cosa può essere che frena l’espansione all’estero di un partito così ben organizzato e preparato, che può vantare essere l’unico a livello internazionale ad avere un così alto numero di aderenti attivi?

A nostro avviso è il metodo organizzativo di espansione usato in Italia che non può funzionare, non può essere replicato meccanicisticamente all’estero (è evidente visto da Berlino). Più di 20anni per espandere un circolo a Parigi non lo si può certo considerare un successo, se messo a paragone con i bolscevichi sotto la guida di Lenin, che in 15 anni, anche se il contesto era diverso, hanno costituito un partito in Russia e fatto anche una rivoluzione. E’ palese che qualcosa non va. Si può ben comprendere quindi l’angoscia, se non l’incubo dei dirigenti di Lotta Com. nell’annunciare continuamente la formazione del partito leninista europeo, ma in realtà dopo ancora dopo 20 anni trovarsi al palo di partenza. 

 

 

Se Lotta Comunista vuole rimettersi in gioco a livello europeo, per noi è chiaro, deve modificare e adeguare senz’altro la sua macchina organizzativa alle situazioni reali estere.

La nostra sperimentazione qui a Berlino ci dice e ci conferma, che per accelerare il suo 

sviluppo all’estero L.C. dovrebbe mandare decine, centinaia, se non migliaia di giovani fuori Italia, che formino circoli in tutta Europa. Questa è la priorità per l’organizzazione a questo stadio. Così che i giovani si fondino con gli attivisti locali, diventino parte integrante  della popolazione locale, scrivano da se stessi i loro giornali, formandosi così come specialisti. Un solo giornale (e per lo più nella forma comprensibile solo ai pochi) come presenta L.C. in Italia, da riproporre all’estero per le altre nazioni non funziona.

Esattamente come usato dai bolscevichi con Lenin e dai socialdemocratici tedeschi con Marx, bisogna considerare la possibilità e la necessità di usare più giornali in contemporanea nella diffusione, a secondo delle necessità e situazioni, che aiutino l’espansione veloce del partito. 

E questo sia con giornali semplici e comprensibili d’attacco per il primo contatto (come stiamo sperimentando con successo a Berlino con “Der kommunistische Kampf”) che in contemporanea, con giornali di più approfondito studio, qual è l’attuale giornale “Lotta Comunista”. Certamente un solo giornale non basta.

Da Berlino è chiaro anche, che per Lotta Comunista è necessario sviluppare i contatti con le altre organizzazioni marxiste (Lenin era maestro in questo) e partecipi alle proteste europee, anche se organizzate da altri, sulle diverse controversie e problematiche. Naturalmente tenendo strette le proprie più che corrette posizioni, per portare nelle lotte le proprie parole d’ordine e concetti (tutt’ora completamente assenti nelle manifestazioni europee). Così facendo può entrare in contatto con varie organizzazioni europee e internazionali (o perlomeno con quelle che si ritengono rivoluzionarie) favorendo così confronti costruttivi (è bene ancora ripetere che Lenin e Marx erano proprio specialisti in questo). Avendo modo così di avvicinare migliaia di 

giovani, che, bisogna aver chiaro, non sono tutti scapestrati e superficiali come potrebbe sembrare, ma molti di loro sono alla ricerca di capire, conoscere, approfondire, come l’esperienza di Berlino dimostra.

Vediamo anche la possibilità, molto utile per la penetrazione delle idee leniniste, di formare un coordinamento europeo (o meglio ancora internazionale) con le organizzazioni marxiste antinazionaliste per formare un fronte internazionale anticapitalista e antistalinista.

Secondo noi, è grazie, ad oltre la costante diffusione dei giornali,  all’insieme e uso sapiente di questi molteplici sistemi che i bolscevichi diretti da Lenin hanno potuto costituire in 15 anni una potente organizzazione rivoluzionaria e portarla poi con successo alla rivoluzione.

 

 

IL VENTENNIO PERDUTO DI LOTTA COMUNISTA.

(che potrebbe diventare presto il TRENTENNIO o addirittura il QUARANTENNIO)

E’ per il fatto di non aver considerato (tra cui anche le nostre proposte) di sperimentare e modificare il proprio metodo organizzativo 20anni fa, quando Lotta Comunista cominciava, dopo la nascita del circolo di Parigi, a programmare lo sviluppo del partito leninista in Europa, che si può parlare del  VENTENNIO PERDUTO DI LOTTA COMUNISTA.

A questo punto è palese e evidente la necessità urgente per questo grande e valido partito di organizzarsi per adottare senza restrizioni di apertura mentale nuovi criteri di sviluppo e mettersi in corsa per la rivoluzione europea. Se questo sarà, cioè riuscire in questo intento, sarà una evento veramente eccezionale! Eccezionale per la storia e per il progresso dell’umanità.             

 

                                Claudio Piccoli

                                                                               attivista di Lotta Comunista per 40 anni

                                                                                     ed ora in sperimentazione a Berlino con

                                                                                              "Der kommunistische Kampf"

                                                         



100° ANNIVERSARIO della RIVOLUZIONE RUSSA

 

 

A CENT’ANNI DALLA RIVOLUZIONE ESISTE UN PARTITO RIVOLUZIONARIO CHE PUO’ RIPETERE L’EVENTO?

IL FENOMENO    LOTTA COMUNISTA

ENORME PARTITO MARXISTA RIVOLUZIONARIO EXTRAPARLAMENTARE

 

 (traduzione da "Der kommunistische Kampf"  ottobre 2017) 

 

Molte sono le organizzazioni in Europa e nel mondo oggigiorno che si richiamano al marxismo, così com’erano numerose le organizzazioni socialiste che ai tempi dei bolscevichi si definivano rivoluzionarie.

Come distinguere quindi, se una organizzazione è effettivamente rivoluzionaria e se avrà successo?

Dipende dal suo programma, dal suo reale e conseguente comportamento pratico, dal suo grado di consistenza numerica.

Nel multiforme mondo marxista, tra i gruppi più significativi coerentemente marxisti dobbiamo senz’altro segnalare le organizzazioni della Sinistra Comunista (Räte Kommunisten) veri e seri comunisti di tutto rispetto, molto numerosi nel dopoguerra, ma ora sulla soglia della scomparsa a causa di carenze organizzative. Poi, in diverse sfumature abbiamo le organizzazioni trotzkiste, alcune delle quali molto serie e coerenti nelle loro pratica politica, ma senza peso dal punto di vista politico poichè presenti in piccoli o piccolissimi gruppi. Poi troviamo le organizzazioni staliniste e maoiste, si definiscono marxiste, in realtà sono nazionaliste, il loro obbiettivo, come l’evidenza dimostra a Cuba o in Cina o nell’ex Ddr o Unione Sovietica, è il capitalismo di stato in un solo paese, quindi nulla a che spartire con il socialismo.

Poi esiste LOTTA COMUNISTA. 

In questo universo marxista Lotta Comunista rappresenta la diversità, la riuscita. Corrisponde a tutti i requisiti che possiamo trovare nei bolscevichi.

Si richiama a Lenin e considera Stalin un controrivoluzionario. Le sue posizioni politiche e teoriche internazionaliste corrette e il suo metodo di organizzazione efficace diverso da tutti gli altri gruppi, ha fatto si che da piccolo gruppo qual’era negli anni ’50 in Italia, diventasse l’enorme partito extraparlamentare del giorno d’oggi con molte migliaia di militanti in continua espansione. I suoi innumerevoli attivisti di tutte le età, svolgono un’attività intensa nelle grandi fabbriche italiane del nord industrializzato e i giovani sono presenti attivi in quasi tutte le università italiane ed anche in alcune in Europa.

L’organizzazione Lotta Comunista in sintonia con il marxismo, considera il parlamento uno strumento della dittatura della borghesia e il suo astensionismo conseguente serve a rimarcare che la lotta proletaria va fatta all’infuori del parlamento, nelle fabbriche, nelle piazze, nelle scuole.

E’ una politica coerente di grande risultato, attrae giovani in continuazione dalle scuole e dalle università e sempre in maggiore quantità dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro di tutti i settori.

E’ esattamente il lavoro che si ripete come ai tempi dei bolscevichi nei lunghi anni precedenti la rivoluzione.  Un lungo lavoro paziente, nell’ombra, dove il marxismo viene portato all’interno delle masse lavoratrici sfruttate dalle quali poi se ne trae la formazione di specialisti rivoluzionari. Un lavoro efficace, di successo, che ha permesso ai bolscevichi guidati da Lenin di arrivare alla rivoluzione. Un lavoro che anche noi qui in Germania con entusiasmo eseguiamo.

LOTTA COMUNISTA quindi, un esempio da seguire. Posizioni politiche bolsceviche corrette, un comportamento politico coerente senza ombre e un sistema organizzativo efficace tratto dall'esperienza pratica bolscevica.

A cent’anni dall'evento memorabile della rivoluzione d’ottobre possiamo senz’altro dire che la lotta della classe sfruttata per la sua liberazione dall’oppressione per una società superiore procede senza perdere colpo.

E oggi si può senza indugio affermare che tra le tante organizzazioni marxiste rivoluzionarie che lottano per l’emancipazione dell’umanità, Lotta Comunista ne è la punta avanzata.

 

Siamo con Marx quando afferma che nessuno può fermare la ruota della storia. 

100° ANNIVERSARIO della RIVOLUZIONE RUSSA

 

 

GRANDE ORGANIZZAZIONE  DEL MOVIMENTO OPERAIO

LOTTA COMUNISTA 

   LOTTE  E  CONFERENZE

 

  

 (traduzione da "Der kommunistische Kampf"  novembre 2017)

 

Nello scorso numero di ottobre abbiamo ampiamente descritto LOTTA COMUNISTA, estesa organizzazione marxista rivoluzionaria extraparlamentare. E’ l’anniversario dei 100 anni della rivoluzione bolscevica e vogliamo capire se quell’evento si potrà ripetere.

In questi cento anni trascorsi, le contraddizioni capitalistiche che sconvolsero l’allora epoca non solo non sono scomparse o scemate, ma si presentano aumentate esponenzialmente. La classe lavoratrice sfruttata mondiale, che all’epoca della rivoluzione russa era relativamente ristretta sul pianeta (sui 100 milioni in totale) oggigiorno è enormemente cresciuta, diventando con lo sviluppo dei nuovi paesi emergenti, secondo i dati ufficiali, addirittura due miliardi. Possiamo quindi considerare che, se Marx vedeva nella classe operaia l’elemento che realizzerà la rivoluzione, possiamo oggi verificare che questo elemento è diventato ancora più deflagrante, essendo diventato chiaramente l’ampia maggioranza  della popolazione attiva e in continua espansione. 

Quindi oggi i presupposti esplosivi per gli assalti rivoluzionari contro le borghesie sfruttatrici sono oggettivamente aumentati rispetto a 100 anni fa, momento della rivoluzione russa.

Ma i lavoratori sfruttati e sottomessi che a malavoglia sopportano le angherie della classe dominante hanno bisogno di guide, di esperti per poter combattere e con successo superare l’ingiusta società per eliminare le problematiche e le catastrofi che essa produce. Ed ecco quindi nella società il naturale formarsi di organizzazioni che lottano, propongono e si battono per un diverso mondo sociale.

Siamo convinti che LOTTA COMUNISTA sia la più efficace tra queste organizzazioni. Il suo programma di deciso superamento del sistema capitalistico, la sua enorme organizzazione, il governo operaio con la necessaria dittatura del proletariato sui borghesi reazionari, in linea con Marx e i bolscevichi che propone, il suo astensionismo parlamentare e il suo intenso lottare quotidiano con e tra i lavoratori, ci fa senz’altro dire che di certo è nella direzione giusta per l’assalto rivoluzionario, in analogia con i bolscevichi.

In occasione del centenario dell’ottobre bolscevico l’organizzazione ha indetto una serie di conferenze in tutte le città delle nazioni in cui è presente. La partecipazione registrata è stata imponente, molte migliaia di persone hanno dato la loro adesione: lavoratori, studenti, sindacalisti, professori, pensionati, casalinghe.

Questo a sottolineare la fiducia che questa organizzazione si è conquistata tra le masse proletarie. Non trascurabile è il fatto che il nucleo originario di Lotta Comunista contava negli anni ’50 solo un pugno di militanti. E adesso è così estesa.

Non solo, ma importantissimo, i suoi aderenti e attivisti stanno in questo 

momento guidando e dirigendo fortissimi scioperi nella città industriale-portuale di Genova, una città paragonabile ad Amburgo qui in Germania. Anche questo è un elemento di non poco conto per capire come agisce nella  pratica un’organizzazione rivoluzionaria. 

Da come si sviluppa e visto il successo, pensiamo che effettivamente le posizioni di LOTTA COMUNISTA siano il futuro del movimento rivoluzionario proletario. Senza dubbio un esempio da seguire per chi lotta per una società superiore.

Ai lavoratori genovesi e a Lotta Comunista va tutta la nostra solidarietà e appoggio per le dure lotte in corso. 



 

 

 

 

 

Punti fermi della scienza marxista

 Riportiamo qui un capitolo dell’opuscolo “La forma politica democratica del capitalismo” edito da Lotta Comunista nel 1996.

 

LA DEMOCRAZIA MIGLIOR INVOLUCRO DEL CAPITALISMO

Il capitalismo nel suo sviluppo si fonda sul mercato, sulla libera circolazione delle merci e dei capitali. Nei rapporti di scambio vige una legge egualitaria: si scambiano merci di eguale valore. Il proletariato moderno, a differenza dello schiavo e del servo della gleba, è giuridicamente un cittadino come tutti gli altri, in quanto scambia un proprio bene, la forza lavoro, con una parte del capitale (il salario: capitale variabile) secondo le leggi del mercato, “eguale per tutti”.

Libertà ed eguaglianza sono le parole d’ordine della borghesia: essa può farne degli ideali universali perché corrispondono al movimento apparente della società, alla sfera “pubblica” del mercato. E’ nel segreto del processo  produttivo che l’uguaglianza lascia il passo alla erosione del plusvalore e la libertà alla catena dello sfruttamento: ma tutto ciò deve essere opportunamente mascherato.

La democrazia è la forma politica più funzionale a questo tipo di società, e ciò in due sensi:

 

-   verso gli sfruttati serve come illusione di una apparente uguaglianza, l’illusione di poter contare nelle scelte politiche, contribuendo a nascondere la reale discriminazione di classe che divide la società;

 

-   verso i capitalisti garantisce la maggiore elasticità del sistema politico rispetto ai mutevoli e contraddittori interessi dei gruppi economici, “è l’involucro più funzionale del meccanismo di trasmissione degli interessi economici dei gruppi della classe dominante in volontà e decisioni politiche. L’involucro democratico permette al 

 meccanismo di determinazione di funzionare con il minimo di attriti e con

il massimo di risultati, poiché facilita la formazione dell’interesse generale della classe dominante componendo i suoi interessi singoli e settoriale (Lotta Comunista, gennaio 1979).

La dialettica democratica con gli strumenti di cui dispone (divisione dei poteri, partiti, associazioni, giornali ecc) permette a tutti i gruppi economici di avere una rappresentanza politica mediante la quale concorrere alla determinazione dell’interesse generale della classe dominante.

Per questi motivi Lenin afferma: “L’onnipotenza della ‘ricchezza’ è, in una repubblica democratica, tanto più sicura, in quanto non dipende da un cattivo involucro politico del capitalismo. La repubblica democratica è il miglior involucro politico del capitalismo” (“Stato e rivoluzione”).

 

La forma democratica è dunque la “forma specifica dello Stato” nell’attuale fase di sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione.

Altre forme, che spesso si trovano combinate con quella democratica (ad esempio quella fascista), sono solo “variazioni e gradazioni” della democrazia.

 

Lo Stato democratico stesso presenta molteplici varianti: basti pensare alle differenti legislazioni vigenti nei diversi paesi; sono anch’esse variazioni, più o meno funzionali, del miglior involucro politico.

 

 

traduzione da "Der kommunistische Kampf"  sett. 2014


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Punti fermi della scienza marxista

(Presentiamo qui alla riflessione del lettore un capitolo della dispensa “Lo stato e suoi poteri” edito da “Lotta Comunista” nel 1996)

 

 

 

IL PLURALISMO DEL POTERE ECONOMICO

 

 

 

 

Lo Stato, in quanto organo della dittatura capitalistica, rappresenta gli interessi di tutti i gruppi capitalistici, di tutte le frazioni della classe capitalistica. Lo Stato deve quindi da un lato dominare la classe sfruttata e dall’altro unificare la classe dominante” (Lotta Comunista,  sett. 1969).

Lo Stato è la sovrastruttura di una realtà economica composta dove, accanto alla divisione di classi contrapposte (borghesia-proletariato) c’è la divisione in frazioni della classe borghese nella ripartizione del plusvalore ed una concorrenza di gruppi economici sul mercato. C’è, in sostanza, un pluralismo economico. Lo Stato non può limitarsi a mantenere l’oppressione del proletariato, ma deve anche esprimere un equilibrio tra le frazioni e i gruppi borghesi.

“Per il marxismo esista una pluralità di poteri economici che diventano poteri politici. Il potere è tale se ha una base reale, ossia se è una potenza reale economica. L’equilibrio dei poteri è quindi in determinate e specifiche istituzioni delle volontà politiche delle frazioni borghesi” (Lotta Comunista, marzo 1978).

Anche la forma “pluralista” dello Stato borghese trova così la sua spiegazione materialistica. A questo scopo servono la separazione dei tre poteri dello Stato (legislativo, esecutivo e giudiziario) e la pluralità di partiti e correnti politiche che hanno la loro massima espressione nella forma democratica dello Stato.

La divisione dei poteri (cioè il fatto che siano di competenza di persone e organi distinti) è stata una rivendicazione storica della borghesia nell’epoca dell’assolutismo: nella monarchia assoluta infatti il sovrano era depositario di tutti i poteri. La lotta per togliere al sovrano alcune prerogative era di fatto  il tentativo di questa classe, che ormai aveva conquistato il potere economico, di strappare all’aristocrazia il potere politico e conquistare così lo Stato. Non a caso il principio della separazione dei poteri si trova in primo luogo  nel diritto pubblico inglese e nella Costituzione americana ed è ripreso dalla rivoluzione francese.

Una volta conquistato il potere questo schema risulta funzionale a garantire una certa elasticità al sistema politico e a poter contenere lo scontro tra le frazioni e i gruppi economici.

I poteri sono quindi divisi in:

 

1-         Legislativo, con il quale lo Stato provvede alla emanazione delle leggi e a creare il suo ordinamento giuridico; è demandato al parlamento e solo in alcuni casi al governo.

2-       Esecutivo, detto anche amministrativo, con il quale lo Stato applica le leggi; è demandato al governo.

3-       Giudiziario, con il quale lo Stato interpreta e applica le leggi ai singoli casi; è demandato alla magistratura.

 

Tutti questi organismi si prestano ad essere utilizzati dalle frazioni e dai gruppi per adeguare l’azione dello Stato ai propri interessi specifici.

Analogamente vale per i partiti, le correnti le associazioni e i movimenti di varia natura, le stesse testate giornalistiche: sono tutti strumenti della lotta politica delle frazioni borghesi, grandi e piccole.

Non bisogna però credere che nello Stato questa composizione dei divergenti interessi avvenga sempre nel  migliore dei modi e l’equilibrio trovato sia stabile. Al contrario, “dominio di classe e unificazione di classe rappresentano un processo permanente di lotta e di contraddizione all’interno della classe capitalistica. Le sue frazioni intervengono nello Stato per adeguare il dominio e l’unificazione  di classe dal punto di vista dei loro particolari interessi. Lo Stato viene quindi ad essere l’apparato in cui tale lotta e tale contraddizione si manifesta in vari gradi. Strumento di questa lotta sono tutti i partiti politici, ad esclusione del partito rivoluzionario della classe operaia che non si pone l’obbiettivo di conquistare li Stato, ma quello di distruggerlo per poter instaurare la dittatura del proletariato” (Lotta Comunista lug. ago. sett. 1969).

Questa precisazione è importante per comprendere la natura reale del rapporto tra struttura economica e lo Stato: l’economia determina la politica, ma l’economia stessa non è un blocco di granito, bensì una realtà dinamica con lotte continue e modificazioni dei rapporti di forza tra i vari gruppi; lo Stato si deve adeguare a questa modificazioni, ma nel fatto deve tener conto di tutte le forze in campo.

traduzione da "Der kommunistische Kampf"  nov. 2014

Punti fermi della scienza marxista

(Riportiamo un articolo del giornale Lotta Comunista del 1997) 

 

L’IDEOLOGIA NAZIONALISTA 

 

 

 

Nella prefazione all’edizione italiana del “Manifesto“ 1893 Engels sostiene che il regno della borghesia non è possibile senza l’indipendenza nazionale. La formazione degli Stati nazionali e dell’ideologia nazionale è strettamente collegata alla genesi del capitalismo, un processo che inizia con il capitalismo mercantile delle città italiane del XV secolo.

 

Quando la borghesia diventa protagonista pone quella che per lei è la questione fondamentale: il mercato. Per accelerare lo sviluppo economico spezza progressivamente le barriere feudali, tende ad unificare territori sempre più vasti. Si rafforzano i vincoli nazionali; lo sviluppo politico delle nazioni e la loro unificazione in Stati nazionali è spesso accompagnata dal nazionalizzarsi della stessa coscienza religiosa: l’organizzazione delle Chiese tende a rendersi indipendente dalla Curia romana; la lingua latina viene sostituita nel culto delle lingue nazionali.

 

La questione nazionale, la battaglia per costituire gli Stati nazionali è una caratteristica dell’età moderna, si presenta all’ordine del giorno quando la borghesia comincia a svilupparsi trasformando la società.

Con il feudalesimo la questione nazionale non si poneva.

 

“In tutto il mondo,  il periodo della vittoria definitiva del capitalismo sul feudalesimo fu connesso con movimenti nazionali. La base economica di tali movimenti consiste in questo: per la vittoria completa della produzione mercantile è necessario la conquista del mercato interno da parte della borghesia, l’unità politica dei territori la cui popolazione parli la stessa lingua, la soppressione di tutti gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo di questa lingua e al suo fissarsi nella letteratura. La lingua è il mezzo più importante per le relazioni tra gli uomini: l’unità della lingua e il suo libero sviluppo costituiscono una delle condizioni più importanti per una circolazione delle merci realmente libera e vasta che corrisponda al capitalismo moderno, per un raggruppamento – libero e vasto- della popolazione in classi diverse, ed è infine la condizione per lo stretto collegamento del mercato con ogni padrone o piccolo padrone, con ogni venditore o compratore.

 

Ecco perché ogni movimento nazionale tende a formare uno Stato nazionale che meglio corrisponda a queste esigenze del capitalismo moderno. Spingono a formare tale Stato i fattori economici più profondi: ecco perché in tutta l’Europa occidentale – o meglio, in tutto il mondo civile – lo Stato nazionale è lo Stato tipico, normale, del periodo capitalistico.” [Lenin: “Sul diritto delle nazioni all’autodecisione”]

 

L’ideologia nazionalista, che al sorgere del capitalismo poteva avere un ruolo progressivo perché frantumava i localismi feudali, assume oggi un ruolo profondamente reazionario e di conservazione in quanto strumento di divisione (se non di guerra) per un proletariato che non ha alcun interesse nazionale da difendere.

 

traduzione da "Der kommunistische Kampf"  marzo 2014


 

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  . Punti fermi della scienza marxista

Presentiamo qui alla riflessione del lettore un capitolo della dispensa

“L’uomo e la società moderna” edito da “Lotta Comunista” nel 1996

 

L’INTERNAZIONALISMO  PROLETARIO

 

 

(…)  Le lotte per i mercati infiammano le tensioni politiche. Le guerre commerciali e monetarie, quando non trovano una soluzione economica sfociano inevitabilmente nelle guerre militari.

Attraverso il mercato mondiale si legano quindi tra loro le sorti di tutti gli uomini: nell’economia come nella politica.

E’ col capitalismo, con la formazione del proletariato, che l’internazionalismo cessa di essere un semplice ideale, un sentimento di carattere solo morale, per divenire un rapporto, una possibilità ed una necessità; una forza sociale, materiale di una classe che necessariamente lotta, in tutto il mondo, contro il capitale; una “nuova potenza”, come la chiamano Marx ed Engels, che può determinare il movimento reale, il futuro dell’umanità.

L’internazionalismo dei marxisti non è quindi generica fratellanza tra gli uomini, ma si qualifica come internazionalismo proletario; al motto degli artigiani utopisti “tutti gli uomini sono fratelli” K. Marx sostituisce, per la Lega dei Comunisti, il motto “Proletari di tutti i paesi unitevi”; unione internazionale di una classe per la lotta contro la classe dominante.

Il proletariato non ha interessi nazionali, in senso strategico e storico. Il suo interesse storico è la soppressione del modo capitalistico di produzione che lo rende merce soggetta alle alterne vicende del mercato; appropriarsi dei mezzi di produzione, abolendone il carattere di capitale, per metterli al servizio dell’umanità anziché del profitto; sopprimere la concorrenza, quale cieca e caotica regolatrice della produzione, per passare alla regolazione cosciente secondo un piano. Solo allora potranno scomparire crisi e guerre.

Il comunismo non può realizzarsi su scala nazionale, ma solo mondiale, perché la produzione è internazionale. Il comunismo è reso possibile da questa internazionalizzazione della produzione e la spingerà al massimo grado.

 

Vale a dire: il capitalismo crea le condizioni  per una società superiore, ma nello stesso tempo la impedisce: per questo l’internazionalismo è una battaglia, non una semplice questione teorica.

Limitarsi a vedere l’interdipendenza mondiale porterebbe a pensare che una visione internazionalista si dovrebbe imporre spontaneamente. In realtà il permanere dei contrapposti interessi nazionali impone che la politica internazionalista debba essere il risultato una battaglia di classe, non una generica riflessione sui destini umani.

La nostra battaglia internazionalista è volta a dare coscienza ai lavoratori del fondamentale legame che li unisce, in quanto classe su scala internazionale e che li contrappone alla borghesia, quella del proprio paese e della propria azienda innanzitutto.

Partire dalle questioni concrete di ogni giorno, dall’atteggiamento da tenere nei confronti della propria azienda ( collaborazione col capitale per la lotta contro la “concorrenza” o difesa di classe nella prospettiva di un collegamento con i compagni di classe dei gruppi concorrenti nel proprio paese e all’estero), per arrivare alle questioni internazionali in cui è coinvolto l’imperialismo, con una sua puntuale denuncia. Allo spirito e all’ ”orgoglio” aziendale e nazionale contrapporre l’orgoglio e la coscienza di essere membri della classe che rappresenta il futuro dell’umanità.

Polarizzare oggi coscienze, schierare uomini sulle posizioni internazionaliste, consolidare attraverso il legame con il partito leninista l’impegno quotidiano e l’approfondimento strategico: questa la via obbligata e l’impegno di ciascun internazionalista. Solo lo sviluppo del partito internazionalista oggi potrà permettere di affrontare con possibilità di vittoria le battaglie decisive di domani: contro le guerre imperialiste, per la rivoluzione comunista.

 

traduzione da "Der kommunistische Kampf"  aprile 2015



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