I PUNTI DEBOLI DEL SISTEMA CAPITALISTICO.

LA RIVOLUZIONE E’ POSSIBILE!

 

 

“Il vero limite della produzione capitalistica

è il capitale stesso”

                                                                 K. Marx

 

 

 

 

 

Molto diffusa è l’idea che la società in cui viviamo sia eterna, che non cambierà mai.

Ovviamente questa è un’ idea superficiale, molto semplice, di chi non approfondisce.

La società capitalistica non è sorta dal nulla, non “è sempre esistita” come qualcuno erroneamente pensa o afferma, in realtà altre forme economiche sociali l’hanno preceduta: parliamo del Medioevo prima, della società schiavistica prima ancora, e delle società a comunismo primitivo all’inizio dell’attività primordiale umana.

Forme sociali che sono durate migliaia di anni od addirittura alcune decine di migliaia come il comunismo primitivo.

Forme sociali che hanno avuto un inizio, uno sviluppo e una fine e , come nella società schiavistica o medioevale, hanno vissuto furibonde lotte per il loro superamento.

La forma capitalistica in cui viviamo sarà un’eccezione? Sarà insuperabile ed esisterà sempre come affermano i borghesi  o gli apologeti del capitalismo o avrà anch’essa uno sviluppo ed una fine per lasciar posto ad un’altra società, come invece afferma Marx?

Marx ha una analisi e una teoria su quale sarà il futuro del capitalismo. Nella sua visuale specifica che “il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso”.

Cosa intende il grande rivoluzionario comunista con questo?

Intende che nella società capitalistica esistono e si sviluppano contraddizioni così profonde che alla fine anche per questo tipo di società se ne determinerà la caduta?

Nella società Medioevale basata sull’agricoltura del servo della gleba, la nascente borghesia artigiana e  commerciale, espandendosi nelle città, diventa una parte fondamentale della produzione. Per affermare i suoi interessi deve combattere dure battaglie contro i nobili e il clero  (si pensi che i re medioevali e i papi si consideravano prescelti da Dio, quindi eterni e irremovibili) per liberare il contadino dalla terra cosicchè come persona “libera” potesse offrire il proprio lavoro al miglior padrone richiedente. In questo nuovo rapporto sociale di libero scambio, gli affari borghesi nella nuova società, non più imbrigliati dalle leggi medioevali, potevano finalmente, nella ricerca del massimo profitto, accelerare ed espandersi fino a permeare tutto il pianeta.

Marx vede un ciclo, una situazione analoga anche per il capitalismo. Come nella società Medioevale si è andata a formare ed estendere al suo interno la nuova classe borghese (artigiana e commerciale) che sviluppandosi ne determinerà il suo crollo e superamento, così la società capitalistica liberando il servo della gleba dal vincolo medioevale della terra, sviluppa il proletariato che nel proseguo sociale ne diventa l’assoluta maggioranza che a sua volta determinerà il crollo del capitalismo. 

Per Marx, anche l’esteso moderno proletariato lotterà per adattare una nuova società alle proprie esigenze contro i legami capitalistici che ne impediscono lo sviluppo e l’espansione.

Se il sistema Medioevale aveva i suoi punti deboli nelle carestie e nelle catastrofi naturali, che il basso sistema produttivo medioevale ingigantiva enormemente provocando rivolte e sollevazioni popolari, dando così la possibilità alla nascente borghesia rivoluzionaria di usare l’esplosivo malcontento contadino contro i nobili e il clero per giungere al potere e trasformare la società (come nella rivoluzione francese), così il capitalismo ha il suo punto debole nella sovrapproduzione di beni di consumo che, paradossalmente, invece di trasformarsi in un vantaggio a favore di tutta la società, diventa, a causa della troppe merci presenti sul mercato, un ostacolo enorme per il raggiungimento di un buon profitto, spingendo i capitalisti in mostruose guerre militari per l’abbattimento della “concorrenza”.

In altre parole: nel capitalismo, quando il mercato crea troppo benessere, il sistema collassa! Pazzesco!

Queste situazioni catastrofiche però aprono la porta alle ribellioni proletarie dando la possibilità ai lavoratori disperati di farla finita con il vecchio sistema e di inoltrarsi verso la nuova società superiore comunitaria.

Già esempi di questo indirizzo li possiamo trovare nella rivolta della “Comune di Parigi” del 1871 e nella rivoluzione russa dell’ottobre del ’17.

A questo punto si comprende bene il perché dell’affermazione di Marx: “il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso”. Una considerazione che nell’ambito politico specialistico viene definita “scientifica”.

 

Ovviamente la storia dell’umanità non si fermerà alla società capitalistica “irremovibile” o “impossibile da cambiare” come affermano i borghesi. Il mondo proseguirà inesorabilmente il suo corso. Il futuro ha tutto da avvenire e lo sviluppo della società proseguirà nonostante le resistenze dei sostenitori del passato

SCHULZ  E LE PROMESSE IN CAMPAGNA ELETTORALE: 

UN TRUCCO VECCHIO COME IL CAPITALISMO:

PROMETTERE 1,

PER POI TOGLIERE 100.

Per i marxisti i politici fingono di essere dalla parte dei lavoratori, il solo intento è prendere i voti.

 

 

E’ noto a tutti come i socialdemocratici nel 2005 con Schröder abbiano introdotto i disastrosi peggioramenti per i lavoratori definiti “Agenda 2010”, spingendo i profitti delle aziende alle stelle. Martin Schulz, che a quell’epoca era membro dei vertici SPD e poi nel 2012 è diventato presidente del Parlamento Europeo, ne era perfettamente d’accordo e compartecipe.

Questi enormi peggioramenti per i salariati però hanno portato per l’SPD l’effetto di conseguenze disastrose: il partito ha dovuto subire scissioni e perdere un’enormità di consenso proletario portando il livello di preferenze elettorali velocemente dal 38,5% del 2002 al 22-25% del 2016. Un livello bassissimo per un partito che è sempre stato come numero di voti ai vertici nazionali. 

Adesso in Europa e negli Stati Uniti imperversa il populismo, cioè il risentimento e la protesta dei lavoratori contro i partiti e le istituzioni viste come arraffatutto e corrotte, e probabilmente i vertici SPD annusano, prevedono, che questo populismo potrà pervadere anche la Germania  e alle elezioni di settembre portare per il loro partito SPD un ulteriore calo di voti, se non mettono in atto qualcosa.   

E hanno pensato che questo qualcosa per funzionare e recuperare voti deve naturalmente apparire come “populista”.

Ed ecco la trovata dei vertici SPD- Schulz di sconfessare i peggioramenti da loro introdotti nel 2005 per tentare di risalire la china.

Molti, come noi,  non credono a questo cambiamento repentino. Difficile credere che dietro a ciò non ci sia il trucco. Perchè come precisato, Schulz, che adesso viene definito “l’Anti Agenda 2010” a suo tempo ne è stato totalmente responsabile e partecipe.

Per darsi credibilità Schulz comincia con un pentimento pubblico riguardo “l’Agenda 2010”: "Abbiamo fatto degli errori. Fare degli errori non è un peccato mortale, l'importante è riconoscerlo. E noi lo abbiamo riconosciuto”. Pur non rinnegando l’impianto dell ”Agenda 2010” inizia con l’elencare i punti che intenderebbe modificare:  sussidi di disoccupazione, le norme sui contratti a termine (cioè del precariato), le norme sui licenziamenti, congelamento coefficienti calcolo pensione e pensione minima.

E’da sottolineare che è tipico dei partiti che usano il populismo come Syriza, Rifondazione Comunista, Trump, Walesa, Chàvez, ecc. promettere in campagna elettorale tutto e il contrario di tutto, per poi una volta al governo agire diversamente. E’ la classica tattica (che conosciamo bene) del promettere 1 per poi, giunti al governo, far passare 100 peggioramenti: guerre, disastri, sprechi, clientelismo, ecc.

Ma andiamo ad analizzare nel dettaglio queste promesse elettorali SPD-Schulz.

-   La più famosa, quella che ha avuto più eco sui media, è “l’allungamento del sussidio di disoccupazione da 12 a 24 mesi, a patto però che i diretti interessati partecipino a corsi di formazione”. Nonostante la forte risonanza mediatica, all’approfondimento sembra proprio che questa variazione riguardi una piccolissima parte dei disoccupati interessati e comporti una spesa minima per lo stato. Sentiamo come descrive la proposta Christoph Butterwegge, professore di scienze politiche e componente del vertice della Linke: " “Caro Martin Schulz … quale vantaggio avrebbero i disoccupati dal prolungamento dell’indennità di disoccupazione per gli ultra cinquantenni se un quarto di tutti nuovi disoccupati nemmeno ne ha diritto e la grande maggioranza dei disoccupati riceve il sussidio Hartz IV?”. In altre parole: alla fine, quanti disoccupati usufruirebbero realmente di questo vantaggio?  Se ne deduce solo una piccolissima parte. Ecco il trucco: si promette (per prendere i voti operai) un minimo, una piccolissima toppa di facciata, rispetto al mare di problemi che attanagliano la classe lavoratrice tedesca.

-   La seconda proposta elettorale Schulz-SPD riguarda il precariato: “Aboliremo i contratti a tempo determinato che non abbiano una giustificazione fondata”.  Per i padroni, dare “una giustificazione fondata” per ottenere i” contratti a tempo determinato” è il trucchetto (che conosciamo bene) da parte SPD-Schulz, per dare la possibilità a tutti loro, senza tanti problemi, di continuare ad avere lavoratori precari esattamente come prima. Perché i padroni (come ben sappiamo) porteranno sempre “motivazioni” più che” fondate” per ottenere i contratti a termine. Un altro bluff quindi, il classici bluff elettorali.

Su altri punti come le norme sui licenziamenti, congelamento coefficienti calcolo di pensione e pensione minima, per il momento l’SPD-Schulz non entra nello specifico, non da chiarimenti e rimane sul vago. Saremo pronti ad analizzarne le specificità (naturalmente se le daranno).

-   Un’altra proposta dove invece i socialdemocratici si esprimono chiaramente è sugli aiuti ai nuclei famigliari. In contrapposizione alla CSU che propone miliardi di euro per il sostegno alle famiglie, l’SPD lancia la promessa, attraverso l’attuale ministra SPD per la famiglia Schwesig (che attualmente siede nel governo Merkel), di dare 300 euro al mese ai genitori (150 per ciascun di essi) con figli, in cambio che riducano l’orario lavorativo. 

Come già fatto da altri partiti populisti in Europa, queste sono tutte proposte, promesse elettorali, che come da routine hanno il solo scopo di raccogliere voti. Per la loro realizzazione poi, come dimostrato, è tutto da vedere. L’importante per i partiti della borghesia è prendere consenso per rimanere al potere e continuare a favorire gli interessi dell’imprenditoria. Interessi come garantire una maggiore presenza militare nel mondo con eventuale partecipazione alle guerre (come in Siria, Mali, Afghanistan), tener il più basso possibile le tasse ai ricchi, tener alto il livello di lavoro precario soprattutto giovanile (Agenda 2010), fare in modo che le persone vadano in pensione il più tardi possibile, tener alto al massimo i profitti delle aziende, corruzione, ecc. ecc.

Con i parlamenti, con i governi, non c’è scampo per i lavoratori (se non quello di venir sempre raggirati).

SOLO LE GRANDI E CONTINUE LOTTE DELLE MASSE SALARIATE  HANNO PERMESSO ALLA CLASSE LAVORATRICE DI OTTENERE BENEFICI.

Non certo attraverso i parlamenti che hanno invece il compito poi, al contrario, di togliere e rimuovere lentamente questi benefici. 


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IL RIBELLE POPULISTA TRUMP NON GRADITO ALLA GRANDE IMPRENDITORIA AMERICANA

 

 

 

Trump ha vinto le elezioni presentandosi come populista, offrendo ai lavoratori una politica che vuol apparire diversa da quella dell’establishment che ha deluso così tante persone.

Dopo l’elezione a presidente ha voluto far vedere al suo elettorato che lui gli impegni presi  in campagna elettorale li mantiene, firmando tutta una serie di decreti dal significato “le cose finalmente cambieranno!”.  Decreti ultra noti, come il blocco all’immigrazione proveniente dai paesi arabi a rischio terrorismo, scioglimento TPP (accordo transpacifico), scioglimento del NAFTA (Trattato Nord America), annullamento dell’Obamacare, progetto di costruzione del famoso muro col Messico, aumento considerevole della spesa militare. Poi ha inasprito la lotta all’Isis, ha tentato di instaurare un nuovo rapporto con Russia e Cina e, non per ultima, ha mostrato i muscoli duri contro la Corea del Nord.

All’inizio, esibirsi come “diversi”, dopo essere arrivati al governo è tipico per i partiti protestatari populisti. Lo si è visto spesso nella storia con questi tipi di governi: Syriza in Grecia, Walesa in Polonia, Lula in Brasile, Chàvez in Venezuela e così via. Poi però è arrivato il cambiamento.

Anche Trump vuol seguire alla lettera questo schema di “diversità”. In occasione della ricorrenza dei suoi primi 100 giorni di mandato presidenziale, nel discorso alla Casa Bianca non ha esitato a esagerare nell’esaltare l’operato del suo governo: “Ho mantenuto ogni promessa, nessun altro l’ha mai fatto!” - “Mi do un bel 10” - “La mia Amministrazione si è mossa straordinariamente bene”, e così via.

Questo naturalmente  indirizzato al suo elettorato.

In realtà l’amministrazione Trump è duramente  criticata dai giornali, tv ed establishment, come mai?

Come tutti i partiti populisti, al di la delle promesse elettorali (mantenute poi o no) anche il governo Trump si trova a dover  fare i conti con coloro che veramente comandano in una nazione, i cosiddetti “poteri forti”, quelli che noi marxisti chiamiamo “la dittatura del capitale”, cioè coloro che dietro le quinte contano veramente e hanno in mano il “vero potere”, si intendono le enormi multinazionali americane, i grandi agglomerati di banche e industrie, la potente finanza. Tutte queste forze assieme stanno con forza spingendo, attraverso le loro catene di giornali e tv, con le loro correnti politiche all’interno della Camera e del Senato, con i loro giudici, giornalisti, economisti, e militari, perché il presidente persegua i loro interessi e non si dedichi alle “promesse elettorali“.

Trump però si sente il presidente di tutta l’America ed è dell’idea che con la sua politica sta effettivamente avvantaggiando le grandi forze economiche. Però lo sta facendo a modo suo e pensa che quello sia il modo giusto. Come difensore dei loro interessi,  sta dimostrando a tutto il mondo che con la sua Amministrazione l’America sta ritornando grande, attiva, persino aggressiva. E per dimostrare che non scherza fa sganciare sull’Afghanistan una bomba “speciale” chiamata “bomba madre” creando enorme impressione, aumenta notevolmente l’ostilità contro la Corea del Nord, fa intervenire squadre speciali d’assalto americane direttamente  nelle zone di guerra mediorientali, e non per ultimo e assolutamente importante, da il via ad un enorme aumento della spesa militare (si vedrà poi in seguito se Trump perseguirà su questa sua politica e se si, come).

Però è più che evidente che i ”poteri forti” non concordano con lui, non lo sostengono e  lo attaccano continuamente con i loro media.

Trump contrattacca accusando i giornali di divulgare menzogne e falsità sul suo conto e per dimostrare la sua contrarietà non si presenta alla rituale cena annuale alla Casa Bianca con i giornalisti. In contemporanea però vengono diffuse voci (che suonano da avvertimento) su un suo probabile impeachment  (impeachment - ossia l’essere messo sotto accusa- colpì Nixon nel 1974, anche lui allora in netto contrasto con i media, che lo costrinse a dimettersi).  

Dall’establishment borghese americano Trump viene visto come bizzarro, ingenuo, incapace e instabile, non viene ritenuto all’altezza di svolgere il ruolo di “loro presidente” nel mondo. 

A conferma, effettivamente il comportamento di Trump si presenta bizzarro: all’inizio afferma essere Putin un amico dell’America poi lo attacca duramente; poi presenta la Cina come un nemico, ma dopo diventa un grande amico. Attacca duramente il dittatore coreano Kim Jong-un e poi dice che avrebbe il piacere di incontrarlo personalmente per parlargli, e così via. E’ evidente che questo scoordinato comportamento crea un’enorme insicurezza nei vertici americani che cercano una linea stabile, costante.

Potrebbe succedere, come è successo a quasi tutti i presidenti populisti ribelli giunti al potere nelle varie nazioni del mondo, che anche Trump dopo i primi scontri contro l’Establishment  si adegui alla loro volontà,. Se così non fosse, allora proseguirà lo scontro tra lui e i “poteri forti” e potrebbe realisticamente accadere che venga messo sotto impeachment (sotto accusa per qualcosa). I ricchi hanno molti mezzi per togliersi di mezzo qualcuno che ostacola i loro interessi.

Per noi marxisti conferme, solo e tante conferme. 

Il presidente come rappresentante dell’imprenditoria; i grandi gruppi economici che devono metter “in riga” e pilotare il loro presidente, i tanti interessi borghesi in campo: tutte conferme per l’analisi marxista, niente di nuovo.

 

E che tutto questo non abbia nulla a che fare con gli interessi dei lavoratori, anche questa una conferma.  Anche i lavoratori americani dovranno lottare duramente contro il governo borghese per difendere i loro interessi.

QUANTO E’ EFFETTIVAMENTE PERICOLOSA

LA COREA DEL NORD?

 

 

Il regime a capitalismo di stato della Corea del Nord non fornisce dati sulla sua produzione industriale. La Cia stima che il suo Prodotto Interno Lordo (PIL) sia di 28 miliardi di $, più o meno come la Tanzania, la Lettonia (scheda Wikipedia).

                                                                                                   (fonte Wikipedia)
(fonte Wikipedia)

 

Una produzione tra le più basse del mondo quindi, se si pensa che il solo PIL del Land (regione) di Berlino consiste in 117 miliardi di Euro (fonte IT.NRW) vale a dire più di 4 volte quello del Nord Corea.

 

LISTA  PIL  LÄNDER (regioni) TEDESCHI

 

Si valuta essere la popolazione nordcoreana poverissima e le poche immagini che arrivano mostrano città desolate, semideserte e senza auto.

COME PUO’ CON QUESTA ECONOMIA LA COREA DEL NORD ESSERE UN PERICOLO per la borghesia americana che ha un PIL di 18.500 miliardi di $ vale a dire 600 volte più alto?

 

LISTA PIL MONDO ( prime nazioni )

                                                    fonte Wikipedia
fonte Wikipedia

 

E’ noto che il Nord Corea è un protettorato cinese. Se non fosse sotto la protezione di Pekino le borghesie americana e europee l’avrebbero già facilmente invasa come è successo all’Afghanistan e all’Iraq.

Quindi la Corea del Nord non è un pericolo proprio per nessuno.

Allora: perché tutto questo chiasso intorno a questa nazione, che potremmo definirla una nullità?

Tutto questo fa parte del tremendo gioco politico borghese, sconosciuto ai più. La borghesia industriale di stato cinese, in forte ascesa e destinata a diventare la prima potenza economica del mondo, ha bisogno di costruirsi una propria “sfera di influenza” (come fanno tutte le borghesie imperialiste di questo mondo) con nazioni alleate. La Corea del Nord, il Laos, la Cambogia, ecc. appartengono a questa sua “sfera di influenza” e non permette a nessuno di toccarle. Quindi le borghesie occidentali concorrenti devono stare molto attente prima di prendere qualsiasi iniziativa contro queste nazioni “amiche” della Cina.

La borghesia americana questo lo sa perfettamente, perché anch’essa ha la sua “sfera di influenza” intoccabile per gli altri. Ma come tutte le borghesie, deve costruire (sempre) un nemico “malvagio” da esibire alle proprie masse lavoratrici per distoglierle dai gravi problemi di sfruttamento a cui sono sottoposte, e per poter poi anche convincere, coinvolgere, i giovani in avventure guerrafondaie.

Ieri, durante la guerra fredda, erano i paesi cosiddetti “socialisti” dell’area sovietica che svolgevano il ruolo di “cattivi nemici”.  Oggi sono i terroristi islamici e appunto anche la Corea del Nord.

Come da schema, questi presunti “nemici” vengono dipinti a dismisura come dei mostri, degli insensati, in modo da attirare su di essi al massimo la concentrazione della popolazione.

Questo metodo, per es. è stato usato agli inizi degli anni ‘30 in Germania dai media tedeschi contro gli ebrei, per creare un forte sentimento popolare nazionalista tedesco per favorire e portare al potere Hitler e poi entrare in guerra. 

Per il governo americano adesso il ruolo di nemico nr. 1 tocca all’insignificante Corea del Nord, dove la nazione viene sfruttata da Trump per far vedere al suo elettorato che lui mantiene le promesse fatte in campagna elettorale e che sa mostrare i muscoli.

Naturalmente, i forti e decisi messaggi che gli Usa lanciano contro Kim Jong-un sono anche segnali diretti contro l’imperialismo cinese che, come è noto, viene ritenuto un temibile rivale.  In altre parole la missiva che Trump manda alle borghesie nordcoreana, cinese e a quelle del mondo intero sarebbe: non pensate di fare quello che volete: L’AMERICA E’ RITORNATA GRANDE!


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CONTRATTI A TERMINE :

un INCUBO per i giovani e una MANNA per i profitti delle imprese.

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COME IL PARLAMENTO PENALIZZA I GIOVANI CON IL LAVORO PRECARIO

 

-Un futuro di incertezza e precariato-

 

Credits:Ridofranz/Stock/Thikstockphoto
Credits:Ridofranz/Stock/Thikstockphoto

 

Il sogno e le aspirazioni di qualsiasi giovane è di avere un futuro con una vita tranquilla, formarsi una famiglia, figli, avere il proprio lavoro senza dover ogni giorno combattere per non essere licenziato, non aver lo stress di un futuro incerto.

Avere una vita tranquilla e un futuro sicuro è quello che la società fino ad adesso ha sempre fatto credere di poter garantire: si è in democrazia, quindi nel benessere, nella certezza della sicurezza, della tranquillità, insomma, il meglio che una società possa offrire.

E questo ha potuto trovare anche una certa conferma perchè dal dopoguerra in poi questo relativo benessere, questa relativa tranquillità effettivamente in alcuni paesi europei è stata garantita.

Ma adesso le cose stanno cambiando, quest’epoca si va decisamente estinguendo.  Sempre più guerre deplorevoli sopravvengono ogni giorno e una certa insicurezza, incertezza sociale si sta imponendo.

Il vero problema per le giovani generazioni è l’estensione dei CONTRATTI A TERMINE. Attanaglia loro l’animo, crea loro angoscia.

Se ieri il posto fisso era la normalità, una consuetudine, oggi non è più così. In Italia per es. le statistiche riportano che quasi l’80% delle assunzioni giovanili sono a contratto a termine. Un disastro!

Sarà questo il futuro anche per i giovani in Germania?

Noi riteniamo che le borghesie europee (la famosa Europa) siano tutte d’accordo per imporre nei propri paesi ai nuovi dipendenti questo tipo di contratto di lavoro a loro molto favorevole. E pensiamo che anche la borghesia tedesca sia superdeterminata a raggiungere al più presto questo obiettivo. Per gli imprenditori ciò significa notevoli vantaggi, un ulteriore balzo all’insù ai già alti guadagni che già ottengono.

E i parlamenti europei si devono incaricare di realizzare nella pratica questa direttiva imprenditoriale.

Se per i ricchi imprenditori questo è un grande vantaggio, PER I GIOVANI (e non solo) E’ UNA VERA TRAGEDIA

Già adesso in Germania inizia ad essere difficile trovare un posto di lavoro fisso.

Dopo tanti anni di sforzi di scuola e università, di corsi formativi e specialistici, a causa di questa modifica il futuro di un giovane si presenta molto difficile, di trovarsi nella situazione di  dover  lavorare con un misero contratto a termine. Vale a dire trovare un posto di lavoro precario dove troverà un’ assunzione  per un anno o due, per poi viene licenziato altrimenti il padrone lo deve assumere definitivamente. Poi dovrà cercarsi un altro posto di lavoro, che sarà sempre precario, dove verrà assunto ancora per un anno o due per poi essere di nuovo licenziato, e così via.

Una situazione, si può ben capire, di insicurezza totale. Il giovane non può programmare il futuro e se lo fa, deve rischiare e non può prendere decisioni serie per formarsi una famiglia. Non può nemmeno accedere a  prestiti bancari perché non ha il posto fisso. Insomma, è “il vivere alla giornata”, sperando …   che prima o poi arrivi un posto fisso e allora cominciare veramente a vivere.

E’ una grossa delusione per chi ha riposto fiducia nella società, per chi ha sempre pensato alla giustizia sociale, alla democrazia …   Un vero sconvolgimento psicologico!

E’ vero che a sostenere molti giovani che studiano ci sono le famiglie che aiutano. Ma questo, è ovvio, non può durare in eterno e anche i soldi dei genitori prima o poi finiscono.

IL LAVORO PRECARIO: una  vera piaga sociale, non si può negarlo. E questa è una situazione che in futuro, non ci può fare illusioni, non è destinata ha diminuire come si vorrebbe, ma a estendersi .

Il posto di lavoro fisso è stato conquistato dai lavoratori delle generazioni precedenti dopo dure, estese e continue lotte sindacali di massa. Ora i parlamenti europei lavorano, lentamente ma decisamente, per toglierlo riportando i giovani lavoratori (e non solo) di nuovo nell’incubo dell’insicurezza, favorendo così i guadagni delle imprese che salgono alle stelle.

E’ il compito dei parlamenti fare gli interessi del padronato. E’ chiaro, con il voto non si ottiene assolutamente nulla, solo illusioni, e peggioramenti. Sono le lotte al di fuori del parlamento che hanno portato e portano risultati.

Una dura realtà, anche per i giovani tedeschi.

Anche loro si troveranno di fronte alla scelta: o sottomettersi ai ricchi imprenditori e ai loro guadagni, con al seguito i loro politici, parlamenti, partiti, ecc. o cominciare a reagire e lottare per difendere i propri interessi e diritti.

E’ un futuro che non lascia scelta: o lotta di classe, o sfruttamento senza limite.

LE LOTTE PORTANO BENEFICI PER I LAVORATORI!

IL PARLAMENTO SI INCARICA POI DI TOGLIERLI.

LAVORO PRECARIO-PENSIONI- SALARI- TASSE-LAVORO

 

 

 

La convinzione diffusa è che il parlamento sia un’ancora di salvezza, la panacea contro i cattivi padroni che taglieggiano e sfruttano duramente i lavoratori.

Ma non risulta essere la realtà, non risulta essere così.

Con i parlamenti tutte le classi operaie del mondo si trovano in contrasto. Devono lottare con duri scioperi, manifestazioni di massa, per il salario, contro lo sfruttamento, contro il lavoro precario, per la difesa delle pensioni, contro l’aumento delle tasse, la corruzione, ecc. (il pensiero in questo momento corre alle lotte in Brasile, Venezuela,  Grecia).

Al di la di tutte le illusioni e speranze che ci si può fare, il parlamento lavora inesorabilmente contro i lavoratori.

Le persone sembra esserselo scordato, ma sono state le dure lotta di massa del passato che hanno permesso il tenore di vita relativamente dignitoso che usufruiamo oggi o che abbiamo usufruito: posto di lavoro fisso, salari decenti, pensionamento ad un’età ragionevole, ritmi  di lavoro sopportabili, creando la possibilità per i giovani di accedere poi alle scuole superiori, alle università.

Questo tenore di vita non lo abbiamo ottenuto dai parlamenti, anzi, il contrario.

TUTTO QUESTO PERO’ LO STIAMO LENTAMENTE PERDENDO.

Sta avvenendo proprio che i governi, passo dopo passo, STIANO TOGLIENDO tutti i diritti conquistati con  le dure lotte. E QUESTO E’ SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI. 

E chi se ne avvantaggia da questi aggravamenti dei lavoratori? Guarda caso, proprio i ricchi padroni.

Ma quello che è da osservare e tener ben presente è che non sono loro, i padroni, che direttamente si incaricano di svolgere questo compito “ingrato” di aggravamento. No, loro rimangono nell’ombra, non appaiono, delegano proprio i politici a svolgere questo compito. Quei politici che, guarda caso, sono stati votati dai lavoratori.

Potrebbe apparire un controsenso: ma come, i politici sono eletti dai lavoratori quindi non ha logica che danneggino i lavoratori stessi, dovrebbero assolutamente avvantaggiarli e sfavorire i padroni!

Ma la realtà parla diversamente. I fatti ci mostrano tutt’altra cosa.

Il trucco sta nel fatto che i lavoratori votano vari i politici che si presentano, ma questi politici lavorano (tutti) per gli imprenditori (naturalmente giurando il contrario). Il fatto è che dopo essere stati votati, per 4 anni nessuno poi li può più dimettere, possono agire tranquillamente come vogliono. Poi anche se i lavoratori delusi non li votano più, pazienza, arriveranno altri che rifaranno lo stesso giochetto.

 

MA VOGLIAMO RIMARCARE,  RITORNARE, SULL’EFFICACIA, SULL’IMPORTANZA FONDAMENTALE DELLE LOTTE.

La borghesia, i ricchi, hanno i loro strumenti per vincere sulla classe lavoratrice (come detto: parlamenti, politici, tv-giornali, chiese). Ma anche la classe proletaria ha i suoi strumenti per essere vincente, altrimenti sarebbe ancora nella condizione dell’inizio 800 quando si lavorava 12 ore al giorno per un salario da fame.

E’ LA LOTTA SINDACALE DI MASSA  che è sempre stata la carta vincente della classe operaia contro gli imprenditori e i loro governi, fin dai suoi albori. La classe operaia ha il vantaggio di essere un numero enorme nella società e di poter fermare con gli scioperi la produzione. Attraverso questi due strumenti è sempre riuscita a costringere i ricchi borghesi a cedere su tutta una serie di richieste di miglioramenti ed arrivare al tenore di vita attuale.

E’ una lotta ciclica, che la classe operaia conduce quando si creano le condizioni adatte.

ED E’ L’UNICO STRUMENTO CHE PUO’ GARANTIRE IL SUCCESSO. Nella storia non si sono visti altri strumenti che abbiano potuto servire positivamente alla classe lavoratrice, se non questo.

Quando poi le masse si rilassano e le lotte diminuiscono sensibilmente, è il padronato che allora riprende l’iniziativa contro i lavoratori e con i suoi strumenti tradizionali (parlamenti, ecc.) ribalta la situazione riportando gli aggravamenti.

Ed è appunto in questa attuale fase di bassissime lotte sindacali, che la ricca borghesia sta ritornando ad ottenere sui lavoratori tutta una serie di vittorie (lavoro precario, pensioni, ecc.) e addirittura si è alleata a livello europeo tra tutte le borghesie per condurre un’operazione congiunta contro i proletari.

 

Vista la situazione da quest’ottica è ovvio che se i lavoratori non reagiscono il padronato inesorabilmente proseguirà sulla strada dei peggioramenti  e guerre, a cui come si sa, non c’è mai limite ( e i politici troveranno sempre buone motivazioni per farle accettare).


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ECOLOGIA

E CAPITALISMO

 

 

 

Il problema ecologico e della difesa dell'ambiente è sicuramente uno degli argomenti più trattati e sentiti nell’opinione pubblica degli ultimi decenni.

Siamo spesso bombardati dai media sulle necessità di salvaguardare l'ambiente, di non inquinare, di limitare le emissioni di CO2, di combattere e limitare l'innalzamento termico del pianeta, di ricorrere alle fonti di energia alternativa meno inquinante, ecc, ecc.

E' di notevole importanza ed attualità il problema dell'inquinamento del  suolo e dei mari dovuto ai residui del materiale plastico. Praticamente non esistono coste o spiagge al mondo che siano indenni da questo problema.

Come già precedentemente citato in questo giornale si calcola che nel Pacifico le correnti marine abbiano ammassato una grandissima quantità di plastica da formare una grande isola galleggiante.

Anche noi marxisti siamo naturalmente per un mondo meno inquinato e più sano, e proprio perchè siamo convinti della necessità di difendere l'ambiente in cui viviamo che ci viene d'obbligo fare alcune considerazioni in merito.

Se facciamo una panoramica di dove il pianeta è maggiormente inquinato ci accorgiamo senza ombra di dubbio che riguarda soprattutto le zone e i paesi più industrializzati ed economicamente più avanzati, cioè dove il capitalismo è più radicato.

Il capitalismo con l'industrializzazione selvaggia mirante solo al profitto, non può aver riguardo per l'ambiente e porsi i problema dell'inquinamento se ciò rappresenta un limite per i guadagni e gli interessi.

Sono gli stesi affaristi e capitalisti che con i loro mezzi di produzione e relativi prodotti di rifiuto hanno inquinato il pianeta, quello stesso pianeta che ora tramite i media vogliono farci credere che noi cittadini lo dobbiamo salvare andando a piedi, abbassando la temperature dei termosifoni per ridurre i consumi, fare la raccolta differenziata, usare prodotti ecologici, ecc, ecc.

Per noi marxisti questi sono accorgimenti che rappresentano un granello di sabbia nel deserto. 

Il vero problema è il sistema capitalistico, che necessita di una produzione di beni sempre più ampia che mira non solo a soddisfare le necessità dell'individuo ma è soprattutto improntata a raggiungere alti guadagni, invadere i mercati ed essere competitivi su scala mondiale, il tutto a basso costo trascurando il problema dell'inquinamento e dello smaltimento dei rifiuti.

Per essere competitivi ed imporsi sul mercato mondiale, la borghesia strumentalizza il problema ecologico , vedi le emissioni di CO2.

I paesi occidentali vogliono imporre una riduzione delle emissioni di CO2, non perchè abbiano a cuore il problema, ma per ostacolare e contrastare economie di paesi industrialmente emergenti  come Cina, India e Brasile.

Realisticamente non è pensabile che questi paesi in pieno sviluppo industriale riducano le emissioni di CO2 solo per favorire i paesi occidentali dopo che questi hanno inquinato per decenni fino ad oggi.

Altro esempio della strumentalizzazione del problema ecologico riguarda il disboscamento e la conseguente riduzione di O2            nell'aria.

Si è parlato dello scempio dovuto al disboscamento selvaggio della foresta dell'Amazzonia che è sicuramente da condannare, ma è anche l'inevitabile risultato ed il prodotto di una economia capitalistica che necessita di nuove strade e vie di comunicazione per poter commerciare i suoi prodotti ed ottenere maggiori guadagni. Ovviamente in questo caso ad essere presa di mira è la borghesia brasiliana che viene vista da quella degli USA e occidentali come una temibile concorrente.

Per quanto riguarda l'inquinamento del suolo e dei mari invasi dai rifiuti di plastica è difficile pensare ad un'economia capitalista che non ne faccia uso, dato che la plastica è una componente che entra in tutti i settori della nostra economia, ma soprattutto è quella più conveniente.

In una società comunista dove non esisterà più il profitto, la vendita, la concorrenza, non ci saranno ecologicamente strumentalizzazioni di sorta, ma tutti contribuiranno alla salvaguardia dell'ambiente poichè è interesse di tutti. Si elimineranno gli sprechi e la ricerca sarà indirizzata nel'individuare prodotti alternativi e sostenibili e per trovare il miglior modo possibile al loro smaltimento, per il bene comune.

                                                                                                                                             G. F.

L’ORRORE DELLE GUERRE :

PRESENZA COSTANTE NELLA SOCIETA’ CAPITALISTA

DEL PROFITTO

 

Aleppo 2015          (Foto - Zein Al Rifai, Amc/Afp)
Aleppo 2015 (Foto - Zein Al Rifai, Amc/Afp)

 

L’obbiettivo di un maggior profitto porta certo a dei momenti, anche lunghi, di benessere per alcuni strati sociali, ma come altra faccia della medaglia è anche causa di terribili sconvolgimenti, crisi e guerre. Anche le guerre hanno l’obbiettivo finale del maggior profitto, nel senso di abbattere militarmente le borghesie concorrenti  per poter poi estendere gli affari.

Certamente le guerre non rientrano nelle aspettative delle persone comuni, le quali ne entrano in contatto vedendone  gli orrori nei documentari e nelle foto provenienti dai paesi dove esplodono.

Molti vorrebbero non esistessero e vedendo queste immagini  ne rimangono molto scossi e il cuore comincia a soffrire e a battere forte e ci si domanda se un domani potremmo essere anche noi coinvolti in queste tragedie.  E’ naturale sperare  di no.

Ma le guerre esistono e non finiscono mai. Finita una se ne apre subito un’altra, se non due.

E poi arriva la domanda: è questa la società più giusta o quella a cui noi aspiriamo? E poi: è possibile fare qualcosa per cambiare tutto questo?

I sostenitori del capitalismo frustrati ci spiegano che queste situazioni sono eccezioni, non sono la regola. La regola è “la pace e il benessere”nella nostra società. E se queste guerre sopravvengono è solo per necessità, per riportare la democrazia nei paesi, i grandi valori, la pace, la civiltà.

Noi marxisti naturalmente siamo di tutt’altro parere (e pensiamo sia realtico). 

La  società capitalista, la dittatura capitalistica, non è modificabile. Tanto meno migliorabile. Segue un suo percorso inevitabile.

La ricerca di un profitto, di un guadagno, muove inevitabilmente tutto il meccanismo societario con i suoi industriali, banche, i suoi partiti e governi. Pace e guerra, ricchezza e povertà, abbondanza e fame, appartengono allo stesso sistema, rappresentano più facce della stessa medaglia che nessuno può fermare, ne controllare.

O si cambia tutto il meccanismo o il meccanismo ti dirige, ti travolge.

Guerre in Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Mali, con tutti i loro morti, distruzioni, disperazioni, continueranno e si ripeteranno continuamente in questa società “di pace e benessere”. 

Già il passato è stato devastato da guerre mondiali che hanno causato decine e decine di milioni di morti.

E’  questa la società che vogliamo?

La storia ci dimostra che una via d’uscita c’è. La rivoluzione bolscevica russa del ’17 è l’unico esempio che abbiamo in cui una guerra è stata fermata. Gli storici della borghesia non citano mai questo fatto di incredibile rilevanza, preferiscono nasconderlo.  A  noi però è ben chiaro.

Certamente i politici e gli esperti borghesi cercano di rassicurarci dicendo che oggi esiste la grande “Europa buona”, che tiene la situazione sotto controllo. “Europa buona” che sta partecipando a tutte le guerre in corso ed è stata voluta da industriali e banchieri assetati di profitto e “ottimi” guadagni.

Diffusione del giornale internazionalista
Diffusione del giornale internazionalista

E gli orrori dei bambini che muoiono sono sempre la, con i loro grandi occhi che ci guardano, a poche centinaia di chilometri  da “l’Europa buona”.  Molto difficile credere a questi politici.

Tutto e il contrario di tutto, potrebbe accadere da un momento all’altro nella società dove il profitto detta la sua dittatura.

I marxisti pensano che una società diversa, senza profitto sia possibile,  addirittura necessaria.                                                                

Bisogna però impegnarsi per imporla.                                                                                                                           


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PERCHE’ SIAMO LENINISTI E NON STALINISTI 

 

COME IL METODO LENINISTA CI PUO’ AIUTARE AD ARRIVARE AD UNA SOCIETA’ SUPERIORE,

MENTRE LO STALINISMO CI FA RIMANERE NEL CAPITALISMO

 

Ottobre 1917 -  Rivoluzione russa

 

 

Per Lenin è possibile arrivare ad una società diversa, superiore.  E’ anche l’aspirazione delle masse proletarie vivere in una società dove non esistano più padroni, sfruttamento, povertà, guerre, e fame.

Per Lenin questo non è un bel sogno, ma qualcosa che si può realizzare concretamente.

Realizzarlo non è certamente una cosa ne semplice ne facile. Per cambiare questo tipo di società  bisogna conoscere molto bene il funzionamento del sistema, ci vuole una corretta organizzazione, sapersi sviluppare nella maniera giusta, essere determinati e saper sfruttare i momenti giusti.

Lenin ha dato l’esempio pratico di come tutto questo sia possibile. 

Visto il successo della rivoluzione russa dell’ottobre del ’17 siamo del parere che proprio il metodo leninista sia il metodo giusto, il più corretto, quello che ci può aiutare a superare la società capitalistica, rispetto ad altri metodi usati da altri grandi rivoluzionari  come Trotskij, Rosa Luxemburg, Pannekoek, Bordiga, Gramsci, ecc. 

Naturalmente è logico che per  poter eliminare le dure e fisiologiche contraddizioni del sistema si devono cambiare le leggi di base che regolano il sistema capitalistico e il suo funzionamento, altrimenti tutto inesorabilmente rimane come prima.

Questo significa  arrivare a eliminare il punto cruciale che regola il capitalismo:  il profitto, in modo che sparisca la concorrenza, il commercio e la vendita e che i prodotti vengano invece distribuiti equamente tra la popolazione per il benessere comune seguendo l’obiettivo di “a ogn’uno secondo i suoi bisogni, da ogn’uno secondo le sue capacità” assunto da Marx.

Perché appunto, è bene sempre ricordarlo, è per ottenere un profitto, un guadagno, che nella concorrenza tra imprese i borghesi sfruttano i lavoratori, vengono create guerre mostruose, esplodono le crisi, si creano le forti disuguaglianze sociali, fame, povertà, ecc.

A Lenin tutto questo era estremamente chiaro.

Come, da esperto qual’era, era a lui chiaro che LA RIVOLUZIONE PROLETARIA IN UN SOLO PAESE NON E’ ASSOLUTAMENTE SUFFICIENTE PER ARRIVARE A ELIMINARE LA CONCORRENZA,  IL PROFITTO,  MODIFICARE LA SOCIETA’ A VANTAGGIO DI TUTTA L’UMANITA’. Per arrivare a questo c’è bisogno della RIVOLUZIONE INTERNAZIONALE. Questo Lenin lo ripeterà un’infinità di volte.

Quando alla morte di Lenin Stalin lo sostituisce, Stalin comincia invece ad affermare che anche in un solo paese è possibile una società diversa, socialista.

Questo stravolgimento politico,  questo snaturamento dell’obbiettivo rivoluzionario, questa affermazione (o menzogna) porterà la rivoluzione russa alla catastrofe completa. Stalin e i suoi sostenitori in Russia non solo non elimineranno il profitto, gli affari, la concorrenza, lo sfruttamento del proletariato, le banche con i loro interessi, ecc. non solo non edificheranno quella società diversa socialista dove “ad ogn’uno secondo le sue necessità, da ogn’uno secondo le sue capacità”, ma, invischiati nelle leggi capitalistiche del profitto e del guadagno che nel mercato ristretto del falso “socialismo in un solo paese” sono assolutamente ineliminabili, ne saranno senza scampo diretti e orientati.  Stalin rinunciando di proposito a perseguire l’obbiettivo comunista della rivoluzione internazionale (la sola politica possibile per giungere al socialismo della suddivisione dei beni), diretto com’era dalle leggi capitalistiche del profitto, verrà coinvolto e inglobato nelle sanguinarie e disastrose avventure guerrafondaie imperialistiche, alleandosi addirittura col nemico Hitler prima  e i nemici “imperialisti occidentali” poi. 

Misera sorte per un Leader  che si riteneva il padre del socialismo.

Per noi marxisti rivoluzionari esempi illuminanti, estremamente struttivi!  Lenin al potere sulla giusta strada della rivoluzione internazionale, Stalin che rimane nel  perpetuamento  del capitalismo (nella forma statale) e ne subisce tutte le nefaste conseguenze.

E’ evidente: Stalin con il comunismo, non ha avuto assolutamente niente a che fare. Assolutamente un esempio da non seguire.

Per questo motivo siamo leninisti. Il nostro obbiettivo è il superamento della società capitalistica con tutte le sue terribili contraddizioni.

 

IL CAPITALISMO:

UNA SOCIETA’ DI PASSAGGIO


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 Punti fermi della scienza marxista

Riproponiamo qui al lettore un articolo tratto dalle dispense “Teoria e pratica del marxismo” edito da “Lotta Comunista” nel 1996.

 

MERCE E DENARO:

Le basi della società capitalistica    

                                                                                                    (parte seconda)

 

IL PLUSVALORE        

 

(segue da: LA MERCE) … Abbiamo un’altra forma di circolazione intrecciata alla prima, che si realizza non per consumare, ma per vendere, si investe cioè del denaro in merce allo scopo non di consumarla, ma di rivenderla: è la forma denaro-merce-denaro la cui ultima fase è dunque trasformazione della merce in denaro D-M-D.

Il denaro che nel suo movimento descrive quest’ultimo ciclo, si trasforma – dice Marx – in capitale, diventa capitale ed è già capitale per la sua destinazione”. Esaminiamo le differenze tra M-D-M [merce-denaro-merce] e D-M-D [denaro-merce-denaro]: quando il tessitore vende 20 braccia di tela per comprare una bibbia, lo scambio in ultima analisi è di merce contro merce (M-M) e si regge evidentemente sul presupposto generale che i due estremi (20 braccia di tela) e (la bibbia) siano qualitativamente diversi (non ha senso scambiare tela contro tela), ma abbiano la stessa quantità di valore valgono entrambi un tot che nel nostro caso, espresso in denaro è uguale a 2 sterline). La circolazione del capitale si riduce invece, in ultima analisi, ad uno scambio di denaro contro denaro (D-D), cioè tra due estremi che hanno la stessa qualità (denaro) ma differente quantità; è evidente che questa circolazione deve reggersi sul presupposto generale che i due estremi non siano di eguale quantità.

Non ha senso infatti che un capitalista investa, ad esempio, 100 sterline in 2000 libbre di cotone con l’intento di rivendere quel cotone di nuovo a 100 sterline: tanto varrebbe che tenesse quelle 100 sterline nascoste nel materasso senza rischiare un investimento sbagliato. può anche succedere che l’investimento sia sbagliato, ma è evidente che al momento in cui viene effettuato esso si basa sul presupposto generale di rivendere quel cotone ad un prezzo superiore a quello pagato, per esempio a 110 sterline.

 

In fin dei conti – dice Marx – viene sottratto alla circolazione più denaro di quanto ve ne sia stato gettato al momento iniziale il cotone comprato a 100 sterline, per esempio, viene venduto una seconda volta a sterline 100 più 10, presupponendo che valore e prezzo coincidano sul mercato.

E' lo sfruttamento della forza lavoro produttiva che genera il plusvalore
E' lo sfruttamento della forza lavoro produttiva che genera il plusvalore

La forma completa di questo processo è quindi D-M-D1, dove D1 è uguale alla somma di denaro originariamente anticipata più un incremento. Marx chiama plusvalore questo incremento, ossia questa eccedenza sul valore originario. Quindi nella circolazione il valore originariamente anticipato non solo si conserva, ma in essa altera la propria grandezza di valore, aggiunge un plusvalore, ossia si valorizza. E questo movimento lo trasforma in capitale.

Il problema diventa dunque questo: da dove deriva il plusvalore?

(…) Per ottenere realmente il plusvalore, il capitalista deve comprare sul mercato una merce che, consumandosi, gli produce valore.

“E il possessore di denaro trova sul mercato tale merce specifica: è la capacità di lavoro, ossia la forza lavoro”. Ecco dunque come vanno le cose: assumendo l’operaio, il capitalista compra la sua forza lavoro come merce; subito, dice Marx, immette l’operaio nella produzione, ad esempio comandandogli di azionare un fuso meccanico per filare del refe. Facendo lavorare l’operaio il capitalista consuma la sua forza lavoro, cioè la merce che ha comprato sul mercato assumendolo.

(…) Ora in che modo si arriva alla produzione del plusvalore? Sappiamo che il valore di ogni merce è determinata dalla quantità di lavoro socialmente necessaria a produrla: ciò vale anche per la merce forza lavoro

“ossia: il valore della forza lavoro è il valore dei mezzi di sussistenza necessari per la conservazione del possessore della forza lavoro”: cibo, vestiario, alloggio, generi di prima necessità per l’operaio e la sua famiglia. 

di azionare un fuso meccanico per filare del refe. Facendo lavorare l’operaio il capitalista consuma la sua forza lavoro, cioè la merce che ha comprato sul mercato assumendolo.

(…) Ora in che modo si arriva alla produzione del plusvalore? Sappiamo che il valore di ogni merce è determinata dalla quantità di lavoro socialmente necessaria a produrla: ciò vale anche per la merce forza lavoro

“ossia: il valore della forza lavoro è il valore dei mezzi di sussistenza necessari per la conservazione del possessore della forza lavoro”: cibo, vestiario, alloggio, generi di prima necessità per l’operaio e la sua famiglia.

Supponiamo che per una giornata lavorativa di 12 ore (cioè per l’uso, da parte del capitalista della forza lavoro di un operaio durante 12 ore) sia pari a 3 scellini, somma che dunque corrisponde al valore dei mezzi di sussistenza necessari per mantenere in vita il lavoratore un giorno. Supponiamo inoltre che per produrre tali mezzi di sussistenza siano necessarie 6 ore di lavoro sociale medio, il che è come dire: 6 ore di lavoro (una parte di quel lavoro sarà lavoro agricolo necessario par produrre il cibo, una parte lavoro edilizio per dargli un domicilio, ecc. ecc.) producendo i mezzi necessari – acquistabili con 3 scellini – per mantenere l’operaio in vita una giornata di forza lavoro: 3 scellini. Ma “il possessore di denaro ha pagato il valore giornaliero della forza lavoro. QUINDI A LUI APPARTIENE L’USO DI ESSA DURANTE LA GIORNATA, il lavoro di tutto un giorno”.

Se in una mezza giornata lavorativa l’operaio ha prodotto un valore pari a 3 scellini, nell’altra mezza giornata verrà prodotto ugualmente un vapore pari a 3 scellini: il valore del prodotto è cresciuto di tre 3 scellini oltre il valore anticipato per la sua produzione, gli scellini anticipati (per comperare la materia prima, il mezzo di produzione, la forza lavoro) hanno dato un plusvalore di 3 scellini, il denaro è trasformato in capitale.

Come si vede il profitto capitalistico deriva direttamente dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, uno sfruttamento che non va visto in termini moralistici come frutto della malvagità del singolo capitalista, ma è del tutto oggettivo, insito nei rapporti stessi di produzione basati sull’acquisto della forza lavoro come merce.

 

Abbiamo visto,seppur in maniera sintetica la formulazione della teoria del plusvalore che Marx da nel primo libro del Capitale, perché, come dice Lenin: “la dottrina del plusvalore è la pietra angolare della teoria economica di Marx” e costituisce un pilastro non solo della teoria economica, ma della stessa strategia rivoluzionaria. 

 

 

Il denaro signore del mondo

 

“… il denaro, questa astrazione vuota ed estranea della proprietà, è stato fotto il signore del mondo.

L’uomo a cessato di essere schiavo dell’uomo ed è diventato schiavo della cosa; il capovolgimento dei rapporti umani è compiuto; la servitù del moderno mondo di trafficanti, la venialità congiunta a perfezione è divenuta universale è più disumana e più comprensiva della servitù della gleba dell’era feudale; la prostituzione è più immorale, più bestiale dello ius primae noctis. La dissoluzione dell’umanità in una massa di atomi isolati, che si respingono a vicenda, è già in se l’annientamento di tutti gli interessi corporativi, nazionali e particolari ed è l’ultimo stadio necessario verso la libera auto unificazione dell’umanità”.

                                                                                                                      (Engels 1844)

 

 

“Analizzando tutta l’esperienza storica della lotta di classe … Marx giunse alla più grande scoperta scientifica della nostra epoca: la sola classe conseguentemente rivoluzionaria è la classe operaia perché liberando se stessa libera tutta l’umanità. Questa scoperta scientifica è strettamente collegata ad un’altra grande scoperta operata dall’analisi del processo di produzione capitalistico: il plusvalore. Senza la scoperta del processo di formazione del plusvalore, Marx non avrebbe poi potuto stabilire che l’unica classe formatrice di plusvalore è l’unica classe conseguentemente rivoluzionaria … dato che l’unica classe che produceva plusvalore era la classe operaia, ne derivava che tutto il funzionamento della società era determinato dal processo di suddivisione del plusvalore.

Ne derivava infine che la classe operaia per liberare se stessa doveva essere autonoma politicamente, cioè organizzarsi in partito rivoluzionario, abbattere lo stato e instaurare la sua dittatura contro tutte le altre classi” (A. Cervetto  “Marx scienziato e rivoluzionario”).

Il processo della produzione del plusvalore definisce le due classi fondamentali della società: la classe operaia e il capitalista industriale e il loro antagonismo, la loro inconciliabilità.

Ma la divisione del plusvalore introduce le frazioni della borghesia (con le conseguenti stratificazioni del proletariato); il profitto commerciale, l’interesse (banche), la rendita fondiaria (proprietari terrieri) a cui va aggiunta l’imposta (lo Stato, inteso non come frazione della borghesia, ma come rappresentate politico di tutta la borghesia), uniti per garantire l’estrazione del plusvalore dal capitale industriale ma in lotta per la spartizione tra le frazioni stesse della classe dominante.

Questa complessità sociale si riflette nella lotta politica ed il proletariato nella sua azione, deve tenerne conto.

(segue: LA MONETA)



 

 

 

 

 

ALLEGATO

 

 

Riportiamo all’attenzione del lettore un articolo del maggio 2014 sul tanto dibattuto argomento del falso socialismo esistente a suo tempo nell’ex Ddr e nell’ex Unione Sovietica.

 

 

IL FALSO SOCIALISMO DELL’EX DDR

 

 

“Der kommunistische Kampf”  maggio 2014

 

 

 

I comunisti internazionalisti hanno sempre avuto le idee chiare su che cos’è il comunismo o  socialismo e cos’è il capitalismo.

A tal proposito riportiamo uno scritto di Arrigo Cervetto del dicembre 1965: “Noi marxisti abbiamo sempre detto, che la natura sociale [la struttura economica] di un Paese è data dai rapporti di produzione predominanti in quel Paese. I rapporti di produzione esistenti  nell’Urss,  Polonia, Ungheria, [Repubblica Democratica Tedesca] ecc. erano e sono rapporti di produzione capitalistici e quindi non potevano e non possono dar vita che a manifestazioni tipiche del capitalismo”.

Come si può ben vedere non c’erano dubbi per i marxisti scientifici che i Paesi cosiddetti  “socialisti” fossero capitalisti.

In Germania però l’opinione pubblica era (e lo è ancora)  convinta che nella DDR ci fosse il socialismo e che con il crollo del muro sia  crollato anche il comunismo.

Niente di più sbagliato.

L’ex DDR, come l’ex Urss ecc. era un  Paese a Capitalismo di Stato, come ben spiegato da Cervetto nel 1965 ed è stata appunto la concorrenza capitalistica internazionale a farla fallire.

Per i marxisti scientifici il crollo di  queste nazioni a falso socialismo è stata senz’altro una conferma che la loro analisi concreta  su cosa era comunismo o non era, era giusta, più che giusta!

Per chi si sentiva di sinistra invece e sentimentalmente era convinto, ma non aveva ben approfondito, che nell’ex DDR  ci fosse il socialismo, il crollo del muro è stato un momento di grande delusione, grande sconforto.

Per il padronato e tutti i suoi servitori è stata l’occasione per gridare alla sconfitta del comunismo, alla sua inferiorità , alla sua non praticità.

In realtà è crollato un grande equivoco.

Le leggi capitalistiche erano ben presenti nell’ex DDR:

Vi era la produzione di merci.

 

 

Le merci venivano vendute all’interno del paese e all’esterno.

Nelle aziende vi erano i dipendenti che in cambio di lavoro venivano pagati con un salario.

Le banche facevano prestiti con interessi, guadagni ecc.

Il commercio funzionava con la compravendita, con dipendenti, guadagni ecc.

Nel comunismo tutti questi elementi non ci sono. Vi è una produzione generalizzata e organizzata che viene distribuita.

 

Il grande equivoco su cui si è tanto speculato era che il Capitalismo di Stato presente nell’ex DDR,  veniva spacciato per socialismo perché a dirigerlo non c’erano i capitalisti privati, ma un partito.

Per capire bene si può fare un parallelo con il capitalismo di Stato della chiesa: la chiesa ha molti capitali,  affari, banche ecc. ma a dirigere questi affari non sono singoli capitalisti privati, bensì dei burocrati clericali, che si possono paragonare ai burocrati statali di un partito.

 

Poi anche il fatto che ci fosse una forte assistenza sociale veniva equivocata e spacciata per socialismo. Però l’assistenza  sociale e gli ammortizzatori sociali sono presenti  in tutte le nazioni. Solo che nei paesi a Capitalismo di Stato era senz’altro più elevata ed è stata uno dei motivi (certamente non il solo e certamente non il più importante) del perché non hanno retto la concorrenza capitalistica  internazionale e sono falliti.

 

Sempre bisogna cercare di capire e approfondire. Altrimenti veniamo influenzati da concetti che sono l’esatto contrario di quello che dicono di essere.

 

 

                                                     “Der kommunistische Kampf”  maggio 2014


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ALLEGATO

 

 

Visto le imminenti elezioni in settembre riproponiamo il concetto marxista sulla democrazia

 

 

MA CHE COS’E’ VERAMENTE

LA DEMOCRAZIA NELLA NOSTRA SOCIETA’?

 

 “Der kommunistische Kampf”  luglio 2016

 

 

 

Le persone sono sempre contente quando si parla di democrazia. Appare subito che non esiste nessuna dittatura, ma esiste la libertà: libertà di parola, di voto, di stampa, libertà di associazione, elezioni, parlamenti, esistenza di più partiti, ecc.

Appare tutto come positivo. Ma la democrazia non è solo questo.

La realtà va osservata in tutti i suoi aspetti per poi non rimanere delusi. Quando si affronta un tema importante come la “democrazia” bisogna innanzi tutto aver chiaro il contesto in cui si vive, vale a dire il tipo di società in cui si vive, che per noi significa sistema capitalistico. E sappiamo che capitalismo non significa solo e sempre benessere e cose positive.

Ma per prima cosa, andiamo a vedere da dove proviene la “democrazia”, questo particolare sistema di organizzazione politico-sociale.

E’ ampiamente noto che le prime forme di democrazia (600 a.C.) provengono dall’’antica Grecia e soprattutto dalla città di Atene. Quello che forse è meno noto è che nell’allora forma elettiva democratica, coloro che avevano diritto al voto erano solo un piccola minoranza della popolazione:  potevano votare solo gli uomini in età adulta  con cittadinanza e ne erano esclusi i minori, le donne, la servitù e gli schiavi. Escludendo questi ultimi al diritto di voto, ne risulta che alla fine gli uomini adulti con cittadinanza che potevano votare era “una percentuale oscillante tra il 10 e il 20% dell’intera popolazione” (Wikipedia).

Ma qual’era lo scopo del votare?

Le città greche erano divise in “fazioni Aristocratiche”, le quali si scontravano duramente e sanguinosamente tra di loro per il dominio politico e organizzativo delle città. Dominio che poi veniva mantenuto con dittature molto dure e severe.

Eleggere dei rappresentanti (senatori) appartenenti alle varie fazioni aristocratiche aveva lo scopo di “prevenire le lotte per il potere tra queste diverse fazioni” (Wikipedia), di trovare dei rappresentanti che ottenessero un equilibrio, un compromesso tra i diversi interessi delle fazioni in lotta, senza che una fazione avesse il sopravvento sull’altra e senza il ricorso continuo a scontri armati sanguinosi.

Questo era precisamente lo scopo della forma politico-statale chiamata poi (nel 440 a.C.) “democrazia”, in contrapposizione alle forme dittatoriali.

E questo preciso motivo spiega il perché la servitù, gli schiavi, i minori e le donne erano esclusi dal votare. Perché come componenti sociali non avevano niente a che fare con lo scontro di interessi per la lotta del potere che muovevano le varie “fazioni Aristocratiche” delle città.

E veniamo ai giorni nostri.

Dopo più di 2000 anni la forma politico-statale “democrazia” viene ripresa dal sistema capitalistico.

Le borghesie (i ricchi) che dominano il sistema, all’inizio del sorgere del capitalismo sperimentano le forme “dittatoriali”. Ad un certo punto però, quasi tutte si orientano verso la forma democratica. E’ evidente quindi che per loro la “democrazia” diventa la forma statale più idonea, la migliore, dove perseguire e condurre i propri affari. Già all’inizio del ‘900 Lenin, acutamente e lungimirante, vedeva la democrazia come “il miglior involucro per il capitalismo”. 

Ma perché è la forma statale “più idonea”, il “miglior involucro” e tutte le borghesie adottano questo sistema?

Innanzi tutto bisogna chiarire e precisare che nel sistema capitalistico, cioè nella nostra società, sono le borghesie dominanti che scelgono le forme statali. E’ esattamente come dice Engels nell’Antidühring:  “Lo stato moderno, qualunque ne sia la forma, è essenzialmente una 

 

 

macchina  capitalistica, uno Stato dei capitalisti, il capitalista collettivo ideale”.

Quasi tutti pensano che sia la popolazione, il proletariato, a scegliere la forma statale di una nazione. Non è così. Viene fatto apparire così, ma non è così. A determinare le forme statali sono sempre e comunque le borghesie. Prima il padronato decide che forma di stato è più adatta per i suoi interessi, poi la popolazione, cioè il proletariato, viene portato, condotto, convinto attraverso i sistemi di persuasione che le borghesie hanno a disposizione, -media, tv, giornali, politici, esperti, università, scuole, preti, ecc. ad accettare inconsapevolmente quello che loro hanno già deciso e predisposto.

Prendiamo l’esempio interessante di Hitler. La politica aggressiva di Hitler serviva ai ricchi tedeschi in quel particolare momento per portare la nazione allo scontro, duro, armato contro le altre borghesie. Lui era un pittore sconosciuto, disoccupato e squattrinato, nonostante questo i media dell’epoca, i giornali, radio (naturalmente di possesso delle grandi banche e dei grandi industriali), gli intellettuali,  il clero, ecc. riuscirono facilmente a farlo  accettare alla popolazione come eroe e portarlo poi fino all’osannazione nazionale. (Per poi a guerra perduta mollarlo e screditarlo brutalmente!).

Perché allora la forma “democratica”?

Anche oggi i grandi complessi industrial-bancari che compongono e governano una nazione hanno bisogno di trovare il giusto equilibrio, compromesso, senza doversi in continuazione scontrare tra di loro, anche militarmente. E hanno bisogno che non ci sia sopraffazione di un gruppo sull’altro. Esattamente come avveniva tra le “fazioni Aristocratiche” nell’ antica Grecia e Roma. E la forma democratica è la forma più adatta, la migliore per ottenere questo.

Poi, ai giorni nostri, i grandi padronati, cioè i ricchi, che sono una minuscola minoranza della popolazione (2-3%) hanno anche un altro enorme problema: dominare il proletariato sfruttato, che è l’80-85-90% della popolazione! Lo devono, per i propri interessi, condurre e gestire nei lunghi  momenti di espansione economica, ma anche e soprattutto nei terribili momenti delle crisi economiche e delle guerre causate dagli affari.

E per questo la “democrazia” dimostra funzionare ottimamente! Con il sistema collaudato delle elezioni viene data l’impressione ai lavoratori di essere loro a scegliere le forme di governo, di essere loro a dirigere la società. In realtà è tutta un’illusione! Dopo il voto, il lavoratore che ha dato la sua preferenza, non ha più la possibilità di controllare, gestire, fermare il politico o il partito che ha votato, per cui queste persone sono libere di agire come meglio credono, anche facendo il contrario di quanto promesso in campagna elettorale. E nei lunghi 4-5 anni di legislatura possono così senza tanti problemi seguire le indicazioni e gli interessi degli imprenditori e delle banche, i quali attraversi i loro media (tv, giornali, ecc.) giustificano e fanno accettare alla popolazione quello che i vari governi decidono.

Da questi approfondimenti e considerazioni diventa estremamente chiaro che con le forme “democratiche” i vari padronati hanno ampiamente in mano la società e la conducono a seconda dei loro bisogni.

Sarà solo nella società superiore comunista, dove i prodotti saranno suddivisi tra la popolazione e non più venduti per trarne un guadagno (vendita dei prodotti che è la causa delle crisi, delle guerre, dello sfruttamento di una minuscola minoranza sull’enorme maggioranza), che si potrà finalmente trovare quella vera libertà, quella pace a cui tutti aspiriamo: non più sfruttamento, uguaglianza economica, sociale, “vero” voto, sparizione delle crisi, delle guerre.

 

 

                                                             “Der kommunistische Kampf”  luglio 2016



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