Il volto nascosto della democrazia: AL SERVIZIO DEI CAPITALSTI

 

NON LASCIARSI INGANNARE DALLA BORGHESIA

 

Molti inneggiano alla democrazia. Ma non si soffermano sul fatto che la democrazia in cui viviamo è una “democrazia capitalista”. Non hanno la minima idea di cosa sia. La “democrazia capitalista”  ha invece un significato ben preciso, sia storico che pratico. 

Innanzi tutto: perché “capitalista”?   

Per capire il presente è utile fare un passo indietro nel passato. “Democrazia” significa “il diritto della popolazione, attraverso il voto, di scegliere chi deve governare”. E la prima esperienza di questo sistema di voto la troviamo in Grecia, ad Atene, all’incirca nel ‘600 prima di Cristo. E’ in questo periodo che viene sperimentata la prima “forma democratica”. A quel tempo, com’è noto, vigeva lo schiavismo. Quindi la prima “democrazia” si appoggiava sugli schiavi e per questo la possiamo definire “democrazia schiavistica”. In quella società il diritto di voto era riservato tra gli ateniesi agli soli uomini adulti. Le donne ne erano escluse, così come naturalmente gli schiavi. Anche chi non era di cittadinanza ateniese era escluso dal voto. In pratica in quel tempo nella città, riportano le ricerche, su una popolazione di circa 250 mila abitanti, circa 50 mila avevano diritto di voto.

Questa forma di voto popolare per decidere chi doveva governare, ad Atene era stata escogitata per evitare e por fine alle faide, alla guerra continua che le varie fazioni delle famiglie più influenti e potenti della città si conducevano tra loro, trucidandosi a vicenda per la conquista del potere.

Quindi nella società schiavistica ateniese del 600 fino a circa il 300 a.Cr. dove dominavano i potenti clan e le grandi famiglie aristocratiche, nel sistema di voto democratico vinceva chi aveva la possibilità di avere più persone che votavano per la propria famiglia o per il proprio clan. Con questo sistema di voto, cioè di “democrazia”, le grandi famiglie aristocratiche ateniesi erano riuscite a diminuire sensibilmente le sanguinose faide per decidere chi doveva governare la città. 

Questo sistema di voto è stata poi adottata (in parte) anche nell’antica Roma repubblicana. Per poi scomparire definitivamente per quasi un paio di millenni. 

Poi la “democrazia” cioè “il diritto di scegliere con il voto chi deve governare”, riappare nell’attuale società capitalistica, che possiamo quindi definire “democrazia capitalista”.

Nell’odierna “democrazia capitalista” tutta la popolazione ha il diritto di votare: uomini e donne senza distinzione e gli schiavi non esistono più. Ma nel capitalismo la società è ancora divisa in classi: da una parte la classe dei capitalisti detentori dei mezzi di produzione e dall’altra la classe dei salariati che lavorano a giornata dai capitalisti. E i capitalisti nei paesi industrializzati sono una piccolissima minoranza, mentre le famiglie proletarie sono quasi la totalità della popolazione.

Quindi nel capitalismo in teoria i proletari, come stragrande maggioranza dei votanti che scelgono i propri rappresentanti, da logica dovrebbero dirigere la società e dovrebbero 

condurre una vita ultra benestante, mentre i capitalisti proprietari delle fabbriche, ma 

piccolissima minoranza sociale, essere più o meno al livello dei proletari come tenore di vita. INVECE NON E’ COSI’. La realtà ci dice che nonostante le famiglie proletarie compongano la quasi totalità della popolazione, vivono al limite della decenza, e molte di esse anche difficoltà o in stato di povertà, mentre i capitalisti, come minoranza, possono anche essere multimiliardari.  COME MAI?  Da cosa proviene questa stridente contraddizione di democrazia?

La spiegazione si trova proprio nella “democrazia capitalista” stessa. Dove esiste un trucco. Trucco che rende possibile che la piccola minoranza sovrasti l’enorme maggioranza.  Nel sistema di voto i capitalisti hanno introdotto lo stratagemma dove i politici una volta votati non possono più essere ne ritrattati o sostituiti. Cioè dopo il voto i politici possono rimanere 4 anni in parlamento indipendentemente se poi non manterranno le promesse fatte in campagna elettorale o se si comporteranno da corrotti. Con questo stratagemma “democratico” i politici anche se eletti dai lavoratori possono mettersi al servizio dei ricchi capitalisti senza aver il problema di essere ritrattati. E questo spiega il perché le leggi sono sempre a favore dei capitalisti e questi diventano miliardari mentre i lavoratori no.

Certamente le masse proletarie nelle seguenti elezioni potranno non rivotare più questi politici “corrotti voltagabbana” e votarne altri, ma la cosa si ripete poi sempre, all’infinito.  

Quindi nella “democrazia capitalista” la maggioranza proletaria ha certo il diritto di votare i rappresentanti, ma dopo il voto non ha più la possibilità di poterli controllare. Quindi la “democrazia” è “dopata”, il voto in realtà è un “trucco”. 

Poi potrà esistere la “democrazia socialista” (che ovviamente non è il falso socialismo dell’ex Unione Sovietica stalinista, o della DDR o dell’odierna Cina dove vige il capitalismo nella forma del capital di stato condotto da un falso “partito comunista”). La “democrazia socialista” può esistere solo in un’altra società, una società diversa dall’attuale, dove non esista più il sistema economico commerciale, come avviene tutt’ora. In questa diversa società i beni prodotti devono essere suddivisi tra la popolazione e non più venduti. Con questi presupposti non più capitalistici la “democrazia” può finalmente trovare il suo completo svolgimento. In questa diversa organizzazione sociale dove tutti sono produttori e tutti sono proprietari, diventa finalmente possibile che i delegati votati possano essere ritrattati in qualsiasi momento, qualora ritenuti corrotti o incapaci. Inoltre possono venir pagati come tutti gli altri lavoratori.

Questa riteniamo essere la VERA DEMOCRAZIA a cui tutti aspirano.


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