ITALIA
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4 marzo 2023
Elezioni regionali in Italia:
ASTENSIONISMO REKORD DEL 60%
DOPO FRANCIA E GERMANIA ANCHE IN ITALIA L’ASTENSIONE AL VOTO AUMENTA VERTIGINOSAMENTE
Ormai la si può definire una tendenza inarrestabile: l’aumento dell’astensionismo europeo al voto. Dopo Francia e Germania, adesso anche in Italia.
Non va visto come una cosa anomala, temporanea o negativa, ma la presa di coscienza delle masse lavoratrici nel constatare che nell’attuale sistema capitalistico le elezioni non rappresentano i loro interessi, è una commedia che non ha niente a che fare con il risolvere i loro problemi quotidiani.
Una commedia dove la sceneggiatura prevede, da copione, che in campagna elettorale si prometta a più non posso, per poi dopo il voto venir invece aumentate le tasse, il lavoro precario si allarga, i prezzi volano e gli stipendi perdono potere d’acquisto, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e non possono essere ne toccati ne tassati e loro si che aumentano i loro patrimoni.
Tutte cose chiare, non inventate, reali e toccabili. Quindi è logico che con il passare dei decenni nelle sceneggiate elettorali, dove i politici non sanno più cosa inventarsi nel lusingare per carpire il voto degli elettori, per poi regolarmente non mantenere, le masse aprano gli occhi.
L’ANALISI DEL FENOMENO ASTENSIONE.
Dell’eclatante boom di astensioni in Italia - il 60% non ha votato. Mentre i partiti hanno fatto finta di niente (o forse non lo vogliono dimostrare), hanno ignorato palesemente l’accaduto come se il fatto non accadesse, chi sembra essersi scandalizzato del fatto sono stati solo alcuni commentatori privati e giornalisti. Questi però, che si reputano la crema dell’intelligenza, sembra non abbiano proprio capito le profonde ragioni del perché del fenomeno astensione. Per “La Stampa” testata dell’ex F IAT ora Gruppo Stellantis, il motivo dell’alta non partecipazione in questa tornata elettorale è perché “La sinistra non offre una alternativa” (14 febbraio 2023). Il giornale intende che le proposte dei partiti di sinistra non erano così attraenti per gli elettori, per cui molti non sono andati alle urne. Per “Il Fatto Quotidiano” giornale di intellettuali borghesi indipendenti di sinistra, la causa del boom di astensioni risiede nel “senso di lontananza che vivono i cittadini da chi si candida per le istituzioni” e questa discrepanza tra elettori e politici risiederebbe "… Per esempio dai sondaggi emerge che il 55-60% degli italiani è contrario all’invio di armi
all’Ucraina, ma il 90% dei partiti è invece favorevole" (14 febbraio 2023). Quindi nessun accenno al contrasto esistente tra i problemi reali economico-sociali dei lavoratori e le promesse elettorali poi regolarmente evase. Per “RAINEWS”, portale della tv di stato italiana, così viene interpretato l’enorme tasso di astensione: “Il primo fattore sarebbe da ricercare nella divisione delle opposizioni sia in Lombardia che nel Lazio”. Il secondo fattore: “L'idea di fondo sembra essere quella per cui ‘le persone ormai pensano che il proprio voto non cambi le cose’, spiega Pregliasco [ricercatore dell’Università Studi Milano n.d.r.]. Quel che è certo - viene sottolineato - è che se la tendenza all'astensionismo prosegue, ‘salta una rotella del motore della democrazia’. E nessuna forza politica, in tal caso, avrebbe molto da festeggiare” (13 febbraio 2023). Pregliasco quindi si avvicina al ganglio del problema, senza però specificare che se “le persone ormai pensano che il proprio voto non cambi le cose” è proprio perché i politici eludono i problemi assillanti sociali: il lavoro precario, le masse di giovani sottopagati, la disoccupazione, i bassi salari, le pensioni, ecc. fondamentali invece per l’analisi marxista per capire. Nell’astensionismo Pregliasco vede invece un grosso problema: “salta una rotella del motore della democrazia”: intende un problema di tenuta sociale per la classe dominante capitalista.
In tutti questi commenti nessuno rimarca però (o forse non lo si vuole rimarcare) che la tendenza all’aumento dell’astensionismo è un fattore europeo e che pertanto è in quest’ottica, come noi facciamo, che va analizzato.
La spontanea consapevolezza apre la strada, sempre, alla realtà. E le masse salariate con il passare del tempo non potranno altro che constatare la conferma e rafforzare questa loro intuizione di inutilità elettorale, e si renderanno sempre più conto che solo con il sacrificio delle dure lotte (e non con una semplice “crocetta” sul foglio elettorale) possono risolvere i loro problemi. E la Francia è già apripista su questa tendenza, dove su ogni problema sociale, correttamente, vengono condotte massive lotte a non finire.
Nell’analisi marxista le elezioni non sono solo una “farsa”, ma i politici, classificati come “tirapiedi” della minoranza capitalista, vengono posti tra i “nemici di classe”. E’ in questa tendenza che si muoverà il futuro.
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15 marzo 2022
GUERRA IN UCRAINA
CONTRO LA GUERRA CAPITALISTA
LOTTA COMUNISTA GUIDA NELLE PIAZZE
LA LOTTA INTERNAZIONALISTA
“Contro tutti i nazionalismi, la nostra patria è il mondo intero”, “Contro la guerra proletari di tutti i paesi unitevi”, “Lotta internazionalista contro tutti gli imperialismi, da quello di Mosca, a quello di Washington, a quello europeo, che partecipa attivamente a questa nuova spartizione del mondo tra vecchi e nuovi imperialismi”.
Queste le ferme posizioni internazionaliste gridate nelle citta da Lotta Comunista contro la guerra capitalista in Ucraina, In città come Genova, Milano, Torino, Brescia e tante altre dove l’adesione alle manifestazioni pubbliche da essa organizzate è stata molto partecipata.
Il mondo è governato da capitalisti senza scrupoli, responsabili di guerre e catastrofi che non trovano mai fine. C’è bisogno di non lasciare in mano le piazze ai tanti pacifisti, ai nazionalisti, europeisti, stalinisti e preti, ma che si sviluppi una intensa risposta internazionalista che porti con forza all’interno delle masse stesse che protestano le vere cause e i veri responsabili dei tanti disastri sociali.
E Lotta Comunista in questo compito non si fa attendere, è in prima fila. E tra pacifisti tonti e ingenui, europeisti filo Ucraina, nazionalisti di vari stampi, stalinisti pro imperialismo russo, alza decisa le bandiere dell’internazionalismo contro tutti i capitalismi, per l’unità della classe lavoratrice. E chiama alla lotta di classe il proletariato per la rivoluzione internazionale.
Un evento significativo e importante che caratterizza la ferma presa di posizione dell’internazionalismo in queste situazioni di catastrofici e sanguinosi scontri tra borghesie.
Probabilmente anche questa ennesima guerra capitalistica di Ucraina sarà destinata a evolversi in una lunga carneficina con atrocità a non finire, quindi è molto importante essere presenti, visibili con la lotta di classe nelle piazze pubbliche contro le posizioni opportuniste delle organizzazioni borghesi. Lotta di classe per l’abolizione del perverso sistema borghese, sempre promossa dai grandi del comunismo e sempre perseguita dal movimento operaio e dalle organizzazione rivoluzionarie, che ovviamente non si nascondono.
Ora il proseguo di Lotta Comunista, grande organizzazione marxista, sarà ovviamente continuare con intensità l’opposizione alla guerra, far sentire con forza la voce internazionalista. Certo con proteste e dimostrazioni di piazza, ma anche i presidi pubblici possono essere efficaci, e anche organizzare sit in pubblici con altre forze politiche in modo che nelle discussioni le posizioni internazionaliste penetrino all’interno della classe, porta sempre vantaggi.
E’ QUESTO IL COMPITO DEI RIVOLUZIONARI, PER L’ABBATTIMENTO DEL PERVERSO SISTEMA CAPITALISTA E L’INSTAURAZIONE DI UNA NUOVA SOCIETA’ SUPERIORE.
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LA CAPITALISTICA EUROPA ALL’ATTACCO CONTRO I LAVORATORI ________________________________________________________ LA COMMISSIONE EUROPEA IMPONE ALL’ITALIA DI LIBERALIZZARE I LICENZIAMENTI.
ECCO DA CHE PARTE STA L’UNIONE EUROPEA!
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L’ENTUSIASMO DEL PADRONATO ITALIANO
(come riportato dai maggiori quotidiani nazionali)
15 giugno 2021
La situazione catastrofica dovuta al Coronavirus in cui versa l’Italia ha costretto il governo a inizio pandemia a bloccare i licenziamenti per non creare una situazione di reazione esplosiva da parte dei lavoratori dipendenti, che già prima dell’espandersi dell’infezione Covid versavano in condizioni di lavoro molto precarie. Ma adesso la pandemia sta passando e naturalmente tutto il mondo avverso ai lavoratori - imprenditori, politici e naturalmente l’Unione Europea - si rimette in moto per attaccarne le condizioni. E chiedono a gran voce di poter tornare a licenziare liberamente.
Sbloccando i licenziamenti, dicono i dati ufficiali dei sindacati, centinaia di migliaia di lavoratori verrebbero a perdere il posto di lavoro. Sciagura nella sciagura: prima colpiti dalla pandemia e poi dai licenziamenti.
Ma naturalmente questo non importa assolutamente ai ricchi padroni e chi li aiuta, per i quali il lavoratore è solo uno strumento qualsiasi per arrivare al guadagno, da gettare quando non serve più, indipendentemente se dietro alla persona c’è una famiglia, figli, ecc.
E’ proprio l’’Unione Europea particolarmente accanita contro i salariati. Da sempre. Non perde occasione per emanare continue direttive ai governi perchè aumentino il lavoro precario per i giovani e diminuiscano quello stabile, che i salari vengano diminuiti, che aumentino le tasse sugli stipendi, che diminuiscano le pensioni, e così via. E naturalmente perchè vengano anche liberalizzati al massimo i licenziamenti.
E grottescamente, ridicolmente, cerca di convincere i lavoratori che tutti questi peggioramenti sono a “loro vantaggio” mentre un “danno” per i superricchi padroni milionari. E inverosimili e patetiche sono perciò anche le motivazioni portate dalla Commissione Europea per convincere del “vantaggio” della liberalizzazione dei
licenziamenti, sostenendo la tesi che andrebbero “a favore dei lavoratori precari”. Incredibile! (Forse i politici europei pensano che siamo tutti scemi!)
Chissà perché però a fronte di queste affermazioni UE sono i padroni a festeggiare e non i lavoratori, come riportato dai giornali.
Perfino alcuni grandi quotidiani borghesi italiani non se la sentono di farsi prendere in giro e contraddicono l’Unione Europea, ammettendo i grandi vantaggi che con i licenziamenti gli imprenditori ne riceverebbero. Così “il Fatto Quotidiano” nell’articolo “Lavoro, la Commissione UE invita l’Italia a superare il blocco dei licenziamenti” del 5 giugno: ”Campane a festa nei giornali degli imprenditori (…) Al di là delle reali necessità produttive però la crisi è sempre, anche, un buon pretesto per licenziare e riassumere poi a condizioni più vantaggiose [per i padroni -ndr]. Sta di fatto che anche Banca d’Italia si attende che la rimozione dei vincoli si tradurrà nella perdita di alcune centinaia di migliaia di posti di lavoro”.
Forte è quindi l’opposizione sindacale.
Non c’è dubbio perciò che la terribile Unione Europea sia contro i lavoratori, lo scriviamo da sempre.
Perché l’Unione Europea è l’Unione del padronato europeo, come affermiamo senza esitazione nelle “Nostre Posizioni” nel capitolo “Europa: unione delle borghesie europee” (sito internet “Der Kommunistische Kampf”). E’ stata voluta fortemente da loro e loro l’hanno poi costituita facendola passare poi come “volontà popolare”.
La classe lavoratrice europea per difendersi dovrebbe fare altrettanto, cioè federarsi a livello europeo per combattere efficacemente i padroni europei uniti (ossia l’Unione Europea).
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RILEVANTE ESEMPIO DI SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE
I PORTUALI DI LE HAVRE (FRANCIA) E GENOVA (ITALIA) RIFIUTANO DI CARICARE ARMI DIRETTE NELLA GUERRA IN YEMEN
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(traduzione da "Der kommunistische Kampf" luglio 2019)
La guerra. Sempre la nefasta guerra! Una piaga che come la peste è sempre pronta a infestare il pianeta, quando si presenta. E quando appare implacabilmente causa decine, centinaia di migliaia di vittime.
Cosa si può fare contro la guerra? “Bisogna eliminarne la causa” direbbe un medico. La causa: tradotto in lingua politica: “bisogna abolire il capitalismo”.
Lenin e i suoi bolscevichi hanno dovuto fare una rivoluzione per fermare una guerra. Questo è anche il nostro obbiettivo.
Ma intanto cosa si può fare contro la guerra?
Nel 2017, dopo il rifiuto da parte dei piloti delle compagnie aeree tedesche (Der kommunistische Kampf n° 23, gennaio 2018) di riportare nei paesi di provenienza i rifugiati politici - dove sarebbero subito stati arrestati e molto probabilmente anche uccisi - un fatto allora di straordinaria solidarietà internazionale, sono ora i portuali francesi e italiani che scendono in lotta contro la guerra.
“GUERRA ALLA GUERRA”
Prima al porto di Le Havre in Francia, poi a Genova in Italia i portuali sono intervenuti.
I portuali francesi hanno saputo che un carico di cannoni che dovevano caricare su la nave “Bahri Yanbu” di proprietà dell’Arabia Saudita, sarebbero finiti in Yemen, dove infuria la guerra civile, e naturalmente sarebbero stati usati, certamente anche contro la popolazione civile, come effettivamente sta accadendo. Senza sapere ne se ne ma, i portuali di Le Havre sostenuti da molte associazioni pacifiste, dai sindacati e dalla popolazione locale, con un fenomenale gesto di coraggio e di solidarietà internazionale , si sono rifiutati di caricale i cannoni. La nave saudita è quindi ripartita senza il carico di morte.
GENOVA: I PORTUALI
La stessa nave doveva poi imbarcare materiale militare (descritto nei documenti d’imbarco come “merce civile”) anche a Genova in Italia. La notizia che il materiale bellico sarebbe servito ad uccidere anche persone civili in Yemen si è però diffusa velocemente da Le Havre a Genova.
Quindi i portuali genovesi, molti dei quali attivisti dell’importante organizzazione marxista Lotta Comunista, sostenuti sempre da varie associazioni e sindacati, si sono altrettanto categoricamente rifiutati di imbarcare il carico bellico.
La notizia eccezionale dei due fatti contro la guerra si è diffusa rapidamente nei media francesi e italiani. Ma nessun cenno è apparso invece sulla stampa tedesca. Si vuole evitare che fatti del genere si diffondano anche nei porti tedeschi e europei.
Le ultime notizie riportano come i militari e il ministero della difesa francese abbiano al riguardo aperto un’inchiesta per scoprire da dove sia partita la fuga di notizie riguardante il carico bellico segreto destinato alla guerra in Yemen.
Perché il traffico d’armi, la destinazione delle armi, l’uso che ne viene fatto, deve rimanere strettamente all’interno dei vertici dello stato borghese e dei militari, la popolazione ne deve rimanere totalmente all’oscuro.
Loro, le borghesie francese, italiana e tedesca, ma di tutto il mondo: SONO PER LA GUERRA!
-I COMUNISTI PROVENGONO DA LONTANO-
1924 -1952, LA RIVISTA MARXISTA “PROMETEO”: CONTRO STALIN E CONTRO GLI USA !
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IL FILO ROSSO MARXISTA CHE NON SI E’ MAI INTERROTTO COMBATTENDO LO STALINISMO
(traduzione da "Der kommunistische Kampf" giugno 2019)
Non solo Trotskij si opponeva allo stalinismo, ma anche grandi rivoluzionari come l’olandese Anton Pannekoek, gli italiani Amedeo Bordiga e Onorato Damen, il tedesco Paul Mattick e molti altri hanno combattuto sulle barricate rivoluzionarie antistaliniste.
Mentre Stalin rinnegava e manipolava la politica rivoluzionaria (che avrebbe consentito di arrivare alla società superiore) e faceva uccidere più comunisti possibile, sono stati questi grandi rivoluzionari che ergendosi da giganti hanno difeso correttamente le posizioni marxiste.
“Erano anni molto duri”, scrive in quel tempo la loro rivista storica italiana “Prometeo”. Era proprio così. Da una parte dovevano combattere contro la borghesia nelle sue forme di fascismo e democrazia, dall’altra contro la deformazione del comunismo e del marxismo condotta dagli stalinisti al potere in Unione Sovietica che al contempo conducevano una pratica omicida contro i rivoluzionari diffamandoli vigliaccamente come “agenti controrivoluzionari” .
E’ la loro rivista italiana “Prometeo” che documenta tutto questo. Siamo a metà degli anni ’40 nell’immediato dopoguerra, molti rivoluzionari sono già caduti sotto i colpi degli stalinisti. Adesso però si tratta di ricostruire l’organizzazione comunista che possa essere pronta per il prossimo momento rivoluzionario. Ma innanzi tutto bisogna fare chiarezza politica.
Per prima cosa bisogna spiegare (contro quello che con forza veniva allora sostenuto) che il mondo “non è diviso in due”, con un’area capitalista controllata dagli americani e occidentali, e un’area “socialista” controllata dall’URSS staliniana, ma che non esisteva nessuna divisione, ma un solo e unico sistema: il sistema capitalistico che segue la legge del profitto.
Bisogna affermare che in URSS non esiste il “socialismo in un solo paese”, o nessuna “fase transitoria verso il socialismo”, come gli stalinisti affermano, ma che esiste il capitalismo, nella forma del “Capitalismo di Stato”, che sta conducendo addirittura una politica imperialista nelle zone del mondo. Bisogna argomentare come il “capitalismo di Stato” sia lo Stato che svolge la funzione del capitalista attraverso i vari partiti che lo dirigono e l’apparato statale di cui è composto. E che alla pari di un capitalista privato il suo scopo è fare guadagni, fare profitti, battere con le proprie imprese statali la concorrenza delle industrie e delle banche occidentali, aumentare gli armamenti, sfruttare gli operai e dare privilegi alla burocrazia staliniana che lo dirige e si impone.
Bisogna controbattere che Stalin, che continua a definirsi falsamente “comunista” o “marxista”, e definisce tutto il suo operato “socialista” nonostante la politica imperialista che conduce, operi così perché solo con l’inganno di nascondersi dietro una terminologia pubblica marxista può tenere sotto controllo le masse degli operai, sfruttarli, tenerli in povertà, e anche massacrarli.
Bisogna chiarire che Stalin non è “la continuazione di Lenin” come lui afferma e come nei manifesti delle parate militari accanto a lui pomposamente si mette in mostra, ma è il traditore della politica rivoluzionaria di Marx, di Lenin, e dei bolscevichi tutti, bolscevichi che lui stesso ha fatto assassinare.
Bisogna con forza spiegare che la lotta principale dei comunisti non è contro “il fascismo” (com’era di gran moda allora affermare, visto che si usciva da una situazione di dittatura nazista e fascista) ma contro il capitalismo in tutte le sue forme, cioè anche contro tutte le attuali forme di “repubbliche democratiche” ingannatrici. E naturalmente contro il falso socialismo stalinista.
Chiarire che il parlamento non è lo strumento per l’elezione dei delegati proletari, ma l’inganno per tener sotto controllo con il voto le masse sfruttate e sviarle dalle lotte. Optando quindi come marxisti per una posizione politica di astensionismo (il non votare) verso il parlamento.
Erano posizioni allora molto controcorrente, uniche ma realiste, che per sostenerle necessitavano di una forza e un lavoro estremamente duro, ma necessario. Lavoro duro come lo era stato a suo tempo quello di Marx ed Engels con i socialdemocratici tedeschi rivoluzionari prima, e quello di Lenin e suoi bolscevichi poi.
E’ grazie a questi giganti del marxismo – Pannekoek, Bordiga, Damen, Mattick - che hanno saputo tener salde queste posizioni, che successivamente diversi partiti veramente rivoluzionari marxisti hanno potuto svilupparsi. E che rivoluzionari come Cervetto fondatore in Italia dell’oggi enorme organizzazione Lotta Comunista hanno potuto impostare la loro politica rivoluzionaria e espandere un partito di importanza notevole.
Oggi queste posizioni sono anche le nostre salde posizioni, che continuano ad indicarci la via maestra corretta da seguire. Lo stalinismo oggi ha perso notevolmente la sua virulenza nel mondo, ma altre ideologie “democratiche” o “populiste” si sono sviluppate e lo hanno sostituito per la conservazione del sistema capitalistico e contro la società superiore. A noi quindi il compito di procedere nel segno del marxismo e della rivoluzione.
Claudio Piccoli
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-DISPUTA SULLA POLITICA ECONOMICA ITALIANA-
L’ESEMPIO ITALIANO DI ACCORDO TRA IL GOVERNO POPULISTA E LA UE PER LA GESTIONE DEL PAESE |
Le dirigenze europee hanno concesso al governo populista italiano sia il “Reddito di cittadinanza” e (in parte) la “modifica della Legge Fornero” sulle pensioni, ma rifiutato tutto il resto. I governativi italiani hanno parlato di ‘GRANDE VITTORIA’ nella trattativa con la UE, ma di tutt’altro parere sono stati i vertici di Bruxelles che parlano invece di “INGINOCCHIAMENTO” del governo populista italiano.
(traduzione da "Der kommunistische Kampf" giugno 2019)
Il compito dei partiti populisti-protestatari è gestire il malcontento salariale in modo che non sfoci nelle lotte, e incanalarlo nel voto così da renderlo innocuo. E’ un metodo borghese che si ripete da sempre. Quindi i partiti opportunisti protestatari non sono contro il sistema come vorrebbero far credere, ma nel caos capitalistico dello sfruttamento, inveendo contro i padroni, usano la protesta operaia per gestirla e possibilmente smorzarla (ultimo esempio, il caso Syriza in Grecia).
Attualmente com’è noto, in Italia sono i populisti del Movimento 5 Stelle e della Lega che si contendono questo vergognoso gioco cavalcando l’insoddisfazione sociale e vincendo le elezioni. Perciò adesso gli occhi di tutta l’Europa sono puntati su di loro per capire, non solo da parte imprenditoriale, ma anche da parte proletaria (e da parte anche nostra marxista naturalmente) come si muoveranno, cosa faranno e quale sarà la loro tattica politica.
La disgustosa politica razzista come carta di presentazione di questo nuovo governo italiano ha già fatto il giro del mondo. Ora balzano alla ribalta le iniziative che il nuovo esecutivo sta emanando: il “superamento della legge Fornero” con un miglioramento sulle pensioni, e l’introduzione del “Reddito di Cittadinanza”, ossia un sussidio minimo per chi non lavora. Due iniziative senz’altro positive per i salariati.
Spieghiamo in sintesi al lettore tedesco di cosa si tratta. Per quanto riguarda la legge “Fornero” sulle pensioni in realtà non è avvenuto nessun “superamento” della legge, come promesso, ma una modifica temporanea che durerà 3 anni. Come correzione alla legge è stata introdotta una cosi chiamata “Quota 100”. In pratica i lavoratori quest’anno (2019) potranno accedere alla pensione con un’età minima di 62 anni e 38 anni di contributi (62+38= Quota100), anziché andare in pensione con 67 anni di età, come previsto dalla “legge Fornero”. C’è da precisare che la legge Fornero introdotta nel 2011 è stata voluta fortemente dall’Unione Europea
L’altro punto in questione, il “Reddito di Cittadinanza”, è paragonabile all’attuale HARTZ IV qui in Germania. Ossia un sussidio per chi non lavora regolato da norme ben precise. Questo tipo di sussidio è una novità assoluta in Italia, a differenza della Germania (o della Francia).
Sono migliorie che in Italia naturalmente fanno grande sensazione.
C’è subito da mettere in chiaro che le due modifiche non vengono introdotte facendo pagare imprenditori o banche (i ricchi) come tutti si aspettavano, ma il compromesso con Bruxelles è stato che la spesa per le due leggi sarà sostenuta, se necessario, aumentando la tassazione generale (che in Italia si chiama “IVA”). In pratica potrebbe succedere che potrebbero essere i lavoratori stessi a pagarsi i “miglioramenti”, se l “IVA” sarà aumentata. Quindi se adesso molti italiani si dichiarano soddisfatti, se poi le tasse aumenteranno (come sembra probabile dopo le elezioni europee) vedremo come reagiranno (ecco le “furbizie” dei populisti opportunisti).
Però al momento, agli occhi dei lavoratori ovviamente le due modifiche appaiono come grandi conquiste e come un segnale che la UE con il voto si può fermare.
Dal punto di vista della grande borghesia UE sfruttatrice, concedere questo al governo italiano ha significato in realtà concedere un minimo per evitare per loro il peggio. La protesta contro l’austerità e i sacrifici UE sta effervescendo in Europa e gli imprenditori sembra vogliano evitare che i lavoratori europei si radicalizzino ancor più e vogliano scongiurare che le proteste dei salariati si trasformino in scioperi sovranazionali per rivendicare i propri interessi.
A detta dei giornali sembra che in questo scontro di vertice tra Organismi europei e governo italiano la grande fautrice del compromesso e delle concessioni all’Italia sia stata proprio la Merkel. Che prevedendo alle prossime elezioni europee un avanzamento dei partiti di protesta populisti, avrebbe visto come conseguenza di uno scontro frontale-diretto aspro contro il governo italiano (paragonabile a quello avvenuto in Grecia nel 2011) un impulso, la sostanza infiammabile, per un ulteriore avanzamento dei partiti di protesta europei.
( … continua → … )
(→ … continua ) Come riportato sopra nel titolo, nella trattativa con il vertice UE i populisti italiani, visto i risultati ottenuti in UE hanno gridato alla “grande vittoria”, al “grande risultato”.
Tutt’altro è stato invece il parere espresso dai vertici di Bruxelles, che hanno dato un giudizio di “INGINOCCHIAMENTO” del governo Conte.
In verità la Lega e il Movimento 5 Stelle hanno dovuto abbandonare quasi tutte le altre loro richieste sbandierate in campagna elettorale, come la diminuzione del “lavoro precario giovanile”, “la riduzione delle tasse” “il calo del prezzo della benzina”, e altro ancora.
Anche in questa caso, per far cedere i populisti italiani i vertici UE hanno usato il sistema già usato nel 2011 contro il governo greco ribelle Syriza: hanno minacciato che le banche europee non avrebbero più concesso i crediti per pagare l’alto debito pubblico italiano se il governo di Roma non avesse ceduto. Al governo italiano quindi non è rimasto che “inchinarsi”.
Come da sempre i marxisti ripetono: i populisti sono opportunisti, non sono dalla parte dei lavoratori e dei giovani come vogliono far credere. Se si sentono in pericolo, quello che oggi hanno ottenuto domani potrebbero svenderlo, senza alcun problema. Assolutamente non ci si può fidare!
Come da sempre affermiamo: la difesa dei problemi economici dei lavoratori e dei giovani non è nei partiti parlamentari al servizio della borghesia. Non lo è mai stata. Ma nelle intense e unitarie lotte sindacali e sociali.
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IN ITALIA DILAGANO I CONTRATTI A TERMINE ARRIVATI A QUASI LA TOTALITA’ DELLE NUOVE ASSUNZIONI
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Le leggi volute da padroni-governi-parlamenti contro i
lavoratori cominciano a dare i loro effetti nefasti.
(traduzione da "Der kommunistische Kampf" luglio 2018)
Adesso in Italia tutti i nuovi contratti di lavoro sono a 4 mesi, 6 mesi, 8 mesi o 1 anno al massimo e poi si viene licenziati. Un problema immenso per un lavoratore.
Per gli immigrati va ancora peggio. Con loro, la fame di soldi dei ricchi padroni è ancora più famelica: spesso per un immigrato il lavoro è “a chiamata” anche per un solo giorno, con paghe addirittura – riportano i giornali- di 3 euro all’ora con orari fino a 12 ore al giorno. Per gli imprenditori mai sazi di guadagni che considerano gli operai e i dipendenti solo dei mezzi per far soldi, una vera manna.
Come ogni giovane che lavora a tempo determinato sa, con i contratti a termine di 3 o 6 o 8 mesi ecc. gli imprenditori non solo hanno la possibilità di licenziare a fine contratto, ma si possono anche permettere (nella promessa - poi mai mantenuta- che se il lavoratore se lo merita verrà assunto a contratto fisso) di pagare il giovane molto al di sotto delle paghe sindacali, può accelerare a dismisura i ritmi di lavoro, non pagare gli straordinari, costringere il dipendente a lavorare anche se ammalato (e si ha notizia anche di insulti ai dipendenti, soprattutto se donne).
Questa è l’ignobile e dura condizione che pervade il mondo del lavoro oggigiorno in Italia. Mentre dall’altra si ha l’effetto dirompente sui profitti delle imprese. Le aziende italiane stanno vivendo infatti una stagione di ottimi guadagni. Naturalmente, è bene ripeterlo, grazie all’aiuto e alla collaborazione dei vari governi. I PADRONI FESTEGGIANO! (Ovviamente i vari partiti che hanno vinto via via le elezioni e sono poi giunti al governo, in campagna elettorale, nella sceneggiata generale, avevano sempre promesso tutto il contrario del lavoro precario! - ecco a che cosa servono le elezioni!).
Per un giovane, che si trova davanti una vita di precariato il futuro si presenta di sicuro molto duro. La vita adesso sarà tutta diversa rispetto al passato. Ora è un rebus.Perché formare una famiglia significa ora essere coscienti che ogni giorno si può
essere licenziati e che improvvisamente possono
mancare i soldi per pagare l’affitto, la benzina o addirittura per mangiare. Significa che con un lavoro precario la banca non concederà più il mutuo per la casa.
E che ai figli non si potrà più garantire il tenore di vita precedente. Significa anche continuare a chiedere soldi ai genitori.
Il giovane che non accetta tutto questo, sa che deve emigrare.
Una svolta radicale nel sistema di vita della nuova generazione italiana, che fino a qualche anno fa veniva convinta che il benessere che la democrazia prometteva e decantava non sarebbe mai finito.
La vittoria dei partiti populisti alle ultime elezioni in Italia e la loro salita al governo sono la naturale conseguenza quindi di protesta e speranza dei giovani contro questa situazione di instabile prospettiva di vita, di lavoro precario,. Noi come marxisti sappiamo già che anche questa speranza si tradurrà nell’ennesima delusione. Gli opportunisti populisti si dimostreranno alla fine, come sempre, uguali agli altri.
Anche i partiti rivoluzionari in Italia registrano un consistente incremento. Soprattutto per il partito marxista extraparlamentare Lotta Comunista molto attivo nel sindacato (un po’ come l’SPD ai tempi di Marx). Molti giovani si rendono sempre più conto che questa società non può garantire una vita decente ai lavoratori, ma solo sfruttamento e grossi profitti per aziende e banche e che il parlamento non difende gli interessi della classe lavoratrice. Perciò prendono coscienza dell’importanza di impegnarsi in una lotta leninista per una società superiore, diversa.
Anche qui in Germania il lavoro precario, i contratti a termine stanno aumentando. Adesso sono quasi al 45-50% delle nuove assunzioni. Esattamente come richiedono i padroni tedeschi e la Ue anche i governi di Berlino -con i vari partiti aderenti- si stanno adoperando per introdurre leggi che dilatino la precarietà. Come in Francia e in Italia. Il duro futuro di aumento dei contratti a termine quindi anche per i giovani tedeschi è perciò segnato. I PADRONI RINGRAZIANO, naturalmente. Come sempre.
Che fare?
Anche subito dopo la seconda guerra mondiale in tutta Europa dilagava la precarietà con guadagni enormi per le imprese. Le fortissime lotte operaie-sindacali avutosi negli anni ’60 l’hanno ridotta, quasi annullata. Ora la precarietà riappare, più preoccupante e pericolosa che mai. Come visto, il connubio-squadra padroni-governi-parlamenti la sta reintroducendo.
Spetta adesso alle nuove generazioni il compito di ricombatterla. Nella società capitalistica, società del profitto e dello sfruttamento, per i lavoratori non esiste mai tregua: o lottano per i propri interessi o vengono sopraffatti dalla coesa ed efficiente squadra imprenditori-politici (e con l’aiuto dei media, possiamo aggiungere).
Per organizzare una battaglia seria contro la precarietà per es. si potrebbe cominciare con il programmare (ovviamente in collegamento con i sindacati) una giornata di lotta nelle università di tutta Europa. Una giornata di lotta che collegando tutte le università europee potrebbe poi estendersi alle fabbriche. Questo potrebbe essere un buon inizio, una ottima iniziativa.
Ma nella necessaria lotta quotidiana sindacale contro lo sfruttamento è fondamentale guardare anche oltre la società capitalistica, guardare ad un’altra società. E organizzarsi e lottare seriamente per questo. Esattamente come fa con coerenza e successo Lotta Comunista.
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IN ITALIA E’ DIVENTATO CHIARISSIMO!
LE ELEZIONI NON CONTANO NULLA, IN EUROPA DOMINA LA FINANZA! |
IMPEDITO IN MAGGIO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
LA FORMAZIONE DEL PRIMO GOVERNO POPULISTA, PERCHE’ “EUROSCETTICO”
(traduzione da "Der kommunistische Kampf" luglio 2018)
2 giugno 2018
Non capita molte volte che la borghesia faccia vedere palesemente che il parlamento, le votazioni, i governi non svolgono alcun ruolo e che è la finanza che comanda.
Il caso clamoroso che il presidente della repubblica italiana abbia reso impossibile con suo ferreo impedimento che si formi il nuovo governo di partiti populisti ‘euroscettici’ usciti vincitori dalle elezioni del 4 marzo è eclatante e illuminante. Ci aiuta a capire. Il presidente ha bloccato la costituzione del nuovo governo perché “contro l’Europa”.
Mentre i partiti populisti rabbiosamente protestavano, il fatto che avessero vinto le elezioni a larga maggioranza raccogliendo i voti grazie alle loro posizioni molto critiche contro l’Europa, per il presidente italiano non aveva alcuna importanza. L’unica cosa che conta per il massimo esponete italiano è seguire e sottomettersi alla volontà UE e accettare le dure regole e duri sacrifici che essa impone.
Ovviamente anche la popolazione italiana è rimasta sbigottita della clamorosa e inaspettata decisione del presidente e si è chiesto cosa stesse succedendo. Al contrario invece, il ferreo stop al governo populista ha trovato l’acclamazione di tutto l’establishment europeo: politici, banchieri, industriali, giornali e giornalisti. Come dire: PRESIDENTE SIAMO TUTTI D’ACCORDO CON TE, LE ELEZIONI NON CONTANO NIENTE, VAI AVANTI COSI’!
In questa faccenda, da osservare, oltre alle dichiarazioni di forte sostegno e solidarietà al presidente della repubblica dei partiti italiani che hanno perso le elezioni e dei capi politici europei, molto interessante è stato anche come i giornali dell’establishment tedesco e francese insistentemente abbiano invitato il presidente a procedere senza indugi sulla sua imposizione e che non tenesse conto del voto delle masse (Handelsblatt, sopra). Questo dimostra e conferma quanto mai, quello che noi marxisti da sempre affermiamo, ossia che i giornali e i giornalisti non sono politicamente indipendenti come vogliono far credere, ma come essi siano la voce dell’establishment capitalistico, banche, grandi multinazionali dell’industria e finanza, i quali ne sono i proprietari.
Senza dubbio la controversia italiana ha esplicitamente dimostrato che LA FINANZA COMANDA. PUNTO! POI LE ELEZIONI E I GOVERNI VOTATI, QUALSIASI ESSI SIANO, DEVONO STARE A SERVIZIO E UBBIDIRE.
Da sempre il marxismo dichiara le votazioni non siano nell’interesse dei lavoratori. Con il fatto clamoroso italiano (ma anche con quello greco di due anni fa) la cosa adesso è diventata di dominio pubblico.
Da sempre come marxisti sosteniamo che per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori il parlamento non è lo strumento giusto, ma che sono necessarie intensive e dure lotte sindacali europee unite, contro la finanza europea unita.
E da sempre affermiamo con Marx che questa non è la società dei lavoratori, ma dei ricchi capitalisti, anche in democrazia com’è chiaramente dimostrato, che con mille trucchi dietro le quinte dirigono politici, governi, giornali, tv ecc.
Adesso in Italia è stato varato un nuovo governo populista, modificato e accettato dal presidente.
Come si comporterà il nuovo governo populista?
Come da sempre si comportano i governi populisti.
Ha due possibilità: la prima è proseguire sulla propria linea euroscettica contro l’EU come promesso in campagna elettorale, che ha permesso di raccogliere i voti e vincere le elezioni. Ma questo comporta trovarsi SOTTO ATTACCO di tutto l’establishment finanziario europeo ostile a questa linea, che opererà come affermato incautamente dal commissario Ue Oettinger - “I mercati e un outlook negativo insegneranno agli italiani a non votare per i partiti populisti”- ossia la finanza farà in modo di creare enormi turbolenze dei mercati finanziari e delle borse per mettere in forte difficoltà il governo populista e imbastirà poi, come sempre, assieme ai magistrati scandali a non finire contro i dirigenti dei partiti populisti.
Oppure i dirigenti populisti potranno scegliere d stare tranquilli, sottomettersi (come fatto dal governo Syriza in Grecia) alla volontà della finanza europea, modificando il loro programma (magari mettendolo al voto in un referendum, come fatto in Grecia) e operare sugli elettori con piccole modifiche, insignificanti e di facciata sulle promesse elettorali, come pensioni e reddito di cittadinanza, spacciando le piccole modifiche come ‘grandi conquiste’, così da buttar fumo negli occhi degli elettori e placare l’ira del grande capitale europeo.
I prossimi mesi ci diranno.
IN ITALIA SCONTRO FINANZA EUROPEA
CONTRO PARTITI POPULISTI
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STRUTTURA: BANCHE E IMPRENDITORIA EUROPEA
SOVRASTRUTTURA: PARTITI POPULISTI
(traduzione da "Der kommunistische Kampf" luglio 2018)
Cosa intende Marx quando suddivide la società in “struttura” e “sovrastruttura”? E ai giorni nostri esiste ancora questa suddivisione?
Il rivoluzionario Marx spiega che la “STRUTTURA” di una qualsiasi società è l’ECONOMIA con la CLASSE DOMINANTE ad essa collegata. Mentre le “SOVRASTRUTTURE” sono le FORME POLITICHE, le IDEE POLITICHE, le RELIGIONI, le MENTALITA’, lo SPORT, ecc.
Per Marx le “strutture” sono DETERMINANTI, mentre le “sovrastrutture” sono il RIFLESSO delle strutture e si devono sempre adattare e modificare seguendo le modifiche economiche strutturali. In sintesi, tutto ruota intorno all’economia e alla classe dominante.
Quando in una determinata società l’economia attraversa un periodo di benessere, come riflesso si producono nella società un certo tipo di idee, di strutture politiche, di riflessi sociali, ecc. Quando invece il periodo economico si involve e cade, per determinati motivi, nelle crisi, si ha come conseguenza, come effetto, la modificazione delle idee stesse nella società. Essendo che l’economia è sempre in movimento, anche le idee che ne sono il riflesso saranno perciò sempre in movimento. Talvolta in modo lento, altre volte molto velocemente.
Ma la società funziona realmente come afferma Marx? E se si, è così anche ai giorni nostri?
Il fatto accaduto in maggio in Italia della formazione del nuovo governo populista, e la questione di due anni fa dell’arrivo al governo del partito Syriza in Grecia, sono illuminanti per, ancora una volta, andare a fondo a questo concetto.
Se in democrazia (come viene dichiarato) il peso del voto popolare può annullare, azzerare, o controbilanciare lo strapotere della finanza e delle multinazionali, vale a dire che i partiti e poi i governi vincenti le elezioni si possono imporre sui grandi gruppi capitalisti - in altre parole marxiste, succedesse che, la “sovrastruttura” si può imporre sulla “struttura”- allora Marx sarebbe senz’altro sconfessato, superato. Ma se il dominio della “struttura” sulla “sovrastruttura” viene confermato, allora Marx ha veramente senz’ombra di dubbio capito, individuato e descritto come funziona la società capitalista e non solo, ma certamente anche le società precedenti (primitive, schiavistica, medioevale).
Nelle due situazioni citate, Grecia e Italia, i partiti “ribelli” – Syriza in Grecia, Lega e Movimento 5 Stelle in Italia - vincendo le elezioni hanno tentato di contrapposti, di sfidare i “poteri forti” per dimostrare di esercitare il potere del voto nella direzione della società. Usando i concetti e le parole di Marx, le “SOVRASTRUTTURE” (i partiti) hanno provato a sfidare le “STRUTTURE” (banche e imprenditoria).
Ne è nato uno scontro dove, come è noto, due anni fa Syriza in Grecia, subito dopo aver vinto le elezioni ha perseguito posizioni molto critiche verso la UE e sui sacrifici che essa imponeva. E’ stato allora che pesantemente è entrata in campo la famosa (e famigerata) Troika (Commissione Europea - Banca centrale Europea – Fondo Monetario Internazionale) che imponendo ricatti al “al partito ribelle” tipo - chiudere le banche e far mancare i soldi nei bancomat, non pagare le pensioni, far mancare i soldi allo Stato greco, turbolenze finanziarie inaudite, e così via - ha costretto il governo “ribelle” greco a soccombere, abbassare la testa e accettare senza discutere la politica dei sacrifici UE.
In Italia in maggio di quest’anno è successo una simile imposizione. Il presidente della repubblica ha impedito ai partiti populisti (i “ribelli”) la formazione del nuovo governo perché “troppo Euroscettici”. Solo quando i partiti populisti (appena usciti vincitori alle elezioni) hanno abbandonato i loro principali contrasti contro la UE (cioè le promesse fatte in campagna elettorale) e si sono “piegati” alla finanza, solo allora il presidente della repubblica ha dato il suo permesso alla formazione del governo. Ai “ribelli” è stato allora acconsentito di mantenere quelle promesse elettorali secondarie che non disturbano la Troika, come l’opposizione all’accoglimento dei migranti e tanti bla, bla.
In sostanza, come dichiara Marx, il fatto che la sovrastruttura (partiti “ribelli” - populisti) vincendo le elezioni sia il rappresentante di milioni di voti, della maggioranza della popolazione, non ha alcun valore nella società capitalista, è solo una formalità “democratica” di voto da svolgersi. Il copione prevede che i “ribelli” poi devano sottostare e ubbidire a chi veramente comanda. Quindi Marx viene pienamente confermato.
I FATTI ACCADUTI IN GRECIA E IN ITALIA PERCIO’ CONFERMANO CHIARAMENTE QUANTO DICHIARATO DAL RIVOLUZIONARIO MARX.
Si può tranquillamente asserire che in pratica ai partiti “ribelli” viene permesso di criticare anche aspramente il comportamento della classe dominante quando sono all’opposizione, e anche in campagna elettorale per vincere le elezioni, ma quando arrivano poi al governo si devono assolutamente sottostare alla volontà dei gruppi capitalisti dominanti.
Da sottolineare che di solito lo scontro tra partiti vincenti le elezioni (“sovrastruttura”) e gruppi capitalisti (“struttura”) non emerge quasi mai, perché quasi sempre i partiti vincenti le elezioni appartengono all’establishment dirigenziale e sono già d’accordo dietro le quinte, più o meno apertamente, con i “poteri forti” e obbediscono in silenzio (giustificando poi agli elettori con varie scuse il proprio comportamento scorretto e le promesse non mantenute). Perciò in queste situazioni di vincita dei partiti filo establishment il voto degli elettori appare corretto, importante, come determinante nell’orientare la politica che i governi seguiranno. Tutt’altro però avviene, come constatato, quando il partito vincitore le elezioni è “ribelle” non appartiene all’establishment. E’ qui che nello scontro emerge veramente chi è determinante nella direzione della società e chi deve obbedire.
Nessuno scampo perciò per chi si mette contro la “STRUTTURA” dominante.
E’ solo in alcuni brevi momenti “rivoluzionari”, quando l’andamento capitalistico crea situazioni catastrofiche di crisi e guerre estremamente forti e il proletariato disperato si ribella in massa, che diventa possibile abbattere la “STRUTTURA CAPITALISTICA” e arrivare alla società superiore tanto agognata dai lavoratori.
Al momento attuale i partiti parlamentari “ribelli”, com’è dimostrato, non hanno alcuna chance e le elezioni non possono portare alcun risultato positivo per i lavoratori che votano.
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-STUDIO SULLA SITUAZIONE NELLA CHIESA CATTOLICA-
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USO DEGLI SCANDALI SUI PRETI PEDOFILI COME LOTTA POLITICA TRA LE FAZIONI DI CARDINALI PER ELIMINARSI A VICENDA
(traduzione da "Der kommunistische Kampf" - maggio 2018)
20 gennaio 2018
“Dio è amore, fratellanza, tolleranza, giustizia, povertà”. E’ “l’oppio per i popoli” così ben citato da Marx. La realtà: nelle organizzazioni religiose, tutte senza esclusione di sorta, che con tanta veemenza distribuiscono “l’oppio dei popoli”, vige da sempre una lotta senza quartiere per la gestione delle finanze, il controllo del potere, la direzione dell’organizzazione. La chiesa cattolica non fa eccezione.
Mentre le chiese musulmane si stanno trucidando sanguinosamente tra di loro in Medio Oriente con centinaia di migliaia di vittime, in Vaticano si sta attraversando ormai da decenni una crisi profonda di notevoli proporzioni, causa la forte diminuzione di partecipazione dei fedeli e il crollo di vocazioni di preti. In questa rovinosa situazione solo i vescovi se la passano comodamente bene, mentre i preti sono sovraccarichi di lavoro dovendo occuparsi di più parrocchie contemporaneamente con orari senza fine. L’andamento nettamente negativo della partecipazione comporta come logica conseguenza una riduzione di entrate finanziarie non trascurabile per le casse vaticane. La risposta dei vertici cattolici a questa crisi, su come arginare il problema e attirare di nuovo i fedeli, è cercare il trasformismo, cioè un adeguamento religioso ai tempi, con “aperture religiose e sociali” anche clamorose. Si può osservare che questa crisi non è altro che una delle tante crisi che tutte le religioni nei diversi secoli o millenni hanno attraversato e dovuto superare per adeguarsi ai vari mutamenti delle società, a volte anche epocali.
Prima Wojtyla, poi Ratzinger e adesso 20 gennaio 2018 , tutti gli ultimi papi stanno cercando di traghettare l’organizzazione religiosa cattolica (venditrice del niente come le altre, o di fumo, come preferiscono dire molti) ma sempre con un ruolo forte nella società, a passo con i tempi sociali. Ma come tutti i trasformismi, i mutamenti, anche questo per il Vaticano comporta scontro all’interno della chiesa stessa, con componenti cattoliche anche estese, fermamente contrarie ai “cambiamenti”.
Sull’ obbiettivo ”rinnovamento”, la nuova (chiamiamola così) presidenza Bergoglio dall’inizio del suo mandato ha impostato il suo programma “politico” su tre punti: “Riforma finanziaria”, “Apertura ai nuovi soggetti sociali”, “Lotta ai preti e vescovi pedofili”.
LA RIFORMA FINANZIARIA. Nonostante le enormi entrate finanziarie di più di 1 miliardo che giungono dall’8 per mille, più le numerose donazioni e gli sconti fiscali, ecc. le casse vaticane piangono. Le spese per “La Santa Sede” sembrano essere un pozzo senza fondo. La gestione è costantemente in perdita in tutte le sue componenti, non solo per il Vaticano come Palazzo, ma anche i grandi ospedali romani a direzione cattolica come l’Idi, il nosocomio dermatologico più grande d’Europa e l’altro grande ospedale del Vaticano, il Bambin Gesù, accusano centinaia di milioni di rosso, per non parlare degli innumerevoli immobili in possesso della curia. Il compito di coprire questi non trascurabili buchi spetta alla maggiore delle due banche vaticane, lo IOR, l’Istituto Opere Religiose (l’altra banca è il Banco di Santo Spirito).
Lo scopo dichiarato della governance Bergoglio è di metter fine a questa rovinosa conduzione finanziaria. A tal proposito, per far quadrare i conti, nel 2014, poco dopo l’elezione del nuovo papa, in Vaticano è stato istituito un nuovo ministero: il “Superorganismo della Segreteria e del Consiglio dell’Economia”, diretto da un quadrunvirato: il cardinale australiano George Pell coadiuvato dal suo segretario Danny Casey, dal presidente dello IOR de Franssu, e da Joseph Zahra, finanziere maltese membro del Consiglio dell’Economia vaticana.
Ma la situazione di far rientrare i conti si è presentata da subito più problematica del previsto. La gestione molto severa per ridurre le perdite da parte di Pell e del suo entourage, provocando il rischio di far chiudere l’Idi, il nosocomio dermatologico romano con 1500 dipendenti, ha coagulato immediatamente la reazione fragorosa di tutti i cardinali che a questi istituti in perdita sono collegati, fermando il processo in corso. A tre anni dall’inizio del “risanamento” e dallo scontro che ne è scaturito, la situazione in perdita sembra non aver avuto alcun miglioramento, si sia impantanata in una fase di stallo, con ancora un nulla di fatto. Con l’aggravante per i vertici vaticani, che il direttore del superorganismo, il cardinale Pell, è dovuto rientrare di fretta in Australia perché indagato per pedofilia dalla procura del paese.
APERTURA AI NUOVI SOGGETTI SOCIALI (comunione ai divorziati e risposati, apertura ai gay, apertura al tema ‘fine vita’, agli immigrati musulmani, e non ultimo l’apertura ai preti sposati) - La rivista vaticana “La Civiltà Cattolica” scrive nel gennaio 2014 come per Bergoglio sia prioritario che l’educatore «deve interrogarsi su come annunciare Gesù Cristo ad una generazione che cambia». Sono parole rivolte ai cardinali, che hanno il significato di una chiesa che non si può estraniare ad una società in mutamento dove il numero dei preti crolla, i divorziati aumentano a dismisura e sono destinati a diventare la maggioranza della popolazione, dove gli omosessuali trovano il loro spazio nella collettività, dove si dibatte sull’eutanasia e dove gli immigrati musulmani arrivano a centinaia di migliaia. Il papa ritiene le aperture su queste tematiche sociali fondamentali per la sopravvivenza della chiesa cattolica stessa. Saranno però anche il vero e grandissimo problema per il Vaticano, poichè sono il vero osso duro da far accettare a tutte le componenti rissose di cardinali. Perché aperture di questa portata cozzano contro i principi basilari su cui la religione cattolica stessa è fondata e questo molti prelati (tra cui lo stesso superministro Pell) non lo possono accettare.
Nonostante il problema sia fortemente avversato e gli ostacoli di resistenza siano notevoli, il
vertice del Vaticano diretto da Bergoglio sta procedendo.
Il modificare una religione in realtà non pone grandi problemi ai suoi fautori, poiché in una religione fondata sulla fantasia com’è, si può cambiare tutto e il contrario di tutto, senza che assolutamente nulla nella quotidianità cambi.
Ma l’insistere sul proseguimento alle “aperture” e i pronunciamenti continui ufficiali al proposito da parte di Bergoglio, ha visto come reazione il coalizzarsi della vasta schiera di porporati assolutamente decisi ad ostacolare il processo. Questa opposizione ha preso poi anche una sua vera forma politica concretizzatasi in un documento ufficiale firmato da 62 cardinali, il“DUBIA”, sottoscritto anche da prelati di primo piano come i cardinali Bürke, Brandmueller, Caffarra e Meisner. Documento che naturalmente è stato presentato al papa come proposta alternativa alle sue aperture.
La controreazione dei vertici Bergoglio-vaticani al “movimento” avverso d’opposizione è stata non di discussione e confronto ma di far cadere più teste possibili sul fronte avverso, tra cui l’esponente più autorevole, il cardinale tedesco Müller.
In un’intervista di chiarimento al giornale “Corriere della Sera” del 26 nov 2017 dal titolo: «Mi vogliono guida di un gruppo contro il Papa» Müller afferma che come controreazione al comportamento di Bergoglio «si rischia una separazione che potrebbe sfociare in uno scisma».
Altre fonti sostengono che in Vaticano si stia costituendo una fronda di cardinali piuttosto vasta il cui intento sarebbe far dimettere anche questo papa.
LOTTA AI PRETI PEDOFILI. Se la questione “aperture” verso le nuove figure sociali è il punto più importante per i vertici vaticani, il problema “preti pedofili” è quello più delicato. Gli scandali sui preti pedofili vengono usati in Vaticano senza riserve e limiti nello scontro tra le varie fazioni di cardinali (che potremmo definirle anche ‘bande’) nelle loro divergenze sia sul tema “finanza” che sul problema “aperture”, per eliminarsi a vicenda ed indebolire i fronti avversari. In altre parole, visto la cospicua presenza all’interno della chiesa di preti e vescovi pedofili, molestatori, corrotti ed altro, e di cardinali che li coprono (una vera “associazione a delinquere” direbbe un magistrato) ogni gruppo o fazione di cardinali denuncia nascostamente, fa arrivare ai mezzi di informazione pubblici più o meno segretamente, chi del fronte avversario è coinvolto in questi crimini e da chi ne viene protetto, in modo che sia i preti, ma soprattutto i vescovi e cardinali responsabili siano costretti a dimettersi.
E’ così che attualmente si svolge la lotta in San Pietro.
Sul problema pedofilia, prima Ratzinger e adesso il governo Bergoglio ne hanno fatto una “vergogna” da combattere.
La rivista “L’Espresso” dell 11 luglio 2017 nell’articolo «Pedofilia, finanza, dottrina: ecco cosa sta frenando la rivoluzione di Bergoglio», riporta che i sostenitori del papa affermano, per dimostrare la sua determinazione nel combattere la piaga dei preti pedofili, che Bergoglio all’inizio del suo mandato «ha fatto cose rivoluzionarie, creando la Commissione per la tutela dei minori, il tribunale per i vescovi insabbiatori rei dei “reato d’abuso episcopale” e firmando il motu proprio “Come madre amorevole”». Ma la stessa rivista nelle righe successive riporta sconsolata come i risultati pratici che le leggi fin qui hanno prodotto siano stati … zero: «… Il tribunale contro i vescovi che coprono i maniaci, annunciato nel giugno 2015, a oggi non ha mai visto la luce. Nel 2016 il ‘motu proprio’ “Come una madre amorevole” dedicato al tema della pedofilia, non ne fa alcun cenno». In breve, accusa la rivista, queste misure non sarebbero nient’’altro che provvedimenti “di facciata”, che realisticamente non possono avere nessun effetto.
Il papa ha subito dure contestazioni di massa nella sua visita di gennaio in Cile (è stato colpito anche da un oggetto in testa). I giornali europei ne hanno parlato sottovoce. Il motivo delle contestazioni sempre lo stesso: preti e vescovi pedofili che sarebbero stati coperti dalle massime autorità ecclesiastiche cilene, ma non solo cilene, si ritiene anche dal Vaticano, Bergoglio compreso. Infatti i massimi prelati cileni sembrano godere un’estrema fiducia da parte del nuovo papa, tanto che Bergoglio li ha difesi fino allo stremo dalle accuse e che addirittura 2 di loro, l’arcivescovo Ricardo Ezzati e il suo predecessore Francisco Javier Errazuriz, li ha voluti nel famoso c 9, l’esecutivo vaticano che dirige l’estesa chiesa cattolica nel mondo (di cui anche il cardinale Pell ne fa parte).
RIUSCIRA’ IL NUOVO GOVERNO BERGOGLIO nel suo intento di traghettare la chiesa cattolica nel “risanamento finanziario”, nel “rinnovamento sociale” e nel debellare “la piaga della pedofilia”?
Tutt’ora gli specialisti in materia esprimono in merito grosse perplessità.
- - Il risanamento finanziario sembra essersi arenato e il suo dirigente è dovuto volare in Australia per difendersi dall’accusa di pedofilia.
- - Contro le aperture del papa su divorziati, gay, ecc. si è formata e si sta rafforzando un’ampia opposizione che minaccia addirittura uno scisma.
- - Sulla lotta contro i preti pedofili e i cardinali che li proteggono la battaglia sembra già persa in partenza, visto che se dovesse veramente procedere il Vaticano rimarrebbe quasi senza preti e cardinali.
Che dire?
Anche le organizzazioni religiose al servizio dei ricchi capitalisti hanno le loro difficoltà e problemi. Noi non possiamo che gioire.
Nonostante che i mezzi di informazione li sostengano senza riserve, nonostante che già dalle scuole d’infanzia ai bambini venga fatto il lavaggio del cervello che Dio è buono e i preti sono i suoi santi servitori, nonostante tutto questo sempre più masse proletarie si allontanano dalle chiese. Da tutte indistintamente e in tutto il mondo. E’ l’effetto naturale e inevitabile dello sviluppo sociale capitalistico. Il lavoratore diventando salariato, il suo più grande problema non è più Dio, ma diventa il salario, lo stipendio. Tutto nella sua situazione di dipendente ruota adesso attorno a questo fatto oggettivo: più salario significa più vita, più benessere per la famiglia e così via. Quindi per ottenere più salario il proletario deve occuparsi di socialità, politica, economia e dei suoi interessi, e Dio passa in second’ordine e le chiese si svuotano.
Naturalmente la borghesia cerca di colmare questo allontanamento sociale dalle religioni, che per essa significa calo del controllo sulle masse sfruttate, con altre ideologie borghesi altrettanto dannose per la classe proletaria, come aver fiducia nella “nuova Europa buona”, o difendersi dal nuovo pericolo “dell’estremismo islamico” (che nella pratica si traduce tenere le distanze dagli immigrati) o diffidare del “comunismo”, e così via.
Le religioni servono ai capitalisti per controllare politicamente i lavoratori. Nel socialismo le chiese scompariranno, definitivamente.
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ITALIA : il “NO” STRAVINCE al REFERENDUM: IL POPULISMO, VALE A DIRE LA PROTESTA, SPAZZA VIA RENZI! (traduzione da "Der kommunistische Kampf" - gennaio 2017)
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PERCHE’ LA RIFORMA COSTITUZIONALE IN ITALIA?
Lo stato viene visto come un organismo che comanda e che non dipende da nessuno. Per noi marxisti invece le cose non stanno così. Nella nostra analisi lo stato non è un’istituzione autonoma, indipendente, ma è il tipo di organizzazione (la “sovrastruttura” direbbe Marx) che ogni borghesia (ossia il padronato) si da per gestire e dominare i lavoratori sfruttandoli e contemporaneamente serve alla borghesia per trovare un accordo tra le varie componenti padronali per far emanare leggi che agevolino alla meglio lo svolgimento dei loro affari.
Tutti gli stati di questo mondo funzionano e sono diretti per raggiungere questi scopi.
In Italia lo stato borghese è un po’ diverso rispetto a quelli delle altre nazioni avanzate: in Italia esistono due tribune parlamentari: una è il “Parlamento” e l’altra il “Senato”. Questo significa che le leggi prima di essere approvate devono passare attraverso la discussione e la decisione di entrambi i due “parlamenti”. Un iter di solito lunghissimo, nel quale molto spesso le proposte di legge portate dal governo partono con dei punti ben definiti per poi finire molto modificate a favore della piccola borghesia e delle clientele statali dei partiti.
Atra caratteristica statale italiana è che i primi ministri dei governi italiani non hanno quei veloci e forti poteri decisionali che i capi governativi di altre nazioni come Germania, Francia, Stati Uniti, Russia, ecc. invece hanno.
Queste “differenze” vengono viste dalla grande imprenditoria e dalle banche italiane che dominano la società come “svantaggi” per il perseguimento dei loro interessi. Per i lavoratori sfruttati invece che subiscono l’oppressione borghese, la questione del funzionamento e dell’organizzazione di uno stato non svolge nessunissima importanza.
La riforma costituzionale proposta dal governo Renzi aveva appunto lo scopo di modificare queste “differenze”, rendendo minima la funzione legislativa del Senato, in modo da rendere la legiferazione più efficiente e dare più poteri decisionali al presidente del governo.
IL REFERENDUM ERA STATO INDETTO DAL GOVERNO RENZI per dare legittimità pubblica e istituzionale a quanto deciso. E la cosa, al momento dell’indizione del referendum, si presentava per il governo essere semplice, facile e praticamente già conclusa.
MA RENZI NON AVEVA FATTO I CONTI CON IL POPULISMO, LA PROTESTA, la rabbia dei lavoratori, che negli anni è costantemente salita per effetto delle misure gravemente peggiorative portate sui salari, pensioni, aumento vertiginoso del lavoro precario e della disoccupazione, aumento delle tasse.
TUTTO QUESTO MALCONTENTO SI E’ RIVERSATO CONTRO DI LUI NEL REFERENDUM TRAVOLGENDOLO.
E’ lo stesso malcontento popolare generale che ha fatto vincere il Brexit in Gran Bretagna e Trump in America.
E’ un malcontento che non si esprime con manifestazioni di piazza, ma con forte astensionismo,
nascita ed espansione di partiti populisti contrari ai governi e ai tradizionali partiti dell’establishment politico. In Italia parliamo di partiti populisti come ii movimento 5 Stelle e Lega Nord. E come successo in Gran Bretagna e Stati Uniti, anche in Italia in occasione del referendum, alle urne, oltre ai tradizionali votanti è andata a votare anche una parte di astensione che per insoddisfazione e protesta prima non votava. Ma questa parte insoddisfatta di persone non è andata a votare per esprimere un giudizio sui contenuti della riforma costituzionale, ma per portare, gridare il proprio dissenso contro il governo, contribuendo alla super vincita del “No” e al travolgimento di Renzi.
In altre parole il governo Renzi avrebbe vinto, paradossalmente, se fosse andata a votare molta meno gente, se il malcontento avesse continuato ad astenersi e fossero andati a votare solo i tradizionali votanti schierati con i partiti. Infatti è accaduto, come da noi supposto, che più persone andavano alle urne e i più sarebbe aumentata la quota del “No”.
Anche il grande quotidiano “Corriere della Sera” sembra essere del nostro parere. Infatti scrive Nando Pagnoncelli il giorno dopo l’esito referendario: “Alla luce di questo scenario il Sì per affermarsi avrebbe dovuto contare su un’affluenza nettamente inferiore, vicina al 50%” (anziché del 67% n.d.r.).
COSA SUCCEDERA’ ADESSO NELLO SCENARIO ITALIANO?
Dopo il referendum e la caduta del governo Renzi, dalla lontana Germania Schäuble dichiarava risolutamente che i prossimi governi italiani dovranno proseguire sulla politica di riforme iniziata dal Governo Renzi. Nella sua affermazione Schäuble sembra ignorare completamente il “No” stravincente emerso dal referendum contro la riforma costituzionale e quello che partiti populisti come i 5 Stelle e Lega Nord affermano e cioè che in caso di loro prossima vittoria elettorale non rispetteranno le direttive di austerità dettate dalle Ue.
PERCHE’ SCHÄUBLE IGNORA TUTTO QUESTO?
A nostro avviso in una futura situazione di vincita di questi partiti protestatari (5 Stelle o Lega Nord) si ripeterà quello che è avvenuto in Grecia con il governo Syriza. Vale a dire, visto l’alto debito pubblico esistente anche in Italia, anche i futuri governi italiani dovranno inevitabilmente chiedere alla Ue (ossia alla grande borghesia europea) i prestiti per poterlo pagare. Ed è appunto in questa situazione che la grande imprenditoria europea avrà la possibilità (come successo in Grecia) di imporre le sue volontà indipendentemente dai partiti al governo e da quello che questi in campagna elettorale prometteranno. Schäuble è perfettamente consapevole di questo per cui può, senza tanti problemi, affermare che i futuri governi a prescindere da tutto dovranno obbedire e procedere sui cambiamenti intrapresi dal precedente e odiato governo Renzi.
Non vi è scampo per il proletariato europeo. Solo fortissime proteste con scioperi dei proletariati europei uniti con a capo i sindacati tedeschi potranno frenare le misure antioperaie intraprese dall’Unione Europea.
I parlamenti, essendo strumenti della borghesia, non svolgono assolutamente nessun ruolo nella difesa degli interessi dei lavoratori, sono solo false piste, diversivi.