NEL PAESE DEGLI AYATOLLAH SCIOPERI E LOTTA DI CLASSE
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NELLO SCONTRO TRA CAPITALISMI, IL FORTE CALO DEL PREZZO DEL PETROLIO VOLUTO DA TRUMP E LE DURE SANZIONI IMPOSTE, HANNO PORTATO L’ECONOMIA IRANIANA - COME QUELLA RUSSA - IN UNA CRISI PROFONDA. IL GOVERNO CAPITALISTA DI TEHERAN CERCA DI FARNE PAGARE LE CONSEGUENZE AI LAVORATORI.
Il mese di novembre dell’anno scorso ha visto in Iran l’insorgere di violente proteste contro il caro vita, proteste balzate sulle prime pagine di tutti i giornali. A scatenare la rabbia popolare è stata la decisione del governo di raddoppiare il prezzo dei carburanti. Ci sono stati scioperi duri e estesi in tutto il paese, seguiti da violente manifestazioni di piazza. Questi scioperi contro il caro vita sono il proseguo di quelli già avvenuti nel 2018, e altri ancora negli anni precedenti.
Anche l’economia iraniana (come quella russa e del Venezuela) dipende essenzialmente dall’estrazione e dalla vendita del petrolio. E il forte ribasso del prezzo del greggio voluto da Trump, aggiunto alle dure sanzione imposte da Washington a Teheran, hanno avuto l’effetto di mettere l’economia iraniana in ginocchio.
Lo scontro tra gli Usa e l’Iran è parte dell’incessante lotta che le varie borghesie conducono tra di loro per raggiungere i propri interessi. Ma, come sempre accade in queste situazioni di crisi causate dagli scontri tra capitalisti, nel meccanismo perverso capitalistico, sono sempre i lavoratori a pagarne poi le vere conseguenze.
Per effetto della crisi, il governo della borghesia di Teheran, per rimpolpare il calo delle finanze, ha deciso di raddoppiare improvvisamente il prezzo della benzina. Ma con questa misura non solo vengono colpiti gli autoveicoli circolanti, ma a cascata si traduce in un generale aumento di tutti i prezzi al consumo. Perché le industrie iraniane che producono merci di vendita al dettaglio hanno bisogno di energia per la produzione, e questa energia viene presa dai prodotti petroliferi, il cui il prezzo è stato raddoppiato.
Quindi anche il governo borghese di Teheran, come quello russo e tutti i governi, nel momento di crisi, non va a prendere i soldi dai ricchi capitalisti iraniani o dalle straricche banche, ma sempre dalle tasche dei lavoratori, impoverendo non poco le famiglie. Ai lavoratori perciò non rimane altra scelta che reagire, protestando e scioperando, anche violentemente.
Il governo della borghesia di Teheran, come i reportage hanno mostrato, ha represso brutalmente le proteste proletarie, confermando il suo status di servizio alla borghesia.
La stampa riporta di arresti di massa e cecchini sui tetti che hanno sparato continuamente sugli scioperanti causando centinaia di vittime nelle varie città. Gli scioperanti hanno risposto con barricate, incendi di banche e di stazioni di benzina. Scene di vera guerriglia urbana quindi, di lotta di classe dura.
Il governo ha addirittura oscurato l’internet nazionale (ma non per i politici e le imprese) per impedire il collegamento tra gli scioperanti nelle varie zone del paese.
Da rilevare, anche in questa situazione, come spesso accade, come vi sia stata una manipolazione interpretativa internazionale, della giusta protesta dei lavoratori iraniani. Il regime di Teheran ha accusato “… essere potenze straniere responsabili delle insurrezioni” (Tagesschau 18 nov. 2019) intendendo ovviamente gli americani. Mentre per la Casa Bianca la portavoce Stephanie Grisham rispondeva: “Gli Stati Uniti sostengono il popolo iraniano nella sua libera protesta contro il regime” (ibidem). In altre parole, il regime di Teheran vuol far credere all’opinione internazionale che gli scioperi non sono legittime proteste proletarie contro il caro vita, ma frutto di provocatori (provenienti dall’estero - americani). Mentre Washington ha interesse che le proteste destabilizzino il regime iraniano.
Come marxisti esprimiamo fermamente la nostra solidarietà ai proletari iraniani in lotta. Anche loro, come tutti proletari delle altre nazioni, sono costretti a subire l’oppressione continua della borghesia e difendersi da capitalisti, nazionali e internazionali, affamati di profitti.
Solo un’altra società può por fine a tutto questo.