Analisi dello scontro interimperialista

UCRAINA: UNA GUERRA SEMPRE PIU’ DIRETTA TRA USA e RUSSIA

NEL BRUTALE SCONTRO TRA CAPITALISTI, DOVE L’IMPERIALISMO RUSSO HA INVASO L’UCRAINA,  L’OBBIETTIVO DELLA BORGHESIA AMERICANA E’ ORA FAR CROLLARE DI NUOVO IL CONCORRENTE RUSSO.

 

 

 

Adesso viene detto da tutti: la guerra in Ucraina è in realtà uno scontro tra USA e Russia: gli USA che armano e usano gli ucraini contro la Russia, che con il suo esercito ha invaso l’Ucraina.

E’ uno scontro tra imperialismi, cioè tra multinazionali che dirigono e muovono i governi a secondo dei loro interessi. Uno scontro tra briganti, con l’unico scopo, a guerra finita di incrementare i loro profitti, e dove la vita delle persone non ha alcun valore. Nel perverso sistema capitalista il conflitto in Ucraina non è altro che la continuazione della prima e seconda guerra mondiale e di tutte le altre guerre che impestano il pianeta. Infatti da qualcuno questa guerra viene definita “l’inizio della terza guerra mondiale” mentre altri ne vedono “un macello senza fine”.

Il fatto è che la guerra viene contemplata come “normalità”  nella competizione tra capitalisti, e questo spiega il perché nel pianeta ve ne sono un’infinità senza fine.

Analizzando il contesto della guerra in Ucraina è la borghesia americana che detiene il soppravvento sui russi e sta dettando le regole. Ha la netta superiorità militare rifornendo infinitamente di armi di tutti i tipi i militari ucraini, mentre l’esercito russo sta rosicchiando le scorte. E ha il soppravvento politico generale. Detta le regole: tutte le nazioni della sfera USA, dalla UE al Giappone, dalla Corea del Sud alla Polonia e Paesi Baltici, devono seguire volenti o nolenti le direttive politiche, militari, economiche contro la Russia e suoi alleati, che Washington dispone.

Si conferma e diventa sempre più chiaro che in questo brutale scontro tra briganti capitalisti, l’obbiettivo di Washington non è solo quello di “liberare l’Ucraina”, ma di far crollare non solo militarmente, ma anche economicamente il concorrente Russia, sia attraverso il peso della guerra, che attraverso le dure sanzioni economiche imposte - proprio come da noi in maggio subito dopo l’inizio della guerra avevamo intravisto e scritto nell’articolo “La guerra in Ucraina sta rafforzando notevolmente l’imperialismo americano sulla scena internazionale” (Der kommunistische Kampf” - 3 maggio 2022).  Per ottenere però questo, cioè il crollo russo, l’imperialismo americano ha bisogno di tempo, molto tempo perché l’economia russa arrivi allo sfascio, quindi verosimilmente il conflitto in Ucraina è destinato a durare a lungo, con la brutale carneficina che ne consegue.    

Con questo “intervento” in Ucraina la borghesia americana persegue a livello internazionale anche un altro preciso scopo tipico nello scontro interimperialistico: vuole ridefinire, impostare la sua propria posizione imperialistica strategica globale per almeno i prossimi 20 anni.  Ciò significa: da una parte continuare a preservare il controllo politico-militare su gran parte del globo, e dall’altra, in contemporanea, prepararsi per lo scontro contro il futuro gigante economico emergente asiatico, ossia l’imperialismo cinese.

Ma con l’ “Operazione Ucraina” all’imperialismo di Washington si è presentata anche un’altra inaspettata opportunità: riaffermare inequivocabilmente il ruolo militare dirigente della NATO nel rapporto con gli alleati e soprattutto nella difesa militare dalla UE, affossando definitivamente l’idea in Europa della costituzione di un esercito europeo. Mentre dall’altro lato, in Asia, ha dato il via libera al Giappone per un parziale riarmo, come futuro bastione dell’Alleanza Atlantica contro l’emergere del gigante Cina.

In quest’ottica perciò, dello scontro interimperialistico, la futura sconfitta della Russia sarà un chiaro monito-segnale per tutte le borghesie del pianeta, ossia: la borghesia americana è ancora forte, anzi, più forte che mai, ed è in grado di imporre ancora le proprie regole. In questo, anche l’imperialismo cinese è avvisato.

La barbaria delle guerre perciò segnerà ancora il futuro. Sarà ciò che ci accompagnerà inesorabilmente ancora nel tempo. Finchè le rivoluzioni proletarie non instaueranno la nuova società superiore. 

 

German Mission in Nigeria (Federal Foreign Office)

LA MISSIONE MILITARE TEDESCA IN  NIGER  PER  PROTEGGERE GLI INTERESSI  DELLE MULTINAZIONALI TEDESCHE

 

 

 

 

Il Nord Africa o Sahelzone è un bacino enorme di materie prime, è una zona ricca di uranio e carbone per le centrali elettriche, poi di petrolio, oro, zinco, rame per cavi elettrici, bauxite e non ultimo di legname per la mobilia, materie prime che scatenano la contesa tra le varie potenze imperialiste per accaparrarsele.

E naturalmente anche l’imperialismo tedesco con le sue grandi multinazionali si getta nella mischia avendo grossi affari e interessi i questa zona dell’Africa. Interessi che però, com’è normalità nel capitalismo, vengono minacciati da multinazionali concorrenti, in questo caso cinesi e russe.

E’ per proteggere questi affari che anche le multinazionali tedesche danno incarico al loro governo di Berlino di mandare nella zona soldati affinchè vigilino, combattano, uccidano, per impedire ai concorrenti di danneggiare i loro profitti.

Per arrivare allo scopo i soldati tedeschi nel Sahelzone si appoggiano su una parte di tribù e etnie locali islamiche, cosicchè armandole, addestrandole, finanziandole, in pratica combattano per gli interessi delle grandi aziende germaniche. Queste tribù si scontrano contro altre tribù africane islamiche a loro volta armate e finanziate da militari delle nazioni concorrenti, ossia per gli interessi delle aziende cinesi e russe.   

E funziona proprio così, perchè anche i governi cinese e russo per proteggere i propri interessi economici hanno mandato nel Sahel i propri soldati che addestrano tribù, sempre musulmane,  perché combattano per loro. 

Dopo le ultime elezioni è il turno del governo Scholz con i Socialdemocratico-Verdi-Liberali - e naturalmente con il consenso più o meno aperto delle opposizioni di destra e sinistra - di proteggere gli interessi delle grandi aziende tedesche, sia in patria che in giro per il mondo, quindi anche in Africa.    

Naturalmente anche questo governo borghese che, come i precedenti si definisce di alti valori morali, civili e umanitari non può palesare apertamente che i soldati mandati nelle missioni estere come in Nigeria o Mali sono sul luogo per combattere ed ammazzare per i profitti delle grandi banche e imprese tedesche. Questo provocherebbe di certo un terremoto politico. Perciò  anch’esso mistifica. E come sempre nascondendo il tutto dietro l’ennesimo banale pretesto, porta la falsità che ora la missione in Nigeria servirebbe per combattere il “fanatismo terrorista islamico”. Falsità, esattamente come tante altre  del passato, come per es. quella della guerra in Afghanistan, in cui i soldati tedeschi sarebbero stati inviati per “esportare la democrazia” e prima ancora con la guerra in Jugoslavia, dove l’intervento militare tedesco era per “salvaguardare la pace”.  Va da se, che questi cosiddetti “terroristi islamici” nemici altro non sono che le altre tribù africane armate e sostenute dalle multinazionali concorrenti cinesi e russe che si battono contro i militari tedeschi. 

Ovviamente la stessa tragica frottola viene usata anche in Cina e in Russia, esattamente, dove anche in queste nazioni i soldati mandati a combattere nel Sahel vengono presentati all’interno dei due paesi, essere stati inviati per combattere anch’essi i “fanatici terroristi islamici”, che altro non sono che le tribù sostenute dai tedeschi assieme ai francesi e agli italiani.

In pratica viene diffusa in ogni nazione un’informazione (che ovviamente è una informazione di parte, capitalista) che ha il compito di convincere le masse che ogni “intervento militare all’estero” è sempre per il “bene”, per “aiutare” le popolazioni del luogo, Esattamente come nel passato con le guerre coloniali, dove in patria le guerre coloniali di conquista  venivano giustificate come un “grande aiuto ai popoli”, che invece erano brutalmente sottomessi (nascondendo i massacri compiuti, proprio come oggi). 

I secoli passano, ma il capitalismo rimane sempre lo stesso, con le sue sopraffazioni, guerre, manipolazioni, ingiustizie. C’è bisogno di una società superiore per porre fine a questo.


 

_______________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

ANALISI DELLO SCONTRO INTERNAZIONALE

TRA BORGHESIE

IL SOGNO DELL’ESERCITO EUROPEO INFRANTO DEFINITIVAMENTE CON LA GUERRA IN UCRAINA

 

 

 

 

Esercito europeo: realtà o chimera? Verosimilmente una chimera.

L’imperialismo americano che ha vinto la 2° guerra mondiale chiaramente non lo vuole.

A 30anni dalla fondazione della UE nel 1993 a Maastricht l’esercito europeo rimane sempre un desiderio. Evocato, o forse è meglio dire, sospirato dalle cancellerie europee, non è mai stato però preso veramente sul serio nella sua costituzione pratica.      

A mettere le cose in chiaro ancora una volta è stato il vertice tra NATO e Unione Europea a Brussel in gennaio, dove gli americani hanno ribadito e poi con gli europei sottoscritto, che la difesa europea è compito della NATO. Visto il contenuto del documento finale probabilmente la parola “esercito europeo” non è mai stata neanche pronunciata.

Nell’Alleanza Atlantica, dove anche gli stati (le borghesie) europei ne fanno parte, l’imperialismo americano svolge un ruolo di dirigenza che assolutamente vuole mantenere, impedendo in tutti i modi che le borghesie europee si uniscano mettendo in discussione la leadership di Washington. In questo intento impedisce pertanto sia la formazione di una Unione Europea politicamente pienamente unita, che la formazione di un esercito europeo unito. 

 

E nel vertice congiunto NATO-EU a Bruxelles questo viene detto e ribadito con molta fermezza: "Il presidente Putin voleva dividerci ma ha fallito. Il regime a Mosca voleva un'Europa differente [ il distacco dell’Europa dagli USA – ndr ] e ciò avrebbe conseguenze sulla nostra sicurezza. Quindi noi dobbiamo continuare sulla nostra alleanza transatlantica, sulla cooperazione Ue-Nato e rendere più forte il nostro supporto all'Ucraina’. Ha dichiarato Stoltenberg – NATO” (ANSA – 10 gennaio).    

E da parte EU rimarca Michel, presidente del Consiglio Europeo: "L'Ue e la Nato ‘hanno aggiornato le loro ambizioni sulla sicurezza globale. Con la dichiarazione di oggi vogliamo intensificare la nostra cooperazione su spazio, infrastrutture strategica, disinformazione e ingerenze, cambiamento climatico" … "Viviamo in un'epoca di crescente competizione strategica. La crescente assertività e le politiche della Cina presentano sfide che dobbiamo affrontare, rimarcano la Ue e la Nato” (ibidem).      

Si legge poi nel documento finale  "Come sottolineato sia dal Concetto strategico della Nato che dalla Bussola strategica dell'Ue, questo è un momento che dimostra più che mai l'importanza del legame trasversale e che richiede una più stretta cooperazione tra l'Ue e la Nato. La Nato rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza euroatlantica. Riconosciamo il valore di una difesa europea più forte e più capace, che contribuisca positivamente alla sicurezza globale e transatlantica e sia complementare e interoperabile con la Nato", (ibidem) .

 

E’ in questa dichiarazione congiunta La Nato rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza euroatlantica" che viene dichiarata l’essenza del vertice militare NATO-EU : sarà solo la forza armata della NATO – ossia a direzione USA - che d’ora in avanti svolgerà il ruolo di difesa europea, intendendo: non esisterà un futuro esercito europeo. Per le borghesie europee è la chiara fine delle speranze di una unione militare esclusivamente europea.

D’ora in avanti (ma in realtà lo era anche nel passato) le future dichiarazioni di politici e giornali di “costituzione di una armata europea per difendere gli interessi degli europei” sarà solo retorica, la continuazione di un piagnisteo senza speranza.

 

RIVOLTA  IN  IRAN: LE RELIGIONI,

ARRETRATEZZE   STORICHE:

IN  IRAN  IMPOGONO  ANCORA IL VELO, IN EUROPA COMBATTONO CONTRO L’INNOVAZIONE GENETICA

 

 

 

Non bisogna mai dimenticare che le religioni sono solo fantasia, di conseguenza il resto viene da solo e spiega tutto. 

Fantasie che nei millenni hanno cercato di spiegare i fenomeni del mondo e il suo funzionamento e che si sono strutturate nelle mentalità delle popolazioni. Naturalmente il tutto scollegato con la realtà reale. E questo chiarisce il perché di così tante fantasie religiose esistenti nel mondo, così come all’interno di esse le tante variabili interpretazioni.

Oggi queste Dio-fantasie provenienti dai millenni sono ancora ben ancorate nei paesi arretrati industrialmente e vengono utilizzate dalle borghesie al potere per il controllo delle enormi masse salariate sfruttate. 

Certamente oggi nel capitalismo assistiamo anche alla progressiva perdita di peso e influenza  delle religioni. Il motivo risiede nel fatto, primo: la scienza oggi può spiegare molto meglio i fenomeni e gli eventi, sia naturali che sociali, ciò che nel passato era ancora totalmente oscuro, motivo per cui venivano interpretati fantasiosamente.  

Secondo: col capitalismo il vecchio e astratto Dio nel cielo viene ora sostituito dal più concreto “Dio Denaro”. Il meccanismo quindi ora è tutto concentrato su “come fare più soldi”, non più su qualcosa di intangibile e inservibile com’era il “precedente Dio” nel cielo.

Terzo: la religione nel capitalismo non serve più alle masse sfruttate come aiuto di speranza per risolvere i problemi quotidiani, ma a loro è sempre più chiaro che è con la lotta, il darsi da fare, che può portare a risultati concreti. Non certo la rassegnazione predicata dai preti o fermarsi a pregare Dio e sperare nella divina provvidenza.

Perciò l’indifferenza verso Dio oggi, nel capitalismo, si estende in rapporto a quanto si estende il capitalismo stesso. Arrivando naturalmente a permeare anche gli ultimi paesi arretrati.

PROTESTE IN IRAN. Su queste premesse si può interpretate quanto succede oggi in Iran con le ininterrotte proteste contro il velo. In questo caso sono le giovani donne che interpretano il cambiamento sociale capitalistico e si mobilitano contro le

assurde catene fantasiose religiose, non più compatibili, sopportabili, in una società che si sta industrializzando e modernizzando, come appunto l’attuale Iran.  

Perché bisogna evidenziare che oggi i giovani iraniani  girano il mondo, e usando internet e lo smartphone, vedono chiaramente come funziona il vero mondo esterno, moderno. E guardando fuori dai confini si rendono chiaramente conto come essi siano tenuti sotto una assurda dittatura religiosa. Di conseguenza la necessità di liberarsi dagli inutili, stupidi, lacci religiosi diventa fortissima. Ed ecco la lotta delle giovani ragazze, così incredibilmente tenace e forte nonostante la violenta repressione statale. 

E con questa incredibile lotta contro il velo, in pratica le giovani iraniane stanno dichiarando al mondo intero che stanno lottando non solo per questo, ma per la loro totale libertà nella nuova società capitalistica. Ed è più che sicuro che prima o poi ci riusciranno. Perché questa battaglia è parte chiaramente di una tappa di quella che è una tendenza inarrestabile verso la laicizzazione della società. Ed è una battaglia che per molti aspetti ricorda le lotte per l’emancipazione femminile di fine ottocento in Europa e Nord America, per adeguare i diritti femminili alla società borghese.

I PRETI NEI PAESI AVANZATI. Ma qui bisogna puntualizzare che anche nei paesi progrediti e moderni le religioni continuano a svolgere il loro ruolo di ostacolo storico, di arretratezza mentale. Naturalmente condotto con altri metodi e pretesti.       

La funzione qui delle religioni è porsi inalterabili contro qualsiasi progresso scientifico, soprattutto nell’ambito della genetica o della medicina. Motivando l’opposizione con stupidità tipo che queste scoperte stravolgono l’essere umano creato da Dio, non esprimono la volontà del “Creatore”.    

Naturalmente le loro schiocche motivazioni non trovano mai seguito nel mondo scientifico e pratico, poiché l’inarrestabile progresso segue la sua strada. Comunque le religioni non smettono mai di porsi contro la scienza e tentano senza sosta di frenare il progresso scientifico. Se fosse per le religioni la terra sarebbe ancora piatta e l’essere umano nei suoi problemi dovrebbe sottomettersi solo alla volontà Divina (cioè dei preti). Per imporre queste stupidità, nella storia le chiese hanno torturato e ucciso centinaia di migliaia di innocenti, e tutt’oggi – vedi appunto  es. del velo negli stati musulmani - ne uccidono ancora.

Concludendo. Senza tanto esitare possiamo senz’altro affermare: LE RELIGIONI, UN FARDELLO STORICO PESANTE, INSOPPORTABILE ! Ma che ciononostante le borghesie continuano a finanziare e a sostenere, con lo scopo di tenere il controllo sul proletariato sfruttato. 

Sarà compito della società superiore spazzare via definitivamente questo pattume storico


 

___________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

ONDATA DI SCIOPERI IN EUROPA, PER    ADEGUARE   GLI   STIPENDI ALL’AUMENTO    DEI     PREZZI     E CONTRO  LA  RIFORMA  PENSIONI

CON  L’AUMENTO  DEI  PREZZI  SI  RIACCENDE

LA LOTTA DI CLASSE CONTRO PADRONI E GOVERNI

 

MENTRE I RICCHI DIVENTANO SEMPRE PIU’ RICCHI I LAVORATORI DEVONO SCIOPERARE DURAMENTE PER IL SALARIO

 

 

La guerra in Ucraina, il brutale scontro interimperialistico tra briganti capitalisti per contendersi la nazione, non è solo la sanguinosa causa di innumerevoli vittime tra giovani soldati e civili, ma come tutti i conflitti è anche motivo di sconquassamento dei mercati, tra radicali sanzioni reciproche, aumento del prezzo delle materie prime e speculazioni affaristiche di tutti i tipi.

In tutto questo anche l’aumento dei prezzi è caratteristico nei momenti catastrofici guerrafondai. Situazioni in cui improvvisamente le masse lavorative delle varie nazioni si ritrovano con salari repentinamente ridotti. Per cui i lavoratori, per recuperare la parte persa del salario eroso, sono costretti a rimettere in piedi la dura lotta di classe di intensi scioperi, in un contesto dove invece dalla parte opposta le aziende accumulano enormi profitti. Profitti dovuti sia alla passata Pandemia che alla guerra stessa. Con governi che fan finta di non vedere le enormi speculazioni delle grandi multinazionali nel mercato internazionale.

Ed ecco la contraddizione sociale: mentre imprese e banche accumulano sempre più miliardi sfruttando la situazione, i salariati sono costretti a scioperare duro per avere un salario decente. Quindi in Europa le ondate di scioperi per il recupero salariale: subito in Gran Bretagna e poi Germania. Mentre in Francia i lavoratori sono occupati in una intensissima lotta contro il peggioramento dell’età pensionabile.   

GRAN BRETAGNA. E’ la nazione europea più colpita dall’inflazione: + 10,7%.  Dove già alcune categorie verso la fine del 2022 hanno cominciato a scioperare per il recupero 

salariale. Per primi sono partiti il personale aeroportuale e poi i portuali, e a seguito ferrovieri, i lavoratori dell’università, a cui si è aggiunto ora il personale della scuola e della sanità. I sindacati rivendicano un aumento del 19%, il governo offre il 4,7%. Lo scontro quindi si preannuncia molto duro e acuto.

E’ in queste situazioni di intenso scontro sociale dove i lavoratori lottano per le loro famiglie, per un livello di vita accettabile, che vengono alla luce pubblicamente i nemici della classe lavoratrice: i padroni certamente, ma anche il governo, i partiti (che prima nella farsa della campagna elettorale avevano con enfasi promesso la loro difesa), giornali, tv, e intellettuali vari. Tutti schierati rabbiosamente contro i proletari in lotta, a difesa di padroni e i loro profitti, di cui ne traggono vantaggio, accusando gli scioperanti in lotta di “creare caos” di “voler rovinare il paese”, di cercare “sfascio” e cose di questo genere. E non che è fondamentale salvaguardare gli stipendi di chi lavora. Ed è proprio in queste dure lotte di recupero salariale che questi lacchè riprendono la vecchia  tradizionale menzogna (già famosa ai tempi di Marx, che per smentire scrisse l’opuscolo “Salario, prezzo e profitto”) secondo cui gli aumenti salariali causerebbero “l’aumento dell’inflazione”. Un grande menzogna, perché appunto i recuperi salariali seguono sempre i già aumentati prezzi, e non il contrario, proprio come da Marx precisato. Ma questo i tirapiedi dei borghesi non lo dicono. E questi nemici dei lavoratori in Gran Bretagna stanno elaborando perfino un losco sistema, un trucco per abolire il diritto di sciopero. 

GERMANIA: Anche in Germania è il settore pubblico che è in lotta per il recupero salariale: autobus, treni, ospedali, servizi di pulizia stanno scioperando. Il sindacato chiede un aumento del 10%. Come caratteristico in questo paese già sono partiti gli “scioperi di avvertimento”, cioè scioperi localizzati nelle zone “più sensibili” - che si allargheranno sempre più con il proseguire della vertenza, se non arriva l’accordo.

FRANCIA: In questo paese i lavoratori sono impegnati in intensissime lotte contro 

l’innalzamento dell’età pensionabile. Il governo, facendo finta di ignorare i bilanci molto positivi delle aziende francesi, inventandosi che non c’è sufficiente denaro per le pensioni, attacca i lavoratori sull’età pensionabile.  I lavoratori francesi, confermandosi l’avanguardia europea nella difesa salariale di classe, stanno rispondendo come sempre in modo massiccio e compatto, con durissimi scioperi e lotte estese in tutta la nazione.   Questo il contesto europeo.

Ma, vorremmo  rimarcare  I NEMICI DI CLASSE.  Come sopracitato è in queste situazioni di intensa lotta che I NEMICI DEI LAVORATORI si mostrano di persona. Mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, attaccano rabbiosamente i lavoratori in sciopero che rivendicano i loro diritti.  Nei nemici di classe non può mancare ovviamente l’Europa. Mentre rifiuta gli adeguamenti salariali ai propri 

dipendenti, la BCE (Banca Centrale Europea) - perno su cui si muove l’intera Unione Europea - consiglia ai governi europei di tener duro al fronte delle richieste salariali, di concedere il meno possibile, e come giustificazione, di usare proprio la frottola che “gli aumenti salariali causano inflazione”. Governi che, com’è evidente, stanno obbedendo da bravi scolaretti al diktat di Bruxelles.

LAVORATORI EUROPEI UNITI: E’ ovvio che se contro agli imprenditori europei uniti i lavoratori potessero contrapporre un fronte di lavoratori europei uniti, di sindacati europei uniti, la faccenda della difesa dei diritti dei lavoratori assumerebbe un valore molto diverso. E’ anche per raggiungere questo obbiettivo sindacale che come leninisti attivisti siamo impegnati.

L’INSANABILE  SOCIETA’ CAPITALISTA 

“IL DIVARIO TRA RICCHI E POVERI CRESCE RAPIDAMENTE”

 

“Secondo il rapporto dell'organizzazione Oxfam, una persona su dieci nel mondo soffre la fame. Allo stesso tempo, molte aziende hanno tratto enormi profitti dalle recenti crisi: nel 2022, 95 aziende alimentari ed energetiche hanno più che raddoppiato i loro profitti” .                                                          

 

                                              “Tagesschau”  (Tv di stato tedesca)  - 16 gennaio 2023  

 

 

 

I dati riportano, causa la crisi pandemica Covid prima e la guerra in Ucraina dopo, la popolazione mondiale ha subito un arretramento di livello di vita, in generale, riconducibile a 25 anni fa.  

Tutt’altro invece la situazione riguardante i ricchi. Così il portale “Tagesschau” (tv di stato tedesca) del 16 gennaio 2023 nell’articolo “Il divario tra ricchi e poveri cresce rapidamente” nel capitolo La ricchezza dei miliardari è schizzata alle stelle” : “… durante la pandemia Corona, cioè dal 2020, un totale di 26 trilioni di dollari USA è andato all'1% più ricco dell'umanità  e 16 trilioni di dollari USA al restante 99%”.  In altre parole: in questo periodo l’1% della popolazione cioè i ricchi, si è impossessato di quasi il doppio del restante 99% dell’umanità. Una discrepanza impressionante, in questa società che si definisce la migliore esistente, la più giusta e civile possibile. Tutto questo in una situazione dove, mentre la popolazione a livello mondiale ha dovuto e deve sopportare durissime restrizioni, sofferenze, morti, aumento dei prezzi - ossia sacrifici enormi, i cinici e avidi miliardari hanno colto l’occasione dei disastri per aumentare vertiginosamente ancor di più i già loro enormi capitali. Vergognoso, veramente.

In contemporanea precisa il “Tagesschau”: “Secondo Oxfam, almeno 1,7 miliardi di lavoratori vivono in Paesi in cui l'inflazione è superiore alla crescita dei salari. E circa una persona su dieci sulla terra soffre la fame” (ibidem). Il significato: mentre i miliardari diventano più ricchi, quasi due miliardi di lavoratori nel mondo perdono potere d’acquisto dei salari causa l’aumento dei prezzi, e una persona su 10 ha problemi economici per pagarsi perfino il mangiare. Stridente contraddizione.

Una società capitalistica quindi totalmente squilibrata e ingiusta. Dimostra quanto non sia adatta a risolvere i problemi dell’umanità, e come le contraddizioni insite nel sistema non possano trovare soluzione se non con l’abbattimento del sistema stesso.

L’articolo del “Tagesschau” passa poi ad illustrare la situazione in Germania, che ovviamente è fotocopia della squilibrata contraddizione capitalista generale: “In Germania, l'81% dell'aumento totale della ricchezza generato tra il 2020 e il 2021 andrà all'1% più ricco della popolazione. Al restante 99% della popolazione va solo il 19% dell'aumento di ricchezza” (ibidem). Ancora una volta quindi anche in Germania abbiamo la conferma che il divario tra ricchi e lavoratori si allarga sempre più, anche se i media alle masse tengono nascosto questo imbarazzante aspetto e presentano la Germania come il paese più giusto e corretto che possa esistere.     

E’ anche il portale “Capital” nell’articolo “Il patrimonio privato in Germania sale a 20 bilioni di dollari del 22 giugno 2022 che si occupa, fa un’analisi della mal distribuita ricchezza in Germania: “Più di 3000 superricchi possiedono un quinto della 

ricchezza privata tedesca. Un nuovo studio prevede che il loro numero continuerà a crescere in modo significativo”. “Capital” conferma la grande disparità sociale esistente in Germania tra lavoratori e ricchi. Disparità destinata, afferma, ad accrescersi.   

Ma per contrastare questa enorme eclatante ingiustizia sociale, cosa fanno il governi? Come si comportano? Impongono alle aziende di aumentare i salari? Aumentano le tasse ai superricchi e le diminuiscono ai lavoratori? Impongono che il lavoro precario venga abolito? Aumentano le pensioni? No, di tutto questo assolutamente niente. Anzi, procedono al contrario! Si scagliano contro i lavoratori in lotta che scioperano per il recupero salariale eroso dall’aumento dei prezzi, o che scioperano duramente contro l’innalzamento dell’età pensionabile, etichettandoli come “distruttori della società” o “fomentatori del caos”. O cercano, come in Gran Bretagna, di promulgare leggi contro il diritto di sciopero, o mandano la polizia a bastonare gli scioperanti. Tutti contro i lavoratori. 

E’ con l’aiuto dei partiti che si alternano nei governi nel favorire, servire in tutti i modi i miliardari nei loro interessi a scapito dei lavoratori (anche se a parole e in campagna elettorale dicono il contrario) che chiarisce il perché i ricchi anche nei disastri sociali diventino sempre più ricchi. Ma ancor di più: come grazie a questo aiuto i ricchi, come iene affamate, approfittino delle devastanti situazioni catastrofiche di enormi sofferenze umane per accumulare ancor più denaro.

Il capitalismo: una società profondamente ingiusta, come il marxismo da sempre ribadisce. Solo il suo abbattimento può portare quel benessere sociale a cui tutti aspirano. 


 

__________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

TUNISIA 

ALLE ELEZIONI DI DICEMBRE HA VOTATO L’11%

IL FIASCO DELLA DEMOCRAZIA DOPO LA “PRIMAVERA ARABA”

 

 

 

 

La Tunisia famosa per le “Primavere arabe” è il paese dove nel fine 2002 le rivolte sono iniziate e poi si sono estese a tutte le nazioni arabe del Nord Africa coinvolgendo poi anche la Siria e altre del Medio Oriente. La Tunisia è l’unico paese arabo dove poi è stata instaurata - in termini marxisti - la “democrazia” come sovrastruttura. Sembra però che anche in questo paese, come in tanti altri paesi in via di sviluppo, la “democrazia” come forma borghese di dominio sul proletariato e di compromesso tra le varie fazioni capitaliste non funzioni molto bene.

__________________________________________________

 

Che esista nei paesi industrializzati un trend delle masse verso l’astensionismo, cioè nel percepire che il voto non serve a soddisfare i loro interessi, come tutto ciò sia solo apparenza, questo è realtà attuale visibile. Ma questo non ha niente a che fare in Tunisia con l’astensione al voto del 90% alle ultime elezioni del dicembre 2022.

In questo caso l’altissima astensione è dovuta allo scontro tra le varie componenti della borghesia tunisina in concorrenza e in lotta tra di loro per la gestione capitalistica della nazione.

Il motivo è da ricondurre all’attuale presidente tunisino Saied, filo europeo e strettamente legato agli interessi delle multinazionali europee, che nello scorso ultimo anno ha praticamente escluso dalle gestione del paese i partiti religiosi musulmani ancora estremamente radicati e diffusi tra la popolazione.

Di fronte all’esclusione, la loro reazione è stata di chiamare la popolazione all’astensione al voto alle elezioni, con l’effetto appunto, dell’attuale  90% di non votanti. Di  conseguenza ora i partiti religiosi dichiarano il presidente Saied illegittimo reclamandone l’immediata dimissione.

Ma il presidente Saied sostenuto dalle forze europee, nonostante abbia raccolto solo l’11% dei voti, afferma di non sentirsi affatto “delegittimato”, ma “debole” nel suo mandato, onde per cui la sua intenzione è proseguire nella gestione del paese. Se così è, la situazione in Tunisia potrebbe presto  molto surriscaldarsi e trasformarsi, come già successo spesso in altri casi, nel caos. Con tutte le tragiche conseguenze che ne conseguono.

Ma di fronte ad un fatto così eclatante di flop elezioni, in Europa dove si enfatizza alla massima potenza il ruolo della democrazia, che posizione prendono la stampa e i politici? Come si pongono di fronte ad un caso così anomalo di disfunzione democratica?

A ragion di logica per prima cosa dovrebbero dichiararsi scandalizzati che un presidente escluda dal potere partiti eletti attraverso regolari elezioni e così diffusi tra la popolazione. Secondo, poi tuonare contro lo stesso presidente che ritiene di poter governare con l’11% dei voti. Per infine, categoricamente chiedere che le “regole democratiche” della rappresentanza anche in questo paese vengano rigorosamente rispettate. 

Invece no, nessun commento, nessuno scandalo da parte europea. Ma non solo nessuno scandalo, ma la notizia è apparsa addirittura sotto riga nelle pagine dei giornali europei dove è stata pubblicata solo per un momento, praticamente quasi omessa.

Se questo fatto fosse successo per es. in Turchia o in Iran o in Russia, i governi europei avrebbero sicuramente gridato allo scandalo, alla corruzione, alla vergogna. Invece per la Tunisia no. C’è il silenzio. Come mai?

Il perché in realtà è molto semplice. L’ipocrita stampa e gli ipocriti politici europei criticano aspramente e attaccano duramente i soprusi politici di certi paesi considerati “nemici”, e qui parliamo di Egitto, Turchia, Russia o Cina. Ma al contrario quando i soprusi riguardano paesi considerati invece “amici”, il giudizio cambia assolutamente e tutte le ingiustizie e crudeltà commesse in queste nazioni vengono rigorosamente taciute. E qui parliamo di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, ecc, E questo spiega anche il silenzio per la Tunisia” anch’esso considerato dagli europei “amico”.

Quindi ci troviamo di fronte ad un'informazione distorta, assolutamente mai ne realistica ne “libera”, ma sempre di parte. Poichè viene sempre falsata a seconda degli interessi che i capitalisti di un determinato paese seguono. Come per esempio in Cina, dove in questo paese viene presentato come “dittatura europea” il fatto che in Europa si opprime la libertà di “indipendenza della Catalogna” o “dell’Irlanda del nord” con le seguenti repressioni. Mentre al contrario in Europa viene presentata come “dittatura cinese” l’oppressione agli uiguri.  

Per cui il silenzio sulle elezioni del “caso Tunisia” è la conferma che anche la democrazia capitalista europea in cui viviamo è inesorabilmente strumentalizzata, le masse vengono manipolate, viene data un’informazione distorta conseguente gli interessi delle grandi multinazionali. Le quali, nell’analisi marxista realista, nella loro “dittatura democratica” controllano i governi.

Nel capitalismo, la società dei capitalisti, dove un minuscolo numero di capitalisti sfrutta le grandi masse proletarie e per poterlo fare distorce regolarmente la realtà, dove però viene propagandato che il nostro modo di pensare è “libero”, la pubblica libera informazione non esiste, non può esistere, e non potrà mai esistere, perché è un’informazione capitalista.

 

ELEZIONI REGIONALI IN ITALIA: ASTENSIONISMO REKORD

DEL 60%

DOPO FRANCIA E GERMANIA ANCHE IN ITALIA L’ASTENSIONE AL VOTO AUMENTA VERTIGINOSAMENTE

 

 

 

 

Ormai la si può definire una tendenza inarrestabile: l’aumento dell’astensionismo europeo al voto. Dopo Francia e Germania, adesso anche in Italia. 

Non va visto come una cosa anomala, temporanea o negativa, ma la presa di coscienza delle masse lavoratrici nel constatare che nell’attuale sistema capitalistico le elezioni non rappresentano i loro interessi, è una commedia che non ha niente a che fare con il risolvere i loro problemi quotidiani.

Una commedia dove la sceneggiatura prevede, da copione, che in campagna elettorale si prometta a più non posso, per poi dopo il voto venir invece aumentate le tasse, il lavoro precario si allarga, i prezzi volano e gli stipendi perdono potere d’acquisto, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e non possono essere ne toccati ne tassati e loro si che aumentano i loro patrimoni.  

Tutte cose chiare, non inventate, reali e toccabili. Quindi è logico che con il passare dei decenni nelle sceneggiate elettorali, dove i politici non sanno più cosa inventarsi nel lusingare per carpire il voto degli elettori, per poi regolarmente non mantenere, le masse aprano gli occhi.

L’ANALISI  DEL FENOMENO ASTENSIONE.      

Dell’eclatante boom di astensioni in Italia - il 60% non ha votato. Mentre i partiti hanno fatto finta di niente (o forse non lo vogliono dimostrare), hanno ignorato palesemente l’accaduto come se il fatto non accadesse, chi sembra essersi scandalizzato del fatto sono stati solo alcuni commentatori privati e giornalisti. Questi però, che si reputano la crema dell’intelligenza, sembra non abbiano proprio capito le profonde ragioni del perché del fenomeno astensione. Per “La Stampa” testata dell’ex F IAT ora Gruppo Stellantis, il motivo dell’alta non partecipazione in questa tornata elettorale è perché “La sinistra non offre una alternativa” (14 febbraio 2023). Il giornale intende che le proposte dei partiti di sinistra non erano così attraenti per gli elettori, per cui molti non sono andati alle urne. Per “Il Fatto Quotidiano” giornale di intellettuali borghesi indipendenti di sinistra, la causa del boom di astensioni risiede nel “senso di lontananza che vivono i cittadini da chi si candida per le istituzioni” e questa discrepanza tra elettori e politici risiederebbe "… Per esempio dai sondaggi emerge che il 55-60% degli italiani è contrario all’invio di armi all’Ucraina, ma il 90% dei partiti è invece favorevole" (14 febbraio 2023). Quindi nessun accenno al contrasto esistente tra i problemi reali economico-sociali dei lavoratori e le promesse elettorali poi regolarmente evase. Per “RAINEWS”, portale della tv di stato italiana, così viene interpretato l’enorme tasso di astensione: “Il primo fattore sarebbe da ricercare nella divisione delle opposizioni sia in Lombardia che nel Lazio. Il secondo fattore: L'idea di fondo sembra essere quella per cui ‘le persone ormai pensano che il proprio voto non cambi le cose’, spiega Pregliasco [ricercatore dell’Università Studi Milano n.d.r.]. 

Quel che è certo - viene sottolineato - è che se la tendenza all'astensionismo prosegue, ‘salta una rotella del motore della democrazia’. E nessuna forza politica, in tal caso, avrebbe molto da festeggiare” (13 febbraio 2023).  Pregliasco quindi si avvicina al ganglio del problema, senza però specificare che se “le persone ormai pensano che il proprio voto non cambi le cose”  è proprio perché i politici eludono i problemi assillanti sociali: il lavoro precario, le masse di giovani sottopagati, la disoccupazione, i bassi salari, le pensioni, ecc. fondamentali invece per l’analisi marxista per capire. Nell’astensionismo Pregliasco vede invece un grosso problema: “salta una rotella del motore della democrazia”: intende un problema di tenuta sociale per la classe dominante capitalista.  

In tutti questi commenti nessuno rimarca però (o forse non lo si vuole rimarcare) che la tendenza all’aumento dell’astensionismo è un fattore europeo e che pertanto è in quest’ottica, come noi facciamo, che va analizzato. 

La spontanea consapevolezza apre la strada, sempre, alla realtà. E le masse salariate con il passare del tempo non potranno altro che constatare la conferma e rafforzare questa loro intuizione di inutilità elettorale, e si renderanno sempre più conto che solo con il sacrificio delle dure lotte (e non con una semplice “crocetta” sul foglio elettorale) possono risolvere i loro problemi. E la Francia è già apripista su questa tendenza, dove su ogni problema sociale, correttamente, vengono condotte massive lotte a non finire.

Nell’analisi marxista le elezioni non sono solo una “farsa”, ma i politici, classificati come “tirapiedi” della minoranza capitalista, vengono posti tra i “nemici di classe”. E’ in questa tendenza che si muoverà il futuro.


 

__________________________________________________________________________________________-

 

 

 

 

COME VIENE CONDOTTA UNA RIVOLUZIONE?

 

LA RIVOLUZIONE PROLETARIA

E’ SEMPRE UNA QUESTIONE MILITARE,  MAI  SINDACALE 

QUAL’E’ IL MOMENTO GIUSTO PER GUIDARE UNA RIVOLUZIONE

E CON QUALI STRUMENTI VA DIRETTA?

 

 

 

 

La rivoluzione proletaria è sempre una questione militare, questo deve essere sempre ben chiaro agli attivisti rivoluzionari. Se si vince militarmente la rivoluzione proletaria ha successo, se si perde la rivoluzione svanisce, non avviene. Non esiste una via di mezzo, assolutamente. Non ci è permesso essere ingenui.

Le due esperienze storiche rivoluzionarie proletarie al riguardo, la Comune di Parigi del 1871, e l’ottobre russo 1917, hanno potuto aver successo proprio perché i rivoluzionari hanno vinto militarmente, non per altre ragioni. In tutte le altre esperienze storiche di tentativi rivoluzionari i rivoluzionari hanno sempre perso perché non sono giunti, per diversi motivi, al raggiungimento di una vittoria militare. Quindi alla fine, è questo il nodo cruciale di tutto.  

La nostra politica comunista è articolata in modo di attendere che si creino le condizioni favorevoli per le rivoluzioni, nel frattempo è assolutamente necessario impegnarsi con tutte le proprie forze per la costituzione delle indispensabili organizzazioni/partiti rivoluzionari di esperti militanti che nel momento propizio capitalistico catastrofico dovranno dirigere le rivoluzioni, esattamente come in Russia i bolscevichi hanno pianificato e poi eseguito con successo.        

Ma nel momento rivoluzionario, quando nel capitalismo deflagrano al massimo le terribili contraddizioni, con inaudite crisi economiche e sociali, in presenza di guerre, fame, distruzioni, morti a non finire, con le masse proletarie infuriate che cominciano a ribellarsi, e con l’organizzazione rivoluzionaria sufficientemente estesa per essere pronta a guidare l’insurrezione, quand’è il preciso momento per la presa del potere? Come riconoscere il giusto attimo?   

L’esempio dato dai bolscevichi è senz’altro il più preciso, il più chiaro.  

Nel 1914, con l’inizio della guerra (1° Guerra mondiale) e il configurarsi dell’appuntamento rivoluzionario, i bolscevichi in Russia hanno cominciato a spingere per la costituzione dei “Consigli” (Soviet). Ossia organismi politici popolari votati dalle masse in contrapposizione al parlamento russo (Duma), corrotto e sotto stretto controllo dello Zar e dei capitalisti russi. Con il proseguo della guerra questi organi spontanei “Consigli/Soviet” si sono poi diffusi sia su tutto il territorio, cioè nelle città, quartieri, fabbriche e campagne, ma, importantissimo e fondamentale, intelligentemente sono stati costituiti anche nell’esercito. Esercito che nelle guerre, non è più formato da ristrette elite di fanatici com’è ora, ma da milioni di giovani, costretti controvoglia ad arruolarsi e combattere, figli di famiglie operaie e contadine. Perciò milioni di giovani militari controvoglia, che vivono e risentono fortemente le contraddizioni del capitalismo.     

In questi Soviet-Consigli nell’ambiente militare, fondamentali per la futura rivoluzione proletaria, i giovani bolscevichi in Russia, anch’essi costretti ad arruolarsi, cautamente, ma efficacemente hanno potuto fare propaganda rivoluzionaria.     

Essendo che il disastro della guerra proseguendo, determinava l’inasprirsi delle contraddizioni economiche-sociali, aumentando in Russia l’opposizione spontanea al conflitto, le masse trovavano nei “Consigli”, sia in quelli sul territorio (città, quartieri, fabbriche, campagne) che in quelli nell’esercito, il loro giusto referente politico, togliendo potere al corrotto parlamento (Duma). Ma fu soprattutto grazie all’intensa attività di dissenso che gli attivisti bolscevichi in Russia ovunque intensamente svolgevano, che l’opposizione alla guerra aveva preso forma politica, producendo l’effetto nelle città, nelle fabbriche, nei quartieri e nell’esercito di una loro forte espansione come numero.

Fino al punto che verso la metà del ’17 i bolscevichi, da poche migliaia com’erano all’inizio della guerra, erano diventati ora diversi milioni diventando maggioranza nei “Consigli” (Soviet).

Il momento della presa del potere si stava quindi molto velocemente avvicinando.

Cosa mancava ancora ai bolscevichi per essere “sicuri” che la presa del potere potesse avvenire in sicurezza? 

Dovevano essere sicuri che, oltre ad avere la maggioranza nei “Consigli” popolari sul territorio, avere anche la maggioranza negli indispensabili “Consigli” nell’esercito e di conseguenza il controllo dell’esercito. In modo che quando i “Consigli” sul territorio avrebbero dichiarato la Rivoluzione, con la costituzione del nuovo Governo Proletario, la fine della guerra e 

l'emanazione di leggi anticapitalistiche, l’esercito non si sarebbe rivoltato contro la rivoluzione, la sconfiggesse, uccidendo tutti i rivoluzionari soffocando il governo proletario.

Perciò, quando verso la fine del ’17 i dirigenti bolscevichi si sono sentiti sicuri che anche i “Consigli” dell’esercito si erano definitivamente schierati per la rivoluzione e che l’avrebbero sostenuta e difesa, impedendo ogni tentativo controrivoluzionario dei generali tutti fedeli allo Zar, hanno potuto allora dare il via libera alla conclusione del processo rivoluzionario con l’assalto al Palazzo d’Inverno per la definitiva presa del potere.  

Alla fine, è evidente, è l’esercito che ha l’ultima parola in una rivoluzione. Ne determina la vittoria o la sconfitta. E noi dobbiamo aver molto chiaro questo punto determinante.

Chi nei tentativi rivoluzionari ha sottovalutato, o ingenuamente, a questo fondamentale aspetto non pensato, ne ha sempre pagato l’insuccesso molto duramente, e con il sangue. 

Prendiamo per esempio la positiva rivoluzione della “Comune di Parigi del 1871. E’ stata una rivoluzione, in un certo senso, “spontanea”, cioè non pianificata.  L’esercito  in guerra  contro  la

Prussia era stato sconfitto dai prussiani che avevano messo sotto assedio Parigi. A questo punto il governo francese aveva armato la popolazione parigina per difendere la città. Invece che combattere contro i tedeschi la popolazione in armi guidata dai rivoluzionari Blanquisti si rivolta contro il governo borghese parigino dichiarando il potere proletario. E’ in questo momento che l’ex governo borghese francese ora insediatosi a Versailles smette di combattere gli invasori, rivolta l’esercito contro la Comune di Parigi. Sarà un massacro, una repressione borghese bestiale. Dopo aver sconfitto gli insorti parigini, i militari avendo ricevuto l’ordine di fucilare tutti coloro che nelle mani presentavano dei calli, fucilavano per le strade tutti quelli considerati nemici. Ne furono uccisi a migliaia senza distinzione. Un insegnamento della brutalità della borghesia che si ripeterà poi sempre contro i rivoluzionari.  

Un altro esempio: la rivolta Spartachista tedesca del gennaio 1919. Dove i due dirigenti rivoluzionari Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg a capo dell’insurrezione, nei decenni 

precedenti avevano sottovalutato la formazione di un proprio partito, fondamentale per poi, nel momento rivoluzionario, guidare alla rivoluzione le masse (le masse hanno sempre bisogno di esperti per condurre positivamente una lotta o una rivoluzione). Sbagliando, Liebknecht e Luxemburg avevano fatto affidamento sulla spontaneità rivoluzionaria delle masse nel momento rivoluzionario per la presa del potere: una evento impossibile. Mancando perciò le cellule rivoluzionarie su tutto il territorio e quindi anche nel fondamentale esercito, fu facile per la borghesia, con l’aiuto dei riformisti opportunisti Socialdemocratici, scagliare i militari contro gli spartachisti insorti, sconfiggerli e massacrarli.    

Un’altra significativa esperienza di mancata rivoluzione che poi possiamo analizzare è l’occupazione delle fabbriche in Italia nel 1920. Un tentativo di rivolta glorioso, ma senza dubbio insufficiente, che senza il supporto dell’esercito è rimasto sterile, senza alcuna possibilità seria di presa del potere, esaurendosi poco dopo da sola. Per questo motivo non è molto conosciuta nell’ambiente marxista internazionale.

Tutte queste sono esperienze che dimostrano inequivocabilmente come l’esercito sia indispensabile nel determinare l’esito di una rivoluzione. La borghesia lo sa, e come ripetuto, lo dobbiamo aver stampato bene nella testa anche noi.

LA “QUESTIONE SINDACALE”. E qui vorremmo mettere l’accento sul “ruolo del sindacato” in quello che è un processo rivoluzionario.

Ci sono partiti e organizzazioni marxiste, anche molto estese, che nella loro attività politica danno molto, troppo risalto all’aspetto sindacale. Teorizzano che nel momento rivoluzionario il sindacato possa svolgere un peso determinante nel processo Rivoluzione.

Non è sicuramente così. Il sindacato può essere  certo di “aiuto” nel momento rivoluzionario, ma non sicuramente determinante. Chi è determinante è, e può essere solo, l’organizzazione rivoluzionaria, il partito rivoluzionario.  E la vittoria è in relazione a quanto esso è esteso sul territorio, alla preparazione teorica dei suoi quadri, alla loro competenza politica, all’esperienza pratica dei suoi attivisti. Questo e solo questo è decisivo nel processo rivoluzionario. Il resto è relativo.  

In un paese può esistere un sindacato “forte”, fortissimo, ma nella Rivoluzione senza il partito rivoluzionario con i suoi esperti militanti, questo non conta niente, assolutamente niente. Le esperienze pratiche parlano chiaro (vedi occupazione fabbriche in Italia 1920).

In questa fase controrivoluzionaria, perdere tempo, denaro, energie di molti bravi attivisti per incentivare, promuovere e gestire incontri intersindacali tra aziende europee, come qualche grande organizzazione rivoluzionaria oggi è impegnata, è un controsenso nella politica internazionalista e naturalmente controproducente, soldi buttati al vento e attivisti sprecati. Soldi e bravi attivisti che dovrebbero invece venire impiegati per promuovere i più che necessari contatti, incontri, lotte su punti comuni tra organizzazioni marxiste europee, creare un coordinamento intereuropeo di marxisti. E non per improduttive riunioni sindacati. Perché questo è il “compito” di un partito rivoluzionario.  E’  qui  che siamo nel giusto campo politico.

Perché bisogna aver sempre presente che il sindacato è un organismo borghese di difesa immediata degli interessi della classe lavoratrice, e che questo è il suo scopo, e non altro. Gestito a tutti i livelli, anche alla base, da attivisti e dirigenti antirivoluzionari, corrotti, opportunisti, nazionalisti e spesso anche stalinisti. Motivo per cui il sindacato storicamente dal punto di vista rivoluzionario non ha mai prodotto niente, non produce niente e non potrà mai produrre qualcosa. E’ per questo motivo oggettivo, che a logica i grandi Marx, Engels, Lenin, nel loro agire si sono sempre spesi per le organizzazioni rivoluzionarie, ma mai per i sindacati. Il loro operare è sempre stato caratterizzato, senza prevaricare, ma con lucida analisi, dalla ricerca del contatto e delle lotte comuni con i vari partiti rivoluzionari, considerando sempre la sostanza e avendo chiaro gli obbiettivi da raggiungere, se si analizza il grande operato sia di Marx che di Lenin. E giustamente, perché sono solo le organizzazioni politiche che nella storia possono determinare i cambiamenti, non certo i sindacati.  

La priorità assoluta dell’attività rivoluzionaria va quindi assolutamente indirizzata, concentrata, al massimo raggiungimento dello scopo Rivoluzione. Il resto, anche l’attività sindacale, segue di conseguenza come relativo. 

E’ con estrema sicurezza che ci impegniamo in questo compito storico. Che ci porterà senza dubbio ai risultati voluti.

 

                                                                                                            Claudio Piccoli


 

________________________________________________________________________________________________

 

 

 

 

STALIN E’ STATO

IL SUCCESSORE DI LENIN?

 

Lenin rivoluzionario – Stalin controrivoluzionario.

 

Volutamente, dai mass media, dagli intellettuali borghesi, dagli esperti politici, dai professori nelle università e nelle scuole, ecc. Stalin viene presentato come naturale prosecuzione di Lenin.

Assolutamente non vero!

Totale è la differenza tra la politica internazionalista rivoluzionaria di Lenin e quella nazionalista borghese controrivoluzionaria di Stalin.

Per Lenin e i bolscevichi la rivoluzione russa dell’ottobre doveva essere l’inizio di una rivoluzione mondiale per poi giungere al comunismo. Per Stalin con la sua teoria del “socialismo in un paese solo” la rivoluzione d’ottobre era già il comunismo. Un grande imbroglio e una grande menzogna da parte di Stalin , come ripetutamente scriviamo sul nostro giornale, perché se in Russia dopo la rivoluzione ci fosse stato il socialismo, i prodotti sarebbero stati  suddivisi tra la popolazione anziché venir venduti come avveniva. Come giustamente e ripetutamente Lenin affermava, in  Russia dopo la rivoluzione il proletariato al potere si trovava in una fase di transizione, che aspettando le altre rivoluzioni.  gestiva un momentaneo capitalismo di stato.

Il padronato, i ricchi, con i loro servitori, non hanno interesse a chiarire questi semplici, chiari, realistici concetti basilari.

Il padronato ha tutto l’interesse invece a creare confusione, in modo che il lavoratore non capisca come  funzioni la società capitalistica e arrivi alla sua emancipazione e poter così  lottare per spezzare le sue catene per giungere  alla sua liberazione.

E per ottenere questa confusione politica i ricchi si fanno aiutare da politici, giornalisti, economisti, intellettuali, professori, preti, ecc.

Molto strano che queste persone, che si definiscono di grande e alta cultura e onestà, si definiscono al di sopra delle parti, non riescano  nei loro studi, nelle loro ricerche a vedere e trovare cose sul funzionamento della società capitalistica che invece migliaia e migliaia di attivisti normali operai marxisti, lavoratori dipendenti, con impegno, con ricerca e approfondimento riescono a trovare. Si, molto strano!

 

                                     (da “Le nostre posizioni politiche”)

 

 

LA RIVOLUZIONE E’

POSSIBILE?

 

 

Rivoluzione possibile per arrivare alla società superiore.

 

La società  capitalistica presenta un’enormità di contraddizioni visibili a tutti e nel suo sviluppo procede a cicli in cui si alternano lunghi momenti in cui la rivoluzione non è possibile a corti, ma intensivi momenti, in cui la rivoluzione è possibile.

Nei lunghi cicli di espansione con relativo benessere, in cui le contraddizioni non sono così acute e sono relativamente limitate, la borghesia che domina la società può senza grossi problemi controllare il proletariato.

Ma ben diversa si presenta la situazione quando arrivano i corti ma particolarmente intensivi momenti in cui gli affari producono crisi acutissime con guerre. In queste situazioni il proletariato viene portato a condizioni estreme con immani distruzioni , fame, innumerevoli morti.

E’ in queste situazioni, come ben visto da Marx e confermato più volte dalla storia, che si creano le condizioni materiali perché il proletariato in massa possa reagire contro la propria borghesia, combattere e arrivare  alla rivoluzione.

Ma perché la rivolta contro i ricchi, perché la rivoluzione abbia successo, ci deve essere nel paese dove il proletariato insorge, la presenza,  già da tempo, di una organizzazione rivoluzionaria sufficientemente estesa che con i suoi quadri rivoluzionari, vale a dire con i suoi esperti in politica rivoluzionaria, possa condurre la  rivolta alla presa del potere, come la rivoluzione russa dell’ottobre con successo ha dimostrato.

Senza il partito rivoluzionario, cioè senza la presenza ramificata di questi esperti, anche se le condizioni materiali per la rivoluzione sono presenti, la rivoluzione stessa non è possibile, come spesso già visto.

 

 

                                                    (da “Le nostre posizioni politiche”)

 


 

 

______________________________________________________________________________________________________________

 

 

ALLEGATO

 

 

Riportiamo al lettore un articolo del maggio 2014

sul discusso tema del falso socialismo nell’ex DDR e Unione Sovietica

 

 

 

IL FALSO SOCIALISMO NELL‘EX-DDR

 

I comunisti internazionalisti hanno sempre avuto le idee chiare su che cos’ è il comunismo o  socialismo e cos’è il capitalismo.

A tal proposito riportiamo uno scritto di Arrigo Cervetto del dicembre 1965: “Noi marxisti abbiamo sempre detto, che la natura sociale [la struttura economica] di un Paese è data dai rapporti di produzione predominanti in quel Paese. I rapporti di produzione esistenti  nell’Urss,  Polonia, Ungheria, [Repubblica Democratica Tedesca] ecc. erano e sono rapporti di produzione capitalistici e quindi non potevano e non possono dar vita che a manifestazioni tipiche del capitalismo”.

Come si può ben vedere non c’erano dubbi per i marxisti scientifici che i Paesi cosiddetti  “socialisti” fossero capitalisti.

In Germania però l’opinione pubblica era (e lo è ancora)  convinta che nella DDR ci fosse il socialismo e che con il crollo del muro sia  crollato anche il comunismo.

Niente di più sbagliato.

L’ex DDR, come l’ex Urss ecc. era un  Paese a Capitalismo di Stato, come ben spiegato da Cervetto nel 1965 ed è stata appunto la concorrenza capitalistica internazionale a farla fallire.

Per i marxisti scientifici il crollo di  queste nazioni a falso socialismo è stata senz’altro una conferma che la loro analisi concreta  su cosa era comunismo o non era, era giusta, più che giusta!

Per chi si sentiva di sinistra invece e sentimentalmente era convinto, ma non aveva ben approfondito, che nell’ex DDR  ci fosse il socialismo, il crollo del muro è stato un momento di grande delusione, grande sconforto.

Per il padronato e tutti i suoi servitori è stata l’occasione per gridare alla sconfitta del comunismo, alla sua inferiorità , alla sua non praticità.

In realtà è crollato un grande equivoco.

 

 Le leggi capitalistiche erano ben presenti nell’ex DDR:

-          Vi era la produzione di merci

-          - Le merci venivano vendute all’interno del paese e all’esterno.

-          - Nelle aziende vi erano i dipendenti che in cambio di lavoro venivano pagati con un salario.

-          - Le banche facevano prestiti con interessi, guadagni ecc.

-          - Il commercio funzionava con la compravendita, con dipendenti, guadagni ecc.

Nel comunismo tutti questi elementi non ci sono. Vi è una produzione generalizzata e organizzata che viene distribuita.

Il grande equivoco su cui si è tanto speculato era che il Capitalismo di Stato presente nell’ex DDR,  veniva spacciato per socialismo perché a dirigerlo non c’erano i capitalisti privati, ma un partito.

Per capire bene si può fare un parallelo con il capitalismo di Stato della chiesa: la chiesa ha molti capitali,  affari, banche ecc. ma a dirigere questi affari non sono singoli capitalisti privati, bensì dei burocrati clericali, che si possono paragonare ai burocrati statali di un partito.

Poi anche il fatto che ci fosse una forte assistenza sociale veniva equivocata e spacciata per socialismo. Però l’assistenza  sociale e gli ammortizzatori sociali sono presenti  in tutte le nazioni. Solo che nei paesi a Capitalismo di Stato era senz’altro più elevata ed è stata uno dei motivi (certamente non il solo e certamente non il più importante) del perché non hanno retto la concorrenza capitalistica  internazionale e sono falliti.

Sempre bisogna cercare di capire e approfondire. Altrimenti veniamo influenzati da concetti che sono l’esatto contrario di quello che dicono di essere.

 

                                                     “Der kommunistische Kampf“ – Maggio  2014


 

__________________________________________________________________________________________

 

 

ALLEGATO

 

Proseguiamo con il nostro concetto di  “democrazia“.

 


 

CHE COS’E’ VERAMENTE LA DEMOCRAZIA

NELLA NOSTRA SOCIETA’? 

 

Le persone sono sempre contente quando si parla di democrazia. Appare subito che non esiste nessuna dittatura, ma esiste la libertà: libertà di parola, di voto, di stampa, libertà di associazione, elezioni, parlamenti, esistenza di più partiti, ecc.

Appare tutto come positivo. Ma la democrazia non è solo questo.

La realtà va osservata in tutti i suoi aspetti per poi non rimanere delusi. Quando si affronta un tema importante come la “democrazia” bisogna innanzi tutto aver chiaro il contesto in cui si vive, vale a dire il tipo di società in cui si vive, che per noi significa sistema capitalistico. E sappiamo che capitalismo non significa solo e sempre benessere e cose positive.

Ma per prima cosa, andiamo a vedere da dove proviene la “democrazia”, questo particolare sistema di organizzazione politico-sociale.

E’ ampiamente noto che le prime forme di democrazia (600 a.C.) provengono dall’’antica Grecia e soprattutto dalla città di Atene. Quello che forse è meno noto è che nell’allora forma elettiva democratica, coloro che avevano diritto al voto erano solo un piccola minoranza della popolazione:  potevano votare solo gli uomini in età adulta  con cittadinanza e ne erano esclusi i minori, le donne, la servitù e gli schiavi. Escludendo questi ultimi al diritto di voto, ne risulta che alla fine gli uomini adulti con cittadinanza che potevano votare era “una percentuale oscillante tra il 10 e il 20% dell’intera popolazione” (Wikipedia).

Ma qual’era lo scopo del votare?

Le città greche erano divise in “fazioni Aristocratiche”, le quali si scontravano duramente e sanguinosamente tra di loro per il dominio politico e organizzativo delle città. Dominio che poi veniva mantenuto con dittature molto dure e severe.

Eleggere dei rappresentanti (senatori) appartenenti alle varie fazioni aristocratiche aveva lo scopo di “prevenire le lotte per il potere tra queste diverse fazioni” (Wikipedia), di trovare dei rappresentanti che ottenessero un equilibrio, un compromesso tra i diversi interessi delle fazioni in lotta, senza che una fazione avesse il soppravvento sull’altra e senza il ricorso continuo a scontri armati sanguinosi.

Questo era precisamente lo scopo della forma politico-statale chiamata poi (nel 440 a.C.) “democrazia”, in contrapposizione alle forme dittatoriali.

E questo preciso motivo spiega il perché la servitù, gli schiavi, i minori e le donne erano esclusi dal votare. Perché come componenti sociali non avevano niente a che fare con lo scontro di interessi per la lotta del potere che muovevano le varie “fazioni Aristocratiche” delle città.

E veniamo ai giorni nostri.

Dopo più di 2000 anni la forma politico-statale “democrazia” viene ripresa dal sistema capitalistico.

Le borghesie (i ricchi) che dominano il sistema, all’inizio del sorgere del capitalismo sperimentano le forme “dittatoriali”. Ad un certo punto però, quasi tutte si orientano verso la forma democratica. E’ evidente quindi che per loro la “democrazia” diventa la forma statale più idonea, la migliore, dove perseguire e condurre i propri affari. Già all’inizio del ‘900 Lenin, acutamente e lungimirante, vedeva la democrazia come “il miglior involucro per il capitalismo”. 

Ma perché è la forma statale “più idonea”, il “miglior involucro” e tutte le borghesie adottano questo sistema?

Innanzi tutto bisogna chiarire e precisare che nel sistema capitalistico, cioè nella nostra società, sono le borghesie dominanti che scelgono le forme statali. E’ esattamente come dice Engels nell’Antidühring:  “Lo stato moderno, qualunque ne sia la forma, è 

essenzialmente una macchina capitalistica, uno Stato dei capitalisti, il capitalista collettivo ideale”.

Quasi tutti pensano che sia la popolazione, il proletariato, a scegliere la forma statale di una nazione. Non è così! Viene fatto apparire così, ma non è così! A determinare le forme statali sono sempre e comunque le borghesie. Prima il padronato decide che forma di stato è più adatta per i suoi interessi, poi la popolazione, cioè il proletariato, viene portato, condotto, convinto attraverso i sistemi di persuasione che le borghesie hanno a disposizione, -media, tv, giornali, politici, esperti, università, scuole, preti, ecc.- ad accettare inconsapevolmente quello che loro hanno già deciso e predisposto.

Prendiamo l’esempio interessante di Hitler! La politica aggressiva di Hitler serviva ai ricchi tedeschi in quel particolare momento per portare la nazione allo scontro, duro, armato contro le altre borghesie. Lui era un pittore sconosciuto, disoccupato e squattrinato, nonostante questo i media dell’epoca – i giornali, radio (naturalmente di possesso delle grandi banche e dei grandi industriali), gli intellettuali,  il clero, ecc. riuscirono facilmente a farlo  accettare alla popolazione come eroe e portarlo poi fino all’osannazione nazionale! (Per poi a guerra perduta mollarlo e screditarlo brutalmente!).

Perché allora la forma “democratica”?

Anche oggi i grandi complessi industriali-bancari che compongono e governano una nazione hanno bisogno di trovare il giusto equilibrio, compromesso, senza doversi in continuazione scontrare tra di loro, anche militarmente. E hanno bisogno che non ci sia sopraffazione di un gruppo sull’altro. Esattamente come avveniva tra le “fazioni Aristocratiche” nell’ antica Grecia e Roma. E la forma democratica è la forma più adatta, la migliore per ottenere questo.

Poi, ai giorni nostri, i grandi padronati, cioè i ricchi, che sono una minuscola minoranza della popolazione (2-3%) hanno anche un altro enorme problema: dominare il proletariato sfruttato, che è l’80-85-90% della popolazione! Lo devono, per i propri interessi, condurre e gestire nei lunghi  momenti di espansione economica, ma anche e soprattutto nei terribili momenti delle crisi economiche e delle guerre causate dagli affari.

E per questo la “democrazia” dimostra funzionare ottimamente! Con il sistema collaudato delle elezioni viene data l’impressione ai lavoratori di essere loro a scegliere le forme di governo, di essere loro a dirigere la società. In realtà è tutta un’illusione! Dopo il voto, il lavoratore che ha dato la sua preferenza, non ha più la possibilità di controllare, gestire, fermare il politico o il partito che ha votato, per cui queste persone sono libere di agire come meglio credono, anche facendo il contrario di quanto promesso in campagna elettorale. E nei lunghi 4-5 anni di legislatura possono così senza tanti problemi seguire le indicazioni e gli interessi degli imprenditori e delle banche, i quali attraversi i loro media (tv, giornali, ecc.) giustificano e fanno accettare alla popolazione quello che i vari governi decidono.

Da questi approfondimenti e considerazioni diventa estremamente chiaro che con le forme “democratiche” i vari padronati hanno ampiamente in mano la società e la conducono a seconda dei loro bisogni.

Sarà solo nella società superiore comunista, dove i prodotti saranno suddivisi tra la popolazione e non più venduti per trarne un guadagno (vendita dei prodotti che è la causa delle crisi, delle guerre, dello sfruttamento di una minuscola minoranza sull’enorme maggioranza), che si potrà finalmente trovare quella vera libertà, quella pace a cui tutti aspiriamo: non più sfruttamento, uguaglianza economica, sociale, “vero” voto, sparizione delle crisi, delle guerre.

 

 

                                                                                    “Der kommunistische Kampf“ – luglio  2016

 

 

 



Email

Visits

Social

Blog

Home