PERCHE’ SIAMO LENINISTI E NON STALINISTI

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IN RUSSIA DOPO LA RIVOLUZIONE DEL ’17:

LENIN PARLA DI CAPITALISMO DI STATO

MENTRE STALIN DI SOCIALISMO. PERCHE’?

 

DOVE STA LA DIFFERENZA?  E CHI HA LA GIUSTA VISIONE?

                                                                                                                                                                         (traduzione da   "Der kommunistische Kampf" - aprile  2017) 

Dopo la rivoluzione di ottobre, Lenin afferma che nella Russia i bolscevichi assieme al proletariato rivoluzionario al potere stanno conducendo una economia non “socialista”, ma a “capitalismo di stato”.

 

Lenin: “ Il nostro capitalismo di Stato si differenzia assai sostanzialmente dal capitalismo di Stato dei paesi che hanno governi borghesi, proprio perché da noi lo Stato non è rappresentato dalla borghesia, ma dal proletariato, che ha saputo conquistarsi la piena fiducia dei contadini ”

                              Lenin  “Lettera alla colonia russa nel nord America”    novembre 1922

 

 

Perché Lenin afferma questo?

 

Lenin: “Comunismo possibile solo dopo rivoluzione internazionale”

“Quando abbiamo iniziato a suo tempo la rivoluzione internazionale, lo abbiamo fatto non perché fossimo convinti di poter anticipare lo sviluppo, ma perché tutta una serie di circostanze ci spingeva ad iniziarla. Pensavamo: o la rivoluzione internazionale ci verrà in aiuto e allora la nostra vittoria sarà pienamente garantita, o  faremo il nostro modesto lavoro rivoluzionario, consapevoli che, in caso di sconfitta, avremo giovato alla causa della rivoluzione e la nostra esperienza andrà a vantaggio di altre rivoluzioni.

Era chiaro per noi, che senza l’appoggio della rivoluzione mondiale la vittoria della rivoluzione proletaria era impossibile. Già prima della rivoluzione e anche dopo di essa pensavamo:  o la rivoluzione scoppierà subito, o almeno molto presto negli altri paesi capitalistici più sviluppati, oppure, nel caso contrario, dovremo soccombere.”                                                                                                                                                          

Lenin   1921 

 

 

L’obbiettivo finale della rivoluzione e del proletariato russo quindi, come chiaramente espresso da Lenin, non era certo il “capitalismo di stato” vigente in quel momento rivoluzionario, che era solo una fase, un momento di passaggio, di transizione inevitabile. L’obbiettivo finale  esplicitamente dichiarato è:  “La rivoluzione internazionale!”.

Perché secondo Lenin, solo la rivoluzione internazionale può portare a quella società superiore, cioè al socialismo.

 

Lenin: «L’espressione ‘Repubblica sovietica socialista’ significa decisione del potere sovietico di attuare il passaggio al socialismo, ma ciò non significa affatto riconoscere  che l’attuale sistema economico è socialista»

                                                                 Lenin in “Sull’imposta in natura” 1921

Lenin: «Non si è trovato un solo comunista, mi pare, il quale abbia negato che l’espressione ‘Repubblica socialista sovietica’ significa decisione del potere sovietico di attuare il passaggio al socialismo (attraverso il capitalismo di stato, ‘anello intermedio fra piccola produzione e socialismo’) ma non significa affatto che l’attuale sistema economico sia socialista»

                                                                         Lenin, discorso alla NEP,  1920

 

Lenin ripeterà un’infinità di volte, fino alla noia il concetto che il “capitalismo di Stato” rivoluzionario russo non significa “socialismo”.

La rivoluzione russa è quindi nella politica leninista – bolscevica e del proletariato russo solo l’inizio di tutta una serie di rivoluzioni.

 

Stalin però non è di questo parere.

 

 

Stalin: “Teoria del socialismo in un paese solo”

«Prima si considerava impossibile la vittoria della rivoluzione in un solo paese, perché si riteneva che per vincere la borghesia fosse necessaria l’azione comune del proletariato di tutti i paesi avanzati o almeno della maggior parte di essi. Oggi questo punto di vista non corrisponde più alla realtà. Oggi bisogna ammettere la possibilità di una tale vittoria [del socialismo in un solo paese, n.d.r.] perché il carattere ineguale, a sbalzi, dello sviluppo dei diversi paesi capitalistici nel periodo dell’imperialismo, lo sviluppo delle catastrofiche contraddizioni interne dell’imperialismo che generano delle guerre inevitabili, lo sviluppo del movimento rivoluzionario in tutti i paesi del mondo, tutto ciò determina non solo la possibilità, ma l’inevitabilità della vittoria del proletariato in singoli paesi. »

                                                                                                                                                   Stalin   1925

 

 

Per Stalin dunque, al contrario di Lenin, il “socialismo in un paese solo” diventa possibile.

Stalin applica una svolta, un radicale cambio di politica improvviso. Come mai questa differenza rispetto a Lenin e, in sostanza, rispetto a Marx?

A questo punto ci si pone il problema di chiedersi che cos’è allora “il socialismo”.

Il concetto universalmente riconosciuto di socialismo (o comunismo) è che è un tipo di società dove: “da ogn’uno secondo le sue capacità, ad ogn’uno secondo le sue

necessità” e questo è possibile solo se i prodotti in quel tipo di società non vengono più venduti, commerciati per trarne un guadagno, ma vengono suddivisi tra la popolazione per il benessere comune. Di conseguenza spariscono le classi sociali, sparisce lo sfruttamento, il guadagno, le banche, la concorrenza, ecc.

Ma dopo la rivoluzione russa dell’ottobre, nel tipo di società che i bolscevichi e il proletariato rivoluzionario russo si trovavano a gestire, è noto che i prodotti venivano ancora venduti, commercializzati e non venivano suddivisi tra la popolazione. Di conseguenza continuava a rimanere il proletariato anche se gestiva le fabbriche, la concorrenza, il guadagno, le banche, i sindacati, ecc.

Tutto questo era inevitabile perché l’economia in un singolo paese (o più paesi assieme) è parte di un mercato globale dove per produrre un singolo prodotto, gli elementi che compongono il prodotto (materie prime, macchinari per produrla, pezzi vari, tecnologie, ecc) provengono da un’infinità di nazioni che intercommerciando tra di loro in un continuo vendere-comperare, permettono all’economia di proseguire. La mancanza di parte di questi elementi inevitabilmente, com’è logico che sia,  blocca la produzione non “autosufficiente”  della singola nazione, che di conseguenza velocemente si indirizza verso la rovina, con relative reazioni sociali che ben si possono immaginare.   

Queste elementari basi economiche erano del tutto note ai capi bolscevichi e a Lenin, che infatti ripetutamente precisa “ciò non significa affatto riconoscere che l’attuale sistema economico è socialista» .

In questa consapevolezza diventa perciò chiaro il perchè del “Comunismo possibile solo dopo rivoluzione internazionale” . La “Rivoluzione internazionale”  diventa quindi la necessità che permette al mercato di diventare così esteso da essere completamente autonomo nella produzione dei beni.

 

Stalin quando afferma “Oggi bisogna ammettere la possibilità di una tale vittoria” (cioè del “socialismo in un singolo paese”) tace volutamente cosa significhi realmente socialismo nelle sue basi economiche.

E naturalmente tace anche di proposito dell’esistenza di una “fase transitoria” inevitabile a “capitalismo di stato”, come ripetutamente afferma Lenin, come prima fase per poi proseguire verso la “Rivoluzione internazionale” e quindi al socialismo.

A questo punto diventa chiaro che Stalin approfitta del “capitalismo di stato”, cioè della statalizzazione dell’economia raggiunta dai bolscevichi  e dal proletariato russo attraverso la Rivoluzione, per elaborare la sua tesi che questa statalizzazione improvvisamente diventa “il Socialismo” ,  anche se tutte le leggi economiche operavano capitalisticamente.

Anche il fatto che il proletariato russo rivoluzionario fosse al potere viene astutamente usato da Stalin per sostenere che anche per questo motivo si era già in regime  di “socialismo”. Fondamentale per Stalin era tener nascosto che operavano ancora le leggi capitalistiche.

La “rivoluzione internazionale” perseguita dai bolscevichi e da Lenin diventa quindi, nel concetto staliniano, superflua, non più lo scopo finale. E sparisce di conseguenza anche l’obbiettivo di socialismo come suddivisione dei prodotti per il bene comune.

Stalin, per poter poi imporre queste sue tesi, questo suo inganno, dovrà arrivare ad eliminare, anche fisicamente, quasi tutti i capi bolscevichi, veri comunisti, che naturalmente erano a lui contrari. 

Si può quindi tranquillamente affermare, che se l’economia russa sotto Stalin non era socialista,( e non lo era,) ma capitalista, questa economia avrebbe subìto, come logica, tutte le contraddizioni di una qualsiasi altra economia capitalista.

E infatti questo è quello che è avvenuto. 

Stalin, nella lotta di concorrenza capitalistica per allargare la sua sfera di influenza, (come qualsiasi borghese imperialista) si alleerà nel 1938 con l’odiato  nemico nazista Hitler per conquistare e poi spartirsi la Polonia perpetrando massacri inauditi. Poi quando nel (‘41 ?) Hitler gli invade la Russia, Stalin si alleerà con gli odiati imperialisti occidentali Gran Bretagna e Usa, prima sempre ripudiati ed etichettati come briganti e banditi, per poi a guerra vinta, assieme a loro spartirsi imperialisticamente sia la Germania sconfitta, che il resto dell’est Europa.  In questa sua politica nazionalista imperialista, Stalin e la sua cricca continueranno a farsi chiamare “comunisti”, “compagni”, a mantenere la terminologia marxista, in modo da preservare la fiducia  dei lavoratori.

Altri partiti nazionalisti  più tardi, per cogliere la fiducia delle masse, si definiranno “comunisti”,  seguendo l’esempio stalinista del  capitalismo di stato nel cosiddetto “socialismo in singolo paese”. Stiamo parlando di Mao Ze Dong che in Cina nel (?) porterà a termine la rivoluzione borghese contadina.  L’economia borghese  condurrà la Cina  in uno sviluppo capitalistico vertiginoso di durata più che decennale, portando  il paese a diventare una delle potenze imperialistiche più forti al mondo qual’è attualmente. Anche la rivoluzione a Cuba sarà di marchio stalinista con nulla a che vedere  con il comunismo.

Subito dopo la rivoluzione del ’17 Lenin afferma che “o la rivoluzione [ negli altri paesi - n.d.r.] scoppierà subito (…) oppure nel caso contrario dovremmo soccombere”. Certo Lenin non poteva sapere, ne immaginare, che proprio lo stalinismo sarà la forma politica controrivoluzionaria che farà “soccombere” la rivoluzione russa. Sarà proprio lo stalinismo l’agente controrivoluzionario che farà scomparire l’obbiettivo della “rivoluzione internazionale” come mezzo per arrivare al socialismo e dichiarerà la statalizzazione  delle imprese in regime capitalistico come “socialismo”.  Sarà proprio lo stalinismo che trasformerà la politica internazionalista rivoluzionaria in politica borghese nazionalista, con l’ unico scopo di portare profitti alle imprese statali russe.

 

 



PERCHE’ SIAMO LENINISTI E NON STALINISTI.

NELLE LEZIONI DELLE UNIVERSITA’ NON VIENE SPIEGATA LA FONDAMENTALE DIFFERENZA POLITICA TRA IL RIVOLUZIONARIO LENIN E IL CONTRORIVOLUZIONARIO STALIN.

 

 

Un attivista marxista è, per definizione, un rivoluzionario, perché essere un marxista significa conoscere bene il funzionamento  della società capitalistica e impegnarsi per arrivare ad una società superiore.

Lenin aveva intrapreso correttamente questa strada: aveva costituito, nel periodo tranquillo di sviluppo capitalistico  precedente alle crisi, un partito rivoluzionario; nel momento rivoluzionario, creato dalla immane crisi della 1° guerra mondiale provocata dagli affari, aveva fatto la rivoluzione; nella rivoluzione aveva portato il proletariato al potere; subito dopo la rivoluzione aveva costituito la 3° Internazionale in modo che la rivoluzione proletaria si potesse estendere su tutto il pianeta.

Più di così non poteva fare.

Dopo di che, aveva aspettato correttamente che i proletari delle altre nazioni con i loro partiti rivoluzionari aggregati nella 3° Internazionale, facessero a loro volta le rivoluzioni. 

Certo,  per il proletariato rivoluzionario russo e il suo partito, tenere il potere in Russia, non era un’impresa facile. Fortissime erano le pressioni che i ricchi esercitavano nel mondo con i loro governi ed eserciti perché la rivoluzione crollasse.

La Russia rivoluzionaria difatti si trovò fortemente isolata economicamente per la chiusura dell’interscambio commerciale che i padronati di tutto il mondo nei suoi confronti avevano intrapreso, con conseguenti  inimmaginabili problemi. Ma non solo. Le democratiche borghesie occidentali  si erano anche impegnate per  organizzare e sostenere contro il governo operaio russo una sanguinosissima guerra civile che costerà 500.000 morti ed immani distruzioni.

Di fronte a questi enormi problemi Lenin e i bolscevichi di certo non si sono spaventati ne scoraggiati e proseguendo nella tenuta al potere il governo operaio hanno continuato ad organizzare e sostenere ultraattivamente quello che era lo scopo principale, fondamentale della rivoluzione russa: l’ Internazionale comunista, per arrivare successivamente alla rivoluzione mondiale. Questo l’operato di Lenin.

Stalin e lo stalinismo. 

Stalin succede a Lenin. Comincia ad affermare che le difficoltà nella Russia rivoluzionaria sono enormi e che la ricostruzione dell’economia russa deve avere la precedenza su tutto.  Questo per lui aveva il significato che il governo operaio e il partito rivoluzionario si 

 

dovevano concentrare più sui problemi interni che quelli esterni riguardanti la 3° Internazionale (proprio il contrario di quanto affermava invece Lenin). Stalin comincia poi a sostenere che è possibile addirittura costituire “il Socialismo in un paese solo” (cosa assolutamente irrealistica) e che quindi questo in Russia doveva  diventare la priorità assoluta. Come conseguenza ciò  portava l’abbandono dell’obbiettivo primario, fondamentale, lo scopo per cui la rivoluzione proletaria russa era stata fatta: ARRIVARE ALLA RIVOLUZIONE MONDIALE! 

Stalin comincia ad affermare anche, che in Russia non solo esiste il “socialismo”, ma è la “patria del socialismo” e che quindi lo scopo prioritario di tutti i partiti comunisti nel mondo non deve essere più quello di fare la rivoluzione proletaria nel proprio paese, ma di difendere la Russia “socialista”.

E qui, se ancora ci fosse qualche dubbio, diventa più che chiaro che Stalin stravolge completamente il concetto comunista marxista e cioè che LA RIVOLUZIONE RUSSA (che ancora economicamente non è socialista-comunista) DEVE ESSERE IL PRIMO PASSO VERSO LA RIVOLUZIONE MONDIALE! LA RIVOLUZIONE RUSSA COME LA PRIMA DI TUTTA UNA SERIE DI RIVOLUZIONI PER POI GIUNGERE AL COMUNISMO! 

Su questa sua logica controrivoluzionaria, poco dopo Stalin scioglierà la 3° Internazionale che per i suoi scopi capitalistici imperialistici non servirà più.

Molti partiti si lasceranno trascinare in questo orribile concetto nazionalista stalinista del “Socialismo in un paese solo”: Mao, Castro, Ho Ci Minh.

Come ben si vede, senza ombra di dubbio, una differenza di politica tra IL RIVOLUZIONARIO LENIN E IL CONTRORIVOLUZIONARIO STALIN sostanziale! Impossibile da non vedere per chi è un po’ esperto di politica! 

QUESTA SOSTANZIALE DIFFERENZA POLITICA NELLE LEZIONI DELLE UNIVERSITA’ NON VIENE ASSOLUTAMENTE SPIEGATA, MA NEMMENO ACCENNATA!

 

Ci sono invece migliaia e migliaia di operai e studenti in tutto il mondo che si interessano di politica, che vogliono capire e non sbagliare, e trovano questa differenza fin troppo evidente, ritengono necessario  scriverla e divulgarla. 

 

                                         (traduzione da   "Der kommunistische Kampf" - giugno 2016) 



L’INTERNAZIONALISMO DI LENIN

IL CAPITALISMO DI STALIN

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Chiarezza nella differenza tra politica comunista di Lenin e la politica capitalistica del falso socialismo di Stalin

 

Lenin:

“Comunismo possibile solo dopo rivoluzione internazionale”

 

“ Quando abbiamo iniziato a suo tempo la rivoluzione internazionale, lo abbiamo fatto non perché fossimo convinti di poter anticipare lo sviluppo, ma perché tutta una serie di circostanze ci spingeva ad iniziarla. Pensavamo: o la rivoluzione internazionale ci verrà in aiuto e allora la nostra vittoria sarà pienamente garantita, o  faremo il nostro modesto lavoro rivoluzionario, consapevoli che, in caso di sconfitta, avremo giovato alla causa della rivoluzione e la nostra esperienza andrà a vantaggio di altre rivoluzioni.

Era chiaro per noi, che senza l’appoggio della rivoluzione mondiale la vittoria della rivoluzione proletaria era impossibile. Già prima della rivoluzione e anche dopo di essa pensavamo:  o la rivoluzione scoppierà subito, o almeno molto presto negli altri paesi capitalistici più sviluppati, oppure, nel caso contrario, dovremo soccombere.”

                                                                                                                                                 Lenin   1921  

 

 

 

Dal punto di vista pratico il comunismo è la società superiore. E’ una società superiore perché i prodotti non vengono più venduti, ma distribuiti tra la popolazione. In questo modo sparisce la ricerca del massimo guadagno, spariscono le classi sociali, sparisce la concorrenza, che è la causa delle crisi economiche e sociali con enormi sprechi di produzione, concorrenza che è la causa delle guerre con ancora più enorme spreco di produzione e soprattutto di vite umane.

Per arrivare a questo bisogna però necessariamente arrivare ad una rivoluzione, perché la borghesia, cioè il padronato, cioè i ricchi, assolutamente si oppongono e si opporranno allo stravolgimento del sistema capitalistico, come  è stato dimostrato nelle due esperienze di governo proletario della Comune di Parigi del 1871  e della rivoluzione bolscevica del 1917.

Dopo la  conquista del potere da parte del proletariato in una nazione, realisticamente parlando, economicamente, non è possibile passare subito  al comunismo, cioè alla distribuzione della  produzione tra la popolazione, perché il mercato nazionale di un paese, in questo caso il paese dove il  proletariato è arrivato al potere, non essendo autonomo nella produzione dei prodotti, è talmente intrecciato con le economie delle altre nazioni che obbligatoriamente deve  commerciare (comperare e vendere)  con esse e deve commerciare anche all’interno del proprio paese. 

Facciamo degli esempi: quando si costruisce un’automobile c’è bisogno del ferro per la carrozzeria, il ferro viene estratto nelle miniere dell’Australia, Brasile e Cina  e la bisogna comprarlo, c’è bisogno dei pneumatici,  i  cui maggiori  produttori sono il Giappone, la Francia e gli Usa e la bisogna comprarli, c’è bisogno del vetro per i finestrini e bisogna comperarlo,  c’è bisogno del carburante per farla viaggiare e quello lo si compera nei paesi arabi, e così via. Altro esempio: per costruire i mobili c’è bisogno del legno, il legno lo si può trovare soprattutto nei paesi nordici o in Africa o in sud America. Per costruire  un frigorifero c’è bisogno dell’acciaio, quindi bisogna comperare il ferro, ecc. ecc,  e così via per tutti i prodotti che usiamo giornalmente.

Questa è la situazione realistica in cui si viene a trovare  un proletariato quando conquista il potere.  Solo in un secondo momento, dopo una rivoluzione a livello mondiale o quasi   sarà possibile passare al comunismo.

 

I bolscevichi con Lenin,  avevano ben presente questo  quando nel ’17  conquistano il potere in Russia. Infatti nei vari scritti dell’epoca Lenin e i bolscevichi non parlano mai di comunismo in Russia, ma di fase transitoria, con una economia a capitalismo di stato a gestione rivoluzionaria. 

La rivoluzione in Russia viene quindi giustamente vista dai bolscevichi come inizio, un inizio  di una rivoluzione internazionale che dovrà portare al

comunismo. Per arrivare alla rivoluzione internazionale è però necessario ricostituire l’Internazionale Comunista, in modo che anche gli altri proletariati delle altre nazioni facciano le rivoluzioni per giungere al potere e  così unire le

 

varie economie a gestione proletaria.  

L’Internazionale Comunista viene perciò prontamente costituita dai bolscevichi nel 1919.

Lenin nei suoi testi precisa che se la rivoluzione europea non arriva presto, anche la rivoluzione russa è destinata a soccombere.  Questo dovuto al fatto che, da una parte ci sono  le pressioni esterne delle borghesie internazionali che fanno di tutto per far crollare l’economia russa,  impedendo di vendere  ad essa i prodotti di cui ha bisogno; dall’altra dovuto alle tensioni  e  proteste interne come conseguenza  delle grandi difficoltà economiche in cui versa la Russia rivoluzionaria per la mancanza di prodotti dovuti appunto ai boicottaggi delle altre nazioni borghesi. Senza escludere poi i continui interventi militari armati che le varie borghesie perseguono per far crollare la rivoluzione.

 

La controrivoluzione

Sarà Stalin e la sua cricca ad incarnare la controrivoluzione in Russia, poco dopo la morte di Lenin.  Attraverso lo slogan “ La costruzione del socialismo in un paese solo” verrà abbandonato il concetto di rivoluzione russa come inizio della  rivoluzione internazionale (così da arrivare alla società superiore),  per dichiarare la falsità che il “socialismo” o il “comunismo” già esiste in Russia e che bisognava rafforzarlo. Verrà abbandonato  di conseguenza l’obbiettivo primario di favorire le rivoluzioni proletarie nelle altre nazioni e lentamente verrà sciolta l’Internazionale Comunista.

 

Togliendo questi punti fondamentali alla politica comunista, di fatto la politica di Stalin e della sua cricca diventa apertamente borghese, in questo caso chiaramente controrivoluzionaria. Dalla gestione proletaria rivoluzionaria temporanea a capitalismo di stato  dell’economa russa di Lenin si passa alla gestione definitiva borghese a capitalismo di stato di Stalin.  In altre parole,  Stalin e suoi seguaci nascondendosi dietro lo slogan del “Socialismo in un paese solo” diventano i nuovi gestori borghesi statali dell’economia russa,  sostituendosi ai capitalisti privati nella direzione degli affari, abbandonando definitivamente l’obbiettivo  di arrivare alla società superiore.   

Però la mistificazione, l’imbroglio del “ socialismo in un paese solo” non può cambiare  la realtà delle cose  e cioè che nella Russia  di Stalin tutte le caratteristiche capitalistiche rimangono: il lavoro salariato, lo sfruttamento, i borghesi incarnati nei burocrati del partito finto “comunista”, la concorrenza, il commercio, le banche, gli interessi, i guadagni e non ultimo e meno importante le politiche di espansione e aggressione imperialistica staliniste (con le alleanze con il nazista Hitler prima e le alleanze con le potenze “imperialistiche” nemiche  dopo).

 

Molti grandi dirigenti bolscevichi, conseguenti nel proseguire sulla via internazionalista comunista (di Lenin)  perderanno la vita nel contrastare la politica controrivoluzionaria borghese di Stalin: da Zinov’ev a Kamenev, da Bucharin a Trockij.

Ma l’esperienza bolscevica e il sacrificio dei dirigenti bolscevichi antistalinisti non sono stati vani.

L’esperienza bolscevica con Lenin ha per noi un incalcolabile valore: ci ha mostrato e ci mostra la via maestra su cui ci dobbiamo dirigere e su cui dobbiamo proseguire. Il sacrificio dei dirigenti bolscevichi antistalinisti è un enorme insegnamento di come noi dobbiamo evitare che un altro Stalin sorga. 

Dobbiamo impedire che nelle nostre fila personaggi come Mao o Castro spaccino “il comunismo o socialismo in un paese solo” cioè il capitalismo di Stato borghese per società superiore cioè per il vero comunismo.

 

Ormai l’esperienza accumulata è enorme e come comunisti scientifici abbiamo chiaro come procedere e cosa bisogna fare e cosa bisogna evitare. Adesso deve essere l’impegno  quotidiano che ci deve far giungere all’obbiettivo.

 

traduzione da "Der kommunistische Kampf" - aprile 2015


 

MARXISMO-COMUNISMO:

DURANTE LE LEZIONI NON VIENE DETTO TUTTA LA VERITA’!

NON VIENE SPIEGATO CHE:

NON C’E’ NESSUNA CONTINUAZIONE TRA LA POLITICA DI STALIN

E QUELLA DI MARX, LENIN E DEI BOLSCEVICHI!

 UNA COSA IMPORTANTISSIMA, FONDAMENTALE DA CHIARIRE!

 

 

 

Nella loro visuale scientifica Marx ed Engels  vedono la società capitalistica svilupparsi a cicli. Lunghi cicli di espansione economica e brevi cicli di crisi improvvise che possono essere lievi, forti o fortissime e catastrofiche con guerre, fame, povertà, morti ecc.

Questo andamento ciclico del capitalismo non è determinato dalla volontà delle persone, ma fa parte del sistema ed è determinato dall’inesorabile andamento degli affari.

Nelle situazioni di crisi disastrose, che creano guerre, morti, fame, estrema povertà ecc. potrebbe accadere che le masse proletarie inferocite da questa realtà si rivoltino contro il capitalismo. Queste situazioni sono nella visuale di Marx ed Engels  assolutamente inevitabili ne mitigabili per i capitalisti. Nel momento in cui le masse (e non il singolo) si ribellano, il partito rivoluzionario può portare il proletariato verso la società superiore.

Sulla base di questa visuale di Marx ed Engels, Lenin e i bolscevichi si sono organizzati.

VIENE SPIEGATO TUTTO QUESTO NELLE UNIVERSITA’ E NELLE SCUOLE?  Non ci risulta! 

 

Avendo chiaro che il capitalismo è ciclico, come Marx nel libro “Il Capitale” molto accuratamente spiega e sapendo che gli affari prima o poi inesorabilmente e implacabilmente avrebbero causato enormi crisi, il giovane Lenin all’inizio del novecento (1901-02) in tempo di pace, comincia ad organizzare i bolscevichi per la futura rivoluzione. Sarà quasi una quindicina d’anni dopo che l’enorme crisi affaristica arriverà investendo tutto il mondo causando la prima guerra mondiale con milioni di morti, enormi distruzioni, disperazioni e danni incalcolabili. E arrivano anche le prime rivolte proletarie! 

Lenin e bolscevichi sono pronti a guidare il proletariato russo alla conquista del potere.

VIENE CHIARITO TUTTO QUESTO?

 

Nella visuale concreta, realistica di Marx ed Engels, la conquista del potere proletario in una sola nazione non può portare alla società superiore, comunista. Perché, concretamente parlando, una nazione è solo una parte del mercato globale e non si può assolutamente staccare da esso e istituire una propria economia autonoma visto le ineliminabili interconnessioni economiche che uniscono tutte le economie dei vari paesi nel mondo. Solo con la conquista da parte del proletariato di tutto o di gran parte del mercato globale è possibile cambiare l’economia capitalistica per organizzarne una diversa, superiore, avendo a disposizione tutti i prodotti o gran parte di essi per poter farla  funzionare.

Quando un proletariato rivoluzionario va al potere in una sola nazione, si trova per forza, inesorabilmente a gestire l’economia capitalista di quella nazione. La produzione verrà statalizzata, certamente, ma sarà sempre una economia capitalistica a capitalismo di stato. Il proletariato rivoluzionario al potere in questa nazione che vuole giungere alla società superiore comunista, dovrà per forza aspettare che anche gli altri proletariati delle altre nazioni conquistino il potere per poi unire la propria economia alle altre. In attesa che ciò si verifichi la politica estera sarà di aiutare, incentivare, organizzare, favorire in tutti i modi gli altri proletariati perché anche loro giungano al più presto al potere.

VIENE PRECISATO TUTTO QUESTO NELLE LEZIONI ?  Non ci risulta.

 

A Lenin e ai dirigenti bolscevichi Zino’vev, Kamenev, Trockij, Bukarin ecc. tutto questo era ben chiaro.

Qualsiasi di noi può trovare e leggere nelle dichiarazioni dei dirigenti bolscevichi che la rivoluzione russa doveva servire solo come primo passo verso la rivoluzione internazionale, che questo era il solo ed unico scopo di essa, altrimenti non sarebbe servita a niente. Nessuno dei dirigenti bolscevichi si è mai sognato di pensare e di dichiarare che la rivoluzione russa doveva servire a portare il proletariato russo al potere e stop!

 

Tutte le dichiarazioni di allora sono protese a precisare come la rivoluzione russa  fosse la scintilla, atta a far scoppiare altre rivoluzioni negli altri paesi per poi giungere al comunismo.

 

Tutto il lavoro bolscevico successivo, molto correttamente e estremamente conseguente, sarà, come un’ossessione, concentrato con l’istituzione della grande 3° Internazionale all’organizzazione, alla formazione, alla stimolazione di partiti rivoluzionari in tutto il mondo, dall’America fino alla Cina.

Nel frattempo in Russia ai bolscevichi , come previsto, si poneva il problema della gestione dell’ economia capitalistica statalizzata.

 

QUESTA E’ LA SITUAZIONE REALE IN CUI SI SONO TROVATI LENIN E I BOLSCEVICHI E QUESTO E’ COME HANNO AGITO !  (Tutti lo possono verificare!)

VIENE SPIEGATO TUTTO QUESTO NELLE LEZIONI? Non l’abbiamo sentito.

 

Alla morte di Lenin, fondatore e timoniere del partito bolscevico e diventato capo del governo della Russia rivoluzionaria, nella valutazione per la sua successione, i dirigenti bolscevichi sottovalutarono Stalin e questo attraverso tutta una serie di stratagemmi  riuscì a diventare dirigente e presidente della nazione (fine 1924). 

E il subdolo Stalin di fronte alle fortissime difficoltà, però normali per la situazione (sotto Lenin erano ancora peggio) in cui versava l’economia russa, ha poi cominciato a sostenere che il partito bolscevico si doveva concentrare di più sui problemi economici interni che occuparsi a favorire  partiti  rivoluzionari negli altri paesi e questo lentamente ha fatto presa sui quadri intermedi del partito nonostante la ferma opposizione dei massimi dirigenti come Trockij, Zino’vev, Bukarin, Kamenev.

Quando Stalin poi, con il sostegno di questi quadri intermedi si è sentito sufficientemente forte, ha cominciato ad elaborare  la famosa tesi de “Il Socialismo in un paese solo” andando contro l’ oggettiva realtà e cioè che il socialismo  in un paese solo non è possibile, andando perciò anche contro Marx, Engels e Lenin e mettendo così di fatto la parola fine alla rivoluzione russa stessa.  In pratica con la politica de “il Socialismo in un paese solo” Stalin e il suo gruppo eliminavano lo scopo di arrivare alla rivoluzione internazionale per arrivare alla società superiore e si imponevano come i nuovi proprietari  capitalistici  russi nella gestione del capitalismo di stato e Stalin ne diventava il nuovo spietato Zar capitalistico. 

Tutti noi possiamo ben osservare che LA POLITICA DI STALIN NON HA NIENTE A CHE FARE CON IL COMUNISMO, CON MARX, LENIN E I BOLSCEVICHI !  MA CHE SI TRATTA SOLO DI CHIARA CONTRORIVOLUZIONE BORGHESE!

 

Infatti il seguente comportamento stalinista sarà conseguente a questa politica borghese e sarà spietato: uccisione di tutti i dirigenti bolscevichi a lui ostili: Kamenev, Trockij, Bukarin, Zino’vev, Bakaev, Berman-Jurin, Tomskij e molti altri, scioglimento della 3° Internazionale, politica affaristica di espansione imperialista estremamente spregiudicata: alleanza con il nazista Hitler prima, alleanza con gli odiati Paesi Imperialisti (Usa, Gran Bretagna e Francia) poi.

POSSIAMO DIRE CHE STALIN E’ IL DIRETTO DISCENDENDENTE DI LENIN E DEI BOLSCEVICHI COME VIENE AFFERMATO NELLE UNIVERSITA’?

 

NO! ASSOLUTAMENTE NO!

 

IL CONTRORIVOLUZIONARIO E SANGUINARIO STALIN FA PARTE DELLA GRANDE SCHIERA DI POLITICI BORGHESI, DITTATORI O DEMOCRATICI, CHE SI ADOPERANO CON ESTREMO IMPEGNO PER IL MANTENIMENTO DI QUESTA SOCIETA’ CAPITALISTICA ESTREMAMENTE INGIUSTA !

 

 

QUESTO E’ CIO’ CHE SI DOVREBBE INSEGNARE !


 

NELLE UNIVERSITA’ NON VIENE SPIEGATO LA CONTRAPPOSIONE POLITICA TRA LENIN e STALIN

NESSUNA CONTINUAZIONE POLITICA TRA I DUE.

DALLA RIVOLUZIONE ALLA CONTRORIVOLUZIONE

 

Forte sarà l’opposizione dei dirigenti bolscevichi alla politica  controrivoluzionaria di Stalin. E altrettanto forte sarà la repressione staliniana nei loro confronti. Lentamente, ma inesorabilmente saranno  eliminati fisicamente quasi tutti.

Purtroppo nelle lezioni, anche delle università, non viene chiarito questo nodo fondamentale di differenza sostanziale tra le due politiche, quella  di Lenin e quella di Stalin.

E’ assolutamente importante invece averne chiarezza!

 

LA FASE TRANSITORIA.

In molte occasioni Lenin sottolinea come la gestione del governo operaio rivoluzionario sull’economia a capitalismo di stato in Russia, sia  una fase necessariamente transitoria per poter poi giungere alla società superiore.

Per l’ occasione prendiamo un suo testo del 1918 “Sull’infantilismo di sinistra e sullo spirito piccolo borghese”, scritto pochi mesi dopo la rivoluzione, in cui polemizza con una corrente di comunisti ingenui“Non c’è stato ancora nessuno [dei bolscevichi, ndr] a quanto pare, che interrogato sull’economia della Russia abbia negato la fase transitoria di questa economia”… e poi prosegue “….. i ‘comunisti di sinistra’ non hanno ancora capito quale sia propriamente il passaggio dal capitalismo al socialismo”.

Ci sembra che il concetto di fase transitoria anche in questa esposizione sia espresso molto chiaro e senza nessun dubbio.

 

LA FASE TRANSITORIA TRASFORMATA IN FASE PERMANENTE E SPACCIATA PER “COMUNISMO”.

Sarà Stalin, dopo la morte di Lenin, a negare con la sua teoria del “Socialismo in paese solo” “la fase transitoria di questa economia” a capitalismo di stato e a proclamarla fase permanente, fissa, come obbiettivo finale raggiunto e chiamarlo falsamente “comunismo”. Diventa quindi chiaro che Stalin con la teoria del “Socialismo in paese solo” rinuncia a proseguire verso la rivoluzione mondiale e verso un’altra forma economica superiore.

 Marx, Engels, Lenin, scientificamente, hanno sempre negato che esista la possibilità economica di costruire il comunismo in un paese solo. La rivoluzione o le rivoluzioni cominciano si in una nazione, ma il processo per poi arrivare all’economia superiore comunista, dove i prodotti non siano più commerciati e venduti, ma distribuiti equamente tra la popolazione, è un processo molto lungo, che necessita di molte rivoluzioni in molti paesi.

Questo sarà completamente rigettato da Stalin.

La politica controrivoluzionaria stalinista sarà poi una politica borghese imperialistica estremamente conseguente e dura: come detto, prima di tutto l’eliminazione fisica di tutti i bolscevichi, dirigenti e non, che sostenevano la necessità della fase transitoria e quindi non d’accodo con lui. Poi farà sciogliere l’Internazionale Comunista fondata da Lenin. Nel ‘39  farà l’alleanza imperialista con il nazista Hitler per spartirsi la Polonia. Quando nel ’41 Hitler attacca la Russia, Stalin si alleerà spregiudicatamente con gli odiati nemici “imperialisti” inglesi e americani. Dopo la guerra si spartirà con  Usa e Inghilterra i resti dell’imperialismo tedesco sconfitto.

Come sottolineato Stalin farà apparire la sua politica borghese imperialistica come “socialismo”, dando la possibilità alle borghesie occidentali  e ai politici di tutto il mondo di gridare alla “brutalità del comunismo”.

 

Spetta a noi marxisti scientifici, specialisti di marxismo riportare tutto alla normalità, alla verità.

 

traduzione da "Der kommunistische Kampf" - ottobre 2015


COSA NON VIENE CHIARITO NELLE LEZIONI UNIVERSITARIE

LENIN RIVOLUZIONARIO:

LA NECESSITA’ DELLA FASE TRANSITORIA DOPO LA RIVOLUZIONE ASPETTANDO LE ALTRE RIVOLUZIONI

 

STALIN CONTRORIVOLUZIONARIO:

IL RITORNO ALLA POLITICA BORGHESE CON L’ELIMINAZIONE DELLA FASE TRANSITORIA DOPO LA RIVOLUZIONE E DICHIARANDO LA STATALIZZAZIONE, CIOE’ IL CAPITALISMO DI STATO COME “COMUNISMO” 

 

Chi nelle università o nelle scuole assiste alle lezioni sul marxismo o sulla storia, si rende subito conto di una cosa: che i professori fanno tutto un calderone sulla vicenda della rivoluzione bolscevica russa del 1917. La questione viene trattata molto superficialmente e spesso senza cognizione di causa. Non vengono chiariti i contenuti dell’eccezionale evento storico, non viene spiegato il contesto in cui l’evento  accade, ne tantomeno i suoi veri scopi. E soprattutto non viene chiarita l’importante differenza politica tra Lenin e Stalin. I professori nelle lezioni riprendono i concetti comuni che vanno per la maggiore nell’opinione pubblica, opinione costruita dai Mass Media, cioè da giornalisti supponenti, ma ignoranti o da pennivendoli al servizio della borghesia. La borghesia poi, cioè i ricchi, si incarica di diffondere, attraverso i suoi giornali, tv, politici, storici, preti, ecc. questa comoda e distorta realtà.

Viene perciò normale pensare che anche i professori riprendano questa deformata realtà per comodità.  

Comodità che per loro vuol dire non impegnarsi in ulteriori approfondimenti, non fare alcun altro sforzo mentale, ma soprattutto non andare controcorrente.

Ben diversa è la situazione per noi che abbiamo bisogno di capire!

STALIN NON E’ STATO LA CONTINUAZIONE DELLA POLITICA RIVOLUZIONARIA DI LENIN, NE DEI BOLSCEVICHI! Anche se Stalin, furbescamente, nella sua politica borghese controrivoluzionaria ha continuato a mantenere tutte le parole tipiche comuniste, come “Stato socialista”, “compagni”, “partito comunista bolscevico”, “Comunismo”, ecc. ecc.

 

 

E la conferma del tradimento borghese staliniano e del suo cambio di politica è dimostrata anche dal fatto che per poterla attuare Stalin ha dovuto far eliminare fisicamente quasi tutti i dirigenti bolscevichi.

  


 

Nelle lezioni i professori non spiegano i veri contenuti dello scontro tra i dirigenti bolscevichi e Stalin. Spiegano genericamente che le famose purghe staliniane erano dovute a lotte per la conquista del potere tra il cattivo Stalin e i capi bolscevichi poi eliminati, o erano dovute a  lotte causate da antipatie personali reciproche, o per  oscure tresche di carrierismo politico o cose di questo genere.

NIENTE DI PIU’ FALSO E ARTIFICIALE !

LA SOSTANZA  DELLA ALLORA DURA BATTAGLIA ALL’INTERNO DEL PARTITO BOLSCEVICO ERA BEN ALTRA!

Chi approfondisce può facilmente scoprire che i bolscevichi con Lenin affermavano che la rivoluzione russa non era ancora il socialismo. Ma solo il primo passo verso il socialismo! Un primo momento verso una rivoluzione generale che avrebbe portato poi,  all’economia comunista. In questo primo passo, il proletariato rivoluzionario russo giunto al potere,  aspettando le altre rivoluzioni, avrebbe gestito l’economia russa con il capitalismo di stato. I bolscevichi sottolineavano e  ripetevano  in continuazione che questa fase di governo operaio a capitalismo di stato era inevitabile nel percorso verso il comunismo e sarebbe stata solo transitoria, temporanea.

Ma alla  morte di Lenin, Stalin con la sua teoria del ”Socialismo in un paese solo”  stravolgerà tutto! Affermerà  falsamente che  subito dopo la rivoluzione si era instaurato il comunismo! In altre parole sosterrà  che il capitalismo di stato, cioè la statalizzazione, era il comunismo! Ed è qui che comincia la furiosa battaglia contro i capi bolscevichi. 

 

Nella falsità che si era già nel socialismo Stalin dirà che la fase transitoria non era più necessaria e che quindi non era più da considerarsi. Di conseguenza sosterrà che le altre rivoluzioni proletarie non erano più necessarie e quindi scioglierà la 3° Internazionale Comunista costituita poco prima da Lenin.

Nella sua menzogna del “Socialismo in un paese solo” Stalin non si accorgeva (oppure nascondeva)che nella Russia rivoluzionaria tutto funzionava capitalisticamente: i  prodotti continuavano ad essere venduti (e non diffusi tra la popolazione, come avrebbe dovuto essere nel comunismo). I prezzi delle merci si alzavano o abbassavano a secondo della domanda e dell’offerta come in un qualsiasi altro paese capitalistico. Nascondeva che esisteva ancora un proletariato (cosa che nel socialismo non esiste più) con un salario e con i suoi sindacati  e che le imprese e le banche statali (anche le banche nel socialismo non esistono più, perché i prodotti che vengono distribuiti tra la popolazione e non più venduti non hanno bisogno delle banche) erano condotte e dirette affaristicamente da componenti del partito invece che da privati.

Come detto, tutte queste fondamentali nozioni  nelle lezioni non vengono chiarite, oppure vengono sottaciute o chiarite in minima parte.

Tutto questo crea confusione, non aiuta a capire come funziona questa società, ma soprattutto fa il gioco della borghesia.

 

 

                                                                    traduzione da "Der kommunistische Kampf" - aprile 2016



FASCISMO E ANTIFASCISMO

 

 OLTRE L’ANTIFASCISMO!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        traduzione da "Der kommunistische Kampf" - ottobre 2015

 

 

 

 

Molto spesso ci capita di sentire dai media della borghesia che i partigiani che combatterono il fascismo erano comunisti. In molte manifestazioni antifasciste come quella ricorrente del 25 aprile qui da noi si possono notare molte bandiere comuniste che inneggiano alla liberazione dell'Italia dal fascismo. Questo fa si che si crei una enorme confusione nella testa della gente e cioè che si creda che il comunismo si contrapponga al fascismo o che l'antifascismo sia il comunismo. 

Partiamo dal fatto che per un marxista scientifico il fascismo e l'antifascismo sono due facce della stessa medaglia! La società superiore comunista non è una lotta al fascismo, ma un'evoluzione dal capitalismo.

Il capitalismo è la società in cui viviamo ai giorni nostri: è composta da una classe che detiene i mezzi di produzione e gestisce gli affari (borghesia) e una classe di lavoratori salariati (proletariato). Il proletariato lavora in cambio di un salario per la borghesia la quale vende i prodotti e si arricchisce. Nel comunismo invece, non essendoci classi sociali, i prodotti verranno distribuiti in base ai propri bisogni, senza creare povertà o crisi economiche.

Va detto che il capitalismo ha molti involucri o facce:  il totalitarismo, come il fascismo o nazismo, dove non c'è libertà di pensiero o di voto; l’involucro del  capitalismo di stato come in Vaticano o il capitalismo di stato-finto comunismo di Cina, Cuba, , Corea del Nord (ed ex Urss con i suoi ex Paesi Satelliti) dove i mezzi di produzione appartengono allo stato che si sostituisce ai padroni privati. Dove c'è l’involucro democratico come in Italia c'è liberta di pensiero e i cittadini con il loro voto credono di scegliere i propri rappresentanti. In realtà queste persone che vengono elette sono solo "gestori degli affari della classe dominante". In questa situazione la borghesia usa il parlamento per opprimere il proletariato (cercando di nasconderlo) e per avvantaggiarsi nei loro affari. Per un comunista non vi è alcuna democrazia, ma una "dittatura mascherata ".

I partigiani fecero una rivoluzione antifascista quando invece avrebbero dovuto farla anticapitalista, con il risultato che passarono da un capitalismo totalitario ad un capitalismo democratico.

Per un comunista la rivoluzione deve invece essere intesa come risposta diretta al capitalismo, qualsiasi involucro esso abbia. Per capire meglio: Lenin nell'Urss non fece la rivoluzione (poi tradita da Stalin) allo zarismo, che era simile al fascismo, ma al capitalismo! Questo perchè a lui non interessava minimamente la forma di governo che vigeva al momento, ma solo arrivare ad una società superiore, cioè il comunismo.

Teniamolo sempre ben presente: non c'è rivoluzione sociale se non è contro il capitale!

Marco  Piccoli

 



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