I SOLDATI UCRAINI E RUSSI COMBATTONO E SI FANNO UCCIDERE SOLO PER GLI INTERESSI DEI CAPITALISTI

 

DOPO AVERLI SFRUTTATI NELLE FABBRICHE VENGONO UTILIZZATI ADESSO DAI CAPITALISTI DI ENTRAMBI I FRONTI IN GUERRA COME “CARNE DA MACELLO” PER RAGGIUNGERE I LORO SCOPI.

PER LORO A GUERRA FINITA RIMARRA’ SOLO - COME SEMPRE - OLTRE ALLE MUTILAZIONI PER LE FERITE, IL DURO E MALPAGATO LAVORO, SFRUTTAMENTO, PRECARIETA’, E ANCHE IN MOLTI CASI DISOCCUPAZIONE E MISERIA.

Si, come in tutte terribili le guerre anche in questa, tra Russia e Ucraina, sono i giovani soldati russi e ucraini che a loro insaputa ne pagano il tragico prezzo, si fanno uccidere per gli interessi dei ricchi dei loro paesi.  

Perché anche in questa guerra, come in tutte le altre, come scrive Lenin in “Guerra e Rivoluzione”, la causa sicuramente “non è perchè due popoli che prima vivevano in pace, improvvisamente ora uno attacca l’altro e l’altro deve difendersi”. Questo certamente no. Il perché anche di questo tragico conflitto è nello scontro di interessi tra multinazionali: grandi complessi industrial-finanziari russi contro quelli europei, in contesa tra di loro per rubarsi il “mercato Ucraina” (così lo chiamano). Che per imporsi non hanno alcun problema a farsi la guerra l’un l’altro, visto che controllano i governi dei propri paesi. Trascinando nell’ennesima tragedia le popolazioni coinvolte, loro malgrado.  I capitalisti sanno essere in certe situazioni di concorrenza, estremamente violenti e guerrafondai pur di eliminare un concorrente, come la storia ripetutamente ci dice.

Ma i giovani proletari russi e ucraini di entrambi i fronti che si combattono e si uccidono a vicenda, cos’hanno a che fare con questa spartizione di mercati? NIENTE. Assolutamente niente. I vantaggi che anche da questo ulteriore massacro per il “mercato Ucraina” usciranno, andranno ancora una volta a riempire le tasche dei superricchi, non certo quelle dei poveri giovani combattenti proletari. Il loro scopo, anche in questo ennesimo e inutile conflitto, è essere utilizzati come “carne da macello”.

Una storia questa dell’allargamento verso est delle multinazionali europee, iniziata nel lontano 1989, quando i potenti complessi industriali europei strapieni di capitali (ottenuti naturalmente dall’intenso sfruttamento dei salariati) dopo aver nei decenni precedenti investito a lungo e massicciamente  nei paesi nell’est Europa del “Patto di Varsavia” sotto controllo Unione Sovietica (Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, ecc.) riescono a far cadere “il Muro”, e di seguito portare questi stati da sotto influenza russa nella sfera europea. Come conseguenza l’Unione Sovietica si sfascia e al suo posto si installa l’attuale “Federazione Russa”. 

Da allora son passati un paio di decenni e queste multinazionali, la cui accumulazione di capitali non conosce sosta, hanno cominciato a investire anche nei paesi della cosiddetta “vicina Russia”: ossia Ucraina, Bielorussia, ecc. Dove anche qui trovano la possibilità di ulteriori enormi capitali. E come prassi nello scontro tra capitalisti, esattamente come successo in precedenza per Polonia, Ungheria, ecc. manovrano  per  avere anche il controllo politico di questi stati, portarli nell’area europea.

Ma questi sono stati di storico e strettissimo controllo Russia, ossia delle multinazionali

russe. Che dopo la caduta del muro e aver perso i paesi nell’est  Europa dell’ex “Patto di Varsavia” adesso non tollerano di perdere anche l’Ucraina e domani, verosimilmente, anche la Bielorussia e altri stati ancora sotto la loro influenza. Ed ecco lo scontro: quello terribile, quello armato, prassi e logica nello scontro interimperialista.     

C’è da rimarcare che le multinazionali europee per arrivare all’obiettivo di conquista politica di un nuovo stato hanno logicamente i loro sistemi già molte volte sperimentati. Ossia: con i loro mezzi di informazione - tv, giornali, ecc. – riescono con il tempo a creare nel paese un sentimento filo europeo e anti russo, il tutto accompagnato da grossi finanziamenti a organizzazioni e partiti che accolgono questo indirizzo politico. Fino al punto che le idee e i partiti filoeuropei diventano nel paese la maggioranza o quasi.   

E’ in questa nuova situazione di ascesa dell’influenza Europea che in Ucraina è scattata la reazione della Russia, cioè delle multinazionali russe, che si vedono soffiar via anche questo mercato. Con conseguente rabbiosa reazione militare. (Paradossalmente in Russia questa guerra Ucraina viene mistificata come guerra santa marxista, nel senso di una guerra contro l’oppressione dei paesi capitalisti occidentali privati rivali, che nella loro persistente espansione vogliono addirittura arrivare a destabilizzare la Russia stessa).    

Ed ecco la guerra capitalista, quella vera, sanguinosa: prima nel 2014 il massacro per il Donbass, e ora quello per l’intero paese Ucraina. E i salariati nel mezzo a subirne le tragiche conseguenze.

A prescindere  dall’esito del conflitto e da chi vincerà, sarà logico per i lavoratori dipendenti che lavorare per un'azienda filo-russa o filo-occidentale non farà assolutamente alcuna differenza. Dovranno sempre duramente lavorare e  lottare contro padroni sfruttatori europei o russi. Perché, proprio come afferma Marx “il lavoratore non ha patria”. E la causa delle guerre, tutte, va sempre ricercata nelle spartizioni capitaliste, mai nelle popolazioni, è chiaro.

Ma nessun politico o mezzo di informazione o professore chiarisce questo.

E cioè che la “patria” non è una cosa astratta, ma concreta: sono i capitalisti che controllano e dirigono la nazione. Per cui i militari che uccidono e si fanno uccidere lo fanno solo per gli interessi di questi capitalisti. E naturalmente nessuno dice ai giovani combattenti che a guerra finita, mentre le banche a lungo festeggeranno, a loro aspetterà un futuro duro: sfruttamento, precarietà, miseria.

Solo i marxisti spiegano il  tremendo meccanismo capitalista.

Il capitalismo è una società che deve essere assolutamente superata, solo così l’umanità potrà godere finalmente della prosperità  prodotta e beneficiare la vita serena tanto desiderata.   


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