L’IMPORTANZA DI CAPIRE COME FUNZIONA LA SOCIETA’!

LA VALIDITA’ DEL METODO DI ANALISI SCIENTIFICO DI MARX

(CHE I RICCHI CON I LORO SERVITORI CERCANO IN TUTTI I MODI NASCONDERE E SCREDITARE)

 

E’ sotto agli occhi di tutti che la società in cui viviamo presenta una serie di problemi e  contraddizioni che ci procurano in continuazione ansie,  tensioni:  crisi, guerre, sfruttamento, povertà, ci sono ricchi e   ricchissimi, poveri e poverissimi.

Inevitabilmente questo ci porta a porci tutta una serie di domande: “Perché ?” “Da cosa dipende ?” “Perché non si può vivere tranquilli in pace?” “Perché i politici non riescono a risolvere questi problemi come continuamente ci promettono?” “Ma chi sono veramente questi politici, questi  governi  e  parlamentari?  Che sono spesso oggetto di discussione”.  “Che ruolo svolgono in queste faccende i ricchi, le banche, gli industriali ecc? “E noi come popolazione, possiamo risolvere qualcosa?” ecc. ecc.

Tutte domande che martellano la testa della gente e che trovano poche risposte.

Ebbene, tutto questo invece segue una sua logica, una ferrea logica e ha una sua spiegazione. E’ solo questione di trovarne il senso, il metodo giusto per arrivare a capire.

Come per un inesperto il corpo umano è un insieme di parti per lo più incomprensibili, ma per un medico è un organismo ben chiaro; come per una persona comune un quadro elettrico è un aggroviglio di fili insignificanti, mentre per l’elettricista segue una logica ben precisa, così è anche nella politica e nell’economia: per chi se ne intende ed è esperto tutto ha un senso,  un suo corso.

E’ il METODO DI ANALISI MARXISTA che in questo settore permette, approfondendo, indagando, verificando, di capire come funziona la società. E cose e fatti che prima erano oscuri diventano mano a mano sempre più chiari, comprensibili.

Ma su cosa si basa l’analisi scientifica marxista per poter arrivare a capire come funziona il mondo?  L’analisi ci dice che bisogna partire dal punto fondamentale che sono GLI AFFARI NELLA LORO COSTANTE RICERCA DEL GUADAGNO, CHE DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE DETERMINANO LA POLITICA, DIRIGONO LA SOCIATA’.

Se noi per capire partiamo da questo, indagando, approfondendo, troviamo un’ incredibile chiarezza.

Andremo a scoprire che i fatti economici si riflettono sui governi, sui parlamenti, sui politici. Si vedrà come li influenzano, li determinano, li dirigono. Troveremo che non vi è fatto politico che direttamente o indirettamente non venga  determinato dalla ricerca del guadagno.

Ed ecco che il controverso comportamento dei politici che in campagna elettorale promettono  tante cose per poi  farne altre, comincia ad avere un senso. E così diventa chiaro come la democrazia non sia altro che una forma sofisticata di governo capitalistico,  dove i parlamentari devono si farsi eleggere  dalla popolazione (cioè dal proletariato), ma dopo l’elezione, nel successivo periodo di 4-5 anni, diventare indipendenti e  slegati  da chi li ha eletti e senza la possibilità di  essere ritrattati e quindi  possono continuare a servire ed assecondare  le direttive dei ricchi che sono impegnati nella ricerca del massimo guadagno. 

Diventerà chiaro il perché quando arriva una crisi, i governi, che affermano di essere dalla parte dei più bisognosi, si adoperino affinchè a pagarne le conseguenze siano sempre i  lavoratori attraverso meno aumenti salariali, ritmi di lavoro più intensivi, lavoro più precario, mentre i ricchi non vengono mai toccati! E diventerà chiaro anche il perchè  nel riformare lo Stato, come successo recentemente in Grecia, Spagna, Italia, ecc. a pagarne le spese siano sempre e ancora i lavoratori dipendenti con aumenti delle tasse, tagli sulle pensioni, disoccupazione, ecc. anziché toccare la montagna di soldi che i ricchi posseggono.

Se si va poi ad indagare da dove provengono le guerre si scopre che sono sempre loro, i capitalisti, a causarle (coinvolgendo le popolazioni negli odi razziali, nazionali e religiosi) con lo scopo sempre di arrivare ad aumentare i loro guadagni. Un aumento del guadagno che non ha mai fine (e perciò di conseguenza anche le guerre non hanno mai fine).

In sintesi si scopre che i politici, i parlamenti, i governi, non son altro che burattini in mano ai ricchi e che vengono usati, cambiati e sostituiti a seconda della bisogna.

Si deve  però precisare una cosa.

Domanda: perché queste cose non sono note?

Perché i capitalisti, cioè le banche, i grandi industriali, le multinazionali, che sono una piccolissima minoranza della popolazione, 2-3%, non hanno assolutamente interesse che il proletariato,(che ne rappresenta l' 80-85%), venga a conoscenza di come funzioni il sistema e svelano attraverso i loro giornali, tv, politici, ecc. solo una piccola parte del funzionamento  della società, nascondendo e sottacendo la maggior parte di esso,  cioè la  parte più negativa. E’ evidente che non hanno interesse e non possono certo affermare  che sono loro la causa delle crisi, delle guerre, che sono loro a causare la povertà e lo sfruttamento nel mondo. Loro si prendono il merito solo quando le cose vanno bene (proprio come fanno i preti: quando le cose vanno bene è opera di Dio, quando vanno male è colpa degli uomini)!

Possiamo senz’altro dire:  NON E’ VERO CHE NON SI PUO’ CAPIRE!

Al contrario:  Analizzando  E’ POSSIBILE INVECE CAPIRE! E BENE!

SI TRATTA SOLO DI AVERE IL METODO GIUSTO!

 

E QUESTO METODO E’ IL MARXISMO!

 

-SCONTRO TRA BORGHESIE-

 

INGHILTERRA: BREXIT

 

 

Perché  la Gran Bretagna non aderisce all’euro?

La concezione della borghesia britannica di adesione all’Europa è diversa da quella tedesca, francese, italiana, olandese, ecc. Il padronato inglese è per un’Europa Confederata, mentre le borghesie sul continente sono per un’Europa Federale. Dove sta la differenza? Una Europa Federale significa avere un unico stato europeo, su modello di quello Usa, con un unico parlamento, un unico esercito, una moneta unica (che c’è già), una borsa unica, un unico sistema fiscale (che è in fase di ultimazione), ecc. 

Un’Europa Confederale come quella perseguita dalla borghesia britannica significa invece il mantenimento di tutti gli stati così come sono adesso, con le loro diverse monete , eserciti e parlamenti. L’unità tra gli stati confederati risiederebbe in regole economiche e fiscali  (non proprio strette) comuni , che leghino e regolino i rapporti.

Come si vede, due visuali ben diverse di “Europa unita”.

E’ dallo scontro tra queste due visuali che scaturisce l’attuale disputa continua nella Ue tra la Gran Bretagna e gli stati che aderiscono all’euro.

Il Brexit (significato: uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea), l’ultimo recente acuto scontro tra Londra e Bruxelles,  è sorto dal fatto che per l’ennesima volta il governo britannico ha trovato troppo vincolanti alcune regole che lo legano all’Ue e, Londra, minacciando di appoggiare un referendum anti Europa indetto per giugno in Inghilterra, ha preteso e ottenuto da Bruxelles la rinegoziazione di alcune di queste regole.

L’accordo che ne è scaturito a febbraio ha spinto  il primo ministro inglese Cameron a gridare alla vittoria ed affermare: “Ora Londra avrà uno Status speciale!”.  L’accordo, nei suoi punti principali, prevede che in caso di emergenza la Gran Bretagna potrà limitare l’afflusso di lavoratori stranieri; la Ue si impegnerà a contenere i costi del carico amministrativo europeo; la Gran Bretagna potrà essere svincolata “da un’Unione Europea sempre più stretta” e ha ottenuto che i parlamenti nazionali possano bloccare iniziative legislative europee, ma non potranno porre veti per “una maggiore integrazione europea”; in compenso alle autorità europee verrà permesso di continuare a mantenere le competenze  sulla City inglese.

Di fatto, dopo questo accordo, come molti commentatori sostengono, viene sancita un’Unione Europea  a due velocità, e cioè da una parte una Ue a zona euro con i paesi aderenti che seguono regole molto strette e vincolanti e dall’altra altri paesi  Ue con regole molto più elastiche. 

Adesso in Inghilterra resta il problema del referendum del 23 giugno dove si deciderà se la Gran Bretagna rimarrà o no nell’Unione Europea e  il premier Cameron dopo questo accordo si dice pronto “a raccomandare di votare si” in modo che la Gran Bretagna resti nell’Unione.

I giornali riportano come in Gran Bretagna già si stiano configurando i due schieramenti che si scontreranno al referendum:  uno pro per rimanere in Europa e l’altro per l’uscita.

Al momento, tra la popolazione, secondo i sondaggi, coloro che sono a favore dell’uscita e quelli che vogliono restare, più o meno si equivalgono, ma molto alta è la percentuale di coloro che non si esprimono, che poi saranno quelli  che alla fine decideranno l’esito del referendum. I banchieri si sono espressi a favore di rimanere nella Ue. La Cbi, la Confindustria britannica, che rappresenta 190mila imprese, si è schierata a favore  a fianco di Cameron sostenendo che restare nella Ue “è più vantaggioso per la crescita”. In un sondaggio condotto per il Financial Times a inizio 2016, su oltre 100 grandi economisti, più di tre quarti di essi ha sostenuto che uscire dalla UE avrebbe riflessi molto negativi sull’economia britannica. 50 leader (vale a dire un terzo) delle maggiori società quotate in borsa, hanno firmato una lettera per opporsi al Brexit. Perfino le grandi banche americane si sono decisamente schierate perché la Gran Bretagna non esca dalla Ue.  

Tra i partiti la posizione ufficiale del Labour Party è di rimanere nella Ue. Mentre più controversa è la posizione all’interno dei conservatori: 23 ministri su 29 si sono schierati con Comeron, ma leader importanti come il carismatico sindaco di Londra Boris Johnson si sono espressi a favore dell’uscita.

Di fronte a queste prese di posizione che fortemente andranno ad influenzare l’opinione pubblica, i maggiori commentatori cautamente ritengono che molto probabilmente al referendum vinceranno i si per rimanere nell’Unione.

Come sempre, realisticamente, i lavoratori non hanno assolutamente nulla a che spartire con queste vicende. Queste sono cose che riguardano il padronato nello scontro tra le sue diverse componenti. Indipendentemente  da quale sarà l’esito del referendum e cioè se vincerà il Brexit o il rimanere nell’Unione Europea, i profitti ricavati dagli affari  che ne deriveranno  rimarranno sempre e comunque agli imprenditori e alle banche, ai lavoratori non andrà neanche una briciola!

 

Ma una cosa è certa: il proletariato verrà strumentalmente, come sempre, fortemente e ardentemente coinvolto in questa battaglia non sua, perché  le diverse componenti della borghesia, cioè dei ricchi, hanno tutto l’interesse a distoglierlo dai suoi veri interessi di superamento di questa società piena di problemi e contraddizioni.


__________________________________________________________________________________________________

 

 

 

-ACCORDO TTIP-

 

ACCORDO TRA LE GRANDI BORGHESIE AMERICANA E EUROPEE PER BATTERE LA CONCORRENZA CINESE.

 

UN PROCESSO INARRESTABILE!

PER FERMARE I PADRONATI BISOGNA FERMARE ILCAPITALISMO!

LA LOTTA PROLETARIA SE VUOLE ESSERE DI SUCCESSO DEVE ESSERE CONTRO IL CAPITALISMO,

PER UNA SOCIETA’ SUPERIORE!

 

L’incontro tra Obama e la Merkel del 24 aprile a Francoforte per stabilire il proseguo  del trattato   TTIP  (Transatlantic Trade and Investment Partnership - l’Accordo Transatlantico per il commercio e gli investimenti) è stata l’occasione per numerosissimi gruppi per organizzare maxiproteste contro il futuro trattato.

Il motivo delle proteste è la convinzione che questo futuro accordo TTIP porterà grandi svantaggi all’Europa, svantaggi che riguarderanno settori dell’industria, i diritti dei lavoratori, svantaggi all’ambiente perché, si sostiene, le regole americane contro l’inquinamento sono meno severe rispetto a quelle europee. Naturalmente queste sono tutte supposizioni, perché numerosi altri specialisti affermano invece che il futuro accordo TTIP porterà moltissimi vantaggi. 

La grande borghesia americana e quella tedesca- europea comunque, con i loro governi Obama e Merkel, sono determinate a portare fino in fondo questa intesa, e velocemente. Dal loro punto di vista questo sarà un grandissimo accordo.

Ma cos’è che spinge così il padronato, qual è il vero motivo per cui si vuole arrivare a tutti i costi a questo trattato da loro definito “storico” e “strategico”?

All’approfondimento, i motivi come sempre sono ben altri da quelli che in pubblico vengono ampiamente pubblicizzati. 

Così spiegano Wagner e Wieland su “Der Spiegel” del 05.01 2015: ”La regione dell’Asia-Pacifico si dirige sotto la direzione cinese verso una gigantesca zona di libero scambio. Per gli europei si alza la pressione di concludere velocemente con gli Usa il controverso accordo TTIP” . Nell’articolo “La Germania ha bisogno del TTIP – adesso come non mai” Martin Greive su “Die Welt” del 06.10.2015 chiarisce ulteriormente:”L’accordo eseguito con successo del TTP suona per l’Europa come un segnale d’allarme: se anche l’Europa nel futuro vuole essere parte delle regole del gioco economico nel mondo ha bisogno di un forte partner strategico al suo fianco. Ha bisogno di un’unione economica con gli Usa. Ha bisogno del TTIP. Nonostante le proteste contrarie“.

Il concetto espresso dai giornalisti ci sembra chiaro: questo accordo TTIP deve stabilire di fatto un’alleanza. Un’alleanza che i grandissimi industriali e banchieri americani e europei devono stringere per prepararsi a fronteggiare quella che sarà la grande sfida del futuro: la concorrenza con la più grande potenza mondiale del domani: la Cina. Cina che conta come suoi alleati le borghesie emergenti dei BRICS: Brasile, Russia, India, Sud Africa.

Fra pochi anni (forse meno di un decennio) la borghesia di stato cinese diventerà la prima potenza economica del pianeta e pretenderà nel mondo di avere il “suo spazio”.

Questo comporterà per i grandi industriali e banchieri occidentali enormi problemi di concorrenza per la spartizione delle “sfere di influenza”, cioè la spartizione e l’accaparramento di nazioni sul pianeta dove vendere indisturbati le proprie merci, far affari e far soldi.

 

I grandi ricchi americani ed europei sono perfettamente consapevoli di questo futuro scontro, quindi già si predispongono, come detto, per fronteggiare il duro e inevitabile evento. 

A poco interessa a loro dei piccoli vantaggi o svantaggi economici reciproci che l’accordo TTIP potrà portare l’uno o l’altro. Il futuro temibile nemico asiatico                     

da battere ha senz’altro la precedenza su tutto.

E’ ovvio che interessi di questa portata non li può fermare nessuno, neanche manifestazioni con milioni di partecipanti.

Esempi nella storia dell’ inutilità, dell’inefficacia, di enormi ingenue manifestazioni popolari non mancano. Come esperienza esemplare sotto agli occhi abbiamo le oceaniche manifestazione in Europa e in America contro la prima guerra mondiale nel 1914. Risultato: ZERO ASSOLUTO!

Poi abbiamo le enormi proteste in Europa e America nel 2002 – 2003 contro la guerra in Iraq e Afghanistan.  

Anche queste totalmente ignorate e inefficaci. Le grandi borghesie                                                                 

hanno proceduto nella guerra come se niente fosse.

L’unico evento nella storia che abbia sortito veramente qualcosa, che in questo campo abbia avuto successo, è stata LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE DEL ‘17. RIVOLUZIONE CHE IN RUSSIA HA POTUTO FERMARE UNA GUERRA! Questo è l’unico esempio concreto su cui contare! Non bisogna mai dimenticarlo!

Quindi è chiaro: PER FERMARE LE DISFUNZIONI DEL CAPITALISMO, BISOGNA FERMARE IL CAPITALISMO!

Chi  è contro le terribili contraddizioni che questa società basata sugli affari causa e vuole battersi per eliminarle deve avere ben chiaro che questo è possibile solo dopo rivoluzioni che cambino il sistema stesso.

Perciò è solo lottando per una società superiore che si può essere incisivi contro il capitalismo.

Tentare di diminuire, alleviare, lenire, magari togliere, i problemi che il sistema crea è pura illusione, pura utopia, un sognare, come abbiamo constatato nel passato e come sarà per il futuro!

 

 

NOI CERCHIAMO ATTIVISTI INCISIVI PER UNA SOCIETA’ SUPERIORE! 

DOV’E’ PRESENTE MILITARMENTE LA GERMANIA NEL MONDO?

 

Le borghesie, cioè i ricchi, cercano sempre di non divulgare le loro strategie , e questo vale soprattutto per l’aspetto militare. Per loro la forza militare è uno dei fattori essenziali  nel meccanismo di poter continuare a guadagnare e arricchirsi ulteriormente.

I capitalisti hanno però la necessità che la brutale guerra (che per loro significa conquista militare di nuovi mercati, dove persone vengono uccise, case bruciate, città distrutte) agli occhi del proletariato debba venire abbellita,  sofisticata, trasformata, addolcita. Nel loro mentire quotidiano riescono (dare alla guerra) l’incredibile nome di “Intervento umanitario”, “Missione di pace”. Da non credere!

Forse la gente non si sofferma abbastanza a pensare a questo. Noi marxisti si!

Ma come riescono a far credere cose così assurde?

Fanno figurare attraverso le loro tv, giornali, politici, preti, partiti, governi, parlamenti, ecc.  che c’è un nemico cattivo da fermare (e il nemico a sua volta dice le stesse cose di noi nel proprio paese). Con questo sistema riescono ad essere credibili e riescono a far accettare alle popolazioni il disastroso (e inutile per l’umanità) intervento militare armato, intervento che in realtà viene condotto per altri scopi .

Se andiamo ad approfondire possiamo facilmente trovare che nella storia non c’è stato intervento armato che non sia stato fatto apparire come “umanitario” o “di pace”: dall’intervento in Vietnam a quello in Jugoslavia, dalle guerre in Afghanistan a quelle in Iraq, da quelle in Cecenia a quella in Libia e adesso in Siria, Yemen, Mali, ecc. ecc. Tutte guerre definite “Interventi umanitari di pace” che messi tutti assieme hanno causato qualche milione di morti, inaudite distruzioni , povertà e fame.

E anche i ricchi tedeschi attraverso i loro governi hanno attualmente i loro “Interventi umanitari”.

Dov’è presente attualmente la Germania con il suo esercito nel mondo?

Nascosto sotto la sigla ISAF ha una presenza militare di circa 1000 soldati in Afghanistan. Sotto la sigla KFOR ha una presenza in Kosovo di 900 soldati e poi è presente militarmente in Libano e in Mali e con consiglieri nel nord dell’Iraq e Corno d’Africa.

Ultimamente, come è noto, il parlamento tedesco ha votato l’invio di 1200 soldati in Siria e ha dato la sua disponibilità a mandare ulteriori soldati anche in Iraq, dove infuriano guerre civili (fomentate dalle borghesie occidentali).

L’imperialismo tedesco quindi non si discosta di molto dagli altri padronati imperialisti.

Se per il proletariato, per la gente comune,  la guerra è una “cosa orrenda” (ed è sicuramente così,  senza ombra di dubbio) quello che la gente comune non sa è che per i capitalisti, cioè per i ricchi, la guerra è invece una cosa “normale”, ASSOLUTAMENTE “NORMALE”! Per loro  “… la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi” ci spiega Carl von Clausewitz, uno dei massimi esperti militari dell’800 (vedere articolo su “Der kommunistische Kampf” gennaio 2016).

Ma la borghesia tedesca nel mondo non interviene solo militarmente. Si caratterizza anche per un’altra cosa: dietro la facciata buonista-pacifista-umanitaria è una grande esportatrice di armi. Secondo il Stockholm International Peace Research Institute, (Sipri) é  la terza nazione al mondo per export di armi, dietro a Stati Uniti e Russia. 

Quindi, chi è convinto che gli industriali e le banche tedesche lavorino per la “pace”, deve tener ben presente questi dati.

E, (sempre secondo il Sipri) uno dei paesi dove la Germania maggiormente vende le sue armi è l’Arabia Saudita. Arabia Saudita che è considerata la dittatura più radicale e sanguinaria nel mondo del fondamentalismo islamico.

Per gli inesperti e per  gli ingenui questi dati portano tanta tristezza  e tanta delusione. MOLTA delusione. Ma è la realtà!

Per i marxisti solo conferme. Conferme in continuazione, su come funziona la società capitalistica!

 

Bisogna sempre cercare di capire e approfondire.


______________________________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

-Seguiamo l’ascesa di quella che nel futuro diventerà la 1° potenza mondiale-

IL CAPITALISMO DI STATO CINESE

ALLA SUA 2° RISTRUTTURAZIONE

 

Anche l’economia a capitalismo di stato cinese (che assolutamente non è “socialista”) è sottoposta alle ferree leggi della concorrenza capitalistica, come qualsiasi altro paese.

Ed anche per la Cina è arrivato di nuovo il momento di grandi ristrutturazioni industriali. L’Assemblea del Popolo  che si è riunita ai primi di marzo per programmare il prossimo Piano Quinquennale 2016-2020 è stata concentrata per la maggior parte dei suoi lavori sui problemi economici che il governo dovrà affrontare e risolvere.

Alcuni settori dovranno, senza altri ritardi, assolutamente venir  ristrutturati.

Così riporta la situazioneDer Spiegel” del 1°e 5 marzo: “Particolarmente nell’industria dell’acciaio e del carbone c’è una notevole sovrapproduzione. A queste si devono aggiungere molte imprese che vengono mantenute in vita artificialmente con prestiti” e  prosegue: “già in questo anno [2016 ndr] verranno chiuse migliaia di imprese del carbone. Anche nell’acciaio si deve ridurre la produzione“. E il quotidiano “Corriere della Sera” del 16 marzo chiarisce ulteriormente: Nei settori del carbone e dell’acciaio l’eccesso di produzione è enorme e molte miniere e acciaierie dovranno chiudere, con licenziamenti annunciati di 1,8 milioni di lavoratori (in ultima analisi, è questa la carne da tagliare con il coltello di cui parla Li Keqiang). Sommando altri settori in crisi come il cemento, il vetro, i cantieri navali, fonti governative hanno previsto tra i 5 e i 6 milioni di licenziamenti nei prossimi due-tre anni. Ma questi numeri non sono «licenziamenti di massa», per la Cina che negli anni 90 mandò a casa 30 milioni di dipendenti di aziende statali. Li Keqiang ha ricordato che la Cina ha creato l’anno scorso 13 milioni di posti d lavoro nelle sue città”. 

In altre parole il licenziamento di questi 5-6 milioni di lavoratori non viene visto dal presidente cinese come un così grosso problema, visto che in Cina solo l’anno scorso sono stati creati 13 milioni di nuovi posti di lavoro. 

Per sostenere questo piano quinquennale di ristrutturazione il governo della borghesia cinese ha messo a disposizione “14 miliardi di euro”, che dovranno servire anche per gli ammortizzatori sociali per agevolare il “ricollocamento” dei lavoratori licenziati.

Per avere un’idea delle proporzioni gigantesche di quello che sta succedendo, è utile illustrare l’obbiettivo che la borghesia di stato cinese con questo piano quinquennale si propone di raggiungere: nel 2020 il Pil cinese dovrebbe essere 3,8 trilioni di dollari più grande che nel 2015, cioè aggiungere un valore uguale all’intero Pil della Germania” (Corriere della Sera -ibidem). Cifre enormi per una borghesia che è “la seconda al mondo” (Der Spiegel – Corriere della sera) e che conta nelle sue attività produttive ben “800 milioni di lavoratori” (Der Spiegel -ibidem).

Ma a che punto è la Cina nel suo sviluppo?

Per  averne un’idea  prendiamo in esame dati significativi.

Ancora 20 anni fa la Cina veniva considerata un paese arretrato, in via di sviluppo, dove la popolazione era ancora molto povera. Da allora però, in questo brevissimo lasco di tempo, le cose sono notevolmente cambiate.

Adesso il 98% delle famiglie nelle città possiede gli elettrodomestici (frigo, tv, lavatrice, ecc.) e si può dire che in questo settore, più o meno siamo ai livelli dei paesi occidentali. Anche gli stipendi hanno avuto dei notevoli rialzi: si stima che nelle grandi città un operaio medio cinese percepisca  all’incirca 4.800 euro all’anno.

Per quanto riguarda il settore automobile viene valutato che 1 persona su 10 abbia la patente e che 1 famiglia su 6 abbia la macchina. Se ne desume che mediamente per 1 famiglia che ha la macchina, 2 persone abbiano la patente, guidando però una sola auto.

Nel 2015 sono state immatricolate in Cina più di 23 milioni di auto e con una produzione annuale di 21,1 milioni la Cina si pone al primo posto come produttore mondiale, produzione mondiale che in totale si aggira sui 60 milioni.

In base a tutti questi dati si può valutare che l’attuale livello di sviluppo in Cina sia paragonabile a quello di nazioni come l’Italia, la Spagna, la Grecia durante il boom economico dell’inizio anni ’60.

I dirigenti cinesi prevedono che nei prossimi 10 anni la produzione cinese di auto raddoppierà, portandola in media a 1 auto ogni 3 famiglie,   produzione nazionale di auto che corrisponderà all’incirca alla metà di quella mondiale. Per arrivare a questo il governo cinese sta ampliando notevolmente i suoi siti di produzione di auto, permettendo a fabbriche di automobili come VolksWagen, Hyundai, Honda, General Motors e Renault di parteciparvi massicciamente.

Visto che, dovuto alla concorrenza di paesi che fanno prezzi più bassi, in generale le esportazioni cinesi sul mercato mondiale stanno  subendo una contrazione, il governo della borghesia cinese per il prossimo futuro si sta orientando di aumentare la vendita dei  propri prodotti sul proprio mercato interno. Questo darà come  risultato  un livello di vita paragonabile a quello occidentale. 

Raggiunto questo livello, seguendo un ciclo che altri paesi sviluppati  (quelli occidentali) in queste situazioni hanno già percorso, arriverà anche per la borghesia di stato cinese la fase in cui di nuovo cambierà la sua produzione, vale a dire da una produzione e vendita di prodotti a bassa tecnologia com’è adesso, ad una produzione e vendita di prodotti ad altissima tecnologia (venderà fabbriche, aeroporti, dighe, treni, impianti altamente sofisticati, armi, ecc) come è nei  paesi occidentali e rivolgerà la sua enorme potenza  economica e finanziaria (e non solo) alla conquista di mercati internazionali dove poter vendere i propri prodotti.

Sarà in questa futura situazione che dovrà scontrarsi duramente con gli altri predoni imperialisti che già imperversano nel mercato internazionale. E gli effetti che ne deriveranno, anche gli enormi disastri, come spiegato da Marx e come ripetutamente successo nel passato, ritorneranno ad essere all’ordine del giorno.

 

Questo è il capitalismo.

PERCHE’ SIAMO LENINISTI

E NON STALINISTI.

 

NELLE LEZIONI DELLE UNIVERSITA’ NON VIENE SPIEGATA LA FONDAMENTALE DIFFERENZA POLITICA

TRA IL RIVOLUZIONARIO LENIN E

 

IL CONTRORIVOLUZIONARIO STALIN.

 

 

Un attivista marxista è, per definizione, un rivoluzionario, perché essere un marxista significa conoscere bene il funzionamento  della società capitalistica e impegnarsi per arrivare ad una società superiore.

Lenin aveva intrapreso correttamente questa strada: aveva costituito, nel periodo tranquillo di sviluppo capitalistico  precedente alle crisi, un partito rivoluzionario; nel momento rivoluzionario, creato dalla immane crisi della 1° guerra mondiale provocata dagli affari, aveva fatto la rivoluzione; nella rivoluzione aveva portato il proletariato al potere; subito dopo la rivoluzione aveva costituito la 3° Internazionale in modo che la rivoluzione proletaria si potesse estendere su tutto il pianeta.

Più di così non poteva fare.

Dopo di che, aveva aspettato correttamente che i proletari delle altre nazioni con i loro partiti rivoluzionari aggregati nella 3° Internazionale, facessero a loro volta le rivoluzioni. 

Certo,  per il proletariato rivoluzionario russo e il suo partito, tenere il potere in Russia, non era un’impresa facile. Fortissime erano le pressioni che i ricchi esercitavano nel mondo con i loro governi ed eserciti perché la rivoluzione crollasse.

La Russia rivoluzionaria difatti si trovò fortemente isolata economicamente per la chiusura dell’interscambio commerciale che i padronati di tutto il mondo nei suoi confronti avevano intrapreso, con conseguenti  inimmaginabili problemi. Ma non solo. Le democratiche borghesie occidentali  si erano anche impegnate per  organizzare e sostenere contro il governo operaio russo una sanguinosissima guerra civile che costerà 500.000 morti ed immani distruzioni.

Di fronte a questi enormi problemi Lenin e i bolscevichi di certo non si sono spaventati ne scoraggiati e proseguendo nella tenuta al potere il governo operaio hanno continuato ad organizzare e sostenere ultraattivamente quello che era lo scopo principale, fondamentale della rivoluzione russa: l’ Internazionale comunista, per arrivare successivamente alla rivoluzione mondiale. Questo l’operato di Lenin.

Stalin e lo stalinismo. 

Stalin succede a Lenin. Comincia ad affermare che le difficoltà nella Russia rivoluzionaria sono enormi e che la ricostruzione dell’economia russa deve avere la precedenza su tutto.  Questo per lui aveva il significato che il governo operaio e il partito rivoluzionario si dovevano concentrare più sui problemi interni che quelli esterni riguardanti la 3° Internazionale (proprio il contrario di quanto affermava invece Lenin). Stalin comincia poi a sostenere che è possibile addirittura costituire “il Socialismo in un paese solo” (cosa assolutamente irrealistica) e che quindi questo in Russia doveva  diventare la priorità assoluta. Come conseguenza ciò  portava l’abbandono dell’obbiettivo primario, fondamentale, lo scopo per cui la rivoluzione proletaria russa era stata fatta: ARRIVARE ALLA RIVOLUZIONE MONDIALE! 

Stalin comincia ad affermare anche, che in Russia non solo esiste il “socialismo”, ma è la “patria del socialismo” e che quindi lo scopo prioritario di tutti i partiti comunisti nel mondo non deve essere più quello di fare la rivoluzione proletaria nel proprio paese, ma di difendere la Russia “socialista”.

E qui, se ancora ci fosse qualche dubbio, diventa più che chiaro che Stalin stravolge completamente il concetto comunista marxista e cioè che LA RIVOLUZIONE RUSSA (che ancora economicamente non è socialista-comunista) DEVE ESSERE IL PRIMO PASSO VERSO LA RIVOLUZIONE MONDIALE! LA RIVOLUZIONE RUSSA COME LA PRIMA DI TUTTA UNA SERIE DI RIVOLUZIONI PER POI GIUNGERE AL COMUNISMO! 

Su questa sua logica controrivoluzionaria, poco dopo Stalin scioglierà la 3° Internazionale che per i suoi scopi capitalistici imperialistici non servirà più.

Molti partiti si lasceranno trascinare in questo orribile concetto nazionalista stalinista del “Socialismo in un paese solo”: Mao, Castro, Ho Ci Minh.

Come ben si vede, senza ombra di dubbio, una differenza di politica tra IL RIVOLUZIONARIO LENIN E IL CONTRORIVOLUZIONARIO STALIN sostanziale! Impossibile da non vedere per chi è un po’ esperto di politica! 

QUESTA SOSTANZIALE DIFFERENZA POLITICA NELLE LEZIONI DELLE UNIVERSITA’ NON VIENE ASSOLUTAMENTE SPIEGATA, MA NEMMENO ACCENNATA!

 

Ci sono invece migliaia e migliaia di operai e studenti in tutto il mondo che si interessano di politica, che vogliono capire e non sbagliare, e trovano questa differenza fin troppo evidente, ritengono necessario  scriverla e divulgarla.  


___________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

Punti fermi della scienza marxista

 

-Riproponiamo qui al lettore un articolo tratto dalle dispense “Teoria e pratica del marxismo” edito da “Lotta Comunista” nel 1996. –

 

DAL MATERIALISMO MECCANICISTA AL MATERIALISMO DIALETTICO (parte seconda)

(…) Il marxismo sviluppa la concezione materialista precedente, la quale analizzava la materia e la concepiva prioritaria rispetto allo spirito, ma la vedeva anche fissa, immobile per l’eternità:  gli astri giravano per sempre nelle loro orbite, le specie animale e vegetali erano sempre esistite quali sono oggi, le leggi economiche erano sempre quelle, ecc.

Marx ed Engels, riprendendola da Hegel, introducono nel materialismo la dialettica, cioè la concezione “che considera le cose e le loro immagini concettuali essenzialmente nel loro nesso, nel loro concatenamento, nel loro movimento, nel loro sorgere e tramontare” (Engels, “Antiduhring”).

Sottolinea sempre Engels che la dialettica non è un modo di vedere ideale che viene “sovrapposto” alla realtà, una specie di  paio di occhiali che deforma la realtà per renderla adeguata alla idea che gli uomini si sono fatti di essa. Al contrario la dialettica è il modo di esistere della realtà materiale:“il movimento è il modo di esistere dalla materia. Mai e in nessun luogo c’è stata e può esserci materia senza movimento” (Engels, “Antiduhring”)

E’ affrontando dialetticamente la realtà materiale che Kant e Laplace potevano elaborare la teoria della nebulosa primitiva e quindi della evoluzione dei corpi celesti e delle loro orbite; analogamente Darwin potè fondare la teoria della evoluzione della specie smentendo la precedente teoria della fissità.

Ed è ancora una volta affrontando dialetticamente le realtà che Marx ed Engels poterono arrivare ad una concezione materialistica della natura, concezione che permetterà di spiegare anche l’evoluzione delle forme di società che l’umanità ha visto nel suo sviluppo. Infatti se la materia nel suo sviluppo è il fondamento di tutta la realtà naturale, se è essa ad avere prodotto l’uomo, l’uomo reale nei suoi rapporti con gli altri uomini, sarà ancora una volta questa realtà materiale  a determinare le forme sociali dell’organizzazione umana, la stessa storia dell’uomo.

Non le idee, ma la produzione, cioè l’azione materiale mediante la quale l’uomo, associato ad altri uomini, trasforma la natura per il proprio mantenimento e sviluppo, è la base della società umana e della sua storia.

“Conseguentemente l’idealismo veniva cacciato dal suo ultimo rifugio, la concezione della storia: veniva data una concezione materialistica della storia e veniva trovata la via per spiegare la coscienza dell’uomo col suo ssere, invece di spiegare, come si era fatti sino allora, il suo essere con la sua coscienza”. (F. Engels, “Antiduhring”).

Sono così gettate le basi della concezione materialistica della storia e della politica.

 

 

 

“Come Darwin mise fine alla concezione secondo la quale le specie animali e quelle vegetali non avevano nessun legame tra loro, erano prodotti del caso, creazioni di Dio ed erano immutabili – e per la prima volta portò la biologia su un terreno del tutto scientifico, stabilendo la variabilità delle specie e la loro successione – così Marx mise termine alla concezione che considerava la società come un aggregato meccanico di individui (…) e per la prima volta portò la sociologia su un terreno scientifico, stabilendo il concetto di formazione economico sociale come complesso di determinati rapporti di produzione e stabilendo che lo sviluppo di queste formazioni è un prodotto storico naturale”.

                                                            Lenin, 1894

 

 

.

Punti fermi della scienza marxista

- Proseguiamo qui nell’approfondimento del falso socialismo,

cioè del capitalismo di stato camuffato da “socialismo”-

 

EX DDR:

NESSUN “SOCIALISMO REALE”,

PERCHE’ NON ESISTEVA NESSUN SOCIALISMO!

MA SEMPLICEMENTE CAPITALISMO DI STATO.

 

Proseguendo nel nostro approfondimento andiamo adesso ad esaminare il cosiddetto “socialismo reale” dell’ex DDr,  ex Urss, ecc.

Lo scopo di chi affermava (e afferma tutt’ora) che in quei paesi esisteva il “socialismo reale” era quello di dare una “interpretazione” di socialismo o comunismo.  Altre interpretazioni sostenevano (e sostengono) invece che in ex DDr, ex Urss, ecc. esisteva il “socialismo degenerato”, altri una “dittatura comunista”, altri ancora il “comunismo o socialismo ortodosso” in contrapposizione al “comunismo moderno” della Cina e così via. 

Quale erano i ragionamenti per cui si affermava (e si continua ad affermare) che esisteva il “socialismo reale”?

Si diceva che una cosa è la teoria e tutt’altra cosa era la pratica.

Chiariamo meglio: si spiegava che la teoria comunista di Marx sognava un bel mondo dove tutti stanno bene,  tutti  sono uguali, dove non ci sono disuguaglianze e discrepanze sociali, ecc.  Ma la cruda realtà pratica invece, dimostrata da quello che  succedeva allora in Urss e DDr, ecc, diceva tutt’altro e cioè,  che in questi regimi c’erano si degli  aspetti positivi “comunisti”:  - tutti avevano diritto ad una casa; tutti avevano un lavoro; assistenza sociale per tutti;  alta scolarità per tutti; asili nido senza problemi, ecc,- ma soprattutto dimostrava che c’erano degli aspetti negativi con enormi problemi : - mancanza di libertà; dispotismo governativo; mancanza di più partiti e niente elezioni; salari molto bassi; divieto di sciopero, repressioni molto dure per chi protestava, ecc. ecc. - Per cui si diceva che, tutto sommato il sistema capitalistico occidentale in cui si viveva, era ancora il migliore.

Ovviamente tutti gli intellettuali, gli “esperti”, i “professori”, i politici, che allora sostenevano (e tutt’ora sostengono)  l’esistenza di questa forma di  “socialismo reale” non specificavano mai cosa fosse realmente il comunismo o socialismo e quale fosse la differenza con il capitalismo. Ne facevano (e come attualmente sentiamo) tutto un minestrone. Forse non ne avevano la minima idea o non avevano  interesse a chiarirlo, 

Stranamente, nessuno della grande stampa o della televisione che li interrogava (e li interroga) sulla politica e sull’economia  poneva loro la domanda sul concetto fondamentale, sostanziale (riconosciuto in tutto il mondo), in modo da capire, se nell’ex DDr  ed ex Urss i prodotti venivano venduti per trarne un guadagno come è nel capitalismo o se i prodotti venivano suddivisi tra la popolazione come avviene  nel comunismo - socialismo.

E’ noto a tutti che anche in quei paesi, anche se si autodefinivano “comunisti”, i prodotti venivano venduti, per cui era più che chiaro che non si poteva parlare di socialismo!

Eppure i grandi “professoroni”, i grandi “esperti”, “politici”, “economisti”, facevano (e fanno) finta di nulla, ignoravano completamente questo concetto fondamentale  e insistevano nel definire quei paesi “socialisti”.

Ma anche a quel tempo (come oggi) esistevano  gruppi e partiti marxisti che specificavano chiaramente questi punti sostanziali  in modo da capire, gruppi e partiti marxisti che  erano anche ben estesi.

 

Chiunque può verificare: parliamo dei marxisti olandesi facenti capo a Pannekoek, i marxisti tedeschi attorno a Paul Mattick , i gruppi italiani con Bordiga, Onorato Damen e poi il grosso e attualmente grossissimo partito marxista italiano Lotta Comunista con a capo Cervetto e Parodi. 

E queste organizzazioni  sostenevano (e sostengono) a gran voce che il cosiddetto “socialismo” dei paesi Urss era tutto una bufala, che quelli erano paesi capitalisti (a capitalismo statale) dove vigevano tutte le leggi della concorrenza capitalistica ed erano sottoposti a tutte le disfunzioni  che questo comportava (crisi, guerre, sfruttamento, lotte sociali, fallimenti, successi, ecc.) come in qualsiasi altro paese.                     

Ma allora perché i grandi “professoroni”,  i grandi                

“esperti” di politica non consideravano e non considerano queste cose elementari?

Come mai cercavano e cercano in tutti i modi di vendere una realtà fasulla?

Che dire di questa persone? Se non che erano e sono dei meri e bassi servitori della borghesia, senza dignità e senza un minimo di classe! Che alla lunga passano più per essere dei poveri incompetenti  piuttosto che degli esperti.

 

Ma a noi questi concetti devono essere estremamente chiari: NOI VOGLIAMO ARRIVARE ALLA SOCIETA’  SENZA CLASSI!



Email

Visits

Social

Blog

Home